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Autore: Irene_Violet    02/06/2020    1 recensioni
[Magic Kaitō/Lupin III]
Fujiko Mine, la donna fatale ha per le mani un obiettivo prestigioso, per mettere le mani sul quale avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile, da parte del talentuoso Kuroba Kaitō. Il furto sarà però solo la punta dall'iceberg di un gioco di rivalse, legato al gioiello in questione. Vi auguro buona lettura! -Irene_Violet.
Genere: Commedia, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Kuroba/Kaito Kid, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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#3 - Giallo Sfaccettato

 

La prima divisione investigativa venne avvertita subito grazie alla telefonata di un lavoratore che denunciò il rinvenimento di un corpo, proveniente dall’interno di un loro carico. Illustrò in maniera concisa la situazione per telefono, come richiesto da un’agente, i dettagli sarebbero stati rivelati agli investigatori una volta arrivati sul posto. L’ispettore Megure con a seguito Takagi e Satō, furono i primi a mettere piede sulla scena, prontamente isolata ed interdetta a chiunque non fosse nelle vicinanze del cadavere al momento della sua scoperta. Nulla fu spostato, né manomesso. Il capo squadra, era intervenuto tempestivamente, controllando con occhio vigile e scrupoloso che nulla nelle vicinanze di dove si trovavano lui ed i due testimoni, venisse contaminato. Si trattava di un delitto e per quanto fossero tutti adulti piuttosto responsabili, in quei contesti, c’era chi tentava comunque – forse spinto dal fascino per il macabro – di avvicinarsi per dare uno sguardo; nulla di tutto ciò fu permesso, quell’uomo ben piazzato, lo avrebbe impedito anche usando misure straordinarie, se necessario. L’ispettore, avvolto nel suo solito impermeabile marrone con immancabile cappello in tinta, si fece strada con i propri sottoposti, tra la folla di uomini che pur rimanendo a debita distanza, si accalcavano per comprendere le circostanze dell’accaduto. Lo sguardo truce del capo squadra e lo sguardo fermo di Megure s’incrociarono, quando il secondo trasse di tasca il proprio distintivo, mostrandolo al primo, per permettergli di avvicinarsi al cadavere.

 

«Sono Megure della prima squadra investigativa» - si presentò - «La ringrazio per aver preservato la scena fino al nostro arrivo, adesso qui ci pensiamo noi.»

 

L’uomo robusto fece un cenno con la testa, spostandosi dunque da un lato, per non essere d’intralcio alle autorità nel loro lavoro. Voltandosi indietro, l’ispettore Megure, dette con un gesto il via libera ai membri della scientifica, in modo da recintare l’area con gli appositi nastri e cominciare i rilievi quanto prima. Intanto, tornò a osservare l’uomo e poi il resto della folla con fare guardingo.

 

«Allora, chi era presente oltre al signore, quando è stato rinvenuto il corpo? Mi pare sia stata menzionata la presenza di altre due persone per telefono, è esatto?»

 

«Ehm… sì. Io ero presente.» - rispose una voce appartenente ad una donna, cui si fece pian piano spazio tra la folla, fino ad essere visibile anche all’ufficiale stesso.

 

«Molto bene signorina, anche lei allora dovrà essere interrogata riguardo all’accaduto» - rimarcò Megure, per poi ribadire - «E l’altra persona?»

 

«S-Sono io!» - si fece avanti un secondo uomo, dall’atteggiamento nervoso, intento a passarsi un fazzoletto sul viso.

 

«Molto bene...» - commentò Megure - «Lei conferma si tratta degli stessi due individui che erano con lei al momento del ritrovamento?» - chiese conferma, voltandosi nei riguardi dell’operaio capo, il quale annuì nuovamente - «Tutti gli altri sono liberi di andare, per ora. Se credete di aver visto qualcosa di sospetto, non esitate a chiamarci per riferircelo e tenetevi a disposizione per eventuali disposizioni. Un mio agente posto all’uscita raccoglierà le vostre generalità, in caso aveste qualcosa da dichiarare, e sarete chiamati a deporre in un secondo momento. Grazie per la vostra collaborazione!»

 

Quando la massa di operai non interessati direttamente dagli eventi sconcertanti appena accaduti si furono diradati, Megure con le mani in tasca, si rivolse ai tre testimoni con aria seria, affiancato da Takagi, pronto a trascrivere le dichiarazioni che avrebbero rilasciato, sulla propria agendina come di consueto.

 

«Bene signori… Vi chiedo di esporre le vostre generalità e cosa stavate facendo fino a poco prima di rinvenire il corpo, cominciamo da lei signorina...» - propose Jūzō orientandosi nei confronti della donna presente nel gruppo - «Può dirmi il suo nome, professione e cosa stava facendo qui al momento del ritrovamento?»

 

La donna in questione, aveva lunghi capelli di un biondo sporco sciolti per metà sulle spalle, mentre il resto era fermato sul retro della testa con una graziosa spilla raffigurante una farfalla di colore blu, occhi marroni, un paio di occhiali dalla montatura quadrata ed indossava un completo elegante di colore grigio, con una camicia bianca con delle increspature verso la scollatura a “V”. Portava con sé una valigetta di metallo con combinazione, che tenne stretta tra le mani per tutto il tempo. Ella annuì alla domanda dell’ispettore, procedendo con il fornire le sue generalità.

 

«Certo. Mi chiamo Anami Emma (34 anni), lavoro per la banca di Minato e sono venuta qui per prendere in custodia un prezioso che doveva essere consegnato tramite quella cassa. Non mi aspettavo di assistere a nulla del genere...»

 

«Un prezioso?» - domandò Megure con aria un po’ sconcertata - «Intende un gioiello? Perché mai avrebbe dovuto essere in una cassa per il trasporto di ostriche, non le pare piuttosto strano Anami-san?»

 

«Sì, lo era; ma queste sono state le istruzioni datemi dal proprietario, io dovevo solo ritirarlo e consegnarlo al qui presente Tachibana della Nichuri Tv. Il proprietario, credeva fosse un metodo di trasporto più sicuro, contro eventuali tentativi di furti.»

 

«Hmm… d’accordo, allora perquisiremo anche la cassa alla ricerca del gioiello in questione.» - detto ciò, l’ispettore avvisò l’agente Satō di controllare la cassa, perché poteva contenere qualcosa una pietra preziosa, magari in una sorta di doppio fondo; la detective procedette al controllo, mentre Megure procedette con le sue domande - «Dunque, chi sarebbe la persona che le ha inviato il gioiello, posso saperlo?»

 

«Mi spiace, ma non so il suo nome. È stato sempre Tachibana-san a combinare il tutto, io sono solo la garante nominale per la presa in custodia ed il trasporto.»

