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Autore: lenemckinnon    12/05/2020    3 recensioni
Una raccolta di come cinque appuntamenti (e cinque particolari, poco confortevoli, romantici, incauti, fugaci baci) siano riusciti a far capitolare la deliziosa e intraprendente Marlene McKinnon nelle braccia dell’altero e diseredato rampollo di casa Black.
"Ecco una cosa che ci mette d'accordo entrambi", pensò Sirius affondando un pochino la mano nei biondi capelli della ragazza e assaporando la morbidezza delle sue labbra. Certo, se avesse saputo che per zittirla una volta per tutte sarebbe bastato ricorrere a un espediente così semplice e piacevole…
Ho deciso di ripercorrere i momenti in cui tutto è davvero iniziato seguendo fantasie scovate in qualche angolo remoto del mio cervello e spero che questi cinque capitoli rendano un po’ giustizia alla loro malespressa e bistrattata storia d’amore.
Marauders Era, Blackinnon, accenni Jily.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Marlene McKinnon, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Note iniziali
 
In questo capitolo si fa riferimento a un momento della mia ff Some kind of loving, approfondito nel capitolo 6 e intitolato “Ultime lacrime”. Potete leggerlo qui: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3443114, oppure potete rimanerci secchi con lo spoiler iniziale.
A voi la scelta.
 
P.S. É legale autocitarsi? Io credo di no.
 
Questo capitolo è dedicato a Morgana85,
perché vorrei che fosse degno delle sue parole gentili
                                                                                                                                             
Che cos’è la vita senza un po’ di rischio?
 
6 maggio 1977, Ufficio del Preside
 
Il Patronus entrò sfrecciando nell'Ufficio di Silente così velocemente che l'anziano Preside si trovò a sobbalzare sulla propria sedia. Non ebbe tempo di stupirsi a lungo, poiché la capra argentea parlò con il tono burbero di Aberforth: "È successo quello che temevamo. Non abbiamo potuto fare niente per impedirlo…i McKinnon sono stati assassinati."
 
6 giugno 1977, Dormitorio femminile di Grifondoro
 
Marlene si alzò a sedere di scatto sul suo letto a baldacchino. Gettando uno sguardo sconfortato alle sue lenzuola ammucchiate in un groviglio disordinato, si voltò verso il comodino per versarsi un po’ d’acqua dalla brocca. Nel silenzio della notte, sospirò. Eccolo lì, il vuoto. Dietro l’angolo, pronto a sorprenderla nei momenti più inaspettati e capace di sopraffarla facendole provare una disperazione tale da mozzarle il fiato. Non era umano, provare tutto quel dolore. Le mancavano come l’aria, ma il tempo del negazionismo e della commiserazione era passato.
 
Strinse i denti con rabbia. Non avrebbe permesso che quei bastardi rimanessero impuniti a lungo. Sarebbe andata a cercarli e avrebbe vendicato i suoi genitori. Non le importava che i suoi fratelli la ritenessero troppo piccola, troppo impulsiva, troppo poco allenata a combattere. Era tempo di riflettere seriamente sulla proposta ricevuta qualche giorno prima, che ora le sembrava il primo passo concreto per affrontare il futuro. Era meraviglioso avere qualcosa da fare, un progetto a cui applicarsi con tutta sé stessa.
L’alba fece capolino dalla finestra accanto al letto di Alice illuminando le colline che delimitavano i confini di Hogwarts. Marlene ricadde pesantemente sul cuscino, pensando che con questo obiettivo in mente avrebbe potuto concedersi ancora un paio d’ore di sonno indisturbato.
 
Il mattino seguente, Marlene scese a colazione rinnovata energia. Lily, Emmeline e Alice, che nel mese passato non avevano smesso un attimo di lanciarle occhiate furtive dense di preoccupazione, parevano piacevolmente stupite dal suo comportamento e si scambiavano cenni di approvazione tra di loro.
Con la solita dose di entusiasmo, irraggiungibile per chiunque a quell’ora del mattino, Mary Macdonald si accomodò senza troppe cerimonie al tavolo dei Grifondoro tra Marlene e Alice. Tolse di mano il cucchiaino a Alice, che stava per addentare una morigerata fetta di torta alla melassa, e lo tuffò nella zuppiera ricolma di crema pasticcera.
 
