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Autore: CaskettCoffee    26/05/2020    4 recensioni
Questo racconto prende il via dopo gli eventi del series finale, e racconta la storia di quaranta settimane della vita di Castle e Beckett. Quaranta settimane molto importanti. Quaranta settimane di attesa.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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TRENTOTTO SETTIMANE - PARTE I

Quella mattina si era svegliata senza nausee, la prima volta in tutta la gravidanza. Il che era un bene, non sarebbe stato facile deporre in un tribunale con quella tremenda sensazione di dover rimettere persino l’acqua.

Si era svegliata incredibilmente presto, aveva fatto la doccia, si era infilata un tubino scuro tagliato sotto il seno con cui le sembrava di apparire più un capitano dell’NYPD e meno una mongolfiera, e aveva messo il sonaglio che in quelle settimane l’aveva sempre accompagnata.
Era riuscita persino a mangiare la colazione che Alexis aveva preparato a lei e Castle, come coccola per affrontare quell’ultima giornata di processo. Alla fine, per ripararsi dal freddo gelido di inizio dicembre, si era messa il cappotto premaman di sua madre, che suo padre le aveva dato settimane prima. Martha l’aveva abbracciata, per darle coraggio. Castle l’aveva presa per mano, ed insieme erano partiti per il tribunale come per una crociata.

Non che quella notte avesse dormito molto. Nel buio della notte, invece di riposare, aveva aperto la valigetta rosa che lei e Rick avevano preparato tanti mesi prima. Seduta sulla poltrona della nursery di Lily, per l’ennesima volta, Kate aveva tirato fuori tutto, e aveva osservato accuratamente i body, le tutine, i minuscoli calzini, la copertina, e due scarpette bianche legate insieme da un nastro di raso.

Li aveva ripiegati accuratamente mentre pensava a tante cose. A sua madre. Al suo essere inconsapevolmente una nonna. Mai le era mancata tanto come in quei giorni, in cui avrebbe voluto chiederle come fare.

Qualche settimana prima, un sabato mattina, suo padre li aveva invitati a colazione a casa sua, per dare a Kate alcune cose che sua madre aveva conservato di quando lei era piccola.

Castle era rimasto affascinato da quel viaggio nell’infanzia di sua moglie, con un Jim che – insolitamente loquace- gli faceva da guida nei meandri dei ricordi di quegli anni felici.

Per Kate era stato un tuffo nel passato di cui non sapeva ancora dire se avesse avuto bisogno.

La morte aveva preso sua madre giovane, ignara, senza lasciarle il tempo di metter via le cose, di lasciare messaggi ai posteri, e neanche di dire un’ultima parola.
Era stata Kate, insieme con suo padre, a riporre le sue cose, nei mesi successivi. Kate ricordava ancora di aver aperto l’armadio, i vestiti appesi che portavano traccia di lei, dell’odore sua pelle matura. Ricordava di aver preso dalla sedia, per ripiegarlo, il suo pigiama a fiori.

In quegli scatoloni invece, il loro contenuto era stato scelto, riposto, e conservato da sua madre, per lei. Perché potesse rivedere quelle cose in futuro, perché potesse usarle per i suoi bambini.

Le era tornato in mente quando, da ragazza, lei e sua madre litigavano, e la donna ai suoi sbuffi l’ammoniva: “quando sarai una madre, capirai”
In quegli anni, l’idea di diventare madre era talmente lontana da Beckett che non aveva mai prestato attenzione. In quei giorni di attesa, aveva rimpianto di non averla ascoltata. 

Nella prima scatola avevano ritrovato con le cose di Kate dei primi mesi. C’erano i suoi vestitini, la sua copertina rosa, che sembrava ancora riportare qualche traccia dell’odore di neonato, talmente intrisa di quel profumo di latte, di talco, di olio per neonati.

