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Autore: Seiten Shiwa    22/05/2020    1 recensioni
« Cacca di elefante... ». Affermò seria lei, quasi sovrappensiero.
« … come prego?! ».
Ho sentito bene?! Ha detto proprio... !?
« Cacca di elefante... ». Ribadì lei, con lo stesso tono usato prima.
John si portò una mano alla bocca, e non resistette a non ridere, in modo poco composto.
Gli sembrava di esser diventato Rosie, e che lei fosse Sherlock.
*AVVERTENZE: CONTIENE SPOILER DI TUTTE E 4 LE STAGIONI DI SHERLOCK*
Note: E' ambientata dopo la 4a Stagione
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Ben trovate, che si dice?!
Allora.... ahem... come dire... sono la solita "brutta persona"...
Doveva essere di pochi capitoli... ed invece.... per colpa di Mycroft ( e un po' anche di John) la storia si è allungata...
Quindi, se proprio dovete prendervela con qualcuno, prendetevela con Mr Governo Inglese.
Anche lui, come me, è una "brutta persona" XD...

Questo capitolo non è così di passaggio come sembra.
Diciamo che è il centrale della trama.
Inizialmente era di 21 pagine. Motivo per cui, essendo molto lungo e descrittivo, ho deciso di spezzarlo in due... Ebbene sì: ciò ha prodotto un ulteriore capitolo da aggiungere XD

Saranno felici la mia Hulka ed Armando <3

Disclaimers: Ovviamente i pg sono della Sherlock BBC e di Sir Arthur Conan Doyle, e io non intendo lucrarci sopra... Li prendo solo in prestito per divertirmi!

I nuovi pg, invece, sono miei e me li tengo stretti <3 <3 <3

La Vostra Dea del Porno-Romantico Seiten Shiwa 
Vi augura
BUONA LETTURA!!!

 



Elephant's Poop

 

 

05 Capitolo

 

« Cosa?! Ieri-ieri sera?! UN ATTENTATO?! STAI SCHERZANDO SPERO! ».

John Watson era appena uscito dal bagno, di corsa, con la lametta da barba in mano, metà faccia ricoperta di schiuma, ed il telefono appena agguantato nell'altra.

 

Lestrade lo aveva chiamato per aggiornarlo su cosa fosse accaduto la sera prima.

 

La sera prima...

 

John si sentì andare a fuoco, ricordando il modo in cui lui e Sherlock si erano addormentati: abbracciati – avvinghiati – stretti.

 

La gente avrebbe sicuramente parlato, se si fosse saputo in giro...

 

Ma infondo... gli importava davvero?

 

« Co-Cosa?! HANNO CERCATO DI AMMAZZARE MYCROFT?! SCHERZI VERO?! ».

 

Quella notizia lo fece rabbrividire.

 

Sherlock sapeva?

E se sapeva... perché non era salito per dirglielo?

 

Stava aspettando che lui scendesse, con Rosie, per colazione, per dirglielo?

 

E... l'aveva saputo quella mattina stessa anche lui, o durante la notte? Mentre lui dormiva profondamente?

 

Vestito solo di un asciugamano in vita, quello col quale era uscito dalla doccia, gettò un'occhiata a Rosie che aveva ripreso a sonnecchiare nella sua camera, e si precipitò dal suo coinquilino al piano di sotto, stando attento a non inciampare con le ciabatte per le scale.

 

« SHERLOCK! », esordì una volta entrato nell'appartamento dell'altro, guardando a destra e a sinistra, per vedere dove fosse.

 

Il consulting detective era seduto al microscopio, completamente assorto da ciò che stava facendo.

 

« SHERLOCK! TUO...TUO FRATELLO! » balbettò John, non sapeva da dove iniziare.

 

« Hm? » fu l'unico suono che uscì dalle labbra del suo interlocutore. Non si mosse minimamente.