 

L’ispettore inarcò un sopracciglio, per poi spostare lo sguardo verso l’uomo indicato dalla signorina Anami. Un omuncolo alto, allampanato dai capelli spettinati, avente anch’egli un paio di occhiali dalla montatura tonda e la sudorazione nervosa, che continuava a tamponarsi la tempia con un fazzoletto - «Allora passiamo a lei Tachibana-san, può chiarirmi la situazione. Come mai un rappresentante di una stazione televisiva a acconsentito ad un trasporto del genere? Non le è sembrato quantomeno sospetto?»

 

L’uomo si presentò come Tachibana Ryūji (42 anni) - «S-Sì, insomma. Sono stato assicurato dal Yazici-san, il proprietario, di quanto si fidasse della società di spedizioni. Pare se ne sia occupato un suo conoscente di porre il gioiello nella cassa, e che non ci fosse modo più comodo per farlo arrivare in Giappone, dato che la cassa sarebbe stata sigillata fino al nostro arrivo. Era un po’ strano, ma non avevo ragione di sospettare nulla. Se fosse accaduto qualcosa alla cassa, sarebbe stata una perdita per il medesimo Yazici-san, oltre che per la nostra trasmissione, in cui il gioiello sarebbe dovuto apparire; dubito lo avrebbe consigliato, se non lo avesse ritenuto assolutamente sicuro, più di ogni altro metodo di trasporto. In ogni caso… spero vivamente sia ancora lì e che scopriate cosa sia successo a quel poveretto...»

 

«Mi scusi… Con Yazici-san, si riferisce al famoso uomo d’affari turco Yazici Erol-san, per caso?» - domandò l’agente Takagi, mentre trascriveva il tutto. Una volta ricevuta quella quella risposta, un’espressione scioccata - «Oh… allora il gioiello in questione è il diamante giallo che si credeva scomparso da tempo! Assurdo che abbia voluto trasportare qualcosa dal così grande valore in un modo così poco convenzionale! »

 

«Potresti spiegare anche a me Takagi, di che diavolo parli?» - lo riprese l’ispettore, anche perché l’agente stava alzando troppo la voce, a causa della sua incredulità.

 

«Sì… ecco...»

 

Takagi mostrò all’ispettore vari articoli di giornali stranieri, che parlavano del diamante e del suo proprietario, spiegandogli brevemente la storia. L’ispettore allora chiamò l’agente Chiba, chiedendogli di confermare la storia raccontata da Tachibana, chiedendo informazioni presso la Nichiuri Tv, riguardo la trasmissione

 

«Capisco… quindi è di questo diamante di cui stiamo parlando.» - mormorò Megure, prima di voltarsi perché la voce di Satō lo richiamò.

 

«Ispettore Megure!»

 

«Cosa? Non c’è traccia di nessun diamante?»

 

Miwako annuì fermamente - «Purtroppo no. C’era in effetti un doppio fondo nella cassa, ma era completamente vuoto. Il diamante è stato rubato.»

 

«Oh no...» - asserì subito Anami, portando una mano a coprirsi le labbra, per l’accaduto ed anche con l’intento di nascondere un sorriso soddisfatto, per la buona riuscita dell’operazione.

 

«Questo sì, che un guaio...» - commentò Jūzō - «Altro che metodo a prova di ladri, qui sembra sia successo l’esatto contrario!»

 

Tachibana sembrava sull’orlo di una crisi di pianto in merito; ad ogni modo Megure ed i suoi erano lì per il caso di omicidio, avrebbero contattato la terza squadra, per informarli e richiedere la loro collaborazione, ma per ora dovevano concentrarsi sul cadavere ed assicurare il potenziale colpevole alla giustizia.

 

«Ad ogni modo Satō-kun, dal rapporto della scientifica è emerso qualcosa di utile, per identificare il corpo?»

 

«Stiamo aspettando di verificare eventuali corrispondenze delle impronte digitali, per poterlo confermare con certezza, ma…» - la donna mostrò il documento posto nella consueta busta per le prove - «Potrebbe anche trattarsi proprio di Yazici Erol-san, l’uomo d’affari turco. Aveva con sé un agendina plastificata con stampata la luna crescente e la stella tipici della bandiera turca, ed al suo interno gli appunti sono scritti in una lingua straniera, che potrebbe essere appunto il turco; cosa che verificheremo a breve. Con sé non aveva effetti personali, oltre al proprio portafogli privo di soldi o documenti ed al cellulare distrutto, da cui ora i nostri tecnici stanno provando ad estrapolare i dati, in modo da poter avere qualche informazione in più. Forse l’omicida è qualcuno che conosceva, magari una delle ultime persone ad aver avuto contatti con lui.» - ipotizzò Miwako, per poi continuare - «Dall’autopsia è emerso che la morte è avvenuta per dissanguamento. Gli hanno sparato al petto, con una 9 mm sfregiato il volto e lo hanno lasciato morire all’interno della cassa, sigillata e poi spedita, senza che sia stata toccata sino ad oggi. Il corpo è rimasto pressoché integro a causa della presenza del ghiaccio secco, usato per la conservazione delle ostriche durante il trasporto, il che rende piuttosto difficile stabilire con precisione la data di morte. Per ora questo è tutto quello che abbiamo. Sulla cassa non sono state rilevate impronte, era pulita. Sia il colpevole che tutti i lavoranti che l’hanno maneggiata devono aver indossato guanti nel farlo..»

 

«Capisco, ottimo lavoro.»

 

Si rivolse dunque proprio al capo squadra, domandando anche a lui, di fornire la sua deposizione - «Sono Uma Minoru (48 anni), ero stato informato anch’io da Tachibana-san della presenza di una cassa da maneggiare con cura, perché il suo contenuto era importante, all’interno del carico in arrivo oggi. Ci sarebbe stata l’adesivo con scritta “fragile” posto sul fronte della cassa, ed una macchia di vernice rossa sul coperchio. Mi aveva avvisato, sarebbe venuto a ritirare ciò che era contenuto nel suo doppio fondo accompagnato da Anami-san. Oltre a questo, non ero informato su cosa fosse esattamente; mi era stato detto che la partita di ostriche in quella cassa non sarebbe stata influenzata. Quindi aprendo la cassa mi sarei aspettato di trovare qualcosa in mezzo alle ostriche ed al ghiaccio, certo… ma non pensavo di doverne tirare fuori il corpo senza vita di un uomo.»

 

«Posso immaginare...» - replicò Takagi.

 

«Sembra proprio che lei sia quello con i maggiori collegamenti con l’intera faccenda Tachibana-san, mi dica quando ha avuto notizie della vittima l’ultima volta?»

 

«N-Non sospetterà di me spero Ispettore! Le assicuro che non posseggo alcuna pistola e non farei mai nulla di così terribile!» - balbettò l’uomo, bianco quasi come un lenzuolo.

 

«Non sto dicendo nulla di simile, non abbiamo ancora abbastanza elementi per sospettare di lei. Risponda alla domanda per favore.» - rispose l’ufficiale, portando le mani avanti in atteggiamento di mediazione, quando Ryūji si sporse verso di lui protestando.