Castle aveva scovato invece due copertine beige, identiche, ancora incartate in una velina ingiallita. “E’ stata mia madre a farle” aveva spiegato Jim, con un sorriso pieno di gioia. “Aveva insistito che a volte, a sorpresa, tu ne aspetti uno e ne arrivano due” aveva concluso, ridendo.

Nell’ultimo scatolone, riposto in un angolo buio, Kate aveva trovato i vestiti premaman di sua madre. “Li aveva conservati per un’altra gravidanza, ma poi non sono serviti, e sono rimasti lì” le aveva spiegato suo padre mostrandole quei capi.

Kate li aveva presi e guardati ad uno ad uno, con attenzione, immaginando sua madre in quei completi tagliati larghi sul pancione, simili a quelli che anche lei aveva comprato con Lanie. Quando aveva trovato il suo cappotto, si era fermata, e senza neanche ragionarci troppo l’aveva indossato in un istante. Si era guardata allo specchio e aveva sussultato, trovandosi a rivedere sua madre in quel riflesso.

Infine, dentro a una scatolina di legno chiara, Kate aveva ritrovato i suoi appunti, fogli scritti a mano, una lista delle cose da comprare per il giorno del parto- le camice da notte, la vestaglia, le pantofole nuove- e una lista di cose da fare - dipingere la cameretta, montare il lettino, preparare la valigia della bambina.

In ultimo, una lista di numeri che sembravano cifre a casaccio, ma che ai suoi occhi erano qualcosa di conosciuto.

Castle aveva iniziato a misurarle la circonferenza della pancia già dal quinto mese, ogni settimana. Segnava i centimetri su un taccuino, il taccuino cui Kate appuntava cose pratiche – settimana di gravidanza, chili presi, appuntamenti dal dottore - che conservava sul comodino. Così la mattina, quando si svegliava, guardava la sua bambina in cifre.

Anche sua madre doveva aver fatto lo stesso, e quell’elenco di numeri che in un altro momento le sarebbero apparsi come un codice sconosciuto, quel giorno per lei avevano un senso. Fu il momento in cui la sentì più vicina di tutta la gravidanza.

Kate aveva tanto desiderato la mano di sua madre, in quei mesi, sopra la sua pancia, per condividere con lei quel momento così unico.

Una mano la sentì forte quel giorno, mentre deponeva di fronte al tribunale raccontando quello che mesi prima le era accaduto. Non era la carezza di sua madre sulla sua pancia, ma la stretta rassicurante di Rick nella sua mano.

Quella stretta che, nel momento in cui tutto sembrava perduto, a terra con un proiettile nel fianco, aveva cercato disperatamente, perché andarsene sì, ma stretta a lui.

E mano nella mano, con lui, guardò scorrere le immagini della scena del crimine, casa loro.

E in un attimo le sembrò quasi di entrare nello schermo, pochi passi ed era lì, quella mattina, e camminava in mezzo ai poliziotti, passava vicino a Espo e Ryan che sembravano non notarla, troppo presi, mentre lei si avvicinava al bancone della cucina.

E Kate era lì, e guardava per terra le sagome di due corpi, disegnate sul pavimento di legno scuro. Vedeva il sangue, il loro, riusciva quasi a sentirne l’odore.

E così, in quel momento, le sembrò di stare assistendo alla scena finale della loro storia, come nei film, uno sparo, schermo scuro, fine, il pubblico si alza e se ne va, senza neanche guardare i titoli di coda.

E mentre ricordava la stretta della mano di Castle nella sua, quel giorno, stesi a terra, apparentemente sconfitti, sul confine labile fra vita e morte, fu un calcio forte a riportarla prepotentemente al presente, al tribunale, alla mano di suo marito sempre stretta alla sua.

Ma invece di sangue, a scorrere fu acqua.

Fu Lanie la prima a capire. “Da quanto tempo continua questa cosa?” le sussurrò in tono urgente, avvicinandosi da dietro.

