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Autore: crazyfred    01/06/2020    2 recensioni
{FRANCESCO & EMMA} "La neve aveva assunto l'odore dei suoi baci sotto i portici, del cioccolato, della cannella e delle arance che aromatizzavano i bicchieri bollenti di vin brûlé"
Prosieguo ideale della storia d'amore di Emma e Francesco, dove li abbiamo lasciati alla fine della quinta stagione. La voglia di ricominciare da zero, ma anche di non cancellare quello che è stato, il ricordo indelebile di errori da non commettere più. E chissà, magari coronare il loro amore con un nuovo arrivo...
Ma anche la storia di quella banda di matti che li circonda: Vincenzo, Valeria, ma anche Isabella, Klaus e naturalmente Huber.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo  4 - Secondo mese o "mi fa male anche l'acqua"



 




 
Il momento preferito della giornata, per Valeria, era il mattino; più esattamente, quei  cinque minuti di limbo tra lo stato comatoso del sonno e la consapevolezza che un nuovo giorno è iniziato ed è ora di far diventare il tepore del letto un dolce ricordo, in cui difficilmente ci si ricorda anche il proprio nome.
In particolare, Valeria amava il momento in cui il suo olfatto si attivava e recepiva l'odore di caffè che invade tutto l'appartamento. Un aroma dolce ed amaro allo stesso tempo, caramellato, quasi. Di solito, a questo punto, Valeria si sarebbe concessa una bella stiracchiata, approfittando del letto matrimoniale che le camere della foresteria avevano in dotazione - aveva più l'aria di essere un boutique hotel più che un dormitorio; ora però condivideva la stanza, e il letto, con la nipote, e gli unici movimenti che le erano concessi al mattino erano quelli necessari per strecciarsi dal suo abbraccio notturno. La prima volta che Isabella si era stretta alla zia nel sonno, forse inconsciamente, forse no, Valeria era rimasta di sasso. Aveva lasciato San Candido che Isabella era una bambina, l'aveva ritrovata un'adolescente. Tra di loro non c'era un vero e proprio legame, anzi: le circostanze della vita le avevano rese estranee e per giunta ostili, a tratti. Poi, d'improvviso, una cosa in comune: la perdita di Adriana. Ciononostante l'aveva lasciata fare, sebbene la ritenne una cosa inusuale e quasi innaturale, perché sapeva che Isabella era sola, come lei: insieme, sperava, avrebbe fatto meno male. Adriana, le aveva detto Francesco, la voleva vicina, nonostante il male e gli errori del passato; voleva una zia per Isabella, qualcuno che si prendesse cura di sua figlia se lei avesse perso la battaglia contro il suo male. Valeria non era sicura che le parole di Francesco fossero vere o piuttosto un incoraggiamento di circostanza, ma l'ultim
a chiamata che aveva ricevuto da sua sorella, quell'invito a pranzo per ricominciare come una famiglia, le dava il coraggio di abbandonarsi totalmente a quella missione: bugia o no, voleva crederci.
Divisa già indossata e con già tre tentativi di buttare Isa giù dal letto andati a vuoto, Valeria uscì dalla sua stanza. Nei primi mesi di permanenza in caserma, con i suoi problemi di insonnia, era sempre la prima ad andare nella zona giorno a preparare la colazione per tutta a ciurma: espresso per lei e Vincenzo, latte e cereali per sua nipote e biberon con biscotti sciolti nel latte per Mela. Naturalmente, a tavola preparata, era consuetudine aggiungere qualche tovaglietta e tazza in più per gli avventori del turno di mattina che venivano invitati, sempre con la stessa formula, almeno a prendere un caffè. Con sua sorpresa, invece, era da qualche tempo che, senza neanche l'aiuto dei sonniferi, riusciva a strappare qualche ora di sonno in più e Vincenzo la batteva sul tempo. Così, invece di attivare i suoi sensi in piedi davanti ai fornelli, poteva concedersi di farlo ancora sotto le coperte; come ciliegina sulla torta, si ricordò del finale con sorpresa della serata precedente, della bellissima sorpresa che gli amici avevano fatto a tutti loro e aveva contribuito a far tirar tardi. Emma e Francesco - soprattutto Francesco era stato inflessibile a riguardo - avevano chiesto e ottenuto di non avere intrusioni  da parte degli amici negli 8 mesi a venire, ma Valeria era sicura che nessuno dei presenti, uomini in particolare, avrebbe mantenuto la promessa facilmente.