 

«V-Va bene… ho parlato con il suo segretario la settimana scorsa, quando abbiamo preso accordi per questo giorno, non ci siamo mai incontrati di persona...»

 

«Mmm… capisco. Quindi non ha mai neanche parlato direttamente con la vittima. Questo caso potrebbe rivelarsi più complicato del previsto…» - borbottò Megure, portandosi l’indice sinistro sotto il mento in atteggiamento riflessivo - «Dunque ricapitolando, abbiamo un prezioso di grande valore scomparso, il suo proprietario deceduto per un colpo di 9 mm al petto, e ancora nessun indizio sul colpevole...»

 

«Ispettore Megure!» - l’agente Chiba, giunse ansimando dall’ingresso più vicino che portasse al porto, sembrava piuttosto agitato, difatti l’ispettore si preoccupò subito di chiedergli perché avesse tanta fretta. Chiba, ancora con il fiato corto, cominciò subito a spiegarlo, tra un respiro e l’altro - «Ho… Ho telefonato alla Nichiuri Tv e come dichiarato da Tachibana-san, era in programma uno speciale su quel diamante… solo lui sapeva dove sarebbe stato consegnato, non ha informato nessuno all’interno degli studi per ragioni di sicurezza.»

 

«Bene. Pare che le sue dichiarazioni siano confermate Tachibana-san...»

 

«C’è… c’è dell’altro…!» - interruppe Chiba - «Ho parlato anche con i responsabili della sicurezza e mi hanno informato che… l’altro giorno è stato recapitato alla stazione televisiva un preavviso di furto per il Giallo Austriaco… da parte di Lupin III!»

 

«««C-COSA?!?!»»»

 

Sussultarono all’unisono Megure, Takagi e Satō, la quale si era avvicinata, poiché aveva visto Chiba arrivare di corsa.

 

La detective subito si sporse in avanti - «Ne sei assolutamente sicuro Chiba?!»

 

«S-Sì, mi sono fatto recapitare una foto del biglietto via mail»

 

L’agente Chiba prese dunque il cellulare, mostrando il messaggio il cui allegato raffigurava chiaramente un biglietto in cui era annunciato il furto previsto per il giorno corrente e recante il simbolo della caricatura, associata al ladro in questione.

 

«Si può sapere perché non ce ne ha parlato subito? Lei doveva saperlo, giusto?» - chiese Takagi rivolgendosi all’uomo facente parte di quello stesso ambiente.

 

«Pensavo non fosse necessario lo sapeste. Anche perché questa mattina, un ispettore dell’interpol ha raggiunto la stazione televisiva, assicurandoci si trattasse di un falso.» - rispose Tachibana.

 

«E questo ispettore… per caso era...» - accennò Takagi, salvo essere interrotto da una voce profonda e graffiante proveniente dalle loro spalle, accompagnata dal classico rumore di qualcuno che cammina con le scarpe all’interno di una pozzanghera.

 

«Non è possibile fossi io, sono arrivato in Giappone circa mezz’ora fa. Probabilmente era Lupin, venuto a tastare il terreno. Ha scoperto che il diamante non era alla stazione televisiva ed ha indagato arrivando fino a qui. L’ha portato via proprio poco fa, ho provato ad inseguirlo, ma è riuscito a librarsi in aria come un uccello, lasciando a me la parte del cane bagnato.»

 

Il gruppo di investigatori rimase sconcertato dalla visione di un Ispettore Zenigata completamente zuppo, che stava comunque in piedi come nulla fosse, esponendo la sua versione degli eventi, come se nulla fosse.

 

«I-Ispettore Zenigata?»

 

Un paio di agenti vennero avvisati della presenza dell’ispettore, portandogli degli asciugamani almeno per evitare che prendesse un brutto raffreddore. Zenigata chiese chiarimenti sul caso. Era arrivato alla conclusione che lo scambio sarebbe stato effettuato al porto, grazie ad una serie di telefonate fatte anche al segretario della vittima, non appena ebbe scovato dai giornali giapponesi, il motivo del rientro di Lupin in patria. Gli era stato detto inoltre, alla richiesta di voler parlare con lui direttamente, che Yazici Erol, era partito per un viaggio di piacere in Europa da una settimana, più precisamente nel Nord della Francia; gli venne dato il recapito dell’uomo, ma non aveva avuto alcun modo di mettersi in contatto con lui. Anche il suo segretario precedentemente ammise all’investigatore, di non aver ottenuto da diversi giorni, risposte a e-mail e telefonate di lavoro importanti. Adesso ne era fin troppo lampante il motivo.

 

«È chiaro… grazie mille per l’aggiornamento.» - disse Zenigata - «Avete detto che è morto a causa di un colpo di 9 mm, giusto?» - domandò dando uno sguardo all’ispettore ed i suoi uomini.

 

«Esatto» - annuì l’agente Satō - «La balistica ancora non ha prodotto i risultati, per capire da quale arma è stato sparato, ma il proiettile proviene da una 9 mm, di questo siamo certi.»

 

«Capisco…» - disse Zenigata, facendosi pensieroso - «Sappiate che è solo un’ipotesi, ma… c’è la possibilità sia stato Lupin a sparare a quell’uomo.»

 

«Dice davvero?» - domandò Megure - «Cosa le dice che potrebbe essere stato proprio lui. Ha rubato il diamante. Perché mai avrebbe dovuto ucciderne il proprietario?»

 

«Questo non lo so» - ammise Zenigata con un sorriso amaro in volto - «Ma la pistola che Lupin usa abitualmente è una Walther P38, i cui proiettili sono proprio da 9 mm. Non possiamo certo escludere una simile pista, non trovate?»

 

«Ha ragione» - ammise Megure, per poi tornare a rivolgersi ai suoi uomini - «Takagi, intanto cerca di metterti in contatto con la ditta di spedizioni che si è occupato di questo carico. Fatti dare quante più informazioni possibili, soprattutto in caso ci siano stati dei problemi durante il trasporto. Chiba approfondisci questa “vacanza di piacere”, perpetrata dalla vittima,, qualcuno dovrà pur saperne qualcosa» - dicendo ciò Megure dette uno sguardo a Zenigata, di sicuro egli doveva essersi fatto dare tutti i dati necessari per poter fare delle ricerche più approfondite in merito, quest’ultimo annuì, come ad aver capito al volo i pensieri del parigrado - «Mentre Satō, tu affiancherai l’ispettore Zenigata, nella verifica della sua ipotesi, se lui sarà concorde. Forza a lavoro.»

 

«««Agli ordini!»»»

 

 

Vennero fatte ulteriori domande ai tre testimoni, prima di venire lasciati liberi di andare. Venne naturalmente detto loro di mantenersi a disposizione, in caso fosse necessario sentire ancora le loro testimonianze, o venissero portati nuovi elementi all’attenzione degli investigatori, per cui fosse richiesta la loro presenza in centrale.