Ignorando le proteste dell’amica, si rivolse a Marlene masticando a bocca aperta: “Lène, sono scivolata per l’ennesima volta su una delle tue cinquanta sciarpe stamattina!”
Lily gemette e Emmeline le lanciò uno sguardo di gelido disappunto da sopra il suo succo di zucca mattutino.
“Che c’è?” chiese Mary con aria sbigottita. “Lo sappiamo tutte che continua a comprare sciarpe dai colori improponibili e poi indossa sempre solo quella di Grifondoro, lasciando tutte le altre sparse per la stanza. Non ci siamo mica conosciute ieri” proseguì con tono ovvio, continuando a versarsi un’enorme dose di marmellata sul pane tostato. Alice fissò Mary con più insistenza, come per farle intendere che, visto il terribile periodo che stava attraversando l’amica, forse non era il caso di rivolgerle inutili rimproveri.
Marlene appoggiò la forchetta sul piatto con studiata lentezza. Guardò le amiche attorno a lei, che sfoggiavano identiche espressioni ansiose dipinte in viso, e rivolse la sua attenzione a Mary, il cui sguardo era tutto concentrato sul toast nel suo piattino, in un vago tentativo di mostrare imbarazzo per le parole pronunciate con troppa leggerezza.
“Sai, Mac, pensavo proprio di andare da James e raccontargli per bene tutto quello che stai ingurgitando a colazione. Sbaglio, o ti aveva vietato di riempirti di panini al burro prima degli allenamenti?” disse Marlene accennando un sorrisetto sbarazzino.
 
Le ragazze scoppiarono in una fragorosa risata e Mary, dimentica di ogni riguardo, iniziò a protestare ad alta voce. “Non oseresti!” le disse, minacciandola con i rebbi della forchetta, ma sorrideva anche lei. Sorridevano tutte, brindando alla ritrovata serenità di Marlene.
 
“Detesto il martedì. É solo il secondo giorno della settimana, e ci becchiamo pozioni doppie con i Serpeverde. Cosa potrebbe esserci di peggio?” si lamentò Mary prendendo sottobraccio Marlene, mentre uscivano dalla Sala Grande.
“Incontrare uno di loro” rispose piano Marlene, scorgendo Regulus che scendeva silenziosamente lo scalone centrale.
 
Le cose tra loro non erano troppo ben definite. Anzi, non lo erano affatto. Negli ultimi sei mesi Regulus aveva continuato a trattarla con cortesia e aveva persino cercato più di un’occasione per scambiare qualche convenevole con lei, ma nulla le aveva impedito di percepirlo come estremamente distante. Le prime volte che erano usciti insieme, Marlene aveva notato come il ragazzo avesse cercato di vincere la timidezza e di farla sentire a suo agio, lasciandosi andare addirittura a qualche battuta scherzosa, troppo debole per farla davvero ridere, certo, ma probabilmente solo per mancanza di esercizio. Con l’arrivo della primavera, però, i loro appuntamenti erano diventati più radi e ogni volta che si parlavano Regulus diventava sempre più sfuggente, sempre più restio ad aprirsi e chiuso in qualche angolo della sua mente a cui lei non aveva accesso. Si era mostrato moderatamente turbato alla notizia dell’assassinio dei genitori di lei e non aveva fatto nulla per consolarla nelle settimane successive. Aveva ricevuto molto più conforto da Sirius, il che era tutto dire, visto che possedeva la sensibilità di un cactus particolarmente spinoso. Alt. I suoi pensieri stavano prendendo una direzione altamente indesiderata.
 
Era così assorta nelle sue riflessioni che si ritrovò davanti a Regulus prima ancora di poter pensare a come comportarsi. Fu lui a toglierla dall’imbarazzo, facendole segno di avvicinarsi con un cenno discreto. Era sempre così composto, equilibrato e riservato che ogni tanto Marlene avrebbe voluto scuoterlo per suscitare in lui una qualsiasi reazione.
“Come stai, Marlene? Sono stato parecchio occupato con Piton e Mulciber, ultimamente, ci sono delle ricerche…particolari…a cui ci stiamo dedicando.” La sua voce era poco più di un sussurro, ma trasudava una nota di orgoglio.
“Non capisco come tu possa andare dietro a personaggi simili, Reg, sai benissimo di essere più intelligente e meno viscido di loro” replicò Marlene incrociando le braccia al petto.
“Severus è estremamente intelligente e oltretutto proprio i suoi contributi si stanno rivelando di fondamentale importanza per il nostro progetto” le rispose lui, stizzito.
 