 

« Sherlock! Dannazione! TUO FRATELLO E' STATO VITTIMA DI UN'ATTENTATO IERI! E TU NON MI DICI NULLA?! ».

 

Sherlock sbuffò: scocciato.

« Non mi meraviglierei, al posto tuo, che ci sia gente che voglia far fuori Mycroft... è così odioso, come ben sai... a volte, ammetto di averci pensato anche io! Probabilmente ero troppo fatto per non attuare i miei propositi... o probabilmente, proprio perché sarebbe stato un delitto perfetto, nessuno mi avrebbe scoperto, e allora non ci avrei trovato gusto... ».

Poi alzò gli occhi dal microscopio, e li puntò dritti in quelli del suo amico.

« … e non urlare a quest'ora del mattino! Rosie si sarà appena svegliata, o starà per farlo. Le rovinerai il suo orecchio assoluto da futura musicista... ».

 

« Co-cosa?!».

John spalancò gli occhi, ma non apprese veramente le parole che gli vennero dette.

Il suo cervello era lontano anni luce dal loro vero significato.

« Tuo fratello! » continuò, indicando il telefono, con la chiamata di Lestrade in corso,

« Tuo fratello per poco non ci è rimasto secco! Non mi pare carino ironizzarci sopra! E perché diavolo non sei salito a dirmelo, se lo sapevi?! ».

 

Sherlock si alzò spazientito dalla sua posizione, e si avviò verso il suo coinquilino.

 

« Non pensavo fosse la prima cosa di cui avessi voluto sentir parlare di prima mattina... ».

 

John rimase a labbra dischiuse.

Solo ora si era reso conto che Sherlock era vestito, se così gli era concesso dire, del solito lenzuolo bianco, che non lasciava nulla all'immaginario delle sue forme.

 

Il consulting detective, ghignando fra sé e sé, gli sfilò il telefono dalla mano e se lo portò all'orecchio.

Fu semplice come rubare caramelle ad un bambino...

« Lestrade? » disse rivolto allo smartphone, mentre gli occhi vagavano sull'addome scoperto dell'uomo di fronte a sé. Il suo sguardo studiò ogni millimetro di quella pelle che aveva visto da vicino la guerra.

 

Il dottore si sentì come se gli stessero facendo una sterno-tomia.

Un singulto uscì dalle sue labbra, mentre non riusciva a staccare i propri occhi da quelli chiari, dal colore non definito, di Sherlock.

 

Occhi che sembravano infilarsi sotto la sua pelle, irradiandosi nelle sue membra.

 

Occhi che si fermarono a studiare con cura la cicatrice che gli usurpava la spalla.

 

John si sentì toccare esattamente lì, anche se Sherlock aveva una mano lungo il fianco, e l'altra impegnata a tenere il telefono vicino l'orecchio.

 

I suoi occhi: i suoi occhi riuscivano a scavarlo in un modo così intenso, da sembrargli reale...

 

« Dì a mio fratello che, come finisco delle importanti questioni qui, lo contatterò io di persona, per sapere come sta... e grazie ancora... sì,sì... ci penso io a spiegare tutto a John.... no, non c'è di che. A più tardi. » e chiuse la chiamata, pigiando col pollice sull'icona rossa, senza neanche guardarla.

 

Il consulting detective fece due passi verso il dottore, e quest'ultimo dovette alzare il viso, per continuare a guardarlo negli occhi.

 

Il loro petti erano ad una manciata di centimetri, o poco meno.

 

Sherlock stava studiando ogni reazione del corpo dell'uomo di fronte a sé: la sua tensione, la sua ansia, il suo panico nell'averlo così vicino, mentre erano così scoperti, così vulnerabili.

 

Dedurre, dedurre... non faceva altro che osservarlo e dedurlo...

 

Sorrise, anche se in modo un po' enigmatico come al suo solito: gli prese una mano, con un movimento aggraziato ma deciso, volgendone il palmo verso l'alto, e vi restituì sopra il telefono.

