3.
Santa
Cruz
(Moore Creek Preserve) – Luglio 2022
Quando Eros e Alekos
riapparvero dinanzi alla villa di Athena ed Érebos, il
giovane semidio afferrò
a un braccio il cugino prima di entrare nell’abitato e,
turbato, domandò: «Sei assolutamente
sicuro che non sia
successo nulla, vero?»
Eros lo fissò pieno di
comprensione, ben sapendo quanto avesse sofferto Alekos pochissimo
tempo
addietro – e quanto avesse fatto soffrire i suoi stessi
genitori – perciò,
annuendo, disse con assoluta serietà: «Stai
tranquillo. I tuoi genitori stanno
bene, così come il resto del parentado…
più o meno.»
«Intendi Astrea? O
qualcun altro sta male?» esalò il giovane,
impallidendo visibilmente.
«Intendevo dire proprio Astrea. Rilassati, ragazzo, o
diventerai prematuramente canuto» ironizzò Eros,
dandogli una pacca sulla
spalla.
Abbozzando un sorriso
nell’avviarsi verso la porta d’entrata, Alekos
replicò un tantino più
tranquillo: «Scusa, ma negli ultimi mesi sono stato
abbastanza fuori di me e
perciò tendo a essere un po’ prevenuto, quando non
so le cose.»
«Deimos e Phobos mi
hanno spiegato per sommi capi quel che ti è successo
e… cavoli, ragazzo! Tu sei
davvero la quintessenza dei primati!» rise Eros,
stringendogli comprensivo una
mano sulla spalla. «Presto o tardi dovrai anche spiegarmi
come sono andate le
cose, perché i miei fratelli tendono a fare un po’
di confusione, quando si
spiegano.»
«Quando vuoi»
acconsentì
Alekos, aprendo la porta di casa per poi annunciare il loro arrivo.
Dioniso li salutò per
primo, sbracciandosi calorosamente dal divano ed esclamando il nome di
Alekos
ed Eros a gran voce, neanche si fossero trovati a miglia di distanza.
Più composta, Eris
sorrise a mezzo dalla sua poltrona e bofonchiò:
«Scusatelo. E’ in libera
uscita, e risulta essere un po’ scalmanato.»
Athena ed Érebos
tornarono in quel momento dalla cucina, armati di ampi vassoi ricolmi
di cibo e
brocche di ambrosia e, sorridenti, li salutarono entrambi.
Incuriosito, Alekos
tolse le brocche dalle mani dei genitori e domandò:
«Cosa festeggiamo? Eros mi
ha detto che avevate fretta di rivedermi a casa.»
Athena sorrise al figlio
nell’appoggiare i vassoi sul tavolino del salotto e,
annuendo, ammise: «Beh,
volevo fossi presente, quando avrei detto a tutti che aspetto un
bambino.»
Alekos fece tanto
d’occhi, a quella notizia e, prima di causare danni,
poggiò in fretta le
brocche sul tavolino dopodiché abbracciò la madre
pieno di eccitazione ed
esalò: «Oh, cielo! E’
bellissimo!»
Érebos sorrise nel
notare
la gioia genuina del figlio adottivo e, premuroso, aggiunse:
«E’ quasi del
tutto certo che nascerà come una divinità, almeno
stando a Demetra, perciò
volevamo essere sicuri che…»
«… che non ne
fossi
geloso? Per carità!» rise Alekos, terminando la
frase del padre. «Avevo sempre
dato per scontato che, se aveste avuto un figlio, sarebbe nato con
connotati del
tutto divini, perciò non vedo il problema. Io
amerò mio fratello – o mia
sorella – come voi amate me e io amo voi, o forse anche di
più.»
Volgendosi poi verso
Eris e Dioniso, il giovane domandò: «E voi? Come
mai siete qui?»
«Ho aiutato Demetra con
tutti gli esami di tua madre» si limitò a dire
Eris con una scrollatina di
spalle.
