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Autore: Roxar    02/05/2020    2 recensioni
Sono tempi duri per il mondo magico e sono tempi duri anche per i Capiscuola Potter ed Evans.
Qualcuno si sta divertendo ai danni di ragazzini Nati Babbani e la questione viene apparentemente risolta quando viene rimessa a Silente: i responsabili pagano lo scotto delle loro bravate con l'espulsione e Lily e James possono tirare un sospiro di sollievo.
O, almeno, così credono...
[Questa storia partecipa all'AU Fest del forum Piume d'Ottone]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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3. Memorie del corpo
 



Si chiamava Erin Griffin ed era la massima esperta che il San Mungo aveva prontamente inviato a Hogwarts quando, con una lettera della massima urgenza recapitata dalla McGranitt in persona, Silente aveva deciso di rimettere l’incresciosa questione - l’aveva definita proprio così - nelle mani più sapienti di un Guaritore specializzato. Il corpo docente, per quanto valido, non aveva raggiunto una posizione definitiva sul tipo di incantesimo che era stato scagliato su James Potter e Lily Evans. I loro pareri erano troppo discordanti e il vecchio Preside aveva optato per una cauta astensione del proprio giudizio, almeno finché altri esperti non avessero saputo dire di più.

Così, tramite Passaporta autorizzata all’ultimo secondo, Erin Griffin aveva varcato i cancelli di Hogwarts con la sua divisa perfettamente stirata e l’aria impettita di chi sentiva su di sé la responsabilità del mondo intero. 

Aveva impiegato esattamente un’ora e cinquantatre minuti per rivoltare i due come calzini e arrivare al responso.

“Siamo chiaramente alla presenza di un incantesimo di Scambio Essenziale,” disse, continuando a girare meditabonda intorno a James, bloccato nel corpo di Lily. Da quando si era svegliato e aveva capito cosa era successo non aveva proferito neanche mezza parola, nulla. Si limitava solo a respirare e aveva l’aria estraniata, come se non stesse davvero capitando a lui. Lily lo riteneva sotto shock, ma Black, che pareva saperla più lunga, aveva detto con un certo orgoglio che stava scandagliando i meandri della sua mente per trovare la maledizione più devastante per rendere il favore a quel pezzo di sterco che gli ha fatto questo, citandolo testualmente. 

“Questo lo avevamo dedotto anche noi,” si intromise seccamente Madama Chips, che mal gradiva la presenza della donna. La vedeva come un’invasione oltraggiosa al suo sacro territorio medico, o qualcosa del genere. “Ma nessuno è riuscito ad annullare l’incantesimo.”

A quelle parole, la Guaritrice Griffin si voltò come una furia, gli occhi grandi e spalancati di orrore.

“Ci avete provato?”

“Be’, certamente,” replicò la professoressa McGranitt, “non potevamo lasciare i poveri ragazzi in queste condi-”

“PAZZI!” urlò così forte che persino Silente, il grande, potentissimo Silente, ebbe un piccolo sussulto. 

“Voi siete pazzi. Non avete idea--- Non sapete--- Merlino, dammi la forza.”

“Guaritrice Griffin,” prese parola Silente quando la McGranitt pareva sul punto di prorompere in una predica, “abbiamo agito in totale buona fede, ipotizzando un semplice incantesimo di Scambio. Ma, e mi corregga se mi sbaglio, mi pare di capire che siamo in presenza di qualcosa di più ostico.”

Griffin sbuffò seccata, passandosi ripetutamente le mani sui capelli tirati in una coda di cavallo strettissima. 

“Come ho detto, questo è chiaramente un incantesimo di Scambio Essenziale,” spiegò con ovvietà, sebbene Lily e Potter trovassero la faccenda tutto fuorché chiara. “Ma a renderlo molto pericoloso è la temporalità che è stata applicata.”

“Che significa?” chiese Potter, riscuotendosi come da un lungo sonno. Aveva l’aria di uno che non sapeva bene cosa fare col corpo di Lily, come tenere le braccia o le gambe, o anche solo di come stare fermo in piedi. 

