Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Chaosreborn_the_Sad    03/05/2020    0 recensioni
Sono passati secoli dalla Guerra dell'Anello e la Terra di Mezzo è cambiata drasticamente. Elfi e maghi elementali, vittime delle persecuzioni razziali di Nuova Gondor, sono costretti a vivere nascosti e al di fuori della Federazione. Un mago e un'elfa millenaria prenderanno in mano la situazione, in un lungo viaggio verso il cambiamento.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio, Radagast
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Capitolo 15 - Vecchio

Joder!”.
Calciai il sasso più vicino al piede destro -quello su cui avevo appena sbattuto l'alluce- e decisi di sedermi a terra.
Osservai dei passeri alzarsi in volo dagli alberi che mi circondavano, probabilmente disturbati dal mio imprecare a pieni polmoni nel loro bosco.
Rain, seriamente, cazzo fai?
Me ne torno alla civiltà.
La stessa civiltà che ti sta cercando per metterti in galera e probabilmente vivisezionarti?
Joder.
Che? Pensavi che dopo un paio di settimane lontano da Nuova Gondor t'avrebbero regalato cioccolatini e birra, come se non fosse successo nulla? Guarda che resti comunque un ricercato.
Lo so. È che...
Che?
Non... è difficile pensare. E lo sai meglio di me.
Non è questa la risposta.
Sì.
Stronzate.
Va bene! Non voglio pensare. Contento?
Perché?
“Perché se mi metto a pensare o mi sale la voglia di coca, che mi son documentato abbastanza per capire di esser nella fase del “tanto sono più forte e posso farmi una riga di tanto in tanto perché non ci ricasco”, oppure penso a lei, e non voglio pensare a lei! Ti piace di più questa risposta?!” gridai, nel vuoto della foresta che mi circondava. Respirai a fondo, tentando di calmarmi e frugando nelle tasche in cerca delle sigarette.
Benedetto il momento in cui ne ho comprate due stecche mi dissi, estraendo una cicca e accendendomela, nonostante le mani tremanti.
Espirai la voluta di fumo, cercando di riappacificare i pensieri.
Era passata una settimana dalla pessima idea di spingere quell'elfa a parlare e dall'ancor più pessima idea di tracannare mezza cantina con Cris.
In effetti non è stata una grande idea quella di mettersi in marcia ancora pieni di vino.
No, l'idea peggiore è stata addormentarsi vicino al formicaio appena uscito dai Porti.
Una settimana in cui avevo avuto tutto il tempo di farmi risalire la voglia di cocaina e di analizzare effettivamente le ultime due conversazioni che avevo avuto.
Una settimana con l'unica compagnia della mia mente, soprattutto. Questo era il dettaglio peggiore.
Sta buono, che senza di me ti saresti ritrovato sulla baia di Forochel, in questo momento.
Il risultato non era stato dei migliori, e mi trovavo ora finalmente vicino al confine, ma con ogni sorta di dubbio riguardo il da farsi.
Joder en que lío te has metido.

“Non hai capito un cazzo, Rain”.
Scrutai gli occhi di Daniel, accogliendo il rimprovero che leggevo in loro.
Non mi rimproverava per la sua morte, oh no, troppo facile. Quel dettaglio me l'aveva perdonato, tempo fa, o forse ero riuscito in parte a perdonarmi subconsciamente e a capire che il modo migliore per onorare la sua memoria era di rimettersi in sesto, smettere di piangersi addosso e portare avanti la lotta.
Joder, sembro un rivoluzionario da poster.
Divertente, decisamente divertente. Anche perché nel conscio mi sento ancora schiacciato da quel dettaglio.
“E dalle ultime novità” fece Dan.
E da quelle. Eppure è proprio per questi dettagli che mi stava rimproverando.
Sospirai, guardandomi attorno. Umbar. “Las Guarras”. Posacenere. Caffè lui, una birretta io. Joder se ho voglia di una birra veramente. E soprattutto nessuno seduto ai tavolini attorno, se non un moro con un calice di rosso e un piattino d'uva davanti a sé.
“Dobbiamo smetterla d'incontrarci così” dissi. Dan sorrise.
“Preferisci gli altri sogni?” chiese, sapendo già la risposta.