"Isa!!! Dai che è tardi. Klaus forse ti aspetta, ma la campanella a scuola no!!!"
Avvicinatasi al bancone della cucina, si accorse che sul fornello, al posto della solita moka, c'era una caffettiera napoletana. Bruttissimo segno. La cuccumella, come la chiamava Vincenzo, era la macchinetta dei chiarimenti, delle discussioni, dei confronti. Quando c'era qualcosa da dirsi, qualcosa per cui non bastava un caffè al volo, era pronta lì sul fuoco, implacabile e minacciosa. Non solo quella mattina non aveva avuto la sua dose di aroma di caffè a svegliarla, ma per giunta l'aspettava una conversazione che, se fosse stato per lei, avrebbe decisamente evitato.
"Buongiorno" esclamò una voce alle sue spalle. "Buongiorno" rispose Valeria, esitante. "Mela l'ho già sistemata … fai colazione insieme a me?" propose Vincenzo, invitandola a sedersi a tavola, mentre posizionava la piccola nel box con tutti i suoi giochi. Valeria non era stupida, aveva intuito il motivo dell'invito, che alle sue orecchie suonava più come una minaccia; la sera precedente, infatti, le parole tra di loro non erano state tra le più gentili. Tornati a casa gli ospiti, mentre mettevano a posto le ultime cose, il silenzio tombale che era sceso tra loro era interrotto solo dalle proteste di Mela che combatteva il sonno, volendo continuare a tutti i costi a giocare con Isabella.
Sedutasi, Valeria provò a comportarsi con nonchalance. Prese una fetta biscottata dalla confezione  ed iniziò a spalmare la marmellata. "Isaaaa!"
Notò che Vincenzo corse verso i fornelli e, con un'operazione attenta e decisa, prese la caffettiera saldamente per i due manici e la capovolse. Da quel momento avevano almeno 10 minuti buoni per parlare prima che il caffè fosse pronto. A Valeria prese improvvisamente una forte arsura.  "Eccomi!" si lagnò la ragazzina, aprendo energicamente la porta scorrevole dalla camera da letto e facendo irruzione nella zona giorno come un uragano, rubando la fetta biscottata a cui la zia era in procinto di dare il primo morso. "Ehi!" protestò Valeria. "Sono di fretta…buongiorno Vincenzo!" gli schioccò un bacio sulla guancia di corsa mentre passava alle sue spalle per prendere in frigo un succo di frutta in brik da bere in macchina verso scuola.
"Ce li hai soldi per la…merenda?" non fece in tempo a domandarle la zia che Isabella era già in probabilmente dentro la piccola utilitaria di Klaus.
"Ogni mattina la stessa storia…" "Lascia perdere" la consolò Vincenzo "tanto non ci vinci"
Si era seduto accanto a lei e di solito a quel punto Valeria si girava verso di lui, poggiando i piedi ancora scalzi sulla sedia dove sedeva Vincenzo, portando le dita dei piedi leggermente sotto le gambe del commissario. Sapeva che gli dava un fastidio da morire e la cosa la divertiva. Alla fine lui si era arreso; segretamente, in realtà, iniziava a fargli piacere questo piccolo gesto di intimità e di routine familiare che si era instaurato tra loro. Non quella mattina, però: si sentiva come una bambina che era stata colta con le mani nel barattolo della marmellata.
