Serenità
«Goten, c’è una visita per…»
Vendendolo
già con la spazzola in mano, intento a risistemarsi i capelli, Dende ridacchiò: «Vedo che te ne sei già accorto.»
L’uomo
sorrise: «Arrivo tra poco.»
Dende chiuse la porta. Non ricevevano
molte visite lassù, ma quando capitava la cosa più difficile per lui era sempre
sistemarsi i capelli. Non aiutava affatto che avesse smesso di tagliarli da
tempo e che ormai fossero lunghi fino ai piedi, ma era rimasto troppo
impressionato quando, circa una quindicina d’anni prima, le ciocche, una volta
tagliate, erano diventate improvvisamente bianche fra le sue mani. Preferiva
tenerli scuri e ben attaccati alla sua testa, visto il dono che gli era stato
fatto di un invecchiamento rallentato.
Sistemata
finalmente la chioma, Goten si guardò un momento allo
specchio e sorrise. Il volto era indistinguibile da quello di suo padre, come
sempre, e gli abiti che indossava erano, seppur cerimoniali, molto più comodi di
quelli dei Supremi che lo avevano preceduto. Quando ritenne di essere a posto,
prese il bastone e si avviò verso l’ingresso, travolto per un momento dalla
nostalgia.
Quante
cose erano cambiate in quegli anni!
La
Terra viveva il suo più lungo periodo di pace, da quando gli alieni avevano
smesso di tentare di invaderla. Oh, ci avevano provato a lungo, ma la barriera
di Goten, ormai abbastanza grande e robusta da
avvolgere tranquillamente il pianeta, li aveva fatti desistere tutti, uno
dietro l’altro. Gli umani vivevano un momento di prosperità tecnologica, anche
grazie alle scoperte di Gohan, che, ispirato dal suo
fratellino, era riuscito effettivamente a sostituire i nuclei delle centrali
nucleari con forme di energia pulita e quasi infinita, delle Energie Sferiche
cristallizzate in barriere infinite. Se anche, a distanza di secoli, si fossero
esaurite, sarebbe bastato alzare tutti le mani al cielo e ricrearle, con
l’unico difetto che tutta la popolazione mondiale avrebbe avuto un gran sonno e
sarebbe andata a dormire presto, per quel giorno.
Anche
Crilin, Tensing e Videl si erano dati da fare finché avevano potuto, creando
delle scuole modello per il controllo dell’aura aperte a tutti. In quel momento
la quasi totalità degli umani sapeva controllare la propria aura per usi
civili, come volare, creare una piccola forma di illuminazione o bruciare le
foglie in giardino. Potevano persino donare un po’ della loro energia vitale
alla natura, e infatti foreste e varie zone selvagge del pianeta erano tornate
a prosperare. I tornei di arti marziali erano diffusi e Dende,
che ormai aveva sostituito Mr. Popo andato
meritatamente in pensione, presenziava ad ognuno di essi, selezionando a volte
dei futuri guerrieri che venivano addestrati da lui e Goten
lì al santuario come forze di difesa della Terra, in caso di emergenza. Poteva
sentire i loro allenamenti anche passando semplicemente nel corridoio, e
l’unica vera preoccupazione che gli davano era quella di distruggere le mura.
Certo, si poteva sempre chiedere a Shenron di
riparare tutto, ma odiava disturbarlo per queste sciocchezze. Le Sfere del
Drago erano ancora create da Dende, ma non per molto,
Goten era convinto di aver quasi affinato la tecnica
per poterle creare lui stesso, e, soprattutto, per poterla insegnare a un suo
successore. Aveva ancora un po’ di tempo, però, e aveva intenzione di
prenderselo tutto.
Si
risollevò dai suoi pensieri solo quando giunse nell’ingresso. Dende, d’aspetto ormai tremendamente simile a Junior, lo
attendeva al fianco di una figura minuta, inginocchiata, con i capelli grigi e
le rughe. Goten, vedendola, corse subito verso di lei
preoccupato.
«Ma
cosa fai? Alzati, dai!»
La
signora alzò il volto sorridendo: «Volevo rendere omaggio al Supremo della
Terra.»
Goten, lasciando per un attimo il
bastone a Dende, subito sollevò la donna di peso:
«Piantala, lo sai benissimo che per te sono sempre e solo lo zio Goten! E poi hai una certa età, la tua schiena non regge
più questi sforzi.»
Pan
ridacchiò mentre Goten la sollevava in aria come
quando era bambina e le faceva fare mezzo giro, per poi riposarla a terra con
estrema delicatezza.
«Lo
so, ma non riesco a resistere all’idea di prenderti un po’ in giro.»