 

Amami Emma, una volta fuori dal porto, prese la sua auto noleggiata quella mattina e si recò ad un bar lì vicino, prendendosi un drink, per poi cambiarsi in macchina, tornando ad essere Mine Fujiko. La presenza di Zenigata, così come il cadavere del proprietario del gioiello, non erano affatto parte del suo piano. Inoltre Lupin non solo era sospettato per il furto – come lei voleva –, ma anche dell’omicidio di un uomo che non poteva aver commesso. E lei lo sapeva bene ed anche Zenigata avrebbe dovuto saperlo, standogli sempre alle costole… Fujiko si convinse che quella dichiarazione, l’ispettore l’avesse fatta di proposito, per far abbassare la guardia al vero responsabile… oppure a lei stessa, visto che era l’unica a sapere quel che stesse accadendo.

 

«No… no forse sto pensando troppo.» - scosse la testa, mentre si dirigeva verso il suo Hotel - «Non può avermi scoperta tanto facilmente. E non devo neanche farmi prendere dal panico. Se qualcuno oltre a me sta tentando di incastrare Lupin, la cosa non mi riguarda!» - affermò con convinzione, salvo poi spostare lo sguardo altrove per qualche secondo - «Davvero… non mi riguarda affatto… Giusto! Ora tutto ciò a cui devo pensare è festeggiare la buona riuscita di questo colpo! Dev’essere tutto perfetto per quando Kiddo-sama verrà a consegnarmi il gioiello. Sì, è questo il modo di vedere le cose.»

 

Premette a tavoletta sull’acceleratore, per arrivare al più presto e farsi un bagno caldo, programmando di ordinare anche qualche stuzzichino ed un po’ di champagne, per quella sera. Non poteva lasciare che qualche “piccolo” dettaglio fuori posto, rovinasse la sua euforia. Tra qualche ora, avrebbe potuto stringere tra le mani quel tesoro perduto ormai da un secolo.

 

 

Durante quella giornata, la notizia dell’omicidio scoperto nella zona portuale prese possesso delle vetrine dei notiziari, non furono rivelati troppi dettagli, se non che la vittima era il proprietario del diamante da lungo tempo scomparso e quest’ultimo aveva acquisito quel medesimo stato, poiché non era pervenuto sotto la custodia del responsabile della banca, incaricata di custodire il prezioso.

 

«”Attualmente, l’ispettore dell’interpol Zenigata Kōichi si è unito alle investigazioni al fianco della sezione omicidi della Polizia Metropolitana. L’ispettore Megure ha chiarito che il furto del diamante e l’omicidio del suo proprietario, cui è stato confermato essere la vittima; i due casi potrebbero non essere collegati. Tuttavia, le due agenzie lavoreranno fianco a fianco per una più rapida risoluzione del caso. Ed ora, possiamo alla politica [...]”»

 

Un bicchiere colmo di ghiaccio e tentennò, mentre veniva poggiato con un colpo deciso sul tavolo in legno, sul cui era disposta una cena a base di sushi piuttosto costosa. Il responsabile di quell’azione rumorosa, emise un sospiro di soddisfazione, per poi grugnire nei confronti dello schermo della televisione, posto alla sua sinistra.

«Ngh… quante storie! Perderanno solo tempo a cercare due colpevoli, è ovvio che è stato quel ladro a freddare il tizio, per mettere più facilmente le mani su quella pietra. Dovrebbero concentrarsi sull’acciuffare Lupin III e basta!»

Un paio di occhiatacce, gli furono rivolte da parte degli altri due occupanti del tavolo, per ragioni differenti. Ran sospirò, prima di allungare il braccio destro ed afferrare con le bacchette un nigiri di salmone dal vassoio sul quale il sushi era posto, per avvicinarlo a sé ed inzupparlo brevemente nel suo piattino contente la salsa di soia.

«Piuttosto Otōsan, perché non mangi, invece di borbottare di continuo? Non ti lamentare poi se io e Conan-kun finiamo tutto ciò che ti piace di più.»

 

«Va bene, ho capito, ho capito.» - sbuffò l’uomo con i baffetti, data l’aria di rimprovero stampato sul viso della figlia, dato che aveva bevuto già qualche birra, senza aver praticamente toccato cibo.

 

L’espressione di Ran, non si modificò più di tanto vedendolo servirsi qualche pezzo di sashimi, continuò per vari secondi a fissarlo con gli occhi ridotti a due fessure e con un sopracciglio leggermente alzato.

 

«Comunque… mi sembra strano questo caso. A partire dalla vittima sigillata nella cassa...» - si disse per poi prendere a sua volta un pezzo di sashimi - «Non pensi anche tu ci sia qualcosa di sospetto, Conan-kun?» - domandò voltandosi verso il bambino.

 

Conan nel frattempo, fissò con estrema concentrazione le poche immagini che fu concesso di girare alla troupe televisiva della Nichiuri, dopo che l’area era stata sgombrata dal corpo nonché dalle varie prove, rimaneva solamente l’area trincerata dal nastro giallo con scritto “Keep Out”, un furgone per il trasporto ittico aperto e pochi altri dettagli. Aveva accesso a troppe poche informazioni, per poter delineare uno scenario preciso. Ran aveva ragione, perché infilare quell’uomo in una cassa? Come c’era arrivata esattamente? Avrebbe avuto senso se tra gli ultimi contatti della vittima ci fosse qualcuno di operante nel settore della pesca, magari una ditta di import-export, dato che la merce proveniva da chissà dove oltreoceano; il ragazzino con gli occhiali annuì con un sorrisetto.

 

«Hai ragione Ran-nēchan, è proprio un luogo strano dove nascondere un corpo. Comunque neanch’io penso che Lupin sia coinvolto in questa storia. Probabilmente ha rubato il gioiello ed ora sarà già in viaggio per lasciare il paese, soprattutto ora che è ricercato per omicidio.»



