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Autore: Florelle    10/08/2009    2 recensioni
Messer Federico è tremendamente afflitto dal "mal d'amore" per il suo migliore amico e compagno d'arme, sentimento alimentato dalle letture di Virgilio e Dante. Il suo sentimento sarà destinato a rimanere non ricambiato? scritta per la quinta tornata del Fluffathlon di fanfic_italia
Genere: Romantico, Sentimentale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Messer Federico scese da cavallo e tristemente lasciò l’animale alle cure dello stalliere, che lo guardò con gli ossi rossi di stanchezza e dai quali traspariva una chiara disapprovazione per la condotta del giovane.
Federico degli Innocenti, infatti, giovane rampollo di una delle famiglie più importanti della città da qualche mese aveva cominciato a condurre una vita dissennata: usciva tutte le sere a fare bisboccia con quegli sciamannati dei suoi amici, spesso facendo l’alba e ubriacandosi di vino speziato.
Sembrava che i divertimenti fossero l’unico modo di far perdere al giovane quell’aria intristita e melanconica che caratterizzava i suoi giorni.
Spesso, infatti, passava le giornate con lo sguardo perso in chissà quale sogno, senza prestare troppa attenzione a quanto stesse facendo, si trattasse di studiare o di assistere il padre nell’amministrazione delle rendite di famiglia.
La servitù mormorava con acredine che il padroncino si fosse ammalato di mal d’amore, perchè qualche fanciulla lo aveva respinto e lui, come suo padre del resto e come gli aristocratici tutti, non era abituato a ricevere risposte negative.
Chissà, forse era stata la bella Margherita, nipote dei Malatesta, a fargli perdere il lume della ragione, volgeno i suoi bellissimi occhi verdi su qualcun altro.
O forse addirittura qualche popolana che teneva alla propria virtù e aveva rifiutato le avance del rampollo.
Federico conosceva bene tutte queste dicerie e se fosse stato in spirito più allegro, avrebbe riso di gusto poichè non si avvicinavano minimamente alla realtà.
La verità è che si sentiva sperduto, desiderava disperatamente un amore che non avrebbe mai potuto avere e che probabilmente qualcuno della servitù avrebbe bollato con qualche parola di sdegno.
Non gliene importava di cosa dicessero i preti a riguardo o se Dante mettesse all’inferno quelli che hanno desiderio di uomini, a quelle fiabe da donnette lui non ha mai creduto. E poi sa che non è l’unico a desiderare un corpo maschile tra le lenzuola.
Ma la persona che lui desiderava con tanto ardore, fino a farsi struggere le membra come raccontavano bene gli antichi poeti, non lo avrebbe mai visto come amante. Per qualche scherzo del Destino, infatti, o piuttosto per l’intrinseca complicatezza dell’umana natura, l’oggetto del suo sentimento era Messer Antonio da Pieri, il suo migliore amico.
E d’altronde Virgilio insegnava che i grandi amori fanno di pari passo con le grandi amicizie.
Quante volte aveva sognato, leggendo d’Eurialo e Niso sul prezioso manoscritto ravennate del padre, di cavalcare assieme ad Antonio, come erano soliti fare e poi di fermarsi in un punto ascoso della riva del mare, accostare le loro labbra e assaporare la dolcezza dell’amico.
Ma quando riapriva gli occhi, quei sogni evanescenti facevano ancora più male.
Sntì bussare alla porta della camera e trasalì.
“Messer Federico, posso disturbarvi?” la voce roca di Bettina, la sua anziana e fidata cameriera personale lo riscosse dalle sue fantasticherie. S’accorse che, perso com’era nei suoi pensieri, non aveva neppure tolto gli stivali. Fece entrare la donna, cercando di sorridere: voleva bene a Bettina come ad una madre, sicuramente più che ad una madre e la trattava sempre con rispetto.
“Messer Federico, so che l’ora è quanto mai tardi, ma avreste richiesta per una visita.” Federico si inquietò. Chi poteva essere a quell’ora così sconveniente. Prima che potesse chiedere, la donna parlò:
“Si tratta di Messer Antonio, dice che ha bisogno di parlarvi con urgenza. Si fosse trattato di qualcun altro, non lo avremmo neppure fatto entrare data l’ora.” Il cuore di Federico balzò suo malgrado nel petto: quella visita inaspettata gli faceva piacere.

Messer Antonio da Pieri aspettava nell’ingresso degli appartamenti dell’amico, stringendo tra le mani un fagotto avvolto in una stoffa povera ed unta.
Aveva agito d’impulso e adesso la parte più razionale di lui quasi si pentiva di ciò che aveva fatto. No, non si pentiva, pentirsi non faceva parte del suo essere. Diciamo che aveva un qualche ripensamento sull’efficacia del suo bizzarro piano. Federico poteva essere già andato a letto o comunque decidere di non riceverlo.
Antonio era fatto così, agiva spesso seguendo il proprio impulso e anzi in questo caso lo aveva soffocato per troppo tempo, per la paura di un fallimento che non avrebbe potuto sopportare.
Quando Bettina gli aprì la porta e lo invitò ad entrar non potè fare a meno di stampare sul suo viso un sorrisetto di vittoria.
