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Autore: Bibismarty    10/08/2009    2 recensioni
La flebile luce che proveniva dall’alto, dalla vecchia lampada, ferì i suoi deboli occhi. Gli occhi di un piccolo neonato. Un neonato che vedeva per la prima volta, la luce… Aveva così freddo e un terribile dolore alla pancia…cosa gli avevano fatto? Lo strattonarono e lo posero su qualcosa di morbido e caldo. No, contro qualcosa di caldo e morbido. Il ventre della sua mamma.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao! Tra tante cose sono riuscita a trovare un pochino di tempo per postare il capitolo...se ci sono errori scusate ma non lo rileggo. Questo è il penultimo capitolo perchè poi avremo la fine!! quella dovrò sistemarla perchè sennò vedrete tutto appicicato! Cmq vi lascio ad un Bill e Tom alle prese con la musica. Inoltre avranno un incontro particolare con due ragazzi...Sapete di cosa parlo?? Non ve lo dico! Buona lettura...

1 anno dopo…

 

Bill si strofinò le mani dal freddo. Mise le mani su una piccola stufa dietro le quinte. Tom stringeva la chitarra, agitato.

Gordon, il loro patrigno, li rassicurava. “È solo una piccola esibizione…Vi siete preparati tanto. Non può andare male…” ripeteva i continuazione.

Si avvicinò a Bill e provò a scaldargli le mani. Lui sorrise debolmente mentre l’ansia lo attanagliava. “Grazie.”

Tom ripassò un pezzo della canzone che ricordava meno. “Si me la ricordo” commentò brevemente.

Pose la chitarra su una sedia. “Vado a prendere una boccata d’aria…”

Gordon annuì.

Tom spinse la porta d’emergenza e si ritrovò nel piazzale davanti al locale. Una scritta lampeggiava sopra di lui. “Groninger Bad”. Sprofondò le mani nelle tasche e sbuffò. Una nuvoletta si condensò davanti di sè. Sopra di lui il cielo stellato era più bello che mai.

In quel momento vide due ragazzi dall’aspetto familiare. Non sapeva dove, ma li aveva già visti. Uno aveva capelli corti e biondi. L’altro capelli castani mossi.

Li vide che lo fissavano distrattamente e quando entrarono dall’ingresso principale rientrò anche lui dalla porta d’emergenza.

Bill gli corse incontro. “Tomi! Eccoti.” Bill ora era moro, aveva capelli corti e scompigliati.

Tom prese la chitarra e abbracciò il fratello. “Buona fortuna!”

Sorrisero per scacciare l’ansia, ma non funzionò.

Era il loro turno. Gordon li spinse sul palco e loro si sistemarono nella posizione prestabilita alle prove. Bill afferrò il microfono. Scoccò un’occhiata a Tom e lui partì. Pizzicò le corde e la musica accolse quei quattro gatti che erano seduti a guardali. Bill attaccò a cantare pensando che tutta quella agitazione era stata sprecata per niente. Nessuno se non quattro vecchi l’avrebbero visto. Ma in fondo alla sala vide due ragazzi. Il biondino l’aveva già visto. Si ma dove? Non ricordava. Tornò in sé e si concentrò sulla canzone. Cantò comunque come se davanti a se ci fossero tantissime persone e le mani si mossero come per interpretare ciò che stava cantando.

Finì. La loro esibizione finì. In due ragazzi là in fondo applaudirono. Erano gli unici.

Uscirono delusi.

Tom e Bill sedevano vicini a testa china. Speravano in qualcosa di migliore.

“Come vi chiamate?” disse una voce e loro scattarono su dritti.

Era stato il biondino a parlare.

“Bill e lui Tomi…”

“Tom, ma mio fratello ama chiamarmi così…” lo corresse subito.

“Sembrate molto uguali” ammise l’altro.

“Siamo gemelli omozigoti” disse Bill. “E voi? Sono sicuro di averti già visto.”

“Gustav e lui Georg” rispose il biondino. “Vi ho visto cantare in una autorimessa e sono rimasto un po’ a guardarvi.”

Bill si grattò la testa. “Ah ora ricordo!”

“Oggi vi abbiamo visto suonare. Ci è piaciuto il vostro spettacolo.”

“Davvero?” domandò Tom.

“Si. Anche noi suoniamo qualche strumento. Io la batteria da quando avevo quattro anni.” Disse Gustav.

“Io il basso…” aggiunse Georg

Bill e Tom si guardarono. Nei loro occhi baluginava una speranza.

“Pensavamo che siccome a noi manca un cantante e un chitarrista e voi un bassista e un batterista se…?”

“Io ci sto!” disse Tom.

“Anch’io…”

Gustav e Georg si fissarono interdetti. “Bene. Così nasce una nuova band, ma come ci chiamiamo?”

