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Autore: CaskettCoffee    11/05/2020    4 recensioni
Questo racconto prende il via dopo gli eventi del series finale, e racconta la storia di quaranta settimane della vita di Castle e Beckett. Quaranta settimane molto importanti. Quaranta settimane di attesa.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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VENTI SETTIMANE

“Qui servite latte, vero?" Castle chiese alla cameriera quando la ragazza si avvicinò al loro tavolo.

Beckett sapeva che Castle non stava chiedendo quel latte per sé. "Castle, non mi piace il latte" protestò prima ancora che la cameriera potesse rispondere.

"Ti fa bene, per le tue ossa, e anche per regolare la pressione arteriosa" insistette lui, "E’ scritto in tutti i libri. E fa bene alla bambina" concluse sagacemente.

Beckett quasi sbuffò dalle risate. Aveva letto quanti, due libri, è già parlava come se fosse un esperto nel settore. "Ho la prescrizione per gli integratori” ribattè lei, ostinata, "Non è abbastanza?" 

L’espressione di lui le diceva chiaramente che evidentemente no, non lo era. Kate sentì un sorriso affettuoso comparirle sulla bocca labbra. Era segretamente contenta di avere Castle che si affannava a raccogliere informazioni, che si preoccupava di tutto, nonostante con lui si mostrasse un po' insofferente.  In realtà, Kate pensava che lui fosse incredibilmente dolce. "Va bene" concesse Beckett allora, "se non solo non posso bere il caffè, ma devo pure bere latte, allora lo farai anche tu." 

"Ma ... io ma non sono incinto", balbettò Castle in segno di protesta, "Non ho bisogno del calcio."

“Anche tu ti sei ripreso da un’operazione," replicò Beckett,"e il latte è proprio quello che ti serve per tornare in forze! Inizieremo con due bicchieri di latte, per favore" 
Erano entrambi così persi nel sorridere e scherzare l'un l'altro che non avevano prestato troppa attenzione al cameriere, che dopo aver preso quell’ordinazione si allontanò. 

"Non ci posso ancora credere" mormorò Kate.

"Dubitavi davvero che avrei vinto la scommessa?" Chiese Castle, con fare meravigliato.

"E’ una bambina", sussurrò Beckett, mentre si premeva le mani contro la pancia. "È davvero reale."

"Non pensi che dovremmo trovarle un nome? Non può rimanere ancora senza un nome" 

Beckett ridacchiò. "Castle, ci hanno detto che è una femmina quanto, mezz’ora fa?"

Lui si lasciò ricadere sulla sedia con un sospiro. "Io lo sapevo da un pezzo" si lamentò.

Quando la dottoressa aveva annunciato - durante l'ecografia- che Castle aveva ovviamente ragione, e che era una bambina, Beckett era istintivamente rabbrividita. Un’altra donna tosta con cui combattere. Lei, nei suoi sogni più reconditi, aveva desiderato un maschio. Che avesse avuto il corpo, la testa, e il cuore di suo padre.

"Ok allora, magari aspettiamo per il nome, ma potremmo cominciare con i preparativi…", disse allora Castle, dopo una lunga pausa di silenzio.

"Preparativi?" Kate chiese mentre addentava un muffin al cioccolato.

"Sì ... lo sai," rispose Castle, chinando leggermente la testa, "i vestitini... la culla ... la cameretta ..."

"La cameretta?" Kate sussurrò, piano.

"Si."

"Immagino che tu mi stia chiedendo se torneremo al loft"

"Beh, non c’è fretta, però… " esitò Castle.

"Mi stai chiedendo di tornare al loft”

Castle scosse la testa. "No", la contraddisse, "ti sto solo chiedendo di cominciare a pensare a dove vorrai vivere, quando sarà nata la bambina”

"Hai ragione" rispose Beckett con voce spenta. Il tono cupo e abbattuto della sua voce turbò Castle, e lui le si sedette di fianco e raccolse le sue mani tra le sue. "Andiamo Kate," continuò "prima o poi dovremo tornare a NY, prima o poi dovremo decidere cosa fare delle nostre vite. Se tornare al distretto.... "

“Castle..."

