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Autore: CaskettCoffee    08/05/2020    4 recensioni
Questo racconto prende il via dopo gli eventi del series finale, e racconta la storia di quaranta settimane della vita di Castle e Beckett. Quaranta settimane molto importanti. Quaranta settimane di attesa.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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QUINDICI SETTIMANE
 
"Sei nervoso Castle?"

Un istante di silenzio. "No, tu lo sei?"

"Ovviamente no."

"Davvero Beckett, neanche un po’?"

"Beh ... forse un po’."

"Anch'io."

Kate Beckett sembrava non riuscire a rimanere ferma sulla poltroncina della sala d’attesa. Continuava a guardarsi intorno, a tamburellare con le dita sulle gambe. "Non c'è niente da leggere qui" si lamentò.

Castle emise uno sbuffo che sembrò più una risata e sollevò lo sguardo dalla sua rivista, in quella che doveva essere la sesta interruzione in due minuti. "Ci sono molte riviste, Kate" la informò dell'ovvio, tendendo la mano verso il tavolino pieno di giornali che si trovava a pochi metri da loro. "Basta prenderne in mano una e cominciare a leggerla."

"Davvero dovrei leggere questa roba?", lo guardò storto Kate prendendone una a caso fra le mani, e portandogliela davanti agli occhi a mò di spiegazione "non ho bisogno di sapere come ridurre le smagliature sulla pancia o come evitare che i miei capezzoli diventino screpolati durante l'allattamento al seno ... o mio dio, si possono screpolare?" 

"Magari è meglio qualcosa di diverso", rispose Castle sfilandole la rivista fra le mani, "C'è una copia del New Yorker proprio lì”. Tentò allora di riportare la sua attenzione sull'interessante articolo sull’alimentazione in gravidanza, ma sua moglie lo interruppe subito. 

"Parla con me, Castle" gli chiese lei "Sono in ansia."

Beckett aveva quel suo broncio. Castle non era in grado di resisterle in generale, ma quando metteva su quell’espressione corrucciata, sapeva di non poterle negare nulla. Quindi emise un sospiro e mise definitivamente da parte la sua rivista. "Di cosa vuoi parlare?"

"Beh, intanto vorrei parlare di perché siamo qui a fare questa visita", disse lei, "Non c'è niente che non vada nel bambino, giusto? Perché il dottor Krebs ha detto di fare questo controllo? Siamo stati da lui all’ospedale tre giorni fa!"

"Non c'è niente che non vada, Beckett", la rassicurò Castle gentilmente, "il dottore ha semplicemente consigliato di farci seguire anche da un ginecologo privato per tutto il corso della gravidanza." Un cipiglio pensieroso corrugò la fronte di sua moglie, e allora lui aggiunse: "La dottoressa Bradford è fra i migliori ginecologici della città, e il dottor Krebs ce l’ha caldamente raccomandata. Sta tranquilla."

"Perché deve seguirci un altro ginecologo? A me piace il dottor Krebs" replicò Kate.

“Perché il dottor Krebs lavora in ospedale e… aspetta, in che senso ti piace il dottor Krebs?”

"Ha le mani piccole, un tocco delicato..." lo provocò Beckett. Castle sembrò quasi sbiancare. “Andiamo Castle, tu in che senso pensi mi piaccia un ultrasessantenne calvo con i baffi a spazzola?”

“Beh, per come l’hai detto era piuttosto fraintendibile. E poi comunque il dottor Krebs è un bell’uomo. Non puoi snobbarlo solo perché è calvo”

“Paura di perdere la tua folta criniera, eh Castle?”

"Rispondendo alla tua domanda” riprese la parola lui, imbronciato “Il dottor Krebs lavora in ospedale, non può seguirti attentamente. In più, lui crede che sia meglio anche sotto il profilo psicologico affrontare il resto della gravidanza nella maniera più normale possibile."

Lei gli fece un sorriso tenero ma incerto, ma qualsiasi ulteriore conversazione fu interrotta dalla voce dell'infermiera che chiamò la signora Castle. Quando Kate si alzò per seguirla, Rick le prese subito la mano e seguirono insieme l'infermiera.