Alekos la ringraziò
–
guadagnandosi un grugnito in risposta – mentre Eros,
allungando una mano ai
futuri genitori, chiosava: «Le congratulazioni sono
d’obbligo. Siamo i primi a
saperlo, per caso?»
Annuendo, Athena disse:
«A parte Demetra, sì, siete i primi.»
«Allora,
prenderò
congedo per riferirlo a Psiche. Lei ama queste cose»
dichiarò Eros prima di
guardare Alekos e aggiungere: «La nostra chiacchierata
è solo rimandata,
ragazzo. Devi raccontarmi tutto della tua avventura.»
«Non mancherò.
A presto,
Eros» assentì il giovane, guardandolo mentre
trasmutava per raggiungere Psiche.
Nell’accomodarsi sul
divano, Athena scrutò curiosa il figlio e gli
domandò: «Com’è andata la tua
missione? Hai avuto successo, stavolta?»
«Ho parlato con Astrea,
sì» assentì il giovane, trovando il
plauso dei presenti. «Ho anche litigato con
Eos, nel mentre, ma quello lo avevo messo in conto.»
Un po’ sorpresa, Athena
gliene
chiese i motivi e, dopo aver conosciuto le argomentazioni del figlio,
sospirò
ma ammise: «Capisco le reticenze di Eos, ma so che hai
ragione. Quindi,
tornerai da lei?»
«Sì. E,
proprio come
farò con Eros, anche a lei racconterò la mia
avventura. Spero, a questo modo,
di farle capire che non può prendersi la colpa per le
decisioni che altri hanno
preso. Lei non può opporsi al libero arbitrio…
anche se è una dea» sospirò Alekos,
scrollando le spalle con fare mogio.
La madre gli sorrise
comprensiva e, indicandogli piena di curiosità le mani,
domandò: «Quelle croci
sui dorsi le ha fatte Anita, vero?»
«Servono a proteggermi
dal potere di Astrea e, a quanto pare, funzionano. Stavolta non mi sono
ustionato» commentò Alekos, osservando le
intricate decorazioni a forma di
croce che la nonna gli aveva dipinto sulle mani con del concentrato di
Henna.
Dioniso le scrutò con
interesse, asserendo: «Non conosco molto la cultura
cristiana, ma so che hanno
simbologie molto potenti. Dici che, con queste sulle mani, le energie
prodotte
da Astrea sono state calmierate?»
«Mi viene il sospetto
che, essendo un simbolo appartenente a un pantheon diverso, funga da
scudo
contro il potere latente di Astrea. Pare non riesca a riconoscerlo
così, se
anche avviene qualcosa di traumatico, non ne subisco gli
effetti» cercò di
spiegare Alekos. «Secondo nonna, poteva essere un buon metodo
per mettermi al
riparo da eventuali disastri, e pare abbia funzionato.»
Dioniso annuì
pensieroso, ma disse: «Quando, però,
saprà riconoscerli, diventerai di nuovo
vulnerabile.»
«Spero che, nel
frattempo, la sua rabbia sia un po’ scemata» ammise
Alekos prima di notare un
particolare che, in precedenza, non aveva notato.
Adocchiando con maggiore
attenzione il polso destro di Eris, storse il naso e
borbottò: «Zia… da quando
in qua porti gioielli? E’ un altro scherzo di
Afrodite?»
A sorpresa, Dioniso
scoppiò a ridere mentre Eris, irritata, sollevava il braccio
incriminato per
dire gelida: «Se conosci il modo di toglierlo, ti
sarò grata a vita. Comunque,
è uno scherzo di Dioniso, stavolta.»
Mentre Athena ed Érebos
tentavano di non ridere a loro volta, di fronte al volto paonazzo e
irritato di
Discordia, Alekos studiò con attenzione il sottile filo
d’argento e diamanti
che brillava al polso della dea ed esalò:
«Ma… come ha fatto a mettertelo senza
che tu te ne rendessi conto?»