 

« Finisci la barba. Non prendere freddo. Vestiti. Io scaldo il latte per Rosie. Quando riscendi ti spiegherò tutto. » proferì velocemente, come era solito fare, mentre con la propria mano gli richiuse le dita intorno a quello smartphone.

« Dopo colazione andremo a Pall Mall».

 

John, rimasto in silenzio religioso, focalizzò nel suo campo visivo solo la mano di Sherlock che si era chiusa – avvolta - intorno alla sua.

Le sue dita non erano così fredde come gli erano sempre sembrate...

 

« Okay », sussurrò solamente, completamente soggiogato, rapito, dalla sensazione della loro vicinanza.

 

Sherlock sorrise nuovamente e scivolò lentamente lontano da lui, per poi dargli le spalle, e dirigersi in cucina.

 

John fissò la sua schiena per qualche istante, prima di tornare al suo pianerottolo.

Mentre saliva le scale, il pianto di Rosie lo ridestò dai meandri dei suoi pensieri...

 

 

 

La sera prima....

 

 

L'Ispettore Detective Gregory Lestrade era appena giunto a casa.

Il suo orologio Casio da polso, uno dei pochi regali costosi della ex moglie, segnava le venti e venticinque.

 

Il Signor Governo Inglese, che rispondeva al nome di Mycroft Holmes, avrebbe mandato una sua auto di cortesia a prenderlo per le ventuno.

 

Per questo Greg imprecò, lanciando i vestiti alla bella meglio sul letto della sua piccola stanza.

 

Quel pomeriggio, dopo aver lasciato lo studio di Holmes Sr, era stato tutto un corri corri.

Sospirò, consapevole che avrebbe tardato all'appuntamento con Mycroft...

 

Ma non era colpa sua, se il capo lo aveva trattenuto più del dovuto sul luogo dell'ultimo omicidio.

Fosse stato per Greg, avrebbe subito chiesto aiuto a Sherlock.

Quel caso gli parve fin da subito complicato: troppo complicato per delle menti semplici, come le apostrofava spesso Sherlock stesso, quali quelle di Scotland Yard.

Ma no: la Donovan aveva dovuto per forza fracassargli i maroni, dicendo che ci avrebbe pensato lei con Anderson a trovare l'assassino.

Come se ne fossero capaci...

Quell'omicidio, ipotizzò, nella scala di Sherlock sarebbe stato un buon otto. Figurarsi se la Donovan o Anderson avrebbero potuto anche solo avvicinarsi alla soluzione.

Così, il povero Greg, dopo un paio di ore preziose perse dietro quei due idioti, aveva deciso di sbroccar loro malamente: prendere tutto il materiale raccolto dalla scientifica, e portarlo al 221b di Baker Street.

 

Incurante di cosa Sherlock avesse potuto dedurre dalla sua agitazione, gli illustrò alla bella meglio il nuovo caso, ed il consulting detective, dopo qualche attimo di silenzio, gli annuì, e si lasciò coinvolgere nella risoluzione di esso, senza protestare.

« Sembra un omicidio da sei...».

« È un otto, Sherlock... fidati... ».

« Per voi menti semplici della Scotland Yard sarebbero tutti casi da 20... ah, no... per Anderson, sono tutti casi da 100. Lui non fa testo... dannazione! Guarda come ha raccolto male queste prove... per l'amor di dio... ma perché non lo licenziate? Il suo basso quoziente intellettivo è imbarazzante... perfino Rosie saprebbe fare di meglio! ».

Greg aveva soprasseduto su tutte quelle critiche... infondo - ma non troppo infondo - le condivideva.

Così, aveva sospirato, salutato John e Rosie, ed era fuggito nuovamente a Scotland Yard, per ultimare delle cose in ufficio.