“Significa che è un incantesimo con vincolo temporale e non potrà essere annullato finché non sarà trascorso il tempo necessario. Siete tutti maghi esperti, qui; non c’è bisogno che vi spieghi quanto sia pericoloso cercare di interferire con il tempo.”

“Ma- Davvero non è possibile fare niente? Professore?” Lily quasi si ritrovò a supplicare Silente. L’uomo la guardò con gli occhi estremamente compassionevoli.  

“Signorina Evans, lei, in quanto studentessa del settimo anno, ha una conoscenza dei meccanismi magici molto più elevata rispetto alla maggior parte dei suoi compagni. Il tempo è una questione insidiosa, molto insidiosa. Maghi e streghe che hanno provato a manipolarlo, forzarlo e distorcerlo hanno trovato una sorte ben peggiore della morte. Non sarò così modesto da negare che potrei fare qualcosa, ma non è mia abitudine mettere in situazioni di pericolo i miei studenti. In questo caso, forzare la componente temporale dell’incantesimo che vi unisce potrebbe portare a risvolti molto sgradevoli. Mi dispiace, cari ragazzi, è la mia ultima parola.”

“Di quanto tempo stiamo parlando?” si intromise Potter. Lily si ritrovò a fissarlo stralunata per la miliardesima volta. Era così strano vedere il suo corpo muoversi senza che fosse lei a controllarlo, vedere quell’espressione seccata che era sicura di non aver mai avuto… 

“Dalla quantità di magia residua dell’incantesimo, direi…”

La Guaritrice Griffin mosse diverse volte la bacchette intorno alla testa di James, arrivando infine ad un verdetto.

“Una settimana. Forse due.”

Una settimana. Forse due. Dai sette ai quattordici giorni intrappolata nel corpo di James Potter e, prospettiva ancora più terrificante, James Potter intrappolato nel suo corpo. Senza che nessuno si assumesse l’onere di intervenire, poiché costituiva un pericolo troppo grande.

L’emicrania si insinuò nel suo cervello come dita fredde e scheletriche. Aveva bisogno di stare da sola, ragionare sulla situazione e cercare di venirne a patti. 

Distrattamente, notò che la Guaritrice Griffin aveva raccolto le sue cose e si stava congedando. 

“Ah, Preside? Indaghi sui suoi studenti. Aggiungere una prerogativa temporale vincolante-”

“È magia oscura. Ne sono perfettamente consapevole.”

Lily si sentì attraversare da un brivido freddo. Non era così stupida da pensare che il vincolo temporale non si collocasse oltre la semplice magia bianca, ma non aveva idea si trattasse addirittura di… quello. Il disagio, già notevole per essere intrappolata in un corpo non suo, si fece doppio in seguito a quella informazione sgradita e sgradevole. 

“Il mio lavoro qui è finito. Quanto a voi due,” disse Griffin, rivolgendosi direttamente a Lily e Potter, “abbiate pazienza e non forzate le cose in alcuna maniera.”

E se ne andò, così, senza dire altro, senza neppure salutare - il che portò la professoressa McGranitt a borbottare qualcosa a labbra serrate. Solo quando la porta dell’Infermeria si fu chiusa, Lily si lasciò cadere su un letto lì vicino. Era così bizzarro calzare il corpo di qualcun altro;  come camminare in una veste, nel suo caso, di almeno tre taglie più grande. Si sentiva impacciata, quasi persa in un corpo per lei così grande. E gli occhiali sul naso le davano un fastidio tremendo, non aveva idea di come Potter potesse sopportarlo. D’altra parte, aveva scoperto che era quasi completamente cieco, non aveva davvero molta altra scelta. Cercò di concentrarsi sui dettagli innocui - i capelli che pizzicavano la fronte, le mani enormi, l’altezza - evitando altre questioni più scomode e imbarazzanti di cui si sarebbe occupata in un secondo momento, come, per esempio, i bisogni fisiologici. 

“Sarete esonerati dalle lezioni,” propose la Direttrice di Grifondoro con tono molto pragmatico, “e verrete momentaneamente spostati in Infermeria per la notte.”