Joder no. L'immagine di Rhi sul pavimento della sua camera, con la mano sullo zigomo che avevo appena colpito, chiedendomi disperata di picchiarla ancora se volevo ma di non lasciarla era stata parte integrante delle mie notti quell'ultima settimana, da quando avevo lasciato i Porti.
“È solo un sogno, Zèf”.
Sicuro? Sicuro sia solo un incubo?
“Sì” fece Daniel. Strano, la voce non pareva la sua, eppure lo avevo visto parlare chiaramente.
Ha sido solo una pesadilla” continuò. Solo un incubo. Eppure...
Mira Zèf” cominciò “Non l'hai picchiata”. La voce tornò la sua, ma solo dopo che ebbe lanciato una fugace occhiata al moro pochi tavoli più in là. Dettaglio bizzarro, ma poco importava.
“In un altro mondo, forse, in un altro tempo o un'altra vita. Ma non in questa. È solo un sogno e lo sai anche tu”.
Sospirai, ancora una volta. Ne ero finalmente certo.
“Perché siamo qui?” chiesi, cambiando discorso.
“Davvero non lo sai?” mi rispose Dan, sorridendo. Alzò il polso, dal quale pendevano due plettri.
Quella notte.
La notte in cui Rhi ci tradì, in cui trecentoquarantadue maghi persero la vita.
Dan ed io eravamo qui. Café “Las Guarras”.
Dan ed io, Romeo e Blaine. Il primo, disastroso e spettacolare concerto degli Squall.
Sbronzi come non mai, Blaine che si ostinava a suonare il basso con la sinistra perché s'era convinto di esser mancino -la verità è che aveva iperallenato il braccio sinistro per compensare e non voleva credere al suo errore-, Romeo che aveva schivato un bicchiere lanciato dal pubblico per pochi centimetri, Daniel che aveva cominciato il concerto già sbronzo per “tenere a bada i nervi” -ed era dovuto andare a vomitare dopo la seconda canzone-, ed io, altrettanto sbronzo, che avevo imbroccato una nota ogni cinque.
Joder, la giovinezza.
“Capisci, Rain?”.
No, Dan, non ci capisco un cazzo.
Il mio amico mi sorrise, finendo il suo caffè, calmo in una maniera a dir poco irritante.
Preferivo di gran lunga sbraitare nel bosco.
“Puoi sbraitare quanto vuoi, ma ciò non cambierà le cose”.
“Quali cose?!” sbraitai. Avevo sbattuto le mani sul tavolino, quasi rovesciandolo.
Andiamo bene, di giorno litigo con la mia testa e di notte con Daniel in sogno. Andiamo veramente bene.
“Che stai meglio da quando hai smesso di farti” cominciò Dan, sempre calmo.
Stronzate, sono giorni che bramo una cazzo di striscia.
“Che sei sulla strada giusta, almeno materialmente” continuò.
In mezzo a boschi del cazzo e casupole da hobbit abbandonate. Mi ritrovai in piedi, senza sapere quando mi fossi alzato.
“Che dentro di te sai che un'alleanza con gli elfi è necessaria”. Il tono di Dan si stava facendo più serio.
Che se ne restino nel fantamagibosco di 'sto grandissimo cazzo.
“E soprattutto lo sai, e l'hai ammesso anche a te stesso, che vorresti avere Langrhibel al tuo fianco” concluse l'altro, il tono che ormai non ammetteva repliche.
“No” feci.
“Smettila di mentire a te stesso”.
Con la coda dell'occhio notai il moro dell'uva osservarci interessato.
“Fanculo Dan. Non rompevi così tanto i coglioni da vivo”.
“Non abbastanza, intendi, per questo ringrazia che te li rompa da morto” fece Dan, sferzante. Non c'era cattiveria nelle sue parole, né rabbia o il rimprovero che avevo cercato disperatamente per giustificare i miei sensi di colpa.
Solo amarezza.
Amarezza tale da esser peggio di rabbia, rimprovero e otto pugnalate assieme.
I suoi occhi erano fissi dentro ai miei, occhi bruni che tanto parevano quelli di Rhi piuttosto che quelli di Daniel.
“Ammettilo, Rain” sospirò.
“Io...”.
“Lo hai già fatto, ma sai di doverlo fare un'altra volta”.