Castle attese pazientemente seduto alla scrivania della dottoressa che l’infermiera facesse a Kate tutti i controlli di routine - pressione sanguigna, il peso, prelievo del sangue, il campione di urina, l’elettrocardiogramma. Quando infine l'infermiera lo invitò a rientrare nella sala d'esame per aspettare con sua moglie la dottoressa, Castle temeva che sarebbe crollato sul posto. Era così eccitato che riusciva a malapena a stare in piedi. Non vedeva l'ora che arrivasse la dottoressa.

Durante la degenza di Beckett in ospedale, aveva seguito tutti i controlli che le erano stati fatti. Il bambino era stato costantemente monitorato sin dai primi momenti del ricovero – che lui aveva perso, perché anche lui al tempo si trovava in terapia intensiva.
Nel periodo di coma di Kate, avevano svolto su di lei tantissimi esami e controlli, ma mai con lui presente, e mai con Kate cosciente. Conosceva il responso di tutti gli esami, aveva persino letto e riletto i risultati nelle lunghe ore di attesa.

Quello, tuttavia, era il primo momento normale di quella attesa che affrontavano insieme.

Aveva subito compreso cosa intendesse il dottor Kestos nel dirgli che era meglio per entrambi affrontare la gravidanza in maniera normale. Tutto per loro, fino a quel momento, era stato diverso da come avrebbe dovuto: medici che annunciano la gravidanza a due futuri nonni e a una futura sorella, una figlia che comunica al proprio padre che la moglie di lui aspetta un figlio, un marito che informa la moglie che c'era un bambino nella sua pancia. Era stato tutto esattamente il contrario di come sarebbe dovuto essere.

Era assorto nei suoi pensieri, incantato di fianco al lettino, quando l'infermiera suggerì a Kate che avrebbe dovuto spogliarsi dalla vita in giù, mentre le porgeva un lenzuolo rosa per coprirsi. 

"Hai bisogno di una mano?" le chiese, già pronto ad aiutarla a sfilarsi i pantaloni. I movimenti per vestirsi e svestirsi erano ancora un po' complessi per Beckett, per via del taglio sul fianco. In casa, indossava quasi sempre pantaloni larghi e comodi, con l'elastico in vita. Tuttavia, per quel controllo Kate aveva insistito per indossare uno dei suoi tailleur pantalone.

Beckett trattenne il suo sorriso divertito. "Chi lo avrebbe mai immaginato che ti avrei visto con quest’espressione angosciata all’idea di togliermi i vestiti"

Castle rise spontaneamente mentre lei gli porgeva i vestiti che si era tolta da sola. 

"Te li poggio su una sedia” le disse, a nel momento in cui si voltò, si scontrò con la dottoressa mentre stava entrando. "Mi dispiace", gridò Castle, quando le cartelline che la donna teneva in mano e i fogli in esse contenuti, iniziarono a volare in tutte le direzioni. Si chinò per recuperare in fretta tutte quelle carte sparpagliate.

Fortunatamente, la dottoressa non sembrò prendersela per la sua goffaggine. "Non si preoccupi, non è il primo futuro padre a travolgermi con il suo entusiasmo” lei lo prese in giro, ridendo. Rimasto stranamente a corto di risposte simpatiche, Rick si trovò capace solo di arrossire in risposta, in soggezione di fronte a quella piccola donna anziana, che si trovava davanti a lui. La dottoressa allungò la mano in segno di saluto. "Sono la dottoressa Elizabeth Bradford", disse, mentre stringeva con presa ferma la mano di Rick.

"Richard Castle", mormorò lui in risposta.

“Immaginavo, la mia infermiera mi ha ripetuto il suo nome almeno tre volte, ridacchiando e ammiccando, come se dovessi sapere chi lei fosse. Cos’è lei, una specie di attore?” gli chiese mentre lui le restituiva le sue cartelle. 

“Scrittore in realtà”

“Qualcosa che posso aver letto?”

“Beh, Storm Season, A Calm Before Storm, Heat Wave, Heat Storm…”

“Wow… sembra più un meteorologo che uno scrittore…” Poi il suo sguardo della cadde su Kate che era già seduta sul lettino da visita mentre cercava strenuamente di non ridere. La dottoressa Bradford la guardò con uno sguardo di intesa. "E tu devi essere Kate," suppose, allungandole la mano, che Kate stinse quasi riverente.