E fra altri vari imprevisti, compreso il traffico, prima delle venti non era proprio riuscito a tornare a casa...

 

Ed ora, privato ormai della giacca del completo blu scuro, e dell'impermeabile, era passato a togliersi la camicia.

Nel frattempo, con i piedi, stava calciando via le scarpe.

 

Una mano cercava di aprire le asole dei bottoni, l'altra aveva aperto un'anta dell'armadio, alla ricerca di un completo degno di una cena in chissà quale ristorante ultra borghese, in cui di lì a poco sarebbe stato trascinato.

 

Fissò la piccola stampella che reggeva le cravatte.

« Cravatta si.... cravatta no? ».

Sfiorò la loro stoffa, cercando di capire cosa fosse meglio fare.

« Cravatta sì...!? Cravatta è meglio di sì: più elegante sarò, meno sfigurerò come poveraccio... ».

 

Scelse una camicia bianca, una cravatta nera, un completo grigio scuro, e gettò il tutto sul letto.

 

Con una sola mano non era riuscito ad aprirsi tutti i bottoni della camicia, quindi riprese a farlo con entrambe.

 

Una volta privato dell'indumento, passò alla canottiera.

O almeno, se la sarebbe tolta, se non fosse stato per il giubbotto antiproiettile che indossava al di sopra di essa.

 

Era così abituato a portarlo addosso, che ultimamente si scordava perfino di averlo con sé: come se non avesse più peso.

 

« Tsk ! », schioccò stizzito la lingua contro la parte alta del palato, in modo scocciato.

 

Il tempo correva, e lui doveva ancora finire di svestirsi, infilarsi in doccia, e rivestirsi.

 

Pregò che nessuno lo disturbasse al telefono, che al momento giaceva nella tasca interna dell'impermeabile, sparso disordinatamente sul letto, altrimenti avrebbe accumulato altri minuti di inutile ritardo.

 

Passò una mano alle sicure laterali del giubbotto antiproiettile, per sfilarselo...

 

Un ronzio sospetto lo fece girare di scatto: impugnò la pistola che ancora aveva dietro la schiena, infilata nei pantaloni, e puntò alla bello meglio verso la fonte di quel rumore fin troppo elettronico.

 

« Ti consiglio caldamente di tenerlo per dopo il colpo in canna! ». Fece una voce molto autorevole, molto vicina.

 

Lestrade scansionò l'intera stanza, ma non vide nulla di elettronico da cui potesse provenire quella voce. E poi, era troppo pulita, per essere un segnale proveniente da chissà quale impianto audio.

 

« Finestra ! ». Continuò la voce.

 

Impugnando con una mano la pistola, e protendendosi avanti con l'altra, scansò la tenda della sua camera da letto.

 

Un piccolo drone, nero come la notte, stava proprio svolazzando di fronte a sé, al di là del vetro.

 

Era veramente piccolo: le sue dimensioni sarebbero state quelle poco più grandi di un normale smartphone da sei pollici, con uno spessore di tre o quattro dita.

 

« Ma chi diavolo sei!? E che diavolo vuoi? ». Chiese, irritato, riprendendo ad impugnare la pistola con due mani, pronto a far fuoco e far esplodere quella diavoleria elettronica.

 

« Quella è Veronika che ci osserva. Io sono qui. ».

La voce gli arrivò veramente troppo vicina, e troppo pulita, per provenire da quell'aggeggio.

 

Lestrade sobbalzò e si girò di scatto: appoggiata allo stipite della porta c'era Milena Stark, l'ingegnere elettro-meccanico che aveva conosciuto quello stesso pomeriggio nell'ufficio di Mycroft. Indossava un lungo cappotto nero, inusuale per il suo look alternativo. Era ben abbottonato, e gli anfibi militari si intravedevano appena al di sotto di esso.