«Nel sonno»
bofonchiò
Eris.
Strabuzzando gli occhi
per la confusione, Alekos fissò pieno di sorpresa Dioniso e
domandò costernato:
«Ti sei infilato nel suo tempio… con
Homados e Proioxis di guardia? Sei pazzo, per
caso?!»
«E’ qui che
viene il
bello, ragazzo» dichiarò orgoglioso Dioniso,
ricevendo per diretta conseguenza
un calcio nello stinco da parte di Eris. «Ahia! Smettila di
fare la selvatica,
e lascia che spieghi la mia genialità ad Alekos.»
«Ti ci
strozzerò, prima
o poi, con la tua genialità» brontolò
Eris, intrecciando le braccia sul seno
con espressione irritata.
Dioniso non le fece caso
e continuò dicendo: «Come tu saprai, quelle due
aquile mastodontiche hanno un
unico amore… a parte la loro padroncina,
ovviamente.»
Alekos assentì cauto,
sapendolo più che bene. «Sì, la carne
di cervo. Non dirmi che...»
Ghignando furbo, Dioniso
assentì e disse: «Ho preso
in prestito
uno dei cervi di Artemide… sai, non sono esattamente molto
esperto delle zone
di caccia terrestri, e poi avevo fretta. Per farla breve, comunque, ne
ho preso
uno dalla sua riserva e l’ho regalato
a
quelle due adorabili bestiole che, tutte prese da quel pranzo gratuito,
si sono
distratte a sufficienza così da permettermi di
entrare.»
Alekos sospirò,
scuotendo il capo, e domandò: «E Artemide non ti
ha detto nulla?»
«Ci arriveremo
dopo»
disse lesto Dioniso, scuotendo una mano come per cancellare quel
particolare
apparentemente insignificante. «Come un ninja, mi sono
intrufolato nel tempio
fino a raggiungere le stanze di Eris e lì, grazie alla mia
genialità, le ho
fatto dono del bracciale che hai visto.»
«Hai chiesto a Efesto di
manipolarlo come Era fece con il trono di nonno Zeus,
giusto?» ipotizzò Alekos,
guadagnandosi un’occhiata basita da parte di Dioniso.
Eris si liberò in un
sorriso pieno di esaltazione mentre Dioniso, tutto preoccupato, esalava
costernato: «E… e tu
come conosci quel trono?»
Ridacchiando divertito,
mentre i genitori stavano perdendo la loro battaglia per non ridere,
Alekos si
limitò a dire: «C’ero anch’io,
quando nonna Era ne fece un discreto uso.»
«Penso che
andrò da
Efesto adesso»
dichiarò ghignante
Eris, lanciando un’occhiata di fuoco a un disperato Dioniso.
«Oh, no, dai! Non fare
così, Eris, ti prego!» si lagnò il dio,
allungando una mano per trattenerla
prima che lei fuggisse via.
Eris, però, fu
più
veloce e, dopo una strizzata d’occhio ad Alekos,
svaporò sotto gli occhi
dolenti di Dioniso che, l’attimo seguente, la
seguì per intercettarla prima che
raggiungesse Efesto.
Scoppiando a ridere assieme
ai genitori di fronte a quell’assurda sceneggiata, Alekos
esalò: «Eros si è
perso uno spettacolo eccezionale. Credo che avrebbe apprezzato anche
lui i
maldestri tentativi di Dioniso di fare la corte a Eris!»
Asciugandosi una lacrima
d’ilarità, Athena assentì e aggiunse:
«Avrebbe apprezzato anche la punizione di
Artemide a Dioniso, credo.»
Curioso, il giovane le
domandò: «Cos’ha fatto, zia
Arty?»
«Non ti sei chiesto come
mai Dion non si sia mai appoggiato allo schienale del
divano?» replicò piena di
ironia la madre, incuriosendo ulteriormente il figlio.