“Lasciami finire,” insistette piano. “Ti amo, Kate. Ti amo come non ho mai amato nessuno in vita mia. Farei qualsiasi cosa per te. Ma sono anche un padre, di Alexis e della nostra bambina, e devo pensare anche a loro. Quest’incertezza è difficile per tutti, e voglio che le mie figlie – entrambe le mie figlie – sappiano di avere una casa, dove sentirsi al sicuro, un nido. Capisci quello che ti sto dicendo? "

"Penso di sì" mormorò Kate.

Castle le premette un bacio sulle mani. “Non deve essere per forza il loft”, le disse. “Potremo scegliere insieme un nuovo appartamento, se lo vorrai. Non ho intenzione di forzarti in alcun modo, Kate. "

Ma onestamente, in cuor suo, Castle sperava che lei volesse tornare al loft. Era stata la sua - e la loro- casa per anni. C'era qualcosa di speciale in quel loft. Era stato un rifugio, era stato testimone di tanti momenti felici della sua vita – l’infanzia di Alexis, la stesura dei suoi best seller, la prima notte con Kate...– e tante volte, negli ultimi anni, aveva immaginato i loro figli scorrazzare fra quelle quattro mura.

"Quindi è tutto ok. Non sei arrabbiata?" Chiese Rick in un sussurro a Kate.

Beckett si era sentita gelare quando Castle aveva nominato il loft. Tuttavia, stranamente, le sue parole l’avevano scaldata. Riusciva a capire cosa lui volesse dire. Anche lei voleva per la loro bambina una casa, un nido. Poteva essere quello stesso loft? si domandò.

Il loft era stato la loro casa. E’ vero, era il posto in cui avevano rischiato di perdere tutto, ma era stato anche il posto dove aveva trovato rifugio le tante volte in cui era andata a cercare Castle – compresa la prima notte che erano stati insieme-; era la casa a cui era tornata dopo quel folle periodo di lontananza di pochi mesi prima sentendosi di essere davvero a casa; era la casa che l’aveva accolta la sera quando il mondo fuori appariva sempre più angosciante. Il loft era sempre stato lì per loro, Kate riconobbe con un sorriso agrodolce, e lo sarebbe sempre stato. 
 
Kate emise un sospiro. "Siamo a posto"

Beckett non riuscì a reprimere un sorriso all'ampio sospiro di sollievo di Castle. Tuttavia, il suo sorriso vacillò un po’ quando infine gli disse. "Possiamo cominciare a preparare la cameretta, Castle".

"La cameretta?" Castle rimase a bocca aperta per lo stupore.

"Sì."

"Al loft intendi?"

"Sì."

"Nel loft quello… il mio, di New York?"

Beckett dovette ridere della sua insistenza. “Hai altri loft in giro per il mondo?”

L’espressione pensosa di Kate non sfuggì all'attenzione di Rick. Gli strinse più forte le mani. "Non c’è bisogno di decidere ora", sussurrò Castle, sinceramente. Non erano nemmeno solo parole. Castle odiava vederla triste. Proprio in quel momento, la sua felicità era l'unica cosa che le interessava. "Possiamo prenderci del tempo, pensarci, vedere delle alternative," suggerì lui dolcemente.

Ma Kate respinse il suo suggerimento con un decido scuotimento della testa. "Il loft è casa nostra" , gli disse, "Della nostra famiglia. E’ lì che voglio stare"

“Sono felice di sentirtelo dire”, replicò Castle con fervore, avvolgendole il braccio attorno alla spalla e tirandola contro di lui. Le baciò delicatamente la fronte e disse: "Finché saremo insieme andrà tutto bene, vedrai".

In quei meravigliosi secondi, mentre era rannicchiata in modo così protettivo tra le braccia di suo marito, Kate ci credette davvero. 
   
 
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