"Riguardo a ieri sera…" esordì l'uomo
"SCUSA!" si affrettò a rispondere Valeria, agitata. Voleva chiudere questa storia prima ancora di iniziarla.
"Scusa tu?" "Sì Vincenzo, non so cosa mi sia preso … Mela è tua figlia e io non ho alcun diritto di dirvi quello che dovete o non dovete fare"
Avergli rinfacciato tutto quello che aveva fatto per loro era stato un colpo basso: in primis, perché nessuno le aveva puntato una pistola alla tempia e anche perché, trovava, lei aveva ricevuto molto di più di quanto aveva dato loro. Erano diventati quella famiglia che lei non aveva. Non c'era prezzo per un dono così.
"Valeria…qui se c'è una persona che deve chiedere scusa sono io! Ti ho detto una cosa atroce…"
non era vero che non aveva avuto bisogno di lei, né di nessun altro. La verità è che senza i suoi amici da solo non ce l'avrebbe mai fatta. Senza Valeria non sarebbe passato indenne alle notti di coliche e pianti inconsolabili, senza Francesco avrebbe impiegato mesi a togliersi di dosso l'ansia ogni volta che la piccola si addormentava e senza Huber … senza Huber sarebbe stato tutto un po' più grigio.
Non aveva chiesto niente a nessuno di loro, ma loro c'erano sempre e comunque. Un gesto, una parola, un sorriso, bastavano ad alleggerire una situazione pesante come la sua.
Sapeva che con Eva gli errori erano venuti fuori uno dopo l'altro perché erano ormai, da troppo tempo, su binari diversi. Si era convinto di poter tenere tutto insieme, che doveva farlo perché non poteva permettersi un altro fallimento di amore. E così non aveva colto i segnali o forse si imponeva di non coglierli, per quieto vivere personale era molto meglio così.
Ma essere onesti con sé stessi, aveva imparato, nella vita è più importante di qualsiasi apparenza. Aveva la sua vita, piena, soddisfacente e se non era destino, avere Mela come unica donna della sua vita era una prospettiva più che allettante. Con Valeria, però, le cose stavano prendendo una piega che, forse per la prima volta nella sua vita, lo spaventava. La sua testa gli diceva che era troppo più giovane di lui, che erano così diversi e che, prima o poi, non sarebbe riuscito a starle al passo. Con Mela nella sua vita, il lusso di una storia a tempo determinato non poteva concederselo.
"Ho sbagliato con Eva…non voglio sbagliare con te" ammise. Nelle sue parole, il dubbio che quell'attenzione fosse più nei riguardi di sé stesso che di Valeria. Doveva essere sicuro che potesse esserci di più, che occorreva andarci piano e stare attenti. Con il dorso della mano, corse ad accarezzarle il viso. Valeria inclinò la testa leggermente di lato, incrociando il suo sguardo.
"Non pensare nemmeno per un secondo che pensavo quello che ho detto" affermò. Lei annuì.
"Quando andrete via…" disse lei, pesando attentamente le parole. Riprendere l'argomento le metteva una forte malinconia addosso. "... quando andrete via non cambierà nulla. Se doveste avere bisogno di qualsiasi cosa … qui la porta è sempre aperta…e il telefono sempre acceso"
Sorrisero. Entrambi sapevano che il cordone sarebbe stato difficile da recidere.
"Io non voglio cambiare nulla tra noi" continuò Vincenzo "sei parte delle nostre vite ormai."
Le prese la mano, gentilmente, e fece in modo che gli occhi di lei fossero ben fissi sui suoi: voleva che vedesse la verità delle sue parole attraverso lo sguardo.
"Se me lo permetti … se ce lo permetti" disse, buttando velocemente lo sguardo verso la piccola Mela "vorrei continuare a vederti anche quando ci trasferiremo. Le nostre spaghettate a mezzanotte quando il film in tv non finisce mai … le passeggiate al lago con Mela … tu che provi a farmi fare CrossFit…"
Una risata sommessa scappò ad entrambi; ad entrambi venne in mente quella volta in cui Valeria volle far provare a Vincenzo le sue cavigliere antigravitazionali e il povero commissario finì appeso a testa in giù e penzoloni come un sacco da boxe.