Ci fu una breve pausa di silenzio ostile, ma poi Marlene lo interruppe: “Regulus…posso chiederti di rispondermi sinceramente a una domanda?”
Lui annuì.
“Perché hai deciso di accettare il nostro fidanzamento? Voglio dire, i tuoi amici di certo non nascondono il loro disprezzo per le persone come me” domandò lei a bruciapelo, certa di coglierlo impreparato.
Per l’appunto.
Regulus strabuzzò gli occhi, visibilmente confuso. “Beh, immagino che anche a te abbiano inviato la lettera per…”
“Sai benissimo che non è questo che intendo” lo bloccò prima che potesse aggiungere altre ovvietà.
“Mia madre era convinta che l’unione di due antiche famiglie…”
“I motivi da parte della tua famiglia li conosco già. Volevo sapere perché tu avessi accettato. Voglio dire, sei un bel ragazzo, sei quasi al sesto anno, hai ancora molto tempo per scegliere il tuo destino.”
 
Marlene si accorse solo in seguito di averlo definito bello. Regulus aveva un portamento nobile e altero, certo non possedeva i lineamenti e la grazia di Sirius, né la sua eleganza innata, ma certamente era da considerarsi un ragazzo estremamente attraente.
 
“Stai pensando a Sirius, vero?” Regulus la guardò scettico.
“Cosa? Come hai…?”
“Hai una strana espressione, a volte, quando mi guardi. È come se cercassi di mettere a fuoco due volti contemporaneamente. Ma lascia che ti sveli un segreto, Marley. Io ho raccolto i cocci di ciò che lui ha lasciato dietro di sé, delle sue scelte sconsiderate e ribelli. Ho dovuto prendere il suo posto come primogenito e cercare di mettere a tacere l’onta e il disonore che aveva gettato sulla nostra famiglia. E non mi interessano tutte le vostre chiacchiere da Grifondoro, Marlene. La verità è che, quando ti ci ritrovi invischiato, combattere non serve.”
Lo sguardo di Regulus era cupo, ma determinato.
 
Marlene sentì un’improvvisa ondata di indignazione risalirle per tutto il corpo. “Le nostre…chiacchiere da Grifondoro? Là fuori le persone muoiono, Reg! Ci sono stati nove attentati alla vita di famiglie babbane nelle ultime settimane, ti sembra…nobile, tutto questo? Ti sembra onorevole, uccidere la gente? Stiamo per entrare in una fottuta guerra ed è ora di capire da che parte stare!” Alzare la voce in quel modo le aveva fatto mancare il fiato e imporporare le guance. Marlene McKinnon arrabbiata era paragonabile a uno spettacolo di fuochi d’artificio e Regulus pensò che non era mai stata così desiderabile.
Ma non era sua. Non lo sarebbe mai stata, lo aveva capito fin da subito.
 
“Combattere serve, sempre.” La voce nitida e più calma di Marlene lo riportò alla realtà.
 
Regulus sospirò. “Morire per un ideale non è utile a nessuno. Non fanno alcuna differenza nel mondo, le tue convinzioni, una volta che sei morto. Le nostre vite sono tracciate davanti a noi, non dobbiamo fare altro che percorrerle. Non ci sono altre scelte disponibili.”
 
Marlene si avvicinò al ragazzo, guardandolo con un velo di tristezza. “Reg, non è mai troppo tardi per scegliere da che parte stare.”
Regulus si irrigidì, come se stesse trattenendo il respiro. La ragazza, in un tentativo di conforto, serrò le dita con delicatezza intorno al suo polso sinistro, disegnando piccoli cerchi con il polpastrello lieve. Regulus interruppe bruscamente il contatto, nascondendo il polso dietro la schiena.
Marlene gli rivolse uno sguardo interrogativo e poi spalancò gli occhi, allarmata.
 
“Sono in ritardo per la lezione di Aritmanzia” la liquidò con un cenno del capo e prima che lei potesse cercare di carpirgli una spiegazione si era già allontanato in fretta verso la Torre Ovest, confondendosi con la massa brulicante di studenti indaffarati in attesa dell’inizio delle lezioni.
 