“Cosa?!” James non pareva esattamente d’accordo e Lily, tutto sommato, non si sentiva di dargli troppo torto. Tuttavia, capiva il ragionamento della donna. Le avrebbe fatto tutt’altro che piacere che qualcuno vedesse il suo corpo, anche una sola, minima parte, senza il suo consenso. E lei, d’altra parte, non se la sentiva di dormire nel suo dormitorio. Avrebbe creato solo imbarazzo tra le sue amiche. Tuttavia, non intendeva rinunciare a ben due settimane di lezioni.

“Sono d’accordo sull’Infermeria, professoressa,” spiegò Lily, “ma non sulle lezioni. Dobbiamo prepararci ai MAGO, non voglio perdere tutte quelle ore di lezione. E poi, tutti ormai sapranno cosa è successo, grazie alla reazione molto tranquilla che Potter ha avuto.” Non potè fare a meno di scoccargli uno sguardo tagliente. Il risveglio di Potter non era stato esattamente contenuto come il suo - che pure era stato turbolento. No. Potter, a differenza sua, aveva capito quasi subito cosa era successo e aveva iniziato a sbraitare frasi come “Che diavolo ci fai nel mio corpo?!” e affini, naturalmente nel mezzo di una folla sempre più crescente. 

Potter ebbe la decenza di mostrarsi un po’ in imbarazzo.

“Ehi, sono stato colto di sorpresa,” si difese, alzando le mani. 

“La decisione ultima in merito alle lezioni spetta a voi,” concesse la docente. “Nel frattempo, ci assicureremo che tutto questo non resti impunito.” 

Oh, Lily non avrebbe saputo dirlo meglio. Non era una persona vendicativa, sebbene fosse in grado di nutrire rancore per anni, ma era stato oltrepassato un confine e il responsabile non aveva idea dei danni che aveva creato, perché si sentiva ancora abbastanza sotto shock e sapeva bene che, una volta passato l’ottundimento generale, avrebbe cercato di avere giustizia. Forse non avrebbe agito in maniera plateale come sicuramente Potter progettava di fare, ma non se ne sarebbe rimasta con le mani in mano, quello era sicuro. 

Alla fine, il Preside e la professoressa si congedarono, lasciandoli da soli nell’Infermeria. Solo a quel punto Lily si prese la testa tra le mani. Era così strano affondare le dita in tutta quella massa caotica di capelli corti e non sentirli scivolare lungo gli avambracci. No, non era solo strano. Era orribile. Essere infilata a forza in un corpo diverso, soprattutto nel corpo di qualcuno che conosceva e che aveva disprezzato con tenacia fino a pochi mesi prima, era umiliante, ma ancor di più lo era sapere che c’era qualcun altro nel suo corpo, che vi era stato inserito senza chiederle il permesso. Si sentiva… violata. In un modo intangibile, ma non per questo meno importante. Non riusciva a sopportare di guardare se stessa muoversi e parlare senza che fosse lei ad impartire gli ordini alle sua gambe, alle sue braccia e alla sua bocca. Non era solo alienante - e lo era parecchio - era anche terribile. 

Sentì il materasso sprofondare un po’ quando Potter le si sedette accanto.

“È molto strano vedermi con quella faccia da funerale. Non mi stai rendendo onore.”

Lily sospirò, stizzita e sconfortata. L’ironia di Potter era fuori luogo e non l’aiutava. Dovette capirlo anche lui, perché quando parlò di nuovo la sua voce - la mia voce, si corresse automaticamente - era più morbida.

“Capisco cosa stai provando. Io mi sento strettissimo qui dentro. Forse possiamo andare in Biblioteca e vedere se-”

“No,” lo interruppe, sapendo già dove volesse andare a parare. “Hai sentito la Guaritrice, hai sentito Silente. Merlino solo sa cosa ci succederebbe se forzassimo il vincolo temporale. Il tempo è una questione seria, Potter. Perché credi che lo studino solo nell’Ufficio Misteri?”

Potter fece una strana smorfia sorpresa. “E tu che ne sai dell’Ufficio Misteri?”