“Bene, il dottor Krebs mi ha informato di tutta la situazione, e suppongo che, ora che ci siamo presentati, possiamo direttamente andare al nocciolo della questione" dichiarò una volta concluse le presentazioni. 

"Vieni qui, scrittore," lo invitò la dottoressa, indicandogli la sedia vicino al lettino. Lui si avvicinò lentamente, pronto per tenere la mano di Kate. "Ho controllato le tue cartelle Kate, tutte le tue analisi del sangue, e facendo due conti direi che possiamo dire con ragionevole certezza che lei è alla quindicesima settimana di gestazione"

"Ok" rispose piano Kate, sorridendo timidamente. Castle invece sembrava non controllare l’eccitazione, "Quando dovrebbe nascere?"

"Il 25 Dicembre."

"Sta scherzando," istintivamente Kate rispose "partorirò il giorno di Natale?"

"E’ solo un'approssimazione", le spiegò la dottoressa "Solo il 5% delle donne partorisce il giorno esatto del termine previsto."

Tuttavia, le parole della dottoressa non sembravano aver avuto alcuna presa su Castle, che guardava sua moglie estasiato. Le strinse la mano più forte. “Lei nascerà a Natale”, sussurrò tremante.

"Lei?" Chiese Kate meravigliata. Si voltò, il suo sguardo sbalordito verso il dottore. “È una femmina? Voglio dire, lo può dire già adesso?

"È ancora troppo presto per sapere il sesso del bambino con certezza” rispose la dottoressa con un sorriso indulgente rivolto nella direzione di Castle. "Ma immagino di sapere cosa spera suo marito." 

“E’ senza dubbio una femmina”

“Non hai sentito cosa ha detto la dottoressa, Castle? E’ troppo presto per dirlo”

“Ho un sesto senso per queste cose. E’ tosta, è resiliente. E’ femmina, sicuro. E poi, io faccio solo femmine, come sai”

“Tu fai solo femmine? Questa è la tua teoria?”

“Le probabilità sono dalla mia”

“Con la tua ampia casistica di una figlia femmina”

“Scommettiamo?” ammiccò lui.

“Scusate", dichiarò la dottoressa alzando leggermente la voce per attirare di nuovo l'attenzione della coppia, "Mi secca interrompere questo piacevole interludio, ma che ne direste di ascoltare il battito del cuore del vostro bambino? ”

L’atmosfera rilassata di poco prima divenne subito un ricordo lontano. Kate sbiancò quasi, e strinse la mano a Castle guardandolo negli occhi con un’espressione di puro terrore. Castle le sorrise cercando di rassicurarla, ma in realtà era ugualmente teso. Era quello il momento, dunque. Il momento della verità, il momento in cui quella che era fino ad allora un’astrazione vaga diventava una realtà concreta.

Castle stava ancora realizzando quel che stava per accadere quando i primi rumori riempirono la piccola stanza. Kate sobbalzò al suono, guardando la dottoressa con gli occhi spalancati per lo stupore. "È ... è questo?" chiese Kate, le sue parole piene di emozione, "È il suo cuore?" 

Il suo cuore, aveva pensato Castle nell’esatto istante in cui Kate aveva pronunciato le medesime parole.
Lui non riusciva quasi a credere che stesse davvero ascoltando il suono del battito del loro bambino, quel figlio che le stava crescendo dentro. In tutti quei mesi aveva ascoltato i medici parlare con quasi un rassegnato distacco – irrazionalmente, si chiedeva se fosse davvero possibile che un qualcosa di piccolo come una lenticchia potesse resistere a tutto quel dolore che aveva quasi annientato lui, e Kate. Il terrore che la vita avrebbe strappato loro via anche quello, era qualcosa di istintivo per lui, dopo quanto era successo, seppur aveva tenuto un'espressione calma e serena per rassicurare Beckett, già troppo tesa.

La dottoressa Bredford annuì, sorridendo leggermente mentre faceva scivolare l’ecografo sulla pancia. Infine, lui dovette battere rapidamente le palpebre per le improvvise lacrime di emozione che gli erano balenate agli occhi.