Il
Supremo rise: «Sei sempre la solita burlona! Allora, parliamo di cose serie…»
Con
il volto più entusiasta di un bimbo di fronte alle giostre, Goten
aggiunse: «… quand’è che mi porti il mio nipotino?»
Pan
ridacchiò: «Ehi, è il mio nipotino!»
«Prego,
tu sei sua nonna! Io sarei il pro-pro-pro… quanti pro ci vogliono? Oh, insomma,
sono lo zio e quindi è anche il mio nipotino!»
Sia
Pan che Dende risero di gusto. Sempre preso dagli
incarichi istituzionali era raro rivedere quel lato più infantile e giocoso di Goten, ma quando accadeva era sempre una gioia constatare
che nonostante gli anni non era cambiato di una virgola.
«Presto,
promesso. Sai, ha preso i capelli dal nonno!»
Goten alzò un sopracciglio: «Nonno
Goku o nonno Satan?»
Pan
rise: «Nonno Goku!»
L’uomo
si portò la mano al petto, in un finto sospiro di sollievo: «Meno male! Avete
idea della fatica di pettinare tutti quei riccioli?»
La
donna gli prese una ciocca dei lunghi capelli: «Tu dovresti proprio prendere
una parrucchiera, i capelli sono diventati una tua ossessione.»
«E
dove la trovo una parrucchiera disposta a venire fin quassù, senza nemmeno la
televisione? Oh, incredibile che dopo più di novant’anni non siamo ancora riusciti
a risolvere questo problema, Dende!»
Il
namecciano rise: «Dovremmo chiedere a Shenron, un anno o l’altro.»
Goten annuì: «Mettilo in agenda, sono
almeno cinquant’anni che rimandiamo.»
Pan
annuì con un gran sorriso: «Ora però devo tornare a casa.»
L’uomo
la guardò un po’ deluso: «Di già? Non vuoi fermarti per pranzo?»
«Mi
aspetta già mia figlia e non voglio farla preoccupare.»
Goten alzò le mani in segno di resa:
«La famiglia prima di tutto. Vai, ti aspetto la prossima volta!»
Pan
annuì, alzandosi in volo: «Alla prossima, zietto! Ciao, Dende!»
Goten e Dende
si affacciarono al bordo del santuario e la guardarono allontanarsi. Poi, Goten, tornato serio, aggiunse: «Dovrò seriamente tenerlo
d’occhio, il mio nipotino.»
Dende scosse la testa: «Immagino che fosse
inutile nascondertelo, tu sei molto più bravo di me a sentire le aure.»
«Quel
ragazzino non ha solo i capelli di papà, ma pure l’aura è tremendamente simile!
Nel dubbio, le prime notti di luna piena io lo sorveglio, non si sa mai…»
Un’esplosione
risollevò entrambi dai loro pensieri. Dende trasalì,
ma Goten, imperturbabile, si limitò a sospirare.
«L’hanno
fatto di nuovo.»
Il
namecciano ridacchiò: «I nostri ultimi allievi sono
un po’ turbolenti, a volte…»
«Ripassami
il bastone, se hanno di nuovo distrutto la cucina a ora di pranzo è la volta
buona che ritiro fuori un po’ del mio spirito Sayan.»
Dende glielo porse: «Prego, tutti
tuoi.»
Goten, sorridendo e tirando fuori
nuovamente quel suo lato da attore consumato, rientrò nell’edificio urlando:
«ALLORA??? CHI È CHE DEVO MALMENARE STAVOLTA? L’HO GIÀ DETTO, LA CUCINA È
SACRA!!! DIAMINE, QUESTO È UN SANTUARIO, È TUTTO
SACRO QUA, MA LA CUCINA IN PARTICOLARE!!!»
Il
namecciano rise di gusto. Sì, forse il santuario,
dopotutto, era meno tranquillo della Terra, ma era certo che la serenità che
regnava ovunque sarebbe durata ancora e ancora a lungo, almeno finché Goten avrebbe avuto la forza di prendersi cura del mondo
che tanto amava.
Ed eccoci qua. Stavolta è finita davvero, con una citazione all’ultimo
episodio speciale di GT. Non so se fosse il finale che vi aspettavate, ma a me
questo Goten è piaciuto molto. Difficilmente con
questo finale lo riprenderò, ma è stato divertente.
Ringrazio come sempre alla fine delle mie storie:
·
Chi ha messo la storia fra le
preferite: bulmasanzo
·
Chi ha messo la storia fra le
ricordate: Esmirildindina
·
Chi ha messo la storia fra le
seguite: bulmasanzo e LadyTsuky
·
Chi ha commentato: bulmasanzo e Millo_Pippo_Jo
In attesa della prossima storia, vi saluto, alla prossima!
Hinata 92