Lupin aveva passato l’intera giornata a monitorare gli studios della Nichiuri nel suo travestimento, ricevendo la notizia di ciò che era accaduto, come chiunque tramite in quel luogo, grazie alla telefonata fatta dall’agente Chiba per chiedere informazioni sullo speciale in programma per quel giorno. Com’era prevedibile nessuno all’interno della stazione televisiva perse tempo e venne radunato un gruppo di persone per accorrere sul posto così da avere delle immagini in “esclusiva”, ed il giusto repertorio da usare per giustificare la mancanza di quel servizio in particolare, rimpiazzandolo con un reportage dedicato al presunto colpevole dei due reati verificatisi al porto. Naturalmente il diretto interessato, non era responsabile di nulla, anzi! Nei panni di assistente aveva aiutato a piazzare le luci e regolare le luci, ci avevano messo delle ore e poi non aveva la minima idea di chi fosse l’uomo proprietario del gioiello almeno fino a qualche ora prima. Aveva un alibi di ferro lui e la cronologia del portatile a confermare la sua estraneità ai fatti, benché non lo potesse minimamente usarle. Accompagnò la troupe sul posto, riuscendo a dare un’occhiata in giro, fu fatta qualche domanda al supervisore che non poté riferire granché dato che le indagini erano in corso,, mentre non poté avere modo di approfondire la possibile presenza di individui sospetti, perché non vi era nessun altro a cui chiedere dato che quella zona era stata isolata e gli operai mandati a casa, dunque tornò semplicemente indietro. Uno dei responsabili del gruppo, avendolo visto lavorare ininterrottamente dalla mattina, colse l’occasione per consigliargli di tornare a casa, ed il ladro non se o fece ripetere due volte. Prima però decise di recarsi in bagno in modo da poter espletare i propri bisogni. Era piuttosto nervoso, quindi non appena si fu assicurato di essere solo, liberò un sospiro infastidito, mentre si dirigeva verso il bagno degli uomini, prendendo possesso di uno dei cubicoli del bagno:

«Tsk, che razza di giornata!» - sbuffò chiudendosi la porta alle spalle con il chiavistello e slacciandosi i pantaloni così da liberarsi.

«Com’è potuto succedere… mio dio… quell’immagine non mi uscirà più dalla testa...»

Un piagnisteo soffocato si innalzò dal cubicolo di fianco al suo, cosa che fece subito allungare l’orecchio del ladro, per avere un ascolto più attento.

«Sapevo che accettare di far trasportare quel gioiello via mare, era una pessima idea, avrei fatto meglio ad autorizzare uno scambio a mano...» - singhiozzò la voce - «La signorina Anami mi ha assicurato che nessuno avrà problemi… però mi se3nto un verme neanche lo avessi rubato io quel diamante. E se la polizia sospettasse di me? Sarei rovinato… perderei il posto per cui ho lavorato sodo...»


Non appena ebbe finito, Lupin tirò la sciacquone ed il pianto s’interruppe di colpo; decise dunque di salire in piedi sulla tazza, ed arrampicarsi sulla parte superiore del cubicolo, in modo da guardare in faccia quel disperato omuncolo. Il quale alzò la testa e sgranò gli occhi nel vedere qualcuno affacciato dal cubicolo alla sua destra intento a fissarlo sorridendo.

 

«E-Ehi e tu chi sei?»


«Chissà, al momento mi piace chiamarmi… Tachibana Ryūji»

Asserì Lupin con fare divertito, mentre l’altro sentendo pronunciare il suo nome, impallidì. Forse aveva capito chi aveva davanti, oppure era solo rimasto sconvolto dal fatto che il ragazzo con in testa un berretto dello staff, avesse appena riprodotto la sua voce, fatto sta che prese ad urlare tanto forte, tentando di darsi alla fuga, ma fu tanto maldestro da non riuscirci. Il ladro ebbe quindi il tempo di scavalcare, arrivando alle sue spalle con un sorriso divertito, Tachibana tremante si voltò trovandoselo quasi ad un palmo dal naso, quando Lupin esclamò un semplice:

«Bu!»

Ciò fu abbastanza perché l’ometto dette una testata alla porta, nella foga di tentare di fuggire verso il nulla, tanto forte da fargli perdere i sensi. In una situazione normale Lupin si sarebbe anche piegato in due dalle risate, ma aveva cose ben più importanti da fare, cercò nelle tasche di Ryūji trovandone il telefono cellulare, modello americano con l’impronta digitale, che sbloccò senza neppure fare fatica. Quel nome pronunciato poco prima, “Anami” lo aveva già sentito durante la stessa giornata, ne parlavano altri due tecnici, una bellissima donna bionda dalle forme prorompenti, aveva incontrato quella mattina il signor Tachibana nel suo ufficio, prima di uscire con lui per andare a ritirare il prezioso. Uno dei ragazzi, riuscì a farle anche una foto di sfuggita, un po’ sfocata però non ebbe dubbi non appena la vide, era la donna che cercava. Spulciò le conversazioni scambiate precedentemente tra lui e la donna ed ebbe la fortuna che sperava: una di quelle conversazioni portava molto chiaramente la seguente dicitura:

[E-mail da Anami Emma]

“[…] se vuole possiamo incontrarci al mio Hotel. Alloggio all’hotel Haido City, stanza 315”

 

Per andare sul sicuro, fece anche partire una chiamata al numero in questione e quando questa venne accettata il “Pronto Tachibana-san? Come posso aiutarla?”, che fuoriuscì dagli speaker aveva un tono inconfondibile. Sulle labbra dell’uomo si delineò un sorriso marcato, adesso sapeva perfettamente dove andare per potersi riscattare. Attese la chiusura della chiamata dall’altra parte della linea, per poi rimettere nella tasca dove l’aveva trovato il cellulare e dare due pacche sulla medesima tasca.

 

«Grazie mille amico, mi sei stato davvero di grande aiuto.»

 

Detto ciò, aprì la porta del cubicolo del bagno, ed uscì dai servizi assicurandosi di lasciare la porta spalancata. Il primo che fosse entrato in quel bagno, avrebbe rinvenuto il poveretto svenuto, di certo ancora più paranoico e timorato dalla vita di quanto già non fosse.

 

Fujiko sbuffò in maniera pronunciata, buttando il cellulare sul letto, con aria accigliata.

 

«Uffa! Cos’era uno scherzo telefonico? Non ho tempo per questo genere di cose, sono una donna piuttosto indaffarata!»

Avvolta in un accappatoio di velluto verde con i capelli appena asciugati e vaporosi, Fujiko era intenta a passare sulla liscia e setosa pelle delle sue splendide gambe una costosa crema corpo. Dopo quella giornata tanto stressante aveva bisogno di una coccola di quel tipo. Aveva già deciso di indossare un abito scuro di modo da far risaltare maggiormente gli abiti del suo ospite. La sua scelta era ricaduta su di un tubino blu notte abbinati ad un paio di stivaletti neri. Un tocco più caloroso lo avrebbe dato con il trucco, con un lip gloss rosso, ed uno smalto color pesca. Indosso anche un bel pendente ed un paio di orecchini vistosi, ornati da rubini, un regalo di uno dei suoi tanti pericolosi “amici”.

 

Una volta pronta, ordinò una bottiglia di bordeaux, del succo di frutta e qualche stuzzichino, non le restava altro da fare che aspettare l’arrivo del suo collega, con il suo prezioso bottino. Non perse tempo a stappare il vino e riempirsene una coppa, assaporandola distesa sul letto. Si sentiva un po’ come fosse Paolina Bonaparte sul suo triclinio, sotto gli occhi di tutti e nonostante ciò talmente bella da possedere quasi un’aria divina.