Alle cinque del pomeriggio, dopo aver trascorso gran parte delle ore di lezione di quella giornata a riflettere sulla conversazione avuta con Regulus, Marlene si avvicinò a Mary per uscire insieme dalla lezione di Incantesimi. “Vengo con voi” le disse, con tono sicuro. L’amica le scoccò un’occhiata indagatrice, ma, dopo aver verificato l’assenza di indecisione nella sua espressione, le rivolse un sorriso sinceramente felice.
 
La riunione nell’ufficio del Preside era fissata per le 17.30 precise. Nessuna delle ragazze era sicura di cosa aspettarsi, ma l’intuito suggeriva loro che il fatto che Silente le avesse convocate tutte insieme volesse significare che qualcosa di importante stava per succedere.
“Magari vuole istituire una nuova rivista femminista per Hogwarts e ha pensato che fossimo noi le candidate ideali” incominciò Mary.
“Certo, Mac, e scommetto anche che vuole farsi dare qualche consiglio sul lavoro a maglia” le rispose scettica Emmeline.
Le proteste di Mary vennero messe a tacere nel momento in cui le ragazze svoltarono l’angolo per trovarsi di fronte al gargoyle di pietra che permetteva l’accesso all’ufficio del Preside. Con grande disappunto di Lily, James Potter completo di ciuffo svolazzante e scintillante spilla da caposcuola comparve alla loro vista, insieme all’intero gruppetto dei suoi fidi compari.
 
“Potter! Cosa ci fate voi qui?” chiese Lily con tono autoritario.
James scoppiò a ridere. “Siamo dei prodi cavalieri Grifondoro, Lils, è chiaro che siamo stati convocati per l’Ordine della Fenice”
“La fenice…che cosa?” domandò Lily confusa, dimenticandosi per un attimo di trattarlo con sospetto.
“Lo vedrai” le sussurrò James con fare criptico avvicinandosi pericolosamente a lei.
 
Lily osservò i suoi caldi occhi color nocciola e li trovò rassicuranti. Stare a poco più di un palmo da James ultimamente le faceva provare sensazioni contrastanti. Era così occupata a ritenerlo responsabile per la fine della sua amicizia con Sev che non si era accorta di quanto fosse cambiato. Non era più il ragazzino presuntuoso che tanto le dava sui nervi; la sua spavalderia si era trasformata in determinazione e coraggio nel difendere i più deboli, la sua arroganza si era affievolita e aveva fatto trasparire una grande generosità e il suo continuo vantarsi per i successi ottenuti a Quidditch era stato il motore capace di rinsaldare lo spirito e l’entusiasmo della squadra nei momenti più densi di tensione.
Lily inspirò bruscamente cercando di darsi un contegno, mentre lui le sorrideva gioviale.
 
“La parola d’ordine è Topoghiacci, e Merlino solo sa quanto mi piacciano” li interruppe Peter con tono sognante.
“Ma noi non…oh beh, molto bene. Non voglio arrivare in ritardo” concluse Lily ancora un po’ intontita per quella strana vicinanza con James, arrampicandosi poi su per la scala di pietra, seguita da Alice e Emmeline. Mentre Mary si avvicinava al suo Capitano per cercare di carpirgli qualche informazione in più (aveva abbandonato con rammarico l’idea del settimanale femminista), Marlene scoccò a Lily uno sguardo di pura soddisfazione. Stava appunto per gustarsi appieno quel momento di pace tra Lily e James, volando parecchio di fantasia, quando tutt’a un tratto venne affiancata da Sirius, stranamente silenzioso. Si sentì finalmente libera e con il cuore leggero, mentre lui la aiutava a salire i ripidi gradini della scala a chiocciola, sfiorandole il gomito con apparente fare distratto.
 
Di norma non avrebbe permesso a nessuno di aiutarla in quel modo, non era mica una bambina petulante, ma la delicatezza dei suoi gesti riusciva sempre a donarle un po’ di conforto. Fermandosi, mise un po’ di distanza tra sé e Remus, che saliva di fronte a lei, e si voltò verso Sirius con l’accenno di un sorriso soddisfatto a dipingerle le labbra. Lui si frenò di colpo, incerto se sorpassarla, ma all’improvviso il suo volto si distese in un ghigno estremamente impertinente.
Oh no. Pensò Marlene allarmata. Stava di nuovo facendo quella cosa con la mandibola.
 