“Dan...” cominciai.
S'incazzò.
“DILLO!” urlò, alzandosi a sua volta e sbattendo anche lui le mani sul tavolo, facendo volare la sua tazzina, il mio bicchiere, il posacenere e qualunque altra cosa lì appoggiata.
Il rumore di cocci infranti alle mie spalle mi fece girare e vidi il piattino d'uva del moro infranto per terra. Il tipo sembrava essersi infervorato anche lui, seguendo la nostra discussione, e doveva aver deciso che lanciare piatti fosse la miglior cosa.
“Dillo” asserì Dan, tornando a sedersi.
Sospirai.
“L'amo, Daniel. Quella stronza di un'elfa che ci ha traditi. L'amo”.
L'avevo detto.

Mi svegliai all'alba, con la testa che doleva come non mai e la sensazione di ribollire di magia. Neanche fuggendo da Lasgalen, con l'adrenalina a mille e i proiettili che saettavano attorno a me e Rhi m'ero sentito così pieno e immerso nel flusso magico dentro di me. Era come se fossi... sdoppiato?
C'ero io, il Rain a pezzi e con poca voglia di un'altra giornata di marcia nel nulla, i boschi e i poderi hobbit vuoti, e c'era l'altro Rain, felice, pieno di forze e con la magia a fior di pelle.
Joder mi mancava giusto questa. Non bastava il nome, no, anche il disturbo di personalità come lui dovevo avere. Stronzo di uno Zèfiro.
Mugugnando mi avviai lungo il sentiero, frugando nello zaino dopo essermi acceso una sigaretta.
“Fottuti hobbit” borbottai, dopo aver trovato ciò che cercavo. Neanche un bagno chimico avete lasciato.
Gettai il mozzicone, spegnendolo sotto il tallone, per poi poggiare lo zaino in un angolo e avviarmi armato di rotolo di carta igienica dietro dei cespugli.
Fortuna che hai razziato i rotoli dell'ultimo albergo, Rain mi dissi, mentre felicemente mi dedicavo ad evacuare.
E non è neanche così male, dai. L'arietta, il bosco, il silenzio, il Brandivino che scorre laggiù.
Sì. E su tutto ciò tu ci stai allegramente cagando.
Bel modo di rompermi la poesia.
Zitto e caga.
Venni distratto dalle mie discussioni filosofiche poco dopo, quando sentii l'inconfondibile -e vagamente bramato- rumore di un motore.
Dal casino che stava facendo poteva essere solo che una motocicletta, che in effetti notai poco dopo passare il ponte sul Brandivino dalla mia posizione.
Imprecai, pensando allo zaino abbandonato sul ciglio del sentiero, ma decisi di rimanere comunque nascosto dietro i cespugli. Sentivo la magia affiorare, pronta all'offensiva, come se l'altro stesse prendendo il sopravvento.
Il rombo della moto si avvicinò e si fermò, giusto davanti la siepe dove m'ero acquattato. Dalla mia posizione vidi l'uomo scendere dalla moto bianca e guardarsi attorno, dopo aver notato il mio bagaglio. Emise un rumore strano, quasi una risata, soffocata dal casco.
Ero pronto a vender cara la pelle, sul punto di lanciare il primo incantesimo, quando l'uomo parlò.
“Siamo mattinieri, Rain?”.
Lui?
Lui!
“Esci di lì, ragazzo, e tirati su le braghe magari”.
La iena era arrivata.

“Caffè?” fece l'elfo, tirando fuori un thermos dal sottosella.
Mugugnai, afferrando la tazza che mi porgeva e bevendo il primo caffè dopo settimane.
“Ordunque, vogliamo chiacchierare un po' su quanto sia una bella giornata, con l'arietta, il bosco, gli uccellini e tu che caghi o passiamo subito al dunque e mi spieghi che cazzo ci fai vagando a piedi per le Terre Selvagge?” domandò poi.
Sospirai.
Fottuta iena.
“Cos'hai contro le iene?” mi domandò Zaal, per poi cominciare a ridacchiare come il suddetto animale.
Lo guardai, confuso.
Come diamine...
“Non ti crucciare, Rain, la telepatia era parecchio diffusa tra gli elfi, un tempo” spiegò.