«Non mi dire
che…»
Érebos emise un risolino
divertito e disse: «Arty lo ha riempito di staffilate, quando
si è accorta del
furto, ma Dioniso non ha mosso un dito per fermarla.»
Arrossendo leggermente,
Alekos borbottò: «Ah, beh… credo di
sapere il perché. Zio Dioniso ha una stanza
un po’…particolare,
nel suo tempio,
perciò credo ci sia abituato.»
«Oh» esalarono
i due
dèi, vagamente sorpresi.
«Ne rimasi assai
sorpreso e sconvolto anch’io, perciò scappai a
gambe levate da quella parte del
tempio per rifugiarmi altrove» ammise Alekos.
Di quella scappatella
non aveva raccontato molto, ai genitori poiché, alla fine
dell’opera, vi erano
stati eventi ben più importanti a cui dare peso, in quel
periodo.
Con l’arrivo di un
fratellino – o una sorellina – Alekos,
però, decise di dimostrare tutta la
maturità e serietà ritrovate e aggiunse:
«Non ne abbiamo più parlato, ma vorrei
scusarmi per aver ingannato Ares, quella volta. Con lui mi sono
già scusato, ovviamente,
ma con voi non avevo più fatto accenno a quel fattaccio.»
Athena scrollò le spalle
e replicò: «Ti divertisti, almeno?»
«Ah… temo che
le bevute
non siano il mio forte» ammise ridacchiando Alekos,
passandosi nervosamente una
mano sulla nuca. La trovò umida d’ansia.
«Inoltre, Dioniso ha un gusto per la… promiscuità che va ben oltre
le mie
attuali possibilità di resistenza.»
Érebos sorrise
divertito, asserendo: «Dioniso non c’è
mai andato per il sottile, coi
divertimenti. Immagino vi fossero tutte le creature del pantheon, a
quella
festa.»
«Tu ne sei al corrente per quale motivo, caro?»
ironizzò
Athena, scrutando piena di curiosità il compagno.
La divinità Ctonia
scrollò
le spalle con naturalezza, replicando: «Non ho passato tutto
il mio tempo
chiuso nel mio studio, sai, in questi millenni?»
Alekos scoppiò a ridere,
di fronte a quella confessione spassionata e Athena, ora più
che mai curiosa,
gli chiese: «Oh… e dimmi; quali erano i tuoi
divertimenti preferiti?»
«Le libagioni. Senza
alcun dubbio. Dioniso è un padrone di casa assai generoso, e
le pietanze che
serviva erano sempre eccellenti» dichiarò senza
alcun problema Érebos, sfidando
la compagna a replicare alle sue parole.
Athena si accigliò un
poco, lo studiò nei profondi occhi blu senza trovarvi alcuna
menzogna ma, non del
tutto sicura, replicò: «Chiederò ai
miei fratelli… e non ti
dirò quali. Voglio vedere cosa mi diranno
loro.»
«Fai pure. Sono candido
come un giglio» dichiarò sicuro di sé
Érebos.
La dea storse il naso e
Alekos, nello scoppiare a ridere, dichiarò con calore:
«Grazie, papà… davvero.»
«E di cosa?»
domandò
curioso il dio.
Alekos scosse il capo,
si levò dal divano per raggiungerli e, dopo essersi
inginocchiato dinanzi a
loro, li abbracciò con forza, mormorando: «Di
tutto.»
***
Impegnato a sistemare la
cucina dopo aver preparato per sé una pizza –
aveva preferito lasciare soli i
genitori perché si godessero una cenetta a lume di candela
– Alekos sobbalzò
per la sorpresa quando percepì la presenza di un immortale
in avvicinamento.
Volgendosi a mezzo, vide
infine comparire una nuvoletta multicolore che, a sorpresa,
lasciò il campo a
Eros e Psiche.