“È scritto in Storia della Magia, nel capitolo dedicato alla costruzione del Ministero. Ma immagino tu non ti sia mai preso la briga di leggerlo.”

Dalla faccia che fece era vero, ma non sembrava troppo dispiaciuto. Probabilmente era uno di quelli che riteneva superfluo capire da dove veniva. Non gliene faceva una colpa; la magia aveva sempre fatto parte della sua vita, ma per lei era diverso. Lily a soli undici anni si era trovata nel mezzo della collisione tra due mondi, di cui uno completamente sconosciuto. Le era venuto naturale cercare tutte le informazioni possibili a riguardo. 

“Be’, allora immagino non abbiamo molta scelta. Confidiamo nelle previsioni della Guaritrice e speriamo si tratti davvero di due settimane al massimo. Ciò detto, io avrei lezione di Babbanologia, adesso. Non ti spiace se ci vado, vero?”

“No,” sospirò. “Ma spiega alla professoressa cosa è successo, prima  che tu venga cacciato dall’aula. Io farò lo stesso con il professore di Aritmanzia.”

“Bene. Allora è tutto, per adesso. Ci si vede più tardi.”

Lily parlò solo quando Potter era ormai arrivato alla porta. 

“Potter?”

“Mh?”

“Comportati bene, per favore.”

James sollevò entrambi i pollici e si prodigò in un sorriso che voleva essere incoraggiante e rassicurante al tempo stesso. Peccato che Lily, una volta che Potter si chiuse la porta alle spalle, non si sentiva né incoraggiata, né rassicurata.

Tutto il contrario, piuttosto.

 

La giornata passò, tutto sommato, senza troppe difficoltà.

Certo, iniziava ad essere stanca di dover spiegare a chiunque degli amici di Potter di non essere Potter e le frecciatine a tal proposito non erano mancate (da quelle più innocue a quelle più oscene che davvero la fecero stare male), ma era riuscita comunque a trascinarsi fino all’ora di cena resistendo alla tentazione di Schiantare qualcuno o strapparsi i capelli in preda alla frustrazione - cosa che, ne era certa, Potter non avrebbe tollerato. 

Si avviò verso la Sala Grande, ma all’ultimo momento si fermò in mezzo al corridoio ed esitò. Era stremata. E l’idea di sopportare la cena con tutti gli studenti della scuola, a dover dare spiegazioni e sopportare altre battutine che si credevano divertenti, ancora e ancora, di colpo le fece venire meno le forze. Avrebbe chiesto a Madama Chips di mettere insieme un piccolo pasto e tanto le sarebbe bastato. Non si illudeva di poter replicare per tutti i giorni a venire, ma fu clemente con se stessa almeno quel primo giorno. Girò i tacchi con l’intenzione di dirigersi in Infermeria, ma alla fine si ritrovò con le gambe ciondolanti oltre il bordo della vasca vuota che dominava il bagno dei Prefetti. Era un luogo pacifico, silenzioso e soprattutto deserto. Aveva veramente bisogno di starsene da sola per un po’, a ragionare su quello che era successo, perché solo così poteva interiorizzarlo a dovere e studiare una strategia per i prossimi giorni. Si guardò le mani - le mani di Potter - e per un attimo si sentì rivestita di una responsabilità enorme. Era suo compito mantenere quel corpo in perfette condizioni fino allo scadere dell’incantesimo. Non le era venuto in mente prima. Aveva solo pensato al suo corpo, non rendendosi conto che la cosa valeva anche per lei. Chissà se Potter si sentiva in pena tanto quanto lei. Chissà se si era davvero comportato bene come aveva promesso. Forse una parte di lei non voleva davvero saperlo. Tutto sommato, si augurava solo che le stesse portando rispetto. Tutto il resto poteva anche passare in secondo piano. 

Ma no, non era vero. Niente poteva passare in secondo piano. Tutto era determinante e rilevante, tutto era utile a risalire ai colpevoli - sì, anche il senso di oppressione che sentiva nel petto. Era benzina sul fuoco della sua determinazione e del suo senso di giustizia. Doveva iniziare ad approntare un piano per stanarli, ma l’aiuto di Potter, in quel frangente, era necessario. Aveva una visione del mondo assolutamente discutibile, dal suo punto di vista, ma a volte capitava che avesse anche delle buone idee. Perché, per quanto la riguardava, era ferma al punto di partenza e le poche cose che le erano venute in mente erano una meno probabile dell’altra.