"Scherzi a parte" proseguì "promettimi che non finisce così".
"Promesso" rispose Valeria, decisa "stessa vita, indirizzi diversi".
Si abbracciarono. Non avevano fatto pace, perché in fondo sapevano entrambi che quello non poteva considerarsi un litigio. Si erano promessi un futuro, di provarci a farlo funzionare, qualunque cosa ci fosse tra loro.
 
Nei giorni che seguirono, il risveglio a casa Neri fu caratterizzato da ben altro genere di rituale. Entrata nel secondo mese, Emma aveva iniziato davvero a sentirsi incinta. All'inizio era come una sensazione di fastidio generale, come se di colpo fosse diventata sensibile agli odori che la circondavano. Il profumo di pino della palafitta, ad esempio, che da sempre aveva un effetto rilassante su di lei, all'improvviso le dava noia. Con il passare dei giorni, quel fastidio, che non aveva più niente a che vedere con il legno, era diventato sempre più insistente. Ogni mattina, appena aperti gli occhi, Emma era costretta a tirarsi giù dal letto di scatto e raggiungere il bagno. Lo faceva talmente di fretta che non si curava di mettere nulla addosso.
I movimenti rapidi e il passo scalzo erano diventati l'equivalente di una sveglia per Francesco. Emma odiava che lui la vedesse riversa sul gabinetto a vomitare, non si riteneva uno spettacolo decoroso, ma non protestava quando, pochi secondi dopo il suo risveglio traumatico, sentiva le grandi mani del marito afferrarle i capelli e massaggiarle la schiena, in silenzio. Finito il tormento mattutino, mentre Emma si dava una sistemata, Francesco si limitava a passarle una vestaglia da mettere addosso. "Ho acceso la stufa, ma casa è ancora fredda" era l'unico commento che si lasciava sfuggire. Emma apprezzava questa presenza gentile e discreta dell'uomo, sapeva che poteva contare su di lui e si sentiva protetta. Era il suo modo di dirle ci sono e lei lo sentiva.
Questo non significa però, che Francesco non fosse preoccupato. All'ennesima mattina di nausee, il forestale non riuscì più, durante la colazione, a trattenersi: "Se non passa ti porto in ospedale", esordì.
Aveva letto su internet che spizzicare qualcosa prima di alzarsi era un buon rimedio ma, per come lo vedeva lui dall'esterno, era come se fosse il risveglio stesso a provocare ad Emma i conati. La scatola di latta di biscotti che aveva messo sul comodino di Emma era praticamente rimasta intatta.
"Non dire sciocchezze, sto benissimo, devo conviverci e basta" gli rispose, mentre sorseggiava l'ennesima tazza di infuso di zenzero, uno dei tanti rimedi che il marito aveva scovato sui siti per mamme in attesa. "Se non stai attenta rischi la disidratazione, Emma, non scherzare"
Emma capiva immediatamente quando il marito non era sereno. Lo sguardo basso e scuro, la mano destra iniziava a tamburellare nervosamente su qualsiasi superficie malcapitata si trovasse…in questo caso, il tavolino di fianco alla stufa.
"Non scherzo, tranquillo" lo rassicurò, prendendogli la mano "le nausee mattutine sono perfettamente naturali"
"Sì, ma in alcune donne …" "Alt!" esclamò Emma, portando una mano di fronte al volto del marito come avrebbe fatto un vigile "se stai per incominciare a parlarmi di iperemesi ti fermo subito perché non è il mio caso. Davvero, Francesco, sto bene. Durante il giorno non va così male…"
Eppure, per Francesco, le rassicurazioni di Emma il più delle volte lasciavano il tempo che trovavano. Ci provava a fidarsi di lei, davvero, proprio come gli aveva detto Vincenzo; ma Emma ne aveva passate così tante e di peggiori che, pensava lui, di sicuro avrebbe cercato di minimizzare e sopportare, senza curarsi delle conseguenze che la cosa avrebbe potuto comportare se non tenuta sotto controllo. Perdere il controllo della barra, per uno come lui abituato a pianificare, dare ordini e risolvere i problemi in prima persona non era facile. La sensazione di impotenza quando vedi qualcuno che ami così tanto star male è una pillola difficile da mandare giù, soprattutto se, come nel caso di Francesco, non era la prima volta.