Raramente aveva
incontrato l’affascinante dea protettrice delle fanciulle ma,
come sempre, un
piccolo sospiro di delizia gli sfuggì dalle labbra. Per
quanto lo riguardava,
neppure Afrodite era bella quanto lei, ma di certo non lo avrebbe mai ammesso con la dea della bellezza.
Il fatto che,
oltretutto, possedesse un’intelligenza sottile e sopraffina,
accentuava in lui
la sensazione di indebolimento alle proprie membra.
Era davvero un bel
casino, quando la moglie di tuo cugino ti faceva andare in brodo di
giuggiole.
Cercando comunque di
darsi un contegno, Alekos li salutò e disse: «Non
vi aspettavo… volete che
ordini qualcosa?»
«Abbiamo già
cenato,
grazie, Alekos» gli sorrise Psiche, avvicinandosi a lui per
stringerlo in un
abbraccio.
Psiche era adorabile e
molto coccolona, e adorava in maniera smodata gli abbracci. Quando,
però, eri
fra le sue tante vittime incolpevoli, la cosa poteva comportare qualche
imbarazzo.
Eros ne rise, già
sapendo che la moglie instupidiva molti maschi – e anche
diverse femmine – e,
nel dare una pacca consolatoria sulla spalla di Alekos,
chiosò: «Porta
pazienza. La dolcezza è una bella cosa, ma fa anche cariare
i denti.»
«Oh, tesoro!»
rise
Psiche, dirigendosi poi con passo elegante verso il divano del salotto
della
dependance di Alekos.
«Beh, io ho parecchie
carie, allora» chiosò sconfitto Alekos, scrollando
le spalle nel raggiungere la
dea sul divano, mentre Eros si accomodava su una poltrona.
«Vedrai che, quando ti
abituerai a me, neppure farai più caso alla mia presenza.
Ora che Eros sta di
nuovo bene, voglio passare molto più tempo con la
famiglia» dichiarò Psiche,
battendogli affettuosamente una mano sul ginocchio. «Fin
quando lui è stato
ricoverato, mi sentivo un verme a uscire dal tempio – o dalla
clinica – senza
di lui, perciò non abbiamo avuto molte occasioni di vederci,
ma adesso tutto
cambierà.»
«Ne sono
felice» asserì
Alekos prima di guardare Eros e domandare: «Vuoi sapere di
Chaos, allora?»
«Prima di tutto,
lasciami dire che quello che stai facendo per Astrea è
davvero encomiabile.
Esculapio mi ha detto che il vuoto cosmico in cui si è
auto-ritirata ha avuto
un…»
Interrompendosi, Eros
guardò dubbioso Psiche e le chiese:
«Com’è che l’ha chiamato,
cara?»
«Un effetto Doppler. Le
sue onde metapsichiche hanno riverberato e, a detta di Esculapio, non
era mai
successo prima.»
«Bene»
mormorò Alekos.
«Ma è ancora poco. Dovrò fare di
meglio.»
«Perché mai la
cosa ti
sta tanto a cuore?» domandò a quel punto Eros,
passandosi una mano tra i
morbidi riccioli castano scuro. «Sei troppo giovane per
averla conosciuta,
quindi, perché la sua storia ti ha così
colpito?»
«Raccontandoti
ciò che
mi è successo nel regno di Chaos, capirai perché
ora intendo aiutare Astrea»
gli predisse Alekos, iniziando così il suo racconto.
Eros e Psiche quindi
ascoltarono il suo dire con grande attenzione e, più di una
volta, la dea
chiese delucidazioni in merito al singolare – oltre che unico
– legame che lui
ed Érebos avevano intrattenuto per così tanti
anni.
Man mano che il racconto
procedeva, Alekos si immaginò di dire le stesse cose ad
Astrea, all’ombra della
sua pianta preferita, con il riflesso lontano dell’oceano a
fare da sfondo al
loro incontro.