All’improvviso, squarciando il silenzio, la porta del bagno si aprì con un cigolio stridente. Lily sobbalzò e, d’istinto, la mano volò sotto la giacca, dritta alla bacchetta. Il sollievo che la invase fu quasi doloroso quando vide che si trattava di Remus. 

Aveva l’aria sfinita e il suo viso, nella penombra azzurra della stanza, aveva un pallore inquietante, quasi  cadaverico. Al petto, notò, stringeva un fagotto. 

“Be’, è stato facile trovarti. Pensavo di dover cercare molto di più,” disse a mo’ di saluto, avvicinandosi un poco. “Posso sedermi lì con te?”

Lily annuì con un piccolo cenno della testa. Remus andava bene. Era una persona tranquilla e assennata, con la quale era piacevole passare del tempo. Non lo aveva mai visto perdere le staffe, sembrava incapace di farlo. E, a giudicare da quanti anni sopportasse Potter e Black, la sua pazienza doveva essere pressoché infinita. 

“Non ti ho vista in Sala Grande, perciò ho pensato dovessi essere affamata. Tieni,” e le porse il fagotto, che, notò prendendolo, era ancora caldo. Non aveva fame, a dire il vero, ma apprezzò molto il gesto. Remus non le doveva niente, non erano neanche propriamente amici, ma solo due persone che, di tanto in tanto, si ritrovavano a dover svolgere delle mansioni insieme. Si rese conto di non conoscerlo affatto. Non sapeva quasi nulla di lui e forse era stata l’amicizia con Potter a spegnere ogni curiosità. Non poté evitare di sentirsi un po’ in colpa per quella sua superficialità. 

“Perché sei qui?”

“Oh, be’, ecco, volevo sapere come stavi. Capisco quanto debba pesare tutto questo.”

Lily aggrottò la fronte, poco convinta. “Tu capisci cosa vuol dire essere intrappolati in un corpo che non è il tuo?”

Si rese conto di aver toccato qualche tasto dolente quando vide Remus abbassare lo sguardo verso le proprie mani. D’improvviso, aveva un’aria stranamente sconfitta e nella piega vagamente curvata della sua bocca c’era una sorta di dolore che Lily non riusciva a decifrare. Aveva detto chiaramente qualcosa di sbagliato. Qualcosa che lo aveva colpito - e non in modo positivo. Assolutamente dal nulla, Lily pensò alla luna piena. Meglio: il cervello di Potter pensò alla luna piena, per qualche motivo a lei ignoto. Senza alcuna ragione, si sentì terribilmente in colpa, in maniera quasi opprimente.

“Scusami,” disse subito. “Questa… cosa mi sta facendo uscire di testa. Non sono troppo in me,” aggiunse e scoppiò a ridere da sola per l’infelice gioco di parole. Remus la fissò in tralice con un mezzo sorriso e, di colpo, a Lily venne solo da piangere. Non aveva idea se quella reazione fosse sua o appartenesse al corpo di Potter, considerato quello che era successo pochissimo prima, ma tendeva più verso la prima, poiché non riusciva proprio a immaginarselo Potter a frignare come un ragazzino. 

“Non scusarti. Non è colpa tua, certo che no.” La voce di Remus era morbida come una carezza - balsamo sui suoi nervi a pezzi - e l’immagine di una bella luna piena che svettava sulle molte torri del castello tornò a balenare dietro la fronte. Bizzarro. Probabilmente si trattava di qualche episodio significativo che riguardava Potter, Remus e la luna. Non erano affari suoi e si prese l’appunto mentale di trovare un modo per impedire al cervello di Potter di lasciarsi andare a quelle associazioni. Era come violarlo in maniera ben peggiore di essere nel suo corpo.