“Snakeis… No, perché non Deg…Neanche…” cominciò a farfugliare Tom.

“De…Dev…Devi…” tentò Georg

“Devilish!” urlò Gustav.

Tutti e quattro annuirono compiaciuti. Questo nome piaceva a tutti.

Così nacquero i Devilish.

 

“Hai accordato tutto? Chiese Tom a Gustav.

“Si, certo.”

“E togliti quella maglia!”

Gustav fissò la sua maglietta. Non sapeva cosa avesse di male. Era una T-shirt che promuoveva la Val-Thorens sulla quale era stampata una mucca con gli sci ai piedi. (le zampe insomma). 

“Cosa ha di male?” chiese.

Tutti si misero a ridere.

Gustav si strinse nella spalle. “Valli a capire quelli!”

 

Cominciarono a provare nelle autorimesse per poi esibirsi in vari locali. Per guadagnare i loro primi soldi. E cominciarono a ricevere i primi consensi. Racimolato abbastanza denaro comperarono uno studio di registrazione a Magdeburgo. E incidono un demo con sette tracce…

 

“Cazzo! Guardate che roba!” esclamò Tom allibito allargando le braccia.

Da sotto una frangetta nera apparve un occhio color nocciola, incorniciato dalla matita nera. Le mani corsero alla bocca. Bill trattenne un urlo. Una vera sala di registrazione era quella che gli si presentava davanti. Una sala di registrazione con le più svariate tecnologie. Nessuno di loro quattro aveva mai visto tanta roba insieme. Erano abituati a poco e ora erano li dentro quella stanza dove le attrezzature per la registrazione scintillavano come argento. “Uhhh!” Bill cominciò a saltare come un canguro. Tom lo strinse forte. “Bill! Ce l’abbiamo fatta!”

“Tomi!!!!!” continuava a strillare mentre veniva stritolato. Gustav e Georg intanto erano già andati a mettere le mani per la stanza.

I due gemellini si guardarono negli occhi. “Non è che stiamo esagerando?”

Scossero la testa. “Noooo!” e scoppiarono a ridere.

Quella mattina provarono per la prima volta a incidere un pezzo solo per divertimento e lo riascoltarono sbellicandosi dalle risate perché a Bill era scappato un rutto e gli altri si erano piegati dalle risate bloccando tutto il lavoro.

Poi si ingozzarono di patatine e bevvero litri di coca-cola prima di riprovare di nuovo.

“Tomi mi sembra troppo bello…e mi chiedo cosa succederà. Insomma tutta questa fortuna…” disse infilandosi il pigiama quella sera.

Tom si strinse nelle spalle. “Non lo so. Viviamo il secondo per ora. È inutile fare progetti…Non lo dicevi sempre tu?”

A Bill gli si illuminò una lampadina. “Ma certo! Perché non facciamo un cd con la mia canzone…Leb’ die Sekunde? Sarebbe bello, no?”

Tom ci pensò su. “Proviamo. Tanto non costa niente.”

Bill si infilò sotto le coperte del letto e rimase a fissare Tom che faceva lo stesso. “Ti voglio bene, Tomi.”

Lui incontrò gli occhi del fratellino. “Anch’io Bill. Che cosa stupida. Sei mio fratello…” si addolcì poco dopo. “Ti voglio bene anch’io Bill” sussurrò piano.

Solo allora chiuse gli occhi mentre le parole di Tom gli rimbombavano ancora nella mente. E pensò che erano le parole più dolci che avesse mai sentito dette da suo fratello, il suo fratellone.

 

“Cosa? Stai scherzando vero?” ringhiò furioso Tom stringendo un foglio. “Licenziarci? Il giorno prima che esca il nostro demo?” Tom era ancora in pigiama. Era da mesi che avevano lavorato a quel progetto. E ora la casa discografica li aveva licenziati. Tom era su tutte le furie. Gustav mattiniero era sceso nello studio di registrazione e vi aveva trovato una bella lettera sul tavolo, o meglio, una bruttissima lettera. Appena Tom si era alzato Gustav gliel’aveva ficcata sotto il naso. Come fece con Bill che stava seduto sul letto a braccia e gambe conserte.

“Lo sapevo. Era trooooopo bello!” brontolò furioso.

“A me non mi licenziano, Ok?” disse lasciando cadere il foglio. “Non sono ancora maggiorenne e già sono stato licenziato…”

Bill cercò di nascondere un sorrisino di divertimento, ma Tom lo vide. “Bill! Hanno licenziato anche te…”

Gustav scoppiò a ridere. “IO NON SONO ANCORA MAGGIORENNE E SONO GIÀ STATO LICENZIATO…” lo imitò tra le risate.