"Non credere che non mi sia accorto di quanto sia sgradevole per te questa storia delle nausee … e non riesco a dirti quanto mi dispiaccia che non ti senta bene. Vorrei poter fare di più…"
"Ma tu fai già tanto, amore mio" lo frenò Emma, alzandosi e mettendosi a sedere sulle sue ginocchia, le braccia saldamente ancorate alle sue spalle. Le braccia di lui l'accolsero volentieri. "Ci sei, fai attenzione a quello che mi succede e a come mi sento. Poche donne godono di questo lusso"
Lui la ringraziò, guardandola con quell'espressione da cucciolo che la scioglieva ogni volta.
"Per cosa?" domandò lei.
"Grazie per tutto quello che fai per il nostro bambino".
Emma gli prese il viso tra le mani, accarezzandolo delicatamente con i polpastrelli dei pollici. C'era qualcosa di magico in quel volto, pensava Emma, che tante volte lo aveva scrutato di nascosto, affrontato faccia a faccia, studiato nel più minimo dettaglio mentre lui dormiva. Pieno di fascino che solo la maturità poteva restituire, pieghe e crucci che negli anni lo avevano segnato, eppure con la dolcezza di chi stava scoprendo il mondo, quello vero, per prima volta.
Un bacio dovrebbe essere normale amministrazione per una coppia sposata, eppure Francesco sentiva ancora, ogni volta, il calore salirgli dallo stomaco al petto ed avrebbe giurato che il cuore avesse perso un battito mentre le labbra di Emma si stavano avvicinando. L'odore di lei gli riempì le narici. Era così vicina; nel momento in cui le loro labbra su sfiorarono tutto il suo corpo reagì istintivamente. I suoi occhi, seppure chiusi, era come se fossero concentrati su di lei, guidando le mani a memoria lungo la vita e giù per i fianchi, il suo odore ancora più ipnotico. Il gusto di lei ... quel talento innato di mettergli a tacere i pensieri, facendogli immediatamente desiderare di più. La mano di Francesco scivolò sotto la vestaglia, indugiando sulla pelle liscia e tonica delle cosce della moglie.
"Tu un pigiama, mai?" domandò, facendosi strada con il viso tra i lunghi capelli caramello per raggiungere l'incavo del collo. Dal tono cavernoso, Emma capì che aveva distolto l'attenzione del marito dalle sue paturnie. Gli uomini, pensò, sono esseri molto semplici, più di una cosa per volta non riescono a farla…
 
"Almeno io posso chiederti come stai?" chiese Valeria ad Emma, sedute di fronte ad una buona tazza di cioccolata calda in un bar del centro di San Candido. Pochi giorni di sole avevano permesso di ripulire le strade dalla neve scesa copiosa a Gennaio e stiepidire le temperature, abbastanza da consentire il ritorno alla vita all'aperto anche ai meno temerari.
Se i ragazzi festeggiavano la risoluzione delle indagini con un boccale di birra, Valeria aveva optato per una versione tutta sua: una sana sessione di shopping liberatoria. E quando l'unica collega donna era impegnata, il compito ingrato di essere sua compagna toccava ad Emma. Emma non era un'amante delle compere compulsive, il suo guardaroba era proporzionato alle capacità ridotte dell'unico ripostiglio che avevano a disposizione in palafitta. Non che le importasse più di tanto, di moda e accessori; le piaceva però passare del tempo con le persone a cui voleva bene e in poco tempo Valeria era entrata di diritto tra queste.