“Quindi non solo m'interrompi i rituali mattutini ma anche mi invadi la mente?”.
Quello agitò una mano in un gesto noncurante.
“Sei tu quello che mi chiama iena”.
Cinque minuti e già sto per perdere la pazienza.
Sbuffai.
“Sto tornando indietro” dissi finalmente.
“E Rhi?”.
“Ai Porti. Se hai culo e non è partita con il suo fratellino alcolizzato una settimana fa”.
Mi parve di vedere un lampo di sorpresa negli occhi di Zaal, ma passò subito.
“Quindi mi avete fatto venire fin qui da Lasgalen per niente? E adesso chi lo sente Legolas” sospirò lui, affranto. Forse troppo per essere credibile.
“Lascia perdere i drammatismi, elfo, non sei credibile” dissi. Quello sorrise, somigliando più a un predatore che aveva inquadrato la sua preda che a una persona allegra.
“Non c'è problema, significa che andremo a prenderla”.
Ah no. 'Sti cazzi.
“Ci vai da solo, Zaal”.
“Forza Rain, non è l'ora di fare i capricci come un bambino troppo cresciuto”.
Joder Zaal, t'ho detto che t'arrangi da solo” sbottai.
“Che cosa è successo?” domandò.
“È una lunga storia e te la può raccontare lei. L'unica cosa che voglio è continuare sulla mia strada senza ulteriori complicazioni” feci, scocciato.
E Zaal s'incazzò.
“M'importa una sega di quale lite da amanti adolescenti abbiate avuto, il mio punto è che m'avete chiesto di venirvi incontro. Aggiungici il fatto che Legolas ha richiesto la vostra presenza a Lasgalen, capirai se non intendo lasciarti andare”.
“Puoi dire allo sfregiato dei miei coglioni che se ben ricordo ci aveva esiliati dal suo fantamagibosco del cazzo” risposi, senza guardarlo negli occhi, “e che quindi con quello stronzo non ho più tanta voglia di averci a che fare. Me ne torno dai miei, nell'Harad se possibile, dove voi elfi magari bruciate sotto il sole”.
“Non siamo vampiri, Rain. E in ogni caso Legolas ha ritrattato. E vi vuole entrambi”.
Incrociai lo sguardo di Zaal e inarcai un sopracciglio.
“Non sono stato abbastanza chiaro?”.
L'elfo mi osservò, glaciale.
“M'importa poco, Rain. E mi pare che nei buoni propositi del mese ci fosse quello di condurre una guerra contro Nuova Gondor”.
Borbottai, ma l'elfo finse di non sentirmi.
“Come?”.
“M'hanno deposto, va bene?! E non fingere di esser sordo, so benissimo che m'hai sentito la prima volta”.
Zaal sbuffò, spazientito.
“Mi spieghi allora per quale motivo mi avete fatto venire fin qui, se nessuno sembra aver voglia di portare a termine quest'alleanza?!” domandò.
Sospirai, bestemmiando mentalmente tutto il pantheon dei Valar e sperando che la iena stesse invadendo la privacy della mia mente per ascoltare a fondo tutti i miei improperi.
È sempre così Rain. Ci provi. Sempre.
No papà, non voglio fare il leader, voglio fare la rockstar.
No, me ne frega che sono un mago, voglio una donna mortale a cui raccontare tutto.
No, non importa che l'elfa che ho davanti sia Langrhibel dei Porti la traditrice, voglio comunque...
Forza Rain, quella parola con la i.
Fanculo.
Ogni cazzo di decisione, ogni tentativo, e mi ritrovo sempre qua.
E la verità è che sotto sotto so che non vorrei fosse altrimenti.
Il Nord e il Sud invertiti, il delirio di onnipotenza.
Il sapere che posso, che devo fare qualcosa per cambiare la situazione, e devo essere io a capo del tutto.
Vacca Varda.
Spero tu sia contento Raphael, alla fine ci sei riuscito a farmi diventare proprio il paladino dei Maghi che hai sempre voluto come figlio.
Sospirai.
“Legolas vuole veramente un accordo?”.
“Ci ha riflettuto con più calma ed è giunto alla conclusione che giocherà a suo favore” rispose l'elfo.