 

« Che cazzo ci fai qui?! Mi avete seguito! Siete impazzite!? Sono un ispettore della polizia! Dovreste essere arrestate per violazione della privacy! Intromissione in casa di estranei! E chissà quante altre leggi state infrangendo, e per le quali avrei più che validi motivi per trascinarvi in manette in centrale! ».

 

Lei fece spallucce, e camminò verso di lui.

I suoi occhi vagarono per quella stanza da letto, studiandola, mentre le punte delle dita sfiorarono il comò dove giaceva qualche panno disordinato.

 

« Non un altro passo o sparo! ».

La voce di Greg era alterata. Sicuramente dalla paura di esser stato colto alla sprovvista.

 

L'ingegner Stark alzò le mani, volgendo tutta la sua attenzione verso di lui.

 

« Non sono armata – non a prima occhiata, almeno – e non sono qui per farti del male. Sono qui per avvisarti di una cosa importante... ».

 

Dal drone arrivò un suono elettronico, come un bip prolungato di protesta.

 

« Siamo, non sono, hai ragione Veronika, siamo...! » disse con un gesto vago della mano, indicando l'aggeggio volante fuori dalla finestra.

« Io e l'ingegner Sokolov avevamo bisogno di parlarti... in un luogo neutro, poco sospettabile, dove nessuno potesse sentirci... ».

 

Gregory, nonostante a pelle le volesse credere, continuava a puntarle la pistola contro.

 

« Potresti abbassare l'arma? Con quelle cavolo di mani tremanti non mi centreresti comunque... ». Gli fece notare sarcastica.

 

Lui le si avvicinò, stringendo meglio le mani contro l'impugnatura.

L'indice stava accarezzando il grilletto.

Aveva bisogno di sentirsi in controllo...

 

« Dammi un cazzo di buon motivo per cui non debba spararti: qui, ora! Visto che nessun buon motivo potrebbe giustificare la tua – biiip – sì, okay, vostra intrusione in casa mia! ».

 

« Neanche un attentato!? », gli fece un occhiolino lei.

 

« Di che cazzo stai parlando?! », le mascelle dell'ispettore si contrassero, deformando l'intero viso in un espressione d'incredulità.

« Che cazzo stai dicendo?! ».

 

« Mycroft dovrebbe ascoltarti ora... capirebbe che non sono l'unica persona sboccata che conosce!». Ridacchiò lei, girando per la stanza, incurante di essere sotto tiro di un'arma da fuoco.

Adocchiò i vestiti che Lestrade aveva scelto per la cena di quella sera.

« Uhmm... carino, anche se io avrei optato per un look total black... ma forse avrebbe fatto troppo da matrimonio... già... per quello c'è tempo... », e si accarezzò il mento con pollice ed indice.

 

Lestrade fece un'espressione indescrivibile.

Quella parlava... e lui non capiva.

E soprattutto... perché non sembrava minimamente temere una pistola?!

 

Gregory le si avvicinò cautamente: ormai la canna della pistola era all'altezza della spalla della donna.

 

Non si era accorto di quanto fosse alta, se non ora che l'aveva così vicino.

Che l'aveva a tiro...

 

L'Ingegner Stark doveva esser stata alta almeno un metro e ottanta, forse qualcosina di più...

 

Lei si girò di scattò e Greg fu distratto dal movimento fluido dei suoi dread e treccine colorate.

Per non attimo non vide più nulla, se non una scia colorata.

Quando rimise a fuoco la donna, si ritrovò il polso placcato da una sua mano.

 

Ma era troppo fredda quella presa, per il cervello di Lestrade: per riconoscere quel contatto come quello di una mano umana.

 

I suoi occhi si spostarono lì dove era stato agguantato: e no, non era una semplice mano.

Era una specie di guanto robotico.

Era molto simile a quelli che aveva mostrato il fratello della ragazza quando anni dietro rivelò la sua armatura al resto del mondo...

 

La paura prese possesso di lui: portò con tutte le sue forze la mira verso di lei e lasciò che l'indice premesse il grilletto.