Non voleva pensare a ciò
che era stato distrutto sotto di loro, né ai morti o ai
feriti che ogni notte,
da settantasette anni, Astrea vedeva nel suo imperfetto mondo fatto di
dolore e
distruzione.
Desiderava con tutto il
cuore strapparla a quelle tribolazioni. Più di chiunque
altro, sapeva cosa
volesse dire credere fieramente nelle proprie convinzioni, e conosceva
anche le
conseguenze letali di una simile cecità.
Lei aveva preferito
distruggersi senza mai morire, un giorno dopo l’altro,
patendo in eterno le
pene dell’inferno mentre lui, nella sua follia di dominio,
aveva preferito
annientare coloro i quali aveva reputato come nemici.
In barba alla logica, in
barba all’amore, in barba a ogni equilibrio, si erano spinti
entrambi
all’estremo, sbagliando.
Solo Eris e il suo
coraggio lo avevano salvato da quel futuro vuoto e assolutista, che a
sua volta
sarebbe stato imperfetto e colmo di dolore e distruzione.
Lui, a quel punto,
desiderava fare lo stesso con Astrea o, per lo meno, ci avrebbe provato.
Quando infine spiegò a
Eros ciò che fece Discordia per lui, sospirò e
terminò di dire: «Capisci cosa intendevo?
Credo di capire Astrea meglio di chiunque altro, perché io
ho reagito nel modo esattamente opposto
al suo, ma per gli
stessi motivi. Non ho usato mezze misure.»
«Se avessi avuto energia
sufficiente per fermare il tuo alter ego, ti saresti condannato da solo
alla
solitudine? Come Astrea?» mormorò turbato Eros.
Annuendo senza paura,
Alekos dichiarò: «Per salvarvi? Senza alcun
dubbio. Per questo so cosa l’ha
spinta, ma so anche quanto vi sia di sbagliato in questo. Ora che vedo
chiaramente sia il bene che il male e ne apprezzo
l’equilibrio, so che sarebbe
stato sbagliato sacrificarmi – in quanto inutile gesto
– così come è sbagliato
che Astrea paghi per errori che non ha commesso.»
Psiche annuì torva,
replicando: «Tutto ciò ti rende onore ma sei
cosciente che, avendo un animo affine
a quello di Astrea, potresti rimanere risucchiato dai suoi stessi
pensieri?
Potresti trovare giusta la sua scelta, visto che in passato
l’avresti presa tu
stesso.»
«Comprendo il rischio,
ma ugualmente voglio correrlo» dichiarò il
giovane. «Grazie al filo di Eris e
al suo potere, so di essere in grado di controllarmi molto meglio, e di
percepire il mondo con più chiarezza. Non fallirò
proprio su questo punto.»
«Ma sai che potresti non salvarla, vero?»
gli fece
notare Eros, adombrandosi un poco.
«Sì,
l’ho messo in
conto.»
Eros si fece silenzioso
e, intrecciate le braccia sul torace, socchiuse gli occhi come se
stesse
rimuginando sulle ultime parole del giovane. Psiche, rivolgendosi
invece ad
Alekos, disse: «Troverai in noi degli alleati, credimi. Non
ti lasceremo solo a
tentare di riportarla indietro. Io stessa portai a termine molte prove,
pur di
avere Eros, perciò so cosa vuol dire combattere contro un
destino avverso…»
«…e una
suocera
testarda…» ironizzò Alekos, facendola
ridere.
«Sì, e una
suocera
testarda. Fortunatamente, Ares fu sempre dalla nostra parte e, alla
fine, anche
Afrodite comprese quanto forte fosse il nostro amore. Zeus mi permise
di
diventare la dea protettrice delle giovani innamorate proprio grazie
all’impegno sostenuto, e di questo gliene sarò per
sempre grata, perché ho
molto a cuore questo mio compito, anche se ormai nessuno chiede
più il mio
aiuto.»