“Hai visto Potter?” chiese, ma la vera domanda era Ha avuto almeno un po’ di rispetto per il mio corpo? e Remus sembrò capirlo, perché le sorrise rassicurante, annuendo.

“A quanto pare, non tutti gli studenti sanno del vostro, uhm, scambio. Quindi ha pensato bene di mantenere le apparenze cenando insieme alle tue amiche. Stranamente, sembravano tutte molto divertite e a loro agio.”

Lily si sarebbe aspettata tante cose, ma questa? Assolutamente no, mai. Che cosa architettando? Potter non era prono all’altruismo fine a se stesso e non si metteva mai in gioco se non aveva qualcosa da guadagnare. Dove stava andando a parare? Cosa voleva ottenere? Lo sapeva che c’era qualcosa di sbagliato in quel quadretto apparentemente sereno, ma non avrebbe proprio saputo dire cosa.

“Conosco Potter, qualcosa non torna,” espresse ad alta voce, meditabonda, passandosi lentamente le dita nei capelli senza esserne neppure consapevole e quando se ne accorse borbottò qualcosa tra i denti. Era come se quel corpo avesse una memoria sua, che trascendeva quella della mente, e lei non fosse in alcun modo capace di controllarla, accedervi o bloccarla. 

“Mh, ne sei sicura? Non voglio portare acqua al suo mulino,” si difese subito, “ma James è molto cambiato negli ultimi mesi. Credo che la morte di sua madre-”

“Cosa?” Lily lo interruppe in malo modo mentre si sentiva pervadere da un dolore talmente lacerante da spezzarle il respiro. Il dolore del lutto, della separazione definitiva, della irrimediabilità della morte. Si impose con fermezza su quell’ennesima ondata prodotta dalla memoria corporea e, con non pochi sforzi, riuscì a zittire quelle sensazioni orribili che non le appartenevano. 

Remus aveva un’espressione genuinamente sorpresa. “Non- non lo sapevi?”

Lily scosse la testa, senza sapere bene cosa dire. Potter era un chiacchierone, un fiume di parole in piena, un mare ribollente di loquacità, ma mai, neanche una volta, lo aveva sentito parlare della sua famiglia. Non aveva idea neppure di cosa facessero i suoi genitori, chi fossero. Due volti anziani, dal viso crepato di rughe, balenarono per un attimo dentro la sua testa, rapidi e abbaglianti come un fulmine nel mezzo di un temporale, al punto che già non li ricordava più. Mh, quella faccenda della memoria la stava mettendo profondamente a disagio, oltre che provocarle un non poi così vago senso di inquietudine.

“Sua madre era malata da molto tempo. James non voleva neanche tornare a scuola. Suo padre è anziano e non… non ha preso molto bene la scomparsa della moglie.”

Lily voleva pregarlo di fermarsi. Non erano affari suoi e non voleva che Remus continuasse a snocciolare dettagli così intimi della vita di Potter, che avrebbe potuto essere anche il suo peggior nemico, ma non per questo non aveva diritto alla sua riservatezza. D’altra parte, quelle notizie non giungevano completamente nuove. Lily non le aveva mai ascoltate prima, ma il corpo di Potter sì e una parte del suo cervello reagiva dandole la sensazione di conoscerle già, di star sentendo qualcosa di già noto. Dio, era una sensazione così strana, così assurda, che non c’erano parole adatte a spiegarla nella sua concretezza.

“Perché mi dici queste cose?” domandò con voce quasi soffocata, sconfortata. 

“Perché James era un pagliaccio e ha fatto tante cazzate,” spiegò e sorrise dell’occhiata sorpresa di Lily quando si lasciò andare a quella piccola scurrilità, “ma, per quello che è diventato, merita una seconda possibilità. Non dico che dovreste diventare amici, ma solo… be’, cerca di guardarlo per quello che è oggi e non per quello che era ieri. Penso gli farebbe piacere.”

“Ci proverò, ma non ti prometto nulla,” disse, ingentilendo quelle parole con un sorriso un po’ divertito, che Remus copiò quasi subito. 

“Bene, ti lascio cenare in pace. Ho il turno di ronda tra dieci minuti.”