"Certo che puoi chiedermelo" rispose Emma "quella storia della promessa è per quell'impiccione di Huber e a suo modo per anche per Vincenzo. Ad ogni modo … potrebbe andare meglio …"
"Nausee?"
Annuì "Il peggio è al mattino…e tu capisci bene che iniziare male la giornata non aiuta. E poi c'è Francesco…". "Francesco?"
Emma sospirò "Già ho il mio bel da fare a trattenermi dal vomitare ogni volta che sento un odore strano … e ultimamente tutti gli odori sono diventati strani … mancava solo lui a completare l'opera." Valeria rise portando la mano davanti alla bocca, un po' per l'imbarazzo di ridere di Emma, un po' perché, mentre sorseggiava la cioccolata, il ciuffetto di panna le aveva lasciato un baffetto sulla bocca. "Non c'è niente da ridere!!!" protestò Emma, esasperata "Da quando ha iniziato a leggere i dépliant informativi che ci hanno dato alla visita ginecologica mi tratta come una bambola di porcellana … tutto è pericoloso e vorrebbe portarmi in ospedale per ogni minima cosa. Se andiamo avanti così tra qualche giorno dirà che mi fa male anche l'acqua".
Emma sbuffò, ma si accorse che l'amica, ancora divertita, non riusciva a prenderla sul serio.
"Voglio dire…ci sono dei giorni in cui è un angelo, attento e premuroso e credimi, vorrei solo che fosse sempre così … e non ossessivo-compulsivo"
"Emma, io lo so che a volte può sembrare pedante … ricordati che è il mio capo e ci lavoro ogni giorno … ma è perché ci tiene veramente" Valeria era tra quelle persone che più gli erano state vicino quando Emma era in ospedale; una sera, ricordava, si era trovata a pregare che Emma sopravvivesse non solo perché una morte tanto prematura era una cosa troppo ingiusta, ma perché era terrorizzata dall'idea che Francesco potesse impazzire senza di lei. Le risultava difficile, ora, riuscire a compatire la sua amica perché il marito le risultava apprensivo "… devi solo portare un po' di pazienza" la rincuorò "quando le nausee passeranno sono sicura che vi godrete entrambi la gravidanza al meglio.  E poi inizieranno i preparativi per il nido … ho sentito Francesco che diceva qualcosa a Martino…"
"Sì" confermò Emma "stiamo solo aspettando che la banca ci approvi il mutuo e poi si parte. Anche perché il maso di Zoe…" "Il maso di Zoe?!" "Sì, non te l'avevo detto?" "No…" ammise Valeria "e sinceramente non mi sarei mai aspettata che qualcuno sarebbe riuscita a spuntarla…Martino diceva che Zoe era decisa a non vendere a nessuno" "A nessuno che non accettasse di trattarlo con rispetto" spiegò Emma "le abbiamo assicurato che lo lasceremo il più possibile com'è"
"Ma … ma … ma è un rudere!!!" "Non è un rudere! E' antico …  è diverso"
"Dai Emma con tutti i lavori che avrete da fare sicuramente non sarà pronta in tempo … io l'ho vista" commentò la forestale con disapprovazione "i bagni risalgono minimo a quando San Candido apparteneva ancora all'impero austro-ungarico!" Emma fece spallucce, sorridendo. Non le importava quanto ci sarebbe voluto e, se Francesco non si era opposto, neanche nella presente situazione, significava che, tacitamente neanche lui aveva fretta. "Finché questo piccolino" o piccolina, pensò, portando la mano sulla pancia "non inizierà a camminare, staremo benissimo in palafitta". "Emma!" la riprese l'amica "ma l'inverno? Non ci hai pensato?" "Ecco…adesso ti stai intromettendo, ricordati la promessa"
"Hai ragione" si placò Valeria, mostrando il saluto scout "so quanto sia importante per te e Francesco quella casetta sul lago, ma sai anche quanto sono rigidi qui gli inverni. Ti chiedo solo di promettermi che ci penserai meglio, perché tanto lo so che si fa solo quello che decidi tu"
Risero entrambe, mentre suggellavano la promessa di Emma con un brindisi alla cioccolata calda.