Con una scrollatina di
spalle, Psiche sospirò dispiaciuta ma Alekos, desideroso di
vederla sorridere
di nuovo, chiosò: «Credo tu non debba preoccuparti
di questo. Tu ed Eros siete
i personaggi più riproposti dall’arte umana. La
vostra storia ha affascinato i
mortali in ogni epoca e luogo, e credo lo faccia tuttora.»
Psiche gli sorrise
dolcemente e, come sempre, Alekos si sentì debole e
sperduto. Aveva il dubbio
concreto che, prima di abituarsi ai suoi sorrisi, sarebbe occorso davvero molto tempo.
Fu a quel punto che Eros
sorrise, ghignò malizioso e domandò a sorpresa:
«Com’è questa storia che
Artemide ha malmenato a sangue Dioniso? A causa di Eris?»
Alekos scoppiò a ridere,
di fronte a quel cambio radicale di argomento e, quando gli chiese i
motivi di
quella domanda, ammise di aver ricevuto un messaggio mentale da Hermes,
e di
essere rimasto colpito dall’evento.
Comprendendo a quel
punto i motivi dell’insolito silenzio del dio, Alekos allora
spiegò ciò che
aveva portato Artemide a coprire di staffilate la schiena di Dioniso e
il dio
dell’amore, davvero colpito, esalò:
«Cielo! E io che credevo di averle viste
tutte! Non avrei mai pensato che Dioniso potesse fissarsi su una sola
donna! Ed
Eris, per giunta.»
Psiche, però,
replicò:
«Se ci pensi bene, Eros, è abbastanza sensato,
invece. Il passato di Dioniso è
oscuro e pervaso dalla follia, ed Eris sa cosa voglia dire convivere
sia con
l’oscurità che con il dolore connesso alla
mancanza di controllo di sé. Chi più
di lei potrebbe capirlo? Inoltre, sai bene che Dioniso non parla mai
volentieri
di ciò che gli accadde in gioventù ma, con lei,
potrebbe aprirsi.»
Tornando serio, Eros
assentì, ammettendo: «Potresti avere ragione,
cara. Eris ha un bagaglio di
esperienze che potrebbe aiutare Dioniso ad accettare ciò che
gli successe a
causa della maledizione di Era. Dopotutto, gran parte dei suoi
divertimenti
servono a tenerlo lontano proprio
da
quei ricordi.»
«Io credo che
formerebbero una bella coppia… sempre ammesso che Homados e
Proioxis non
divorino Dioniso» chiosò Alekos con tono
volutamente serio, facendo così
scoppiare a ridere i suoi ospiti.
«Beh, è un
rischio
reale, in effetti. Quelle due bestiole troppo cresciute la adorano
e…» cominciò
col dire Eros prima di sbattere le palpebre, scrutare meglio oltre le
porte
finestre e terminare di dire: «… e, parlando di
loro, guarda chi c’è lì
fuori?»
Incuriosito, Alekos
puntò lo sguardo sul prato di fronte alla sua dependance,
ora illuminato
soltanto da qualche luce di cortesia.
Quando mise a fuoco
l’enorme sagoma scura che, caracollante, stava avanzando
verso la finestra,
Alekos balzò in piedi ed esalò confuso:
«Homados?»
«Sai anche
riconoscerle?» celiò Eros, balzando
prudenzialmente via dalla poltrona per
andare a sedersi accanto a Psiche, che rise sommessamente di fronte
alla sua
ansia manifesta.
Aprendo una vetrata,
Alekos assentì nel frattempo e disse: «So
riconoscerle benissimo.» Rivolto poi
all’arpia, aggiunse: «Cosa succede?
Perché sei qui?»
Da quando l’incantesimo
che aveva gettato sulle due arpie era venuto meno, il loro rapporto era
tornato
a essere del tutto normale, anche se Homados e Proioxis nutrivano
comunque un
forte sentimento verso di lui.