La cosa con la mandibola era il suo peggiore incubo dalla fine del loro quarto anno, quando aveva capito che Sirius Black era certamente un idiota, ma crescendo era diventato un idiota attraente. L’infinita varietà di espressioni facciali che era in grado di produrre era stata oggetto di studio approfondito nelle molteplici ore di lezione a cui avevano partecipato insieme negli anni precedenti. Dal punto di vista di Marlene, la lezione migliore per studiarlo era Storia della Magia, quando il ragazzo si sedeva vicino alla grande finestra e il suo sguardo vacuo si illuminava di tanto in tanto con espressioni trionfanti, divertite, di rimorso o di concentrazione. Marlene la considerava al pari di un’attività ricreativa, cercare di indovinare quali pensieri gli passassero per la testa di volta in volta, ma questa abitudine malsana l’aveva portata a conoscere le sue reazioni meglio di quanto avrebbe voluto.
 
“Sei a corto di fiato, McKinnon? Devo suggerire a James di metterti sotto con gli allenamenti?”
La voce di Sirius la costrinse a distogliere lo sguardo dalla sua mandibola contratta.
 
Di certo non aveva perso il suo orrendo senso dell’umorismo. 
 
Il Preside li attendeva sulla soglia del suo studio, invitando gentilmente i ragazzi a entrare e accomodarsi. Marlene, rimasta per ultima, notò che Silente aveva posato con circospezione il suo sguardo azzurro su di lei. Si raddrizzò istintivamente, nel tentativo di sembrare più consapevole e matura, salda nelle sue decisioni. Silente le sorrise. “Sono lieto di vederla, Signorina McKinnon. Temevo che i suoi…impegni potessero distoglierla da questa riunione. Vede, volevo comunicarle tutta la mia vicinanza e il mio cordoglio per la perdita dei suoi genitori: ho avuto il piacere di conoscerli e di collaborare con loro e le considero come persone di eccezionale bontà e talento.”
 
Alla ragazza non era sfuggito il fatto che Silente avesse usato il tempo presente per riferirsi ai suoi genitori ed era contenta che qualcun altro al mondo li ricordasse come se non fossero mai andati via. Le dava un lieve conforto sapere che il loro passaggio nel mondo non era stato vano e che avevano combattuto per quegli ideali di giustizia e libertà che avevano sempre cercato di insegnarle fin da piccola. Gli rivolse un sorriso leggero e fece per entrare anche lei nello studio, ma Silente la interruppe con un velo di malizia nella voce.
“E mi dica, invece, ho notato che ultimamente trascorre molto tempo con il Signor Black…”
 
Marlene gli dedicò uno sguardo sorpreso. Forse Mary aveva ragione a ritenerlo il più grande pettegolo di tutta Hogwarts. Che cosa voleva, un’intervista per il Settimanale delle Streghe sui dettagli peraltro poco emozionanti della sua vita sentimentale? Si trattenne per poco dall’alzare gli occhi al cielo.
“Sirius e io siamo solo amici” lo interruppe con tono perentorio.
“Infatti mi riferivo a Regulus Black” le rispose Silente con tono divertito.
 
Per le mutande più colorate di Merlino! Per caso lui e Remus si scambiavano le battute?
 
Marlene non potè fare a meno di arrossire velocemente e serrò le labbra con disappunto, in un malcelato tentativo di non rispondere per le rime.
“Ah, come può l’amore spingerci tra spine così feroci?” chiese Silente retorico, ammiccando nella sua direzione. “Marlene, oggi vi ho convocati per proporvi di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile. Tuttavia, per nessuna ragione al mondo vorrei che le vostre scelte turbassero il fragile equilibrio di un amore nascente…soprattutto nel caso in cui il diretto interessato sia schierato dalla parte opposta. Chissà, forse potrebbe essere l’inizio di un qualche tipo di redenzione…” concluse Silente enigmatico.
 