Anche Kate fissava la dottoressa con stupore, senza parole, il suo cuore che nel petto sembrava batterle veloce come quello del bambino.

Era possibile – si domandava la futura madre, stesa su quel lettino - che quel suono ritmico che le apparisse quasi come una rivelazione, una verità sparata in piana faccia con una forza tale che già si sentiva diversa? Poteva essere davvero possibile che lei si sentisse di non essere la stessa donna di due minuti prima, solo per quel suono ritmato che rimbombava nella stanza?

No, non puoi essere più la stessa persona” Le aveva detto una volta Castle, parlando della nascita di Alexis. “Qualcosa cambia e due minuti dopo tu sei un’altra persona. Sei un padre”

Un padre. Una madre.

Era una madre. Kate si sentì quasi travolta dalla realizzazione. Fino a quel momento, quel bambino lo aveva pensato, lo aveva quasi ammirato per la sua tenacia - aveva resistito a così tanto, aveva dovuto cavarsela da solo contro le avversità, resistendo strenuamente per rimanere lì nella sua pancia, per venire al mondo – e Kate sapeva di dovere a quel figlio la salute, premure, attenzioni.

Ma in qualche oscura, irrazionale maniera, non aveva mai davvero realizzato che lei sarebbe stata sua madre. Sarebbe stata per quel battito di cuore, quello che Johanna era stata per lei. Madre.

All’improvviso, iniziò a sentire una crescente preoccupazione per il battito cardiaco apparentemente rapido del suo bambino. "Non è troppo veloce?" chiese agitata. La domanda le venne fuori senza nemmeno pensarci, automatica. Era forse questo l’istinto materno di cui tutti parlavano? Si chiese.

"No, è perfettamente normale", la rassicurò la dottoressa, "E’ molto forte, molto sano".

“Non è troppo veloce il battito di Kate invece?” chiese improvvisamente Castle, il quale, tenendole la mano doveva aver in qualche modo percepito l’accelerare del cuore della moglie.

La dottoressa lo guardò. “Anche questo è perfettamente normale. Durante la gravidanza, il corpo della madre subisce molti cambiamenti fisiologici, fra cui un aumento della gittata cardiaca, che serve per far arrivare il sangue all’utero e alla placenta. In questo caso, comunque, mi azzarderei a ipotizzare la ragione è soltanto che sua moglie è molto emozionata”
 
Spense l’apparecchio e attraversò la stanza per strappare un foglio di carta da un rullo, per far asciugare la pancia a Kate. "Ora parliamo un po’ di come stai, e di cosa ti dovrai aspettare nelle prossime settimane" suggerì.

Trascorsero i successivi quaranta minuti a parlare, e la dottoressa fu chiara nello spiegare quello che l’avrebbe aspettata nelle prossime ore, giorni, settimane.
Appariva concisa, chiara, seria, la risolutezza di chi sa il fatto suo e non si perde in smancerie o giri di parole. A Beckett piacque istintivamente. La dottoressa la lasciò poi a rivestirsi tranquilla, salutandola con un sorriso, mentre accompagnava Castle nella sala d’attesa, dalla segretaria, per fissare l’appuntamento successivo.

Quando Kate uscì dallo studio, trovò Castle appena fuori dalla porta, pronto a scortarla. "Che ti ha detto?" gli chiese agitata.

"Ha detto che dovrai tornare tra due settimane. Abbiamo fissato per il 13 alle 11", gli disse Castle mentre l’aiutava a mettersi l’impermeabile.

"Così presto?" Kate chiese. “C'era qualcosa che non andava nel bambino? È per questo che vuole vedermi di nuovo? ”

"No Kate, è perfettamente normale," spiegò lui con calma, "Ha detto che, per prudenza, preferisce vederti una volta ogni due settimane fino alla 30esima settimana, e poi dovrai venire ogni settimana fino alla 36esima settimana, a quel punto sarà due volte a settimana fino al parto. "

"Considerando che sono alla quindicesima settimana, ne mancano ancora quante, 25?", disse lei. "Wow ... ne abbiamo ancora molta di strada da fare, eh?"

Lui annuì, sorridendole. C’era molta strada ancora, ma Castle si permise per la prima volta di credere davvero che da quel momento in poi sarebbe andato tutto bene. 
   
 
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