 

Peccato che il guanto robotico della donna si pose, poco prima dello sparo, davanti la canna della pistola, quasi avesse previsto la reazione dell'ispettore.

 

Il proiettile esplose nella sua mano chiusa, in un suono ovattato: quando le dita metalliche si aprirono, esso ormai accartocciato, cadde sul pavimento, producendo un lieve rumore, come un pigolio.

 

Lestrade sgranò gli occhi.

Gli sembrò che i polmoni gli si fossero svuotati.

Le labbra si dischiusero in un espressione di stupore e, probabilmente, anche terrore.

 

« Ora sei disposto ad ascoltarmi? » chiese lei, in tono più duro.

Aveva dedotto che lui le avrebbe sparato. Ma il fatto che, anziché ascoltare prima cosa avesse da dire, avesse fatto fuoco, non le piacque molto.

 

I soliti maschi precoci...

 

« Se volessi ammazzarti », con il suo guanto robotico risalì dalla canna della pistola, lungo tutto il braccio dell'uomo.

« O attentare alla tua vita », si spostò poi verso il collo dell'uomo, sfiorandolo con la punta dell'indice metallico,

« Lo avrei già fatto e non te ne saresti neanche accorto! ».

Allontanò la mano da lui, e fece un passo indietro.

 

Lui cercò di ricordarsi come si respira.

Il cuore gli martellava in petto.

Avrebbe voluto chiamare i rinforzi: tutta Scotland Yard sarebbe bastata?!

Ma il telefono era più vicino alla donna che a lui: nel suo impermeabile scomposto sul letto, nel suo taschino interno.

Avrebbe voluto urlare, o spararle in pieno petto.

Lo shock era troppo: i livelli di adrenalina stavano toccando picchi altissimi nel suo corpo.

Il cervello aveva fatto black out.

 

L'unico messaggio che il sistema nervoso continuava a lanciargli era “scappa”.

Ma la paura gli rispondeva “tanto ti troverebbero ovunque! Non hai scampo!”.

 

Le gambe avevano iniziato a tremargli, e non si riusciva a capacitare di come ancora riuscisse a stare in piedi.

Dio mio... sono finito...

 

Milena Stark lesse i messaggi che gli stava lanciando il corpo di quell'uomo – non che ci volesse la scienza della deduzione di Sherlock – e mandò gli occhi al soffitto, quasi in un espressione esasperata.

Ogni volta che qualcuno veniva a conoscenza dei suoi giocattoli, era sempre la stessa storia...

 

Il drone, fuori dalla finestra, emise altri biiip.

« Sì... probabilmente avrò esagerato io come al solito, vero?! » sussurrò l'ingegnere, al suo indirizzo.

« Ma lui mi ha sparato, Veronika! ».

BIIIIIIIIIIIIIIP

« Va bene, va bene... hai ragione... », sospirò « ci manca solo che dovrò pagare delle sedute a Ginevra Meier per il futuro marito di Mycroft... ».

 

Greg, che era ancora in fase di shock, non aveva prestato minimamente ascolto al monologo dell'ingegnere con il drone.

 

La donna gli sorrise comprensiva, ma non troppo.

« Senti... Non siamo noi i cattivi qui... » proseguì.

Con la mano nuda andò a togliere la polvere da sparo rimasta sul guanto robotico, soffiandoci anche sopra.

« Io e la Sokolov siamo i buoni! Benché tu stenta a crederlo! ».

Cercò di essere il più rassicurante possibile.

 

Lestrade indietreggiò ancora un po' da lei, non sentendosi per niente al sicuro nelle sue vicinanze, ed alzò le mani in segno di resa.

Ancora qualche passo, e la sua schiena avrebbe colliso con l'armadio.

 

Lei, finalmente, si decise a disattivare il suo guanto robotico.