"Cambiando argomento…" decretò Valeria, rullando le mani sul tavolo "è ora di iniziare a pensare al compleanno di questa bimba. Non vogliamo che zio Huber metta le mani sul nostro primo compleanno, vero Mela?" La piccola, impegnata a mangiucchiare il sonaglietto a forma di mela che era appeso al manicotto del passeggino, non diede ascolto alla vocina acuta e leziosa della zia. Mancavano tre settimane al compleanno, che cadeva nel mese di marzo, ma Valeria era determinata a battere sul tempo l'assistente capo di polizia e ad evitare che si trasformasse in un Oktoberfest di primavera.
"A proposito del compleanno di Mela … " intervenne Emma "Eva?" "Ha promesso che ci sarà" rispose Valeria, tornando seria.
Eva era un argomento di conversazione molto delicato, su cui il più delle volte, quando il nome veniva pronunciato, si preferiva dribblare. Valeria non la odiava, anzi si era anche spesa per lei, quando Vincenzo, ancora ferito dal torto subìto, era determinato a non farle vedere la bambina. Ma le era bruciato, e tanto, che a nulla era valsa la solidarietà femminile e tutto il suo buon senso le si era ritorto contro ed Eva aveva portato via Mela a Vincenzo. Anche quando le divergenze si erano appianate, quando la piccola era tornata a casa, Valeria, pur non dandolo a vedere, si sentiva iperprotettiva nei confronti di Vincenzo e Mela. Li amava, li sentiva la sua famiglia e per difenderli avrebbe tirato fuori i suoi artigli da leonessa se necessario. Eva era la mamma di Mela, ci sarebbe sempre stata nella loro vita, ma era una presenza di cui lei avrebbe fatto volentieri a meno: donna di una bellezza disarmante, aveva tutte le armi e le capacità per intortare e ferire le persone intorno a lei.
Emma, che era psicologa senza bisogno di un titolo, tutti glielo dicevano sempre, lo sapeva bene e aveva capito da quella frase che, a tre settimane di distanza, Valeria stava già preparando la linea di difesa.
"E Vincenzo che dice? Immagino anche lui sia un po' con la testa altrove ultimamente, con tutti i preparativi per il trasferimento…" "Vincenzo è Vincenzo, lo conosci, finché non sbatte la faccia contro il muro è forte e coraggioso … ed Eva è il muro per la sua faccia"
Uomo tutto d'un pezzo, Eva era stata la grande debolezza della sua vita. Conosciuta dopo una grande delusione d'amore, la modella spagnola gli aveva fatto completamente perdere la testa. E anche se per un po' erano stati felici, erano quanto di più lontano fossero l'uno dall'altro, due rette incidenti che hanno un, ed uno solo, punto in comune: la loro bambina.
"Sei gelosa?" sondò Emma, attenta nel toccare quel nervo scoperto, ma altrettanto sicura che la sua amica non si sarebbe mai indignata per quell'intrusione. In lei non c'era nessuna malizia di pettegolezzo, ma solo premura leale. Valeria lo capiva, lo sguardo limpido e luminoso che la gravidanza le aveva donato traspariva le sue intenzioni. Le sorrise, abbassando lo sguardo. Valeria aveva un'apparenza gagliarda, sfrontata a volte e qualcuno l'avrebbe potuta scambiare, sulle prime, per arroganza e maleducazione, ma Emma riconosceva la stessa armatura che aveva faticosamente smontato, pezzo per pezzo, dal cuore di Francesco. Come tutti, anche Valeria aveva le sue fragilità, ma a pochi privilegiati era dato di conoscerle.
