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Autore: Rose Heiner    30/04/2020    1 recensioni
"La verità è che ognuno di noi ha qualcosa che non va. Ognuno di noi ha subito un trauma, ha la psiche marcia. Complessi silenziosi che sibilano nell'ombra. Pensieri erranti e vagabondi che strisciano fuori direttamente dall'inconscio. Questa è la seduzione dell'impulso, il fascino della psicanalisi."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Billie Luc Heiner
“Il disturbo da stress post-traumatico si può definire come l'insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento catastrofico o violento, o che l’individuo affetto ha vissuto come traumatico.”

 
Fischiare. Una cosa che non aveva mai imparato a fare, ma che in quel momento gli sarebbe tornata molto utile. Mentre la ragazza nuova cercava impacciata tra gli scaffali stracolmi dietro alla cassa, lui avrebbe potuto fischiettare un motivetto e far vagare lo sguardo nel negozio di strumenti per metterla a suo agio e farle capire che non aveva fretta.
Quando finalmente Sara -così diceva il cartellino che aveva sulla maglia- esibì un sorriso soddisfatto e gli mostrò la scatola rossa di plettri, Billie trasse un silenzioso sospiro di sollievo. Adesso non c’era molto altro da fare, poteva tornare a casa da Chloe e passare finalmente una serata tranquilla.
-Quanto ti devo?- domandò soddisfatto. Già lo sapeva il costo, otto dollari per trenta pezzi di buona fattura. Una spesa buona, conveniente. Si aspettava che la commessa ci impiegasse un po’ di tempo per trovare l’adesivo del prezzo - lo nascondevano sempre abbastanza bene sul fondo del cofanetto, lo aveva scoperto per esperienza e lunghi pomeriggi di ricerca nello store musicale-, ma qualcuno dal retrobottega strillò il suo nome. -Sara! Vieni da me, per favore?-
Lei sbuffò sonoramente e alzò gli occhi al cielo.
Billie avvertì un vago senso di disgusto e abbassò lo sguardo sul pavimento. Vieni da me. Vieni con me. No. La voce sconosciuta era maschile, poteva appartenere a un ragazzo più grande di qualche anno di quella Sara che gli stava di fronte. Non andare. Dovevano avere un rapporto stretto quei due, c’era dimestichezza tra di loro,  altrimenti non si sarebbero permessi una certa confidenza. Non andare. Magari erano amici. Anzi no, qualcosa in più. Migliori amici. Billie si avvicinò una mano al collo, un fastidioso formicolio gli bruciava la gola.
Magari erano il tipo di migliori amici cresciuti insieme e inseparabili. Magari lei aveva anche un fratello, un musicista, amante del rock, che una volta al mese andava a comprare una scatola di plettri al negozio e non sapeva fischiare.
-Vado ad aiutare il mio amico e torno, ok? Ci metto un attimo.-
Un attimo. Non di nuovo. Non andare. Dove vuoi andare? Billie non riuscì a rispondere, sapeva di doverlo fare, ma non ne era capace. Rose, non andare. Gli sembrava di avere le corde vocali annodate e che l’aria fosse troppo immobile attorno a lui per essere respirata. Quello che voleva fare, invece, era scattare in avanti, oltre la cassa. Afferrare la ragazza, stringere forte. Impedirle di scappare ancora. Non era Sara. Quella non era Sara. Sara era scomparsa. Al suo posto c’era Rose. Rose stava andando di nuovo via per un attimo. Resta qui. Dove vai? Perché vai?
Billie si premette una mano sulla bocca con veemenza quando un conato di vomito lo sorprese. Basta. Basta, per favore. La situazione era diventata insostenibile. Voltò le spalle precipitosamente e riuscì a raggiungere l’uscita, proprio mentre alcuni puntini luminosi cominciavano a ballargli davanti agli occhi.
Quando la pesante porta di vetro gli si richiuse dietro, sentì una brezza fresca pizzicargli il viso e diffondersi nei polmoni, calmando la nausea. Un attimo. Rose gli aveva assicurato che sarebbe stato un attimo.
Brancolò fino ad una panchina lì accanto e ci si abbandonò sopra. Però non è stato un attimo. Gli aveva detto che il suo migliore amico aveva bisogno di lei,  era in macchina fuori e aspettava che lei uscisse di casa per parlare un attimo, prima di partire. Le pulsazioni alla testa lo costrinsero a piegarsi in avanti e strofinare con forza le tempie dolenti. Rimase così almeno per dieci minuti, probabilmente, pensò, attirando l’attenzione di qualche passante.
Poi trasse un respiro profondo e puntò gli occhi sulla strada. San Francisco era tranquilla quel giorno, si passeggiava con piacere. Doveva trovare un altro store per comprare i plettri.
Si alzò piano, infilò le mani in tasca e riprese a camminare, prendendo a calci i suoi ricordi. Cinque anni. Erano cinque anni che non vedeva sua sorella Rose. Aveva detto un attimo. Solo un attimo.
 



Tip: Si parla di trauma psicologico come la conseguenza di un evento, o una sequenza di eventi, con caratteristiche tali da modificare la percezione del soggetto della continuità, normalmente avvertita, tra esperienza passata ed intenzionalità. Da questo spaventoso giro di paroloni possiamo dedurre l’importanza che ha per l’individuo il passato e l’elaborazione degli avvenimenti in esso accaduti. Non lasciare mai che le tue esperienze passate si inseriscano con prepotenza nel tuo presente, influenzandolo negativamente. Se ti succede, o già è successo, è un chiaro segnale che la tua psiche non è in grado ancora di superare un certo evento.
 
 
 
 
   
 
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