“E tu quanto c'entri con questo cambio d'idea?” chiesi, scoccando a Zaal un'occhiata più stanca che seccata.
L'elfo sorrise.
“Solo un po'. Diciamo che ho messo una buona parola per voi” rispose.
Continuai a fissarlo.
“Va bene, gli ho forzato un po' la mano. E può essere che siano volate di nuovo espressioni poco consone alla presenza di un Re” ammise Zaal.
Prima che potessi finire di formulare la domanda nella mia mente l'elfo m'interruppe:
“Da parte di entrambi, Rain, non dovrebbe stupirti”.
Mio malgrado accennai mezzo sorriso.
“Va bene Zaal” dissi, rimettendomi lo zaino in spalla. Cominciai a camminare lungo la via Est, nella direzione dalla quale era venuto.
“Dove vai?!” mi chiese, confuso.
“Ci vediamo a Lasgalen, a meno che tu non voglia darmi un passaggio. Spero solo di ritrovare il buco che ho fatto l'ultima volta, per rientrare” risposi. Ed ero sincero: potendo avrei evitato a tutti i costi un altro giro sui suppostoni sotterranei a centoquaranta dei nani.
“Dove cazzo vai, Rain! Dobbiamo comunque recuperare Rhi!” esclamò l'elfo.
Vero.
Lei.
Joder.
“Puoi lasciarla dov'è” risposi, laconico, “Anzi, se non se n'è andata su quella nave è più probabile che l'assumano di nuovo i gondoriani”.
Zaal mi raggiunse, mettendomi una mano sulla spalla.
“Ti ha raccontato del suo curriculum, dunque” asserì.
L'apparente leggerezza con cui lo disse fu peggio di qualunque sua risata da iena. Mi voltai a guardarlo, scrollandomi la sua mano di dosso.
“Sì Zaal. E fossi in te farei attenzione a non trovarmi una pallottola in fronte, la prossima volta che la vedi”.
Quello sospirò.
“Capisco il tuo risentimento” cominciò “ma non hai diritto a giudicarla”.
Lo fissai, cielo contro ebano.
“Non dirmi cosa ho diritto di fare” sibilai. Lo vidi vacillare un infinitesimo di momento sotto il mio sguardo.
L'elfo tentò di abbozzare una scusa, ma non lo lasciai parlare.
“Se non posso giudicarla io, chiedilo ai trecentoquarantadue maghi morti quella notte” dissi, per poi riprendere a camminare verso Est.
Mi fermai dopo tre passi, quando un sasso mi colpì la nuca.
Mi voltai, per vedere Zaal pronto a lanciarmene un secondo.
“Se ti ostini a comportarti come un bambino di cinque anni, tanto vale farti ragionare alla stessa maniera” disse l'elfo.
Lasciai cadere lo zaino alle mie spalle, pronto a ribaltare l'elfo con una folata, quando quello mi colpì dritto in fronte con il secondo sasso. Non l'avevo neanche visto muoversi.
“Aulë infame, Rain, sai bene che se non avesse accettato lei quel lavoro l'avrebbe fatto qualcun altro” sbottò.
Ringhiai, piegando le ginocchia, pronto a lanciarmi contro di lui.
“Non darle colpe che non si merita” disse.
Questo è troppo.
“Le do le colpe che si merita” risposi, scattando in avanti per placcare l'elfo ed esplicargli il mio punto di vista a suon di cazzotti.
Zaal mi schivò con un leggiadro passo a sinistra, lasciandomi cadere di faccia tra la polvere e i sassi del sentiero.
Prima che potessi rialzarmi sentii il tacco del suo stivale contro la nuca.
“Nessuno sta cercando di convincerti che Rhi sia l'apice della moralità, ma non puoi negare quello che ha fatto”.
“So bene cosa ha fatto” ringhiai, bloccato a terra.
“Non sai un cazzo, Zèfiro” disse.
“Ha cercato di portarti da Legolas, di forgiare un'alleanza tra le due razze perseguitate. È rimasta con te pur vedendo i difetti della tua leadership anziché aspettare l'eventuale prossima generazione. È rimasta sulla Terra di Mezzo, nonostante tutto il dolore che questo posto le ha fatto provare. Ha deciso di combattere, seppur a modo suo, per una giusta causa” continuò.