 

Quanto a KID, dopo la consueta cena a casa Nakamori, quando la luna fu ben alta in cielo, uscì in volo alla volta dell’Hotel in cui la ladra alloggiava. Controllò subito in controluce la gemma sperando di trovare quello scintillio rossastro, quel prezioso nel prezioso che la identificasse come il gioiello chiamato Pandora; le sue aspettative furono ampiamente deluse, eppure sul suo voltò prese posto un’espressione piuttosto sollevata.

 

«Ah…! Ho preso un granchio per l’ennesima volta, però…» - il ragazzo frugò nella tasca dei propri pantaloni estraendo da essa un fazzoletto in cui avvolse il Fiorentino, riponendolo poi nella tasca interna della giacca - «In questo modo evito di dovermi rapportare ulteriormente con quella donna. Ho un brutto presentimento su tutta questa storia, soprattutto dopo quello che è successo...»

Aveva visto anche lui i notiziari e sapeva bene cosa significava venire incastrati a quei livelli, non voleva essere coinvolto ulteriormente. Con questo presupposto in testa, ed avendo precedentemente controllato la posizione della stanza n° 315, Kaitō atterrò in tutta tranquillità sul balcone illuminato corrispondente. Le tende erano chiuse perciò bussò ripetutamente al vetro della finestra, in modo da farsi accogliere, avrebbe anche potuto aprirla con i suoi ferri, ma era stato invitato e per di più, forzare il suo ingresso nella stanza di una collega, gli sembrava per certi versi davvero ridicolo. Attese con le mani in tasca, per meno di un minuto. Quando le tende vennero scostate e la finestra sbloccata, si ritrovò di fronte una Fujiko Mine più avvenente che mai, anche fin troppo per i suoi standard, che si fece subito da parte per farlo accomodare.

«Buonasera, Fujiko-san» - salutò portando il cilindro al petto, il mago del chiaro di luna, per poi indossarlo nuovamente.

 

«Benvenuto Kiddo-sama, accomodati pure.»

 

«Grazie mille, con permesso.»

 

Kaitō si fece dunque strada oltre la finestra, raggiungendo la parte interna di quella stanza ben arredata, con prevalenza di colori sui toni del rosso, che andavano dalle tende, al copriletto, ai divanetti e anche alla moquette di cui era ricoperto il pavimento, impreziositi da qualche tocco di bianco e marrone dei mobili. Dette un occhiata al tavolino da caffè con su qualche snack salato, un bicchiere già versato di succo di frutta ed una bottiglia aperta di vino, notando solo in un secondo momento che Fujiko stava reggendo un calice pieno dello stesso vino rosso.

 

«Avanti serviti pure, qualunque sia la notizia che mi darai, questo colpo va celebrato. Siediti e mangia qualcosa.»

 

Lo invitò la castana, una volta accostata la porta del balcone, avvicinandosi a sua volta verso i divanetti, per potersi sedere lei stessa.

 

«Sei gentile, ma non penso di fermarmi molto.»

 

«Oh, è perché no?» - ribatté quasi con aria delusa la ladra, superando Kaitō, ed allungando la mano destra verso la sua cravatta rossa - «Stai facendo aspettare la tua ragazza?»

 

Il liceale si fece una breve risatina nervosa, grattandosi appena la guancia - «Ma no, niente del genere…»

 

Fujiko approfittò di quel frangente per spingere il ragazzo verso il divanetto, senza mollare la presa sulla parte terminale della sua cravatta, rimanendo a lato poggiata contro il bracciolo, posta così da sovrastare il mago.

 

«Benissimo, allora che fretta c’è?» - un sorriso malizioso si dipinse sulle labbra della donna, che si mosse subito dopo essersi assicurata di aver innervosito abbastanza il ragazzo, per andare a prendere quel bicchiere di succo di frutta, che aveva preparato per lui - «Quindi? Hai qualche sorpresa gradita per me, oppure no?»

Dopo lo shock iniziale dell’esser stato costretto a sedersi essendosi di conseguenza infossato sulla seduta come se la pressione atmosferica lo avesse schiacciato di colpo, Kaitō riprese una postura accettabile, schiarendosi la gola con un leggero colpo di tosse.

 

«Più che gradite mi auguro» - disse ripescando fuori dalla tasca il diamante giallo – «A quanto pare non è il gioiello che cercavo, per cui come da accordi, potrai averlo.»

Tese in avanti la mano con il fazzoletto contenente il Fiorentino, mentre la ladra gli porse il bicchiere con la sua bibita. Non appena lo ebbe tra le mani Fujiko non perse tempo e con grande cura, scostò i lembi di stoffa dalla superficie del diamante, rimanendo quasi senza fiato, di fronte a quello splendore.

 

«Oh… è magnifico. Quasi più bello di quanto non sembrasse in foto.»


Mentre la donna contemplava quel prezioso oggetto, il giovane si godette quel succo di frutta all’albicocca, non appena ebbe finito si alzò passando accanto alla donna in modo da posare il bicchiere sul tavolino, tentando poi di sgattaiolare, pian piano verso la finestra aperta, per defilarsi il più in fretta possibile. Tuttavia Mine non era certo nata ieri e si accorse dei suoi movimenti e lo raggiunse senza difficoltà, abbracciandolo da dietro e sussurrandogli all’orecchio.

 

«Comincio a sospettare tu mi abbia mentito Kiddo-sama… davvero vuoi mettere fine alla nostra seratina tanto in fretta?»

 

«Ecco… veramente avrei delle cose da sbrigare...»

 

«Mmm… davvero? Ed è più importante che celebrare la buona riuscita di un colpo? Allora dev’esserci davvero di mezzo una ragazza. Quasi quasi sono gelosa.»

Le abili dita della donna, si mossero lungo la giacca bianca del mago alla ricerca di qualcosa, in quel frangente, per quanto fosse un esperto della fuga, Kaitō non riuscì a muovere un muscolo, ogni suo tentativo di spostarsi verso la finestra aperta era bloccato dalla presa di Fujiko, nonché dalla sua vicinanza. Era piuttosto sicuro che qualunque cosa lei stesse tentanto di raggiungere, non l’avrebbe trovata facilmente, infatti aveva addosso ogni genere di materiale per trucchi di magia; ella stessa continuò a far scorrere le mani sul petto fino ai fianchi del liceale, perché impossibilitata ad individuarne indosso il cellulare. Non le avrebbe creato problemi cercare anche nelle tasche dei suoi pantaloni, tuttavia era meglio non trascurare ogni forma che poteva percepire al di sotto della stoffa, prima di passare al prossimo indumento.

 

«Sai… è un vero peccato tu sia ancora così giovane… anche se questo in realtà è solo un punto a tuo favore.»