"Ci sarà sempre nella sua vita …" e certo non si riferiva a Mela, anche se istintivamente si affrettò a prenderla dal passeggino e a stringerla a sé, poggiando la sua guancia sulla piccola testolina bruna "… però …" "Cosa?" "…Vincenzo vuole che continuiamo a vederci quando andrà via"
"Sbaglio o qui c'è odore di appuntamento?" domandò Emma, sagace, addentando una madeleine che avevano servito insieme alla cioccolata. L'amica, impegnata a tenere le manine della piccola Nappi lontane dalla tazza, ancora calda, di cioccolata, fingeva di non aver sentito.
"Valeria!!!" "Che c'è?!" "Allora? Guarda che se non me lo dici parlo con Isabella" "E' inutile che minacci" la canzonò Valeria "perché tanto lo so che non lo faresti mai … eee comunqueee … è possibile"
I loro sguardi complici gioirono per quel piccolo grande passo. E Valeria esplose come un fiume in piena con Emma che, silenziosa e attenta, ascoltava tutto quello che c'era da dire sulla questione: che quell'appartamento dove vivevano era un albergo, che non avevano un momento per stare soli, che Mela per tutti e due era la cosa che più contava e che dovevano, per sé stessi ma soprattutto per lei, andarci con i piedi di piombo.
 
"Fatto spese, piccire'?Eh piccire'?! Eh picciré?!" domandò Vincenzo, prendendo in braccio sua figlia, quando le due amiche e Mela tornarono in caserma. Vincenzo avrebbe passato ore a mangiare di baci quelle guanciotte rosee e paffute e quella leggera linea di barba, incolta ed ispida, che Vincenzo si ostinava a voler portare, solleticava la piccola, che si dimenava tra le sue braccia e rideva di gusto.
"Le ho preso il costumino da bagno e le ciabattine …" rispose Valeria, mentre con Emma sistemavano le buste "domenica rompiamo il ghiaccio del lago e le facciamo fare un bagnetto, tanto è previsto sole…"
"Ma sei matta" rispose allarmato Vincenzo "quell'acqua sarà a meno dieci … che le vuoi fa piglià 'na polmonite a sta criatura?"
Valeria, lo guardò, in silenzio, le mani sui fianchi, un'espressione sconcertata e incredula: vivevano sotto lo stesso tetto da mesi e ancora prendeva sul serio battute così stupide ed ovvie. Emma non riuscì a trattenere una risata in faccia al commissario.
"Sì ma tu non puoi farmi prendere certe paure … voi, gente di montagna, siete strani assai, uno si può immaginare di tutto" tentò di giustificarsi Vincenzo e Valeria, nonostante tutto, amava questo suo essere adorabilmente imbranato e protettivo quando si trattava di sua figlia.
"Io scappo … Francesco mi aspetta già a casa" dichiarò Emma, salutando Valeria e la piccola con un bacio. "Ah Vincenzo … " esclamò, tornando indietro, poco dopo aver varcato la soglia dell'ingresso "quasi dimenticavo … mi farebbe piacere tenere Mela qualche sera, io e Francesco abbiamo bisogno di fare pratica e così … magari … tu e Valeria potete prendervi una serata libera. Quando vuoi, basta un colpo di telefono. Buona serata!"
Un occhiolino verso Valeria e sparì giù per le scale. Vincenzo rimase senza parole. Donne, se non ci fossero … sarebbe meglio che nessuno le inventasse.


 

Angolo dell'autrice

Salve a tutti! Breve saluto e spero che la storia vi stia piacendo. Oltre a questo capitolo, questa settimana ho creato dei piccoli moodboard/collage che mi aiuteranno a raffigurare alcune cose della storia che mi stanno a cuore e sono un po' la sintesi in immagini. Spero che l'idea - ispirata da una cara amica - vi piaccia!
Buon inizio di Giugno e a presto con un sacco di novità e ... nuovi arrivi e ritorni!!!


Federica

 
 
   
 
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