Il ragazzino con i rasta allora non riuscì a trattenere una risata.

Georg svegliato da tutto quel baccano entrò nella stanza e con uno sbadiglio a bocca aperta chiese cos’erano tutto quel rumore. Loro ammutolirono, ma appena si volsero verso di lui e videro i suoi capelli in disordine e li li per crollare dal sonno riscoppiarono a ridere.

Georg li fulminò con lo sguardo. “ ‘fanculo! Cosa cazzo avete oggi?”

“Ci hanno licenziato…” lo informò Gustav.

Georg rimase a bocca aperta per lo stupore. “E ridete? Voi siete tutti fuori! Ci hanno lasciato a piedi un giorno prima dell’uscita del demo e voi ve la ridete di gusto…Avete preso una botta ieri sera? Oppure avete mangiato qualcosa di velenoso…”

I tre continuarono a ridere e solo dopo una buona mezz’ora riuscirono a controllarsi e a raccontare tutto a Georg. “E allora?” domandò.

I tre si fissarono e riscoppiarono a ridere.

Georg si mise una mano nei capelli. “Pazzi. Sono capitato in un branco di PAZZI!”

 

 

1 anno dopo…

 

Simone posava le sue mani sulle spalle di Bill, mentre lui cercava di tranquillizzarsi. I suoi occhi sbarrati mostravano quanto fosse agitato come non lo era mai stato. Aveva superato il provino per partecipare al programma “Star Search”. Ora li dietro le quinte fremeva. Tom si era assentato un attimo e Bill temeva che non sarebbe ritornato in tempo per vederlo entrare in scena per non dargli il suo solito “Buona Fortuna”. Simone lo strinse a se. “Adesso viene…non agitarti, Bill. Ce la puoi fare…”

Bill non ne sembrava tanto convinto. Tomi…dai dove sei?

“Eccomi…Bill, sono qui!” urlò Tom correndo verso di lui.

“Bill Kaulitz è il prossimo.” Annunciò un uomo con una cartellina rossa.

Tom lo abbracciò al volo. “E dai fratellino, fagli vedere chi sei!”

“Dove sei andato?” chiese Bill.

Tom aprì la mano chiusa a pugno e rivelò un braccialetto. Bill lo prese. Era il suo, quello con la stella. Il suo regalo.

“L’ho visto nel tuo camerino quando sono andato in bagno.”

Bill alzò lo sguardo su Tom. “Come ho fatto a dimenticarmelo? Cazzo come facevo senza? Grazie, Tomi!”

“BILL KAULITZ!” l’annunciatrice l’aveva chiamato.

“Dammi il cinque!” disse Tom sorridendo. Al contatto sentì una scarica di energia. Quello era assolutamente ciò di cui aveva per dare la carica giusta a Bill.

Un ultimo sguardo e poi uscì mentre partì la musica. Mentre ancora dentro di se ribolliva l’energia di Tom cantò “It’s raining men”. Cantò e non pensò ad altro che al canto stesso.

Qualche minuto dopo era già rientrato nelle quinte.

Bill vide là tra la gente che correva avanti e indietro la faccia di Tom che lo cercava con lo sguardo. Bill sospirò e si avviò da lui. Tom era felice, era evidente. Lo abbracciò e Bill si lasciò cadere tra le sue braccia. Non era contento della sua esibizione. Non aveva ottenuto ciò che aveva desiderato. Tom lo fece sedere e continuò a stringergli la mano anche quando proclamarono il vincitore.

 

“Dai Bill, andiamo” era Tom. Per l’ennesima volta lo ripeteva. Ma Bill non si era ancora mosso. Sedevano li vicini mano nella mano da più di due ore. Tutte le famiglie e gli altri concorrenti erano già andati a casa. Bill e Tom erano gli unici bambini. Vi erano solo gli uomini che smontavano il palcoscenico.

Tom restò a fissare il pavimento, a lungo.

“Dai Bill, andiamo” riprovò tempo dopo.

Bill non rispose. Nell’altra mano stringeva il braccialetto con la stellina. Gli era caduto. Gli era caduto prima che annunciassero il vincitore. Un ragazzino prima di andare a casa lo aveva ritrovato e gliel’aveva restituito. Se solo non l’avessi perso…

“Dai Bill, andiamo” ripeté un’altra volta mentre stava per crollare dal sonno.

“Andiamo” disse piano Bill.

Tom non aveva sentito.

“Andiamo” disse un po’ più forte.

Tom non disse niente. Si alzarono e come due zombi decrepiti si diressero fuori dallo studio televisivo e andarono nel parcheggio dove Simone li aspettava in macchina. Non sapeva che Bill ci avrebbe messo tanto prima di decidere che era ora di andare. Ma non commentò.