“Grazie per questo, a proposito.” Lily sollevò il fagotto e Remus scosse la testa come a dire che non era nulla di eccezionale. Era già quasi arrivato alla porta quando Lily lo chiamò, non riuscendo a sopprimere quell’ondata di curiosità.

“Sì?”

“La luna piena ha qualche significato per te e Potter?”

Remus alzò le sopracciglia. “Perché lo chiedi?”

“Il cervello di Potter me l’ha fatta vedere per un paio di volte, così, dal nulla. Ho pensato avesse qualche significato particolare per voi due.”

Il sorriso da sfinge di Remus non vacillò neppure per un attimo.

“Stiamo parlando di James. Vai a capire tutte le sue stranezze,” scherzò e salutò con la mano prima di chiudersi la porta alle spalle. Solo quando Lily portò alla bocca un tramezzino realizzò che Remus aveva glissato sulla domanda, rifiutandosi di rispondere.

 

Potter si era già infilato sotto le coperte quando Lily entrò in Infermeria. Notò che aveva legato i capelli in una treccia perfetta, fatta con dita che potevano dire di avere una certa esperienza. Non si interrogò oltre per paura che il cervello del ragazzo le restituisse chissà quale immagine. A tal proposito, doveva parlarne con lui, cercare di capire come arginare questa cosa nei prossimi giorni.

“Dobbiamo parlare.”

“Ciao Evans, come è andata la mia giornata? Benissimo, grazie. Spero che anche la tua sia stata produttiva e soddisfacente.”

Lily sollevò gli occhi al soffitto, lasciandosi andare ad un piccolo sospiro infastidito. 

“È proprio necessario? Sto morendo di sonno,” aggiunse e si accompagnò ad un grande sbadiglio, sfregandosi gli occhi. Non sembrava stesse fingendo; aveva davvero l’aria distrutta. E anche lei, d’altra parte, sentiva il bisogno di un buon sonno ristoratore. 

“E sia, parleremo domattina.”

“Be’, buonanotte allora. E non sbirciare troppo il mio corpo, mentre ti cambi.”

Lily sbuffò indispettita. “Come se tu non avessi fatto lo stesso con il mio.”

“A dire il vero no, non l’ho fatto.”

Pareva sincero, ma Lily non aveva fretta di fidarsi della nuova versione di James Potter; il massimo che poteva fare era concedergli il beneficio del dubbio. In ogni caso, lei cercò di guardare il meno possibile mentre si sfilava la divisa e infilava il pigiama che qualcuno - gli Elfi, probabilmente - avevano portato lì per lei. Sfilare gli occhiali fu una mossa vincente, perché Potter era praticamente cieco e non riusciva a vedere più in là del proprio naso.

Una volta sotto le coperte, nel buio della stanza rischiarato a tratti da qualche sporadico raggio di luna, Lily si domandò se fosse il caso di porgere le sue condoglianze a Potter. Questo avrebbe portato ad una digressione troppo ampia, però, e avrebbe tirato in mezzo Remus e dio solo sapeva come Potter avrebbe potuto reagire. Alla fine, decise di tacere. Una domanda, però, scivolò inopportuna dalle proprie labbra.

“Ti piace la luna piena?”

“Che razza di domanda è?” Potter non sembrava infastidito, ma piuttosto sorpreso.

“Non so, il tuo cervello ogni tanto me la fa venire in mente, specialmente quando Remus è nei paraggi,” buttò con disinvoltura, come se la cosa non le interessasse, come se la trovasse buffa e basta. Potter non rispose e forse aveva davvero travalicato un limite, aveva davvero peccato di scortesia. 

Quando parlò, quasi sobbalzò poiché l’aveva creduto già addormentato.

Odio la luna piena. Un giorno, magari, ti spiegherò anche perché.” 

Lily annuì nel buio con un piccolo mh-mh prima di girarsi dall’altra parte e portare, come al solito, le gambe al petto. Quella posizione fetale, unita al buio della camera, la rincuorò un poco; era come essere un pochino più in se stessa e meno in James Potter. E, per adesso, poteva bastare.
   
 
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