Marlene aveva abbandonato ogni titubanza.
“Le possibilità di salvare chi non vuole essere salvato sono piuttosto esigue, Professore. E per quanto io abbia un discreto talento con le cause perse…” si interruppe per un attimo, con lo sguardo che saettava su Sirius, comodamente acciambellato su una sedia di legno dentro alla stanza, intento a convincere Peter a toccare uno strano oggetto di vetro dall’aria molto fragile e costosa.
“So riconoscerne una persa in partenza” concluse con tono deciso.
“D’accordo, allora. Entriamo” la invitò Silente garbatamente.
 
Il discorso che venne pronunciato nell’ora seguente aveva assorbito tutta l’attenzione di Marlene. Era stata concentrata a non lasciarsi scappare nemmeno una parola del Preside, che si era dilungato a spiegare l’esistenza e le modalità con cui operava l’Ordine della Fenice, il cui primario obiettivo era contrastare Lord Voldemort e i suoi seguaci. Lei, come James, aveva già sentito parlare dell’Ordine più volte da parte dei suoi genitori, ma aveva colto sgomento e preoccupazione negli occhi dei suoi amici. Avrebbe potuto giurare di sentire le rotelle del cervello di Lily ronzare lì accanto; d’altronde era una Nata Babbana, il primo bersaglio dei seguaci di Lord Voldemort che si facevano chiamare Mangiamorte. Marlene stava giusto per prenderla per mano, per provare a trasmetterle un po’ di conforto, ma vide che James l’aveva preceduta.
 
Perfetto. Era diventata il terzo incomodo, ora.
 
Ciò che Silente stava chiedendo loro era semplicemente di tenere gli occhi aperti su quello che accadeva a Hogwarts. Il Preside si trovò costretto a ricordare l’attacco che aveva subito Mary solo qualche mese prima, i cui colpevoli rispondevano al nome di Avery e Mulciber, non senza che quest’ultima si irrigidisse accanto a Alice.
 
“Perché Lord Voldemort vorrebbe ricercare seguaci tra le mura di Hogwart?” domandò Remus con aria interessata, mentre Peter sussultava nella sedia accanto a lui.
“Vede, Signor Lupin, un uomo simile è magari capace di disprezzare il potere da giovane, ma poi si attacca tanto più avidamente quanto più invecchia, ricercando continuamente conferme nei suoi sostenitori, perché, in fondo, ha l’animo corrotto di un affarista e gli atteggiamenti virtuosi in lui sono sempre fasulli, dal momento che è assolutamente privo della salvaguardia più importante” rispose Silente criptico.
 
“E qual è questa salvaguardia?” chiese ancora Remus.
 
“Ragione e cultura, fuse insieme in piena maturità, unica ancora di salvezza nel corso della vita” rispose Silente con tono solenne. “Ed è esattamente il motivo per cui tutti voi vi trovate qui oggi. Le vostre capacità intellettuali e il vostro buon cuore mi hanno indotto a convocarvi per osare sperare nel vostro interesse per la causa. Scoprirete con il tempo che in linea di principio la difficoltà non è scegliere da che parte stare, quanto piuttosto convivere con la vostra scelta per il resto del tempo” aggiunse l’anziano Preside.
 
Marlene sembrava estremamente pensierosa. Se non avesse impiegato gli ultimi sei mesi a studiarla come un’ossessione, quale poi era di fatto diventata, Sirius avrebbe potuto cascarci. Ma ormai, dopo averla guardata tanto, a distanza, da vicino, dopo averla vista in preda a un’immensa varietà di emozioni – dolore, sconforto, rabbia, tiepida gioia, felicità – non poteva più ingannarlo. Sapeva bene che dietro a quella simulata esitazione si celava in realtà una forza fuori dalla natura, alimentata dal fuoco del riscatto.
 
“Io sono pronto. Voglio entrare nell’Ordine” annunciò James trionfante.
Tipico di James esibire teatralmente spavalderia e coraggio, cogliendo al volo ogni occasione per buttarsi nella mischia, pensò Sirius con un sorrisetto orgoglioso.
 
“Non vi chiedo di scegliere oggi, naturalmente. Non siete ancora tutti maggiorenni e i pericoli a cui sarete esposti una volta entrati nell’Ordine non dovranno essere in alcun modo sottovalutati” replicò Silente con gentilezza. “Però, se siete dalla nostra parte, vorrei che nei prossimi mesi mi riferiste ciò che vedete capitare attorno a voi e che vi sembra strano…più del normale, insomma, considerando che siamo pur sempre in una Scuola di Magia” concluse con il solito tono ironico che decretava la fine del discorso.
 