Cercai di divincolarmi, ma la pressione sul collo aumentò lievemente.
“La biasimi per la sua reazione? Conoscendola, le rimproveri il volersi vendicare del mondo dopo quello che le hanno fatto? Io c'ero, Rain, quando hanno scolpito le statue di Kalo. Ho visto come hanno dato il suo volto a Nienna, più per insultarla che per pregare in una sua redenzione. E adesso che sta cercando proprio di redimersi, di espiare e di aiutarvi, vuoi veramente negarle la possibilità di fare finalmente del bene?”.
Sentii la pressione dello stivale di Zaal levarsi, ma rimasi a terra.
“Credi davvero sia ancora dalla loro parte? Quelli che l'hanno violentata?” terminò.
Lentamente mi misi a sedere, massaggiandomi il collo. L'elfo non ci era andato piano con il piede e ciò nonostante ero certo che se avesse voluto avrebbe potuto spezzarmi la schiena senza sforzo.
Forse l'idea di prenderlo a cazzotti non è stata delle migliori.
“Direi di no” fece Zaal.
“Leggi ancora nel pensiero, elfo?”.
Quello alzò le spalle.
“Fallo di nuovo e ti stacco la testa” affermai, rialzandomi e cercando di non notare il sorrisetto irriverente -così uguale a quello della cugina- che s'era formato sulle sue labbra.
“Andiamo a cercarla” feci, laconico, avviandomi verso la sua moto.

Ci vollero pochi chilometri prima che Zaal fermasse la motocicletta.
“Che succede?” chiesi.
“Cavalli. Due, e inseguiti da una moto” rispose Zaal, cercando di sentire suoni che non potevo ancora percepire. Ascoltai il silenzio e mi parve di cogliere il rombo lontano di un motore.
“Lo diceva, il figliol prodigo, che Rhi porta sempre e solo guai” mormorò l'elfo.
“Il chi?” domandai, “È il mio nuovo nomignolo, per caso?”.
Zaal mi guardò, interdetto per un momento, per poi scoppiare a ridere.
“No, ragazzo, anche se sarebbe decisamente appropriato!” esclamò.
Lo guardai, confuso.
“Ah! Questo non te l'ha detto!” affermò, riprendendo a ridacchiare.
“Stai veramente parlando di figli, Zaal? Tuoi?! Non si sarà trombata pure quello?!” domandai, incredulo.
“Decisamente, Rain, è da lì che nasce tutto il problema” rispose.
Ci misi un attimo a fare il collegamento che non volevo fare.
“Sì, Rain”.
No.
NO!
Joder no!
“Sì” disse Zaal.
“Zèfiro è tuo figlio?!”.
“Sì”. L'elfo sembrava più dolce che irriverente, cosa che mi mandò ancor di più in confusione.
Zaal il mio bis-non-so-quante-volte-nonno? Zaal ed io parenti? Questo significa che faccio parte anch'io di quella famiglia di disadattati?!
Tentai di imprecare un'altra volta, ma la voce mi morì in gola.
“Rain?” fece l'elfo, agitando una mano davanti ai miei occhi.
È uno scherzo, mi dissi, non può essere.
Eppure...
Ripensai alla reazione dell'elfo al conoscermi, quella che ormai sembrava una vita fa. L'elfo che riuscì solo a dirmi Ciao.
Stava dicendo la verità.
Joder stava dicendo la verità!
Fottuti Valar. Uno non può neanche cominciare la mattina cagando in pace che la giornata deve trasformarsi ne Le avventure di Rain con il suo vecchio nonno Zaal.
“Sì Rain” disse Zaal, interrompendo finalmente il mio delirante monologo mentale, “Ma come disse un saggio, chiamami un'altra volta vecchio e sarò costretto a romperti il mio bastone sulla testa” asserì, continuando con il suo brutto vizio di leggermi nel pensiero.
Continuai a fissarlo, attonito.
“Si potrebbe dire” disse, di nuovo quasi dolce per i suoi standard, “che tu sia la mia unica famiglia”.
Ancora non so quali occhi fossero veramente o semplicemente più velati, se i miei o i suoi.
So solo che fummo riportati alla realtà dal suono di una mitragliata.









A volte ritornano =)
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Chaosreborn_the_Sad