Kuroba stava valutando di usare alcune delle sue sfere fumogene per liberarsi da quella scomoda posizione, nel frangente in cui la ladra allentò l’abbraccio con l’intento di controllare le altre tasche, quando un rumore proveniente dal corridoio, gli impedì di portare a termine quell’idea, e fermò di punto in bianco anche la ricerca di Fujiko. All’inizio sembrava quasi si trattasse di un animale, cui grugniva come un ossesso e scalpitava in maniera impressionante sulle assi del pavimento, poi man mano che il suono si faceva più vicino si cominciarono a distinguere delle parole, o per essere più precisi un nome:

«FUJIIIKOOOO»

 

«Oh? Ma questa voce-»

Il mago del chiaro di luna ebbe istintivamente un brutto presentimento, se lei aveva riconosciuto quell’urlo animalesco, allora questo non poteva significare altro che guai. Fujiko si voltò verso la porta, mentre le urla e gli strepiti si fecero più vicini, fino a che dei colpi ripetuti molto forti, come di spallate date con quanta più forza possibile, raggiunsero la porta della stanza in cui si trovavano, facendola tremare in maniera evidente. Ci vollero tre spallate belle forti, prima che la porta cedesse, aprendosi e rivelando oltre la soglia, la figura di un uomo dai capelli corti scuri, basette pronunciate, giacca rossa e cravatta gialla, ansimante, scomposto come chi ha appena corso inseguito da qualche animale feroce, se non che, l’aria da predatore, c’è l’aveva proprio quell’individuo, ben dipinta in volto. Nel vederlo, Kaitō non provò nemmeno a dissimulare il terrore che provò; non riuscì a non pensare di essersi davvero messo nei pasticci, assecondando il piano di quella donna.

 

«Lupin!» - lo chiamò dunque indignata Fujiko, non appena lo ebbe di fronte, accigliandosi subito dopo, voltandosi nei suoi confronti, incrociando le braccia al petto - «Ma sei completamente impazzito? Che modi sono questi?! E poi che diavolo ci fai tu qui si può sapere?! Non dovevi essere in America...»

Con ancora il fiato corto, dopo lo sforzo fatto per abbattere la porta, Lupin iniziò a ridere in risposta a quella domanda, poi quando ebbe ripreso una frequenza di respiro regolare, ancora piegato in avanti con le mani sulle ginocchia, cominciò a parlare - «Ecco, proprio come immaginavo… Credevate sarei rimasto a guardare mentre mi rovinate, bé non è così!» - disse facendosi poi strada all’interno dalla stanza, con le mani in tasca ed un’espressione alterata - «Cosa ci faccio io qui? Diciamo che sono venuto a prendermi la mia parte di bottino, ti va bene come risposta, Fujiko-chan? Oh, e naturalmente sono qui anche per farla pagare a quell’impostore da quattro soldi che ti ha dato una mano a infangarmi.»

Lupin fulminò il ladro in bianco con lo sguardo, mentre costui tentava di sottecchi di allontanarsi, sperando invano di non essere notato. Fujiko si avvicinò prontamente frapponendosi tra KID ed il campo visivo del compagno, con espressione piuttosto seria, rispetto al sorrisetto soddisfatto disegnato sulle labbra del ladro franco-giapponese.

 

«Eh no! Te lo puoi scordare. Non c’è nessun bottino da dividere con te, Lupin non ci pensare nemmeno chiaro?.»

 

«Come no! C’è eccome!» - disse Lupin indicando il diamante poggiato sul tavolino - «Per colpa di questo vostro giochetto non sono solo ricercato per furto, mi vogliono anche appioppare un omicidio, un minimo di compensazione mi farebbe comodo, visto che avete usato il mio nome e la mia faccia!» - sbottò Lupin alle parole della donna, indicando in un modo convulso KID, per poi aggiungere - «Senza contare che ha causa vostra ho dovuto rinunciare ad un furto programmato. Quindi come la mettiamo, eh?!»

«Hmph! I tuoi problemi non ci riguardano.» - replicò disinvolta Fujiko, con un lieve sorrisetto divertito, ponendosi a difesa di quel prezioso, come un’orsa con i propri cuccioli - «Hai rifiutato di farmi questo favore, ho semplicemente cercato qualcuno di più valido a cui interessasse l’offerta, tutto qui. Kiddo-sama ha avuto fiuto, si tratta di affari; il resto sono solo danni collaterali, con cui dovrai imparare a convivere. Mi dispiace cherì» - dichiarò con una docile alzata di spalle. Indicò poi la porta aperta da cui era entrato - «Se ti è tutto chiaro, puoi anche togliere il disturbo. Sappi che hai interrotto un colloquio tra pari. Con questo direi che non abbiamo più niente da dirci, giusto?»
 

Lo imbeccò la donna con uno sguardo malizioso.


«Oh capisco» - rispose accigliandosi Lupin III - «Quindi è così che lo chiamano adesso... Guarda che non è niente più che un ragazzino, puzza ancora di latte. Altro che “colloquio privato”, secondo me i tuoi approcci lo spaventano un po’ sai.» - disse esternando un ghigno divertito, lanciando un rapido sguardo verso la finestra.

Quell’ultima frase fece assumere alla donna un’espressione contrariata, oltre a darle un leggero prurito al naso, per il fastidio che le dava, l’idea l’uomo in rosso avesse ragione.


«Mh?»

 

Seguendo il movimento delle pupille del collega, Fujiko si voltò non ritrovando più la figura di KID alle proprie spalle, bensì in piedi sulla ringhiera del balcone, con la lieve brezza notturna che lo scuoteva. Dopo aver rivolto un’occhiataccia nei confronti di Lupin, si precipitò anch’ella sul balcone, tentando di adoperare tutta la dolcezza possibile, per convincere il ragazzo ad intrattenersi con lei un po’ più a lungo.

«Kiddo-sama, perché non torni dentro, ti faccio portare qualcos’altro da bere, tanto Lupin se ne stava giusto andando, non è così?»

 

Batte le palpebre con aria da cerbiatta sperando di fare un qualche effetto al mago, il quale era solo leggermente voltato in modo da poter osservare quegli onorati colleghi, con cui aveva avuto la sfortuna di invischiarsi. Intanto il principe dei ladri, raggiunse ad sua volta i due, aggiungendo alla supplica della donna:

«Sì, coraggio! Che fretta c’è non ho ancora avuto modo di congratularmi per il tuo successo. Non vorrai lasciarmi qui a bocca asciutta, non sarebbe carino!» - affermò ironicamente, fissando infastidito il giovane Kuroba.

Quell'affermazione, fece correre scintille: tra Fujiko che fissava Lupin che aveva rovinato il suo divertimento per la serata, Lupin che fissava KID con una nota pronunciata di disprezzo e KID che si sentiva distrutto, neanche avesse compiuto una delle dodici fatiche di Ercole. Dopo essersi dato una lieve grattatina alla fronte, sollevando appena il cilindro, Kaitō si rivolse loro con un sorriso spavaldo e trionfante dei suoi, nonostante stesse sudando freddo, visto le pressioni di quella coppietta atipica e senz’altro non priva di sorprese.