Il bip del drone-Sokolov arrivò come un suono di allarme, ma l'Ingegner Stark gli fece segno con la mano di aspettare: che era tutto okay.

 

« L'ho tolto... va bene? » e mostrò la sua mano nuda, finalmente dalle fattezze più che umane, ruotando il polso ed il palmo da sopra a sotto.

 

Quello che prima era un guanto robotico dalle sembianze più che pericolose, ora era solo una mano pallida, al cui polso vi era un bracciale metallico.

 

Greg ispirò aria.

Mandò giù la saliva.

 

« Ora sono veramente disarmata... se mi sparassi... beh » fece spallucce « sanguinerei come l'essere umano quale sono! Non sono un robot! ».

 

L'ispettore aprì la mano, sentendo un po' di tensione scivolar via da sé, e la pistola cadde in terrà.

Inspirò profondamente ancora una volta.

« Ti ascolto.... ti ascolto! ».

Si affrettò a dire, portandosi entrambe le mani al petto.

Toccare il giubbotto antiproiettile, forse, gli avrebbe dato conforto.

 

« Dovrai tenere il giubbotto antiproiettile questa sera... e portare quella – indicò la pistola per terra, ai suoi piedi – carica con te... al resto penseremo noi ».

La voce dell'ingegnere era seria.

 

« Perché? Che diavolo deve succedere questa sera? ».

Prese coraggio, e chiese, Greg.

 

« Io e Veronika abbiamo rintracciato, e non sto qui a spiegarti come, dei messaggi. Ci sarà un'attentato stasera, al locale in cui andrai. Cercheranno di uccidere Mycroft Holmes e qualche altro funzionario politico e magistrato che saranno a cena lì, a qualche tavolo lontano da voi.».

 

« COSA?!» L'ispettore portò entrambe le mani dietro il collo, massaggiandoselo, per sciogliere la tensione che stava rimontando in lui. A breve gli sarebbe venuta un'emicrania... o un ictus.

« Qualcuno vuole ammazzare Mycroft?! CHI?! PERCHÉ?! ».

 

« Questi sono dettagli che non ti è dato sapere... » gli fece l'occhiolino, lei.

«Fanno parte di documenti altamente classificati.».

 

« Mi state dicendo di andare ad una cena con animo sereno, in cui ci sarà un'attentato, e non mi è neppure dato sapere chi sono gli assassini o i mandanti?! O il motivo?! ».

 

« Il motivo credo potresti arrivarci da solo, Ispettore: gente che vuole morta altra gente, perché gli da fastidio... ».

 

« A chi diavolo può aver dato fastidio Mycroft Holmes?! ».

La domanda, per quanto fosse retorica nella sua essenza, in bocca a lui parve legittima.

 

« Gente con cui non vorresti mai aver a che fare, credimi sulla parola, Ispettore Lestrade... ».

Gli fece un sorriso amaro.

« Non ti stiamo mandando da solo. Io e la Sokolov ci saremo, ovviamente non dovrai cercarci, e anche se lo farai, saremo sotto mentite spoglie: non ci riconosceresti. Ci saranno altri nostri rinforzi: cecchini ed altra cavalleria pesante, sia dentro il locale, che nelle vicinanze. Ma devi prometterci due cose...».

 

« Cosa? ».

Ed ebbe paura della risposta.

 

« La prima: che terrai questo addosso – indicò il suo giubbotto antiproiettile – con la pistola pronta a qualsiasi evenienza... ».

 

« E... ? » sussurrò lui, incitandola ad andare avanti.

 

« E seconda cosa: che non lo dirai a Mycroft.» concluse lei.

 

Lestrade sgranò gli occhi.

« Cosa?! Mi stai chiedendo di mentire ad uno degli uomini che lo dedurrebbe dalla mia faccia, in meno di dieci secondi?! ».

Gli venne da ridere per l'assurdità della situazione.