“Buonanotte..o buongiorno, dovrei dire, Antonio.” Lo accolse Federico. Il suo primo impulso sarebbe stato quello di buttargli le braccia al collo, ma preferì trattenersi con una sobria pacca sulle spalle. “A che debbo l’onore della tua visita ad un orario così inconsueto?” chiese, curandosi di chiudere la porta del suo quartiere, una volta congedata Bettina.
“Alla festa di Giovanni poco fa parlavamo di strane squisitezze ed io ti rammentai quell’ottimo pane speziato che mi aveva portato mio zio il giorno avanti. Ed ho pensato che fosse opportuno dividerlo con te per rifocillararci dopo la nostra notte brava.” Spiegò con disinvoltura, spogliandosi del cappello e del mantello per mascherare l’imbarazzo che gli procuravano i suoi stessi pensieri.
Alla luce incerta delle candele Federico gli sembrava bello come un quadro, coi capelli ispidi e scomposti che gli incorniciavano il viso affilato. E si diede cento volte dello stolto per non aver notato prima la sua fulgida bellezza.
Si accomodarono al tavolo dello studio.
“La verità” proseguì Antonio, prese da un’improvvisa parlantina”è che mi sei sembrato particolarmente intristito stasera e volevo accertarmi che tu stessi bene.” Antonio allungò una mano a toccare quella dell’amico. Federico sobbalzò a quel contatto e si perse negli occhi troppo profondi dell’amico.
“Sto bene...se così si può dire..” vagheggiò a fior di labbra.”Ma d’altronde che intendi fare?”
“Vieni.” Antonio si alzò per raggiungere l’amico dall’altra parte del tavolo e appoggiarsi alle spalle ben tornite di lui, improvvisando un massaggio.”Forse ho un buon rimedio contro la tristezza d’animo.” Gli sussurro, appoggiando la bocca tra quei capelli che desiderava così tanto.
Federico era incredulo di quanto stesse accadendo, ma tuttavia seguì l’amico verso la camera da letto.
“Sei bellissimo, Federico.” Lo gratificò Antonio, cercando di mettere l’amico a suo agio. Anche lui non era poi così sciolto, ma poteva contare su qualche esperienza che l’amico non aveva. Per una volta, a differenza di quello che era sempre stato durante i loro anni di frequentazione, Antonio sapeva di avere, per così dire, un certo vantaggio dettato dall’esperienza sul compagno e si sentiva responsabile.
Invitò Federico a distendersi sul grande letto e per un qualche forma di rispetto e di pudore non lo guardò mentre si spogliava, anche se avrebbe desiderato ardentemente farlo.
Si tolse anche lui gli indumenti, senza curarsi di spargerli per tutta la stanza e si accostò, finalmente, al corpo di Federico.
“Non aver paura.” Gli sussurrò all’orecchio, seguendo con le labbra le curve della schiena di lui.
“Con te non ho paura.” Rispose Federico, ormai perso in quello che gli sembrava il migliore dei suoi sogni. E se davvero tutto codesto era illusione, avrebbe ardentemente desiderato morire per quell’attimo perfetto piuttosto che svegliarsi.
Antonio cominciò ad accarezzarlo lentamente, scivolando dall’altra parte, in modo che le loro intimità fossero a contatto e potessero incontrarsi delicatamente.
Il desiderio è un cavallo impetuoso e irrefrenabile, che presto prende il sopravvento: così Antonio e Federico si trovarono presto in quel momento solenne che chiede di non indugiare oltre.
Antonio, spaventato all’idea di nuocere in qualche modo alla persona che aveva di più cara, percorse ancora una volta la schiena di Federico con le labbra, lasciando umidi e dolcissimi baci fin là dove non batte il sole.
Entrò poi in lui con tutta la delicatezza che l’ardente passione gli permetteva. Poi, sentendo i gemiti sempre più frequenti dell’amico si lasciò andare a quel momento irripetibile, incapace di pensare ad altro che non fosse il reciproco piacere.
Furono i cardellini che cantavano la primavera nel giardino del palazzo a risvegliare entrambi dal sonno stordito dei sensi.
Si ritrovarono così abbracciati stretti, in un groviglio di lenzuola e coperte: Federico teneva la testa nascosta sul petto di Antonio.
Si guardarono, incapaci di fare altro che sorridersi e baciarsi nuovamente.
“Credo che la mattina sia ormai inoltrata, sarà ora di alzarsi.” Commentò con riluttanza il padrone di casa, allungando una carezza sul viso pallido dell’amante.”Il mio stomaco reclama il suo pasto mattutino.”
Antonio mugolò, riluttante ad alzarsi e ad abbandonare quel comodo e caldo rifugio.
Non amava alzarsi dal letto neppure quando era quello freddo e vuoto della sua camera, così adesso alzarsi dal nuovo giaciglio gli sembrava quasi lasciar correre via le sensazioni ed i ricordi di quella notte d’incanto.
“Non possiamo sprecare il pane speziato per il quale sei venuto fin qui con tanta fretta nel cuore della notte.” Scherzò Federico, sedendosi di nuovo sul letto e portando alla bocca dell’amante un pezzo del dolce dal fortissimo aroma. “E’ davvero speciale.” Apprezzò, masticandone un po’ a sua volta.”Come te.” Gli sussurrò, baciando Antonio su una spalla.
“Se sapessi di trovare te al mio fianco, non mi farebbe più così tanta fatica svegliarmi.” Sorrise Antonio.
   
 
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