“Regulus si farà marchiare.” La voce di Marlene, nitida e priva di esitazione, riecheggiò nello studio del Preside come una lama affilata.
“Come prego?” le chiese con un filo di sgomento Silente.
“Regulus si farà marchiare” ripetè Marlene con più forza, senza indecisione.
“Regulus vuole farsi marchiare” ribattè Sirius, cercando di non perdere la calma e guardandola negli occhi.
 
Era essenziale che lo capisse. Stava tutta lì, la differenza. La volontà di Regulus di seguire il lato oscuro non era semplicemente un tiepido desiderio nato dai frequenti lavaggi di cervello di sua madre, era una decisione ferrea, presa sull’onda dell’ammirazione crescente che provava nel vedere il trionfo del Signore Oscuro. Sirius detestava tutte le chiacchiere sulla superiorità del loro stato di sangue, ma Regulus le aveva sempre abbracciate in modo convinto.
 
“Ne sei sicura, Marlene? Ciò che affermi è molto grave” disse Silente calmo, scrutandola con interesse.
“Ho avuto l’impressione che tenesse particolarmente al suo polso sinistro e, diciamolo, non è che sia un grande giocatore di tennis” rispose Marlene con tono asciutto.
 
Mary scoppiò a ridere, seguita da James, e i ragazzi iniziarono ad avviarsi verso la porta decretando la fine della riunione. Le loro chiacchiere eccitate risuonavano per i gradini di pietra e Sirius era sicuro che quell’argomento li avrebbe tenuti tutti in piedi fino a tarda notte a discutere. Si voltò verso Marlene, aspettandola per uscire, come era diventata più o meno un’abitudine in quegli ultimi mesi. I suoi occhi blu lo inchiodarono sul posto, come se volesse leggergli dentro le sue ultime riflessioni.
 
“Signor Black, vuole andare?” gli chiese Silente, e, dal tono di voce, Sirius pensò che non fosse la prima volta che gli rivolgeva quell’invito. Si era incantato come un perfetto idiota di fronte agli occhi di Marlene McKinnon, per l’ennesima volta.
 
“Come prego?” gli chiese Sirius in cerca di delucidazioni, dal momento che non aveva ascoltato una sola parola di quello che aveva detto il Preside. Silente gli rivolse un’occhiata divertita, indicandogli con un cenno la porta sulla quale si era soffermata Marlene.
“Black, sturati le orecchie”, commentò quest’ultima, gentile come sempre.
 
Sirius si affrettò a raggiungerla verso la scala a chiocciola. Senza pensarci, la prese per mano, stringendola appena più del necessario.
 
Non era del tutto stupita, pensò Marlene, scendendo le scale con passo svelto. Nei mesi passati Sirius era stato semplicemente eccezionale e il suo comportamento era stato ineccepibile sotto tutti i punti di vista. Le sere trascorse in Sala Comune a parlare con lui davanti al caminetto, cercando di trovare una ragione per non impazzire nel pensiero dei suoi genitori, erano ancora molto vivide nella sua memoria.
Non solo era stato costantemente attento a non turbare il fragile equilibrio che si era instaurato tra loro, cercando di non sfiorarla più del necessario con le sue mani affusolate, ma riusciva con la semplice forza di uno sguardo a trasmetterle un affetto che non si sarebbe mai aspettata di ricevere da un individuo come Sirius Black, capace di mostrare attaccamento solamente alla sua stupida moto volante. Era molto di più che un semplice rapporto di amicizia, quello che stava andando a crearsi tra loro; in fondo, amici lo erano sempre stati, in una maniera tutta particolare che andava bene solo per loro, in un eterno gioco fatto di scherzi e battute sagaci, di momenti di alleanza e guerre dichiarate in pompa magna.
 
Che cos’era Sirius Black? Il giorno, o la notte?
D’istinto, strinse più forte la sua mano in quella grande e protettiva di Sirius.
 