«Mi piacerebbe molto, ma temo dovremmo rimandare questo incontro ad un’altra occasione. Ho portato a termine quanto promesso, quindi per me è proprio giunta l’ora di andare.»

 

Si sporse in avanti, prendendo con delicatezza la mano di Fujiko con la propria guantata di bianco, apponendovi su un lieve bacio, prima di portare la stessa mano sulla falda del suo cilindro, sollevarlo di qualche millimetro in segno di saluto, ed aggiungere un mesto:

 

«È stato un onore, poter collaborare con lei, signorina Mine Fujiko»

«A presto Kiddo-sama!»


Lupin osservò la scena con espressione inebetita. Gli sembrava quasi di assistere ad una scena smielata di un film romantico di quarta categoria. Con un solo problema: il protagonista era un altro ladro, che faceva le moine alla sua Fujiko! Però non si trattava affatto di un film, quindi cosa gli impediva, di prendere a pugni qual damerino, anziché starsene lì impalato?!

 

Il liceale pose dunque la mano destra verso la falda del suo cilindro in segno di saluto - «Rincontriamoci di nuovo, con la complicità della pallida luna piena. Alla prossima!»

 

«Ma “alla prossima” un corno! Non ho ancora finito con te-»

 

“Lupin!! Non hai scampo! Ti dichiaro in arresto!!”

 

Nel sentire la voce famigliare dell’Ispettore Zenigata, Fujiko sussultò e si affrettò a prendere il Fiorentino avvolto nel fazzoletto, così da trovargli un nascondiglio, non individuabile neppure da Lupin che era lì con lei in quel momento e sebbene colto anch’egli alla sprovvista, rientrò all’interno della stanza, in maniera circospetta, affacciandosi verso la porta. Le frasi di minaccia da parte di Zenigata si susseguirono ancora per un paio di volte. Fu allora che Lupin lo notò. Niente rumore di passi frenetici, nessuna ombra in avvicinamento, di solito era una scheggia nel raggiungerlo ovunque si trovasse. Possibile che per un semplice corridoio ci mettesse tanto? E poi come faceva la voce a rimbombare chiaramente, senza traccia della persona in questione?

Si era quasi dimenticato con chi avesse a che fare. Lupin una volta razionalizzato quel dettaglio, si fiondò letteralmente contro Kaitō, sul quale viso però si allargò di colpo un sorriso divertito. Una nuvola di fumo lo avvolse non appena il ladro in giacca rossa, si protrasse con il busto all’esterno del parapetto, non lasciando la minima traccia di sé, se non un denso fumo biancastro. Il ladro dalle basette pronunciate lo vide sparire, mentre il suo deltaplano si allontanava nella notte; lui invece poté vedere l’asfalto da quell’altezza, talmente aveva la testa rivolta verso l’esterno. Per fortuna ebbe la prontezza di riflessi di attaccarsi alla ringhiera del balcone con le mani, tirandosi poi al sicuro, cadendo a sedere con una faccia stralunata a causa dello spavento. Tirò un sospiro di sollievo, per poi alzare una mano stretta a pugno.

«Razza di bastardo! - grugnì - «Aspetta KID! Dove pensi di scappare!! Lascia solo che ti metta le mani addosso e vedi come ti riduco!»

 

Lupin si fiondò dunque fuori dalla stanza di albergo di Fujiko con , la quale accigliata sbuffò, prima di sentirsi sollevata dal fatto che nonostante quella scenata esagerata, il diamante fosse finalmente in suo possesso in tutto e per tutto. Il suo calice di vino ormai era imbevibile, quindi seccata, lo vuotò nel W.C. del bagno scaricando l’acqua. Era rimasta in ogni caso irritata da quella visita, quindi decise che il modo migliore per smaltire il nervosismo, fosse andare a farsi un bel giro in auto. Prese quindi le chiavi dell’auto a noleggio e si diresse fuori dalla porta rimasta ancora aperta dall’incursione avvenuta, chiudendosela alle spalle e chiudendola con la chiave fornita dall’hotel.

 

Una volta uscito dall’Hotel Haido City, Lupin prese subito la sua F.I.A.T , con tutta l’intenzione di mettersi all’inseguimento del deltaplano bianco in fase di allontanamento. Peccato che Kaitō avesse avuto modo di recuperare la sua moto, posteggiata da Fujiko nel parcheggio riservato dell’Hotel, ed una volta sparito in quella nube di fumo, fosse disceso grazie al suo bastone munito di palloncino, tornando ad un completo più discreto, andando quindi a recuperare il suo mezzo, dileguandosi nella notte senza troppi problemi. Una volta che fu abbastanza lontano e diretto verso il quartiere Toshima ad una buona velocità si concesse di poter tirare un bel sospiro di sollievo.

 

«Fiù…! Per un attimo ho temuto il peggio. È stato davvero un pessimo investimento.» - sbuffò assottigliando lo sguardo - «Mi sento a pezzi… Non vedo l’ora di tornare a casa per farmi una bella dormita!»

 

Per scaricare i nervi, Fujiko dette quanto più gas possibile, aveva preso proprio per questa ragione una stradina secondaria, per poi sbucare in autostrada e fare un bel viaggetto, aveva una mezza idea di recarsi fino a Shinjuku, molto animata di sera, sperando di trovare della buona compagnia. La guida spericolata era senza dubbio il suo forte, per cui non si faceva certo problemi a premere più del dovuto sull’acceleratore. Anzi, era proprio dell’umore giusto per una bella corsa. Un sorriso divertito difatti le si disegnò in viso quando un’automobilista volle in qualche modo “sfidarla”. Naturalmente Fujiko lo distanziò tanto da poter dire di avergli fatto mangiare la polvere.

 

«Ah-Ah! Ci hai provato amico, non è la tua notte fortunata a quanto pare!»

 

Commentò la ladra, cui andò per per ridurre la velocità, in prossimità di una curva.

 

«Ehi... Cosa significa?!» - sgranò gli occhi la donna - «Oh no!»

Fu quando andò a premere sul pedale, così da sterzare in tutta tranquillità, però Fujiko si rese conto che la macchina non stava minimamente rallentando. Fece per allungare la mano destra verso il freno a mano, tuttavia non ebbe il tempo di tirarlo indietro poiché l’auto sfondò a piena velocità il guard rail, facendo finire l’auto all’interno di un burrone. L’airbag esplose con forza contro il viso della donna, il quale ricadde sul clackson, i finestrini ed il parabrezza si frantumarono. Fujiko perse i sensi per l’impatto violento. In quel frangente, il cellulare della ladra contenuto nel portaoggetti, vibrò per l’arrivo di una notifica.

 

 

[Messaggio da Sconosciuto]

 

“Mi prenderò cura del diamante. Adieu, mademoiselle Fujiko.”

   
 
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