L’aquila arpia
gracchiò
infelice e Alekos, scoppiando in una risatina divertita,
chiosò: «Certo che
puoi dormire qui, se vuoi. E anche tuo fratello, se proprio non ce la
fate ad
ascoltare le serenate di Dioniso.»
Eros scoppiò a ridere,
piegandosi in due e crollando contro le cosce dell’amata che,
battendogli
affettuosamente delle pacche sulla schiena, cercò di calmare
quell’attacco di
risa isteriche.
Allo stesso tempo,
Homados emise tutta una serie di gorgoglii spazientiti, andando a
rintanarsi
in un angolo buio della cucina per poi infilare la testa sotto
un’ala.
Alekos non poté che
spiacersi per l’amica arpia e, quando vide planare in
lontananza anche Proioxis,
capì che per un po’ le due aquile sarebbero
rimaste con lui.
A ogni buon conto, provò
a contattare Eris che, sofferente, mugugnò: “Dammi
un buon motivo per non uccidere ogni membro maschile di questo
universo. Presto!
O comincerò a fare una strage.”
Cercando di non ridere,
Alekos replicò: “Non ti
mancherei neppure
un po’?”
“Uff…
sì,
mi mancheresti. Ma come faccio a sopportare questo scempio? Sta
uccidendo I
will always love you in un modo
indegno!”
“Neanche
sapevo che la conoscessi, quella canzone!” replicò esterrefatto
Alekos.
“Non
mi
sottovalutare, pivello” lo prese in giro la dea.
“Piuttosto… hai qualche idea?”
Alekos fece entrare
anche Proioxis prima di chiudere la finestra e,
nell’indirizzarla verso la
cucina, disse alla padrona delle due arpie: “Chiedi
a tuo padre di scatenare una tempesta. Quando zio Dion sarà
infradiciato per
bene, si calmerà e tornerà al suo
tempio… per un po’.”
“Sadico
senza essere perfido. Mi piace” ironizzò Eris. “Le mie arpie sono da te, per caso? Le ho
viste involarsi in tutta
fretta, quando è cominciato questo concerto non richiesto, e
mi chiedevo dove
fossero finite.”
“Sono
qui,
non temere. Hanno chiesto asilo politico, e ora riposano in
cucina.”
“Chiudi
il
frigorifero, o domattina sarai senza bistecche” lo mise in guardia
Eris, chiudendo la comunicazione per tornare al suo annoso problema.
Scuotendo il capo nel
sorridere indulgente, Alekos si chiese quanto ancora Eris avrebbe
resistito,
prima di commettere un deicidio.
Asciugandosi le copiose
lacrime di ilarità, Eros riuscì in qualche modo a
raddrizzarsi e, guardando al
colmo del divertimento Alekos, esalò: «Davvero
quel folle sta cantando dinanzi
al tempio di Eris?»
«Ebbene sì.
Sta distruggendo
senza pietà le pietre miliari di Whitney Houston, a quanto
pare» ammise Alekos,
tornando a sedersi.
«Pace all’anima
sua… spero
che la poveretta non senta i suoi starnazzi, dal luogo in cui dimora la
sua
anima» chiosò Eros. «Dion è
bravo in tante cose, ma non sa cantare. E’ un
autentico massacratore di note.»
«Suvvia, caro, non
è un
caso così disperato»
replicò
indulgente Psiche.
«Lo dici solo
perché sei
buona e gentile, ma Dion non sa cantare.
Chiedi ad Apollo, se non mi credi. Con lui, nostro zio ha perso ogni
speranza»
scrollò le spalle Eros, come se non vi fosse bisogno di dire
altro.
Dalla cucina, giunse un coro di assoluta condivisione delle parole di Eros e Psiche, non potendo fare altro, chiosò: «Amen.»
N.d.A.: Che dite? Eris
risparmierà Dioniso, o si farà prestare un
pugnale ammazza-dèi da Moros? ;-)