Per le più consunte mutande di Merlino! Pensò Sirius. Non credeva che potesse esistere, la ragazza capace di fargli provare l’ebrezza di volare nello spazio semplicemente con il tocco della mano. Ma era più forte di lui, l’attrazione che provava verso Marlene era impossibile da concepire. Non riusciva a capacitarsi di come in poco tempo gli fosse entrata sotto la pelle, insinuandosi nei suoi pensieri sempre più spesso, avvertendo sempre di più quel dannato desiderio di avvicinarsi a lei in ogni momento. La necessità di baciarla era impellente. Continuava a fissare la sua bocca come se fosse l’unica cosa in grado di tenerlo in vita. Ciò che lo sconvolgeva più di tutto, in quel preciso istante, era la determinazione che aveva negli occhi. Non aveva mai visto nessuno con quello sguardo e sapeva perfettamente che non si sarebbe fermata, quando se li sarebbe trovati davanti. Inconsciamente aveva paura, paura che lei potesse infilarsi nel pericolo nel suo solito modo da scavezzacollo Grifondoro, andando a cercarli e facendo pagare loro salato il conto della sua vendetta.
 
“La vendetta è un piatto avvelenato, Lène” le disse senza riflettere, dando voce ai suoi pensieri.
Lei si fermò in mezzo alle scale, voltandosi verso di lui e guardando le loro mani intrecciate.
Che cos’è la vita senza un po’ di rischio, Sirius?” ribattè lei con una nota spavalda nella voce.
 
Lui smise di colpo di riflettere, di pensare a quello che avrebbe potuto avvenire nel futuro. Non era uno sciocco, sapeva che c’era una guerra, là fuori, e che prima o poi si sarebbero trovati invischiati fino al collo, ma ciò che contava era che loro erano vivi, lì e ora, tutto il resto avrebbe potuto tranquillamente aspettare.
 
La inchiodò al muro di pietra e prese a baciarla con foga, come se volesse assaporare ogni istante in cui le loro bocche collimavano perfettamente, dopo essersi a lungo rincorse nei mesi passati. C’erano un sacco di promesse, in quel bacio, insieme a tutti i suoi desideri più puri di proteggerla dalle avversità che offriva loro il mondo esterno. Il desiderio di averla tra le braccia, di stringerla e di affondare la mano nei suoi capelli fino a rimanere stordito e inebriato dal loro profumo, sovrastava ogni cosa; il resto doveva aspettare.
 
Marlene si sentì libera, e viva, per la prima volta dopo quei lunghi mesi trascorsi a riflettere su come liberarsi dall’imposizione di un fidanzamento che non avrebbe mai potuto procurarle nemmeno un decimo della felicità che la stava sconquassando ora da dentro. Stare abbracciata a Sirius, in un modo un po’ scomodo e per nulla composto contro un muro di pietra, senza alcun riguardo per le convenzioni o per il fatto che avrebbero potuto essere sorpresi da Silente in qualunque momento, era come tornare a respirare dopo un lungo periodo sott’acqua. La brama con cui lui la stava baciando le toglieva ogni pensiero coerente dal cervello, ma questa volta poteva permettersi di lasciarsi andare, di donarsi completamente al fuoco che le lambiva il volto e di navigare insieme a lui tutte le stelle dello spazio.
 
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno. Essi sono altrove, molto più lontano della notte, molto più in alto del giorno, nell’abbagliante splendore del loro primo amore.
 
NOTE DI CHIUSURA
 
Questo capitolo è estremamente lungo, dovevo farmi perdonare per non aver aggiornato in fretta. Probabilmente saranno presenti alcuni orrori grammaticali.
Un po’ di note, perché, dove pensavate di fuggire?
 
1. I sentimenti di Marlene riguardo alla perdita dei genitori sono più reali che mai. Il vuoto e la mancanza opprimente li ho sperimentati in prima persona parecchie volte dopo aver perso mio papà per la solita, orrenda, implacabile malattia.
2. Nella mia testa il personaggio di Regulus si ricrederà sul fatto che “Morire per un ideale non è utile a nessuno” (quanto lo amo)
3. Ho inserito un po’ di James e Lily, sperando di aver fatto un lavoro decente. Non so, lavorare con loro mi sembra risulti un po’ meccanico ed estremamente difficile, dal momento che su di loro è già stato scritto praticamente tutto
4. Il discorso di Silente sul potere è tratto dalla “Repubblica, o Sulla Giustizia” di Platone
5. La frase finale è una poesia di Prévert che incommensurabile cliché
 
Sapete già quanto mi faccia piacere ricevere i vostri pareri ♥
 
  
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