“La deposizione? Non saprei” le rispose Kate. Era stata troppo concentrata a respirare, per curarsi di altro.

“Al diavolo il processo! Da quanto tempo hai i dolori?”

Non provò neppure a negare. “A intermittenza, da un paio d’ore”

Lanie chiuse gli occhi per un istante; quando li riaprì erano chiari e sicuri. “L’hai detto a Castle?”

“No.” Kate parlò in tono piatto e pressante. “La dottoressa Bradford mi ha detto che il primo figlio è imprevedibile. Il travaglio può iniziare e fermarsi, per poi riprendere parecchie volte. Ci vorranno comunque ore prima che succeda qualcosa” Kate inspirò ancora a fondo. “C’è molto più bisogno che Castle finisca di testimoniare piuttosto che correre in ospedale per un travaglio che potrebbe proseguire per ore e ore”

Nonostante quelle parole coraggiose, Lanie si rese perfettamente conto del disagio nei grandi occhi nocciola di Kate.

“Posso?” chiese Lanie mettendo la mano sul ventre prominente di Beckett. “Dimmi quando ti arriva la prossima contrazione”, le disse cercando di apparire calma. “Nel frattempo, puoi continuare a respirare tranquilla”

Ci volle mezz’ora prima che un’altra ondata di contrazioni attanagliasse il corpo di Kate. “Lanie” chiamò piano.

“Adesso?”

“Sì.”

Quando Lanie pose le mani sulla pancia, i muscoli erano piuttosto tesi. Accigliata, guardò l’amica. “Il senso di tenaglia... ti ha preso in tutto il corpo?” le domandò.

“È cominciato nella schiena e poi è venuto in avanti”, rispose Kate.

“Dobbiamo andare in ospedale Kate”

“Sei sicura?” chiese Beckett in tono asciutto

“Abbastanza sicura da dirti che questa era una contrazione bella lunga. Non credo che tua figlia voglia aspettare. Resta qui, io avviso Espo e andiamo a prendere la macchina nel garage”

Quando Castle le si sedette accanto, una decina di minuti dopo, terminata la deposizione, Beckett aveva appena avuto un’altra contrazione. Quando fu certa che non avrebbe lasciato trapelare dal suo sguardo nessuno dei timori che provava, sollevò gli occhi, sorrise e parlò in tono calmo. “Castle, lei sta arrivando”.

Uno stupore angosciato si dipinse sul volto del marito. Poi un debole sorriso addolcì le labbra pallide di lui. Prese una delle mani di Kate tra le sue e la strinse. “Hai le doglie?”

“Sì”

“Ok, certo, andiamo subito in ospedale” disse bruscamente Castle, mentre l’aiutava ad alzarsi in piedi.

“Lanie ha avvisato Espo, credo siano andati a prendere l’auto per... oh!”

“Che cosa c’è?” Castle aveva appena posto la domanda quando vide le inequivocabili macchie di bagnato sulla gonna di Kate. Lei lo guardò quasi terrorizzata. “Ti si sono rotte le acque” dichiarò lui, con una calma che era completamente falsa.

Acqua. Non sangue. Per un attimo aveva temuto...“Ah, sì, certo, è questo” Kate sorrise incerta. “Mi ero scordata che sarebbe successo”

Castle abbracciò sua moglie e le accarezzò i capelli scuri come se fosse una bambina. “È assolutamente normale essere spaventata”. Per un attimo, Kate si aggrappò a lui quasi a peso morto, quindi si ritrasse raddrizzando la schiena. “Sta andando tutto così velocemente, Rick. Ed è ancora troppo presto”

“E’ che Lily non vede l’ora di conoscerci. Come non capirla. Siamo eccezionali. E anche non vediamo l’ora di conoscere lei, giusto?” cercò di rassicurarla lui, sperando di essere riuscito mascherare l’ansia terribile che lo attanagliava. “Andrà tutto bene, Kate”
 
   
 
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