 

« Se vuoi salvargli la vita, dovrai farlo... Lui può dedurre che tu stia mentendo. E potrebbe farsi una marea di pippe mentali a tal proposito, chiedendosi mentalmente su che cosa tu stia mentendo... ma se tu terrai la bocca chiusa, non potrà mai immaginare che tu gli stia mentendo su un'attentato… »

 

« Perché non me ne crede capace?! Mi considera più stupido di lui?! ». E la prese un po' sul personale.

 

« No. Affatto! » si affrettò a rispondere lei.

« Perché Mycroft è preoccupato da altro, quando è in tua presenza... ». Si lasciò sfuggire, con un ghigno che cercò di non far affiorare troppo evidentemente sulle labbra, le quali si arricciarono leggermente all'insù.

 

« Cosa?! ». Greg non capì cosa intendesse la donna.

 

BIIIIIIIIIIIIIIP! BIP BIP BIP BIP!

Il drone aveva iniziato a lanciare qualche messaggio acustico, che aveva tutta l'aria di essere una protesta in piena regola.

 

« Lo capirai, Ispettore, lo capirai... », asserì, e sembrò quasi divertita.

« Se dovesse scapparti una cosa del genere, Mycroft potrebbe chiamare i suoi rinforzi, e potrebbe scoppiare un pandemonio senza precedenti nel locale.... I suoi sicari hanno gli occhi puntati su tutti gli scagnozzi al servizio di Mister Governo Inglese. Ma non su di noi. Loro non sanno di noi. Non sospettano neppure la nostra presenza. E finché non si sentono braccati, non reagiranno sotto pressione... Noi li lasceremo stare, come se tutto andasse secondo i loro piani. Giocheremo al loro gioco. Quando poi saranno sicuri di agire indisturbati, sarà lì il momento in cui li staneremo...».

 

Gregory annuì.

« Capito... anche se non continua a piacermi l'idea di mentire ad un mio amico... ».

 

« Oh... amico... » sorrise lei « che tenero... ».

 

BIP BIP! BIP BIP!

 

Lui alzò un sopracciglio, ma continuò a non trovare un filo logico a tutte quelle illusioni da parte dell'ingegnere.

Scosse la testa.

« Ma... Come diavolo mi avete trovato!? E soprattutto... come diavolo sei entrata?! ».

 

Milena Stark indicò con il pollice dietro di sé, verso il drone-Sokolov. Ella emise vari bip, che sembrarono quasi di contentezza.

 

« Passepartout ... » sussurrò lui, portandosi una mano alla fronte.

« Già... come ho fatto a non... va beh... ». Gli sfuggì una risata amara. A tratti nervosa.

 

Il drone tirò fuori una lucina, che da Milena passò al di sotto di dove stava volando, più e più volte.

 

L'ingegnere annuì.

« L'auto di Mycroft è arrivata... ».

Si avvicinò a lui, gli raccolse la pistola, e gliela porse.

« Sbrigati a fare la doccia, Ispettore... alla Princess Holmes non piace aspettare... ».

Gli fece un occhiolino scherzoso.

« … e non scordarti il giubbotto antiproiettile e la pistola carica... ».

 

Lestrade annuì, mentre, seguendola con gli occhi, la vide scomparire oltre la porta della sua stanza, inghiottita dal buio del suo corridoio.

 

Fu inquietante il modo in cui i suoi passi non fecero neppure il minimo rumore.

 

Portò poi gli occhi alla finestra: neanche del piccolo drone c'era più traccia.

 

Per sentirsi più sicuro, andò a lavarsi con la sua fidata amica pistola, lasciandola sulla lavatrice, proprio affianco al box doccia.

 

Eccellente, davvero eccellente: sventare un'attentato, e mentire a Mycroft Holmes per un'intera serata, senza esser sgamati...

Davvero il modo perfetto per concludere quella che era stata una pesantissima giornata di lavoro...

Continua...

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