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Autore: Claire Riordan    11/06/2020    2 recensioni
Remake del nuovo decennio di una mia vecchia, ma a me carissima, fanfiction, intitolata "Believe in Fate", riscritta in chiave più potteriana e meno "teen drama" americano, come era inizialmente nata, con una rivisitazione dei personaggi e delle loro storie.
Dal prologo: "[...] il Gran Galà del Quidditch prevedeva che Hogwarts mettesse in campo un'unica squadra, formata dai migliori giocatori della scuola, i quali sarebbero stati selezionati da un’apposita commissione composta dagli esponenti più importanti e competenti in materia. Questa squadra, poi, avrebbe dovuto competere con le più grandi nazionali di Quidditch del momento, tra le quali spuntavano i nomi di Inghilterra, Germania e Spagna, segnalate come le favorite per il grande torneo."
ATTENZIONE: nessun collegamento di nessun genere con "The Cursed Child".
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, Famiglia Weasley, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Scorpius si passò stancamente una mano sugli occhi. Da quando si erano ritrovati tutti e sette in quella saletta, Lily e Isabella non avevano smesso per un attimo di lamentarsi e battibeccare. Che aspettavano la Shacklebolt e i giudici a raggiungerli? Almeno avrebbero messo fine alla sua sofferenza, la sua pazienza stava davvero arrivando al limite.
«Sentite, voi due» intervenne, frapponendosi fra le ragazze «mi sembra ovvio che non vi sopportiate, ma ora siete nella stessa squadra, che vi piaccia o no. Quindi seppellite il vostro odio reciproco e iniziate a comportarvi da persone civili»
«Non esiste la civiltà, con questi qui» commentò Isabella, guardando con spregio quelli che sarebbero stati i suoi compagni di squadra.
«Nott, ti avverto» fece Lily, e Scorpius notò allarmato che la sua mano stava scivolando lentamente verso la tasca in cui avrebbe potuto tenere la bacchetta. Prima che potesse tirarla fuori, le balzò addosso senza pensarci due volte.
«Potter, no!» gridò, afferrandole il polso «Ti giocheresti il posto!»
«Tanto meglio!» sbottò lei «Ora, Malfoy, se non ti dispiace…»
Cercò di spingerlo via, ma con risultati piuttosto scarsi: Scorpius continuava a bloccarle il passo ogni volta che tentava di scagliarsi di nuovo su Isabella.
«E levati di mezzo!» esclamò ancora Lily.
«No!»
«Malfoy, giuro su mio padre che se non ti sposti, io ti…»
Un rumore di passi frettolosi proveniente dalle scale bloccò le parole di Lily, e Scorpius non poté che ringraziare immensamente la Shacklebolt e i giudici per aver deciso di presentarsi proprio in quel momento. Un attimo dopo, i quattro si palesarono nella saletta.