Salirono in macchina senza mai lasciarsi la mano. Tanto ormai sembravano incollate.

Nemmeno la macchina faceva rumore. Il silenzio più assoluto li avvolgeva. Bill fuori dal finestrino vedeva scorrere le luci della città. Erano così…così…Non riusciva a descriverle. Era tutto così strano quella notte.

“Scusa, mami” disse amareggiato. Simone non l’aveva sentito. “Scusa mami” disse più forte.

“Niente Macky” era la prima volta che lo chiamava così. Solo la nonna lo chiamava con quel soprannome quando lui era triste.

“Scusa, Tomi” disse poi.

“Niente fratellino” rispose lui.

Erano tutti troppo stanchi e poi lo comprendevano. Sapevano che Bill non era tanto arrabbiato per la sconfitta, ma perché avrebbe potuto dare di più e lui lo sapeva. Questo era ciò che ci voleva per riuscire ad arrivare dove si voleva: continuare a perfezionarsi e mai arrendersi.

Simone arrivati a casa fu aiutata da Gordon per portarli a letto perché erano talmente cotti che si addormentarono beati senza lasciarsi la mano.

Simone e suo marito rimasero sulla soglia guardandoli un’ultima volta. Guardando i due angioletti che dormivano alla grossa. Simone spense la luce e chiuse la porta. Si meritavano un lungo riposo.

 

 La fronte di Bill si accigliò. “Si, sono io Bill Kaulitz.” Teneva in mano la cornetta del telefono.

“Oh si. Gliela passo subito” aggiunse frettolosamente. “Mamma! Un signore vuole parlare con te al telefono.” Simone arrivò dal salotto. “Chi è?” chiese gentilmente.

“Non lo so.”

“Devi chiedere chi è, Bill.”

“Non l’ha detto.”

Simone lo fissò torbida. “Va a fare colazione pulce. È tutto pronto in tavola.”

Bill corse in cucina mentre lei afferrò la cornetta.

Tom in pigiama sedeva vicino al fornello e teneva in mano la confezione di latte. “ ‘giorno, Bill.” Salutò e bevve dalla confezione. Bill con il pigiama più grande di lui aprì il frigorifero e come Tom bevve dalla confezione.

“…si…si…quando? Oh si., capisco….a che ora?...ma certo….nessun problema. È un po’ troppo presto…davvero? Non saprei…mi sembra troppo piccolo…Ah ok. Mi può dare il suo numero che la rincottato io? Ah si. O…5…8…6…9…si poi? Ah 2…7…oh può ripetere?” la voce di Simone raggiunse la cucina.

“Chi era?” chiese Tom fissando Bill che si strinse nelle spalle.

Tom scosse la testa ridendo e ritornò al suo latte.

Bill richiuse il frigorifero e inforcò una fetta di pane con la nutella e andò a sedersi vicino a Tom.

Quando Simone tornò in cucina li trovò mentre si spintonavano perché non ci stavano seduti tutti e due. Lei portò le braccia ai fianchi. “Allora voi due non vedete le sedie? Che cavolo ci fate sopra li?”

Loro ridacchiarono.

Simone prese a sua volta una confezione di lattee si sedette sul tavolo. “Tanto qui tutti fanno quello che vogliono!” E fece loro l’occhiolino.

 

“Cosa? Davvero? il signore di stamattina è un produttore e vuole parlare con me e con i Devilish?” esclamò felice Bill.

“Già!” rispose assorta Simone.

Tom stava bevendo e a sentire quelle parole sputò sul pavimento. “Cosa?” chiese

Bill ridacchiò.

“Tom! Vergognati!” ululò sua madre trattenendo le risate.

Tom si grattò la testa costernato. “Scusa ma’”

Bill ridacchiava ancora tra se e se pensando che tutto andava a gonfie vele.

Ringraziamenti: 

Midnight of phantom grazie per la ennesima recensione. Questo capitolo catapulta verso la fine che sarà corta ma è la mia parte preferita perchè si sono delle frasi che mi piacciono un sacco e da li si capisce il senso del titolo della storia. Davvero è scorrevole? grazie. credevo di essere noiosa. continua a seguire la storia. un bacione!

 Black_DownTH  davvero ti sembrava di esserci? O.O wow...sono contenta! (: significa che ho trasmesso le mie sensazioni...quando l'ho scirtta mi veniva da piangere :'( T.T ...ho postato presto visto?? così puoi continuare a seguire la storia...anche se c'è solo un altro capitolo dopo questo...spero ti piacerà la fine :) La storia è corta ma è concentrata sugli aventi principali per la formazione e la via del succ...più piccoli miei sfizi di momenti quando erano piccini ^^. un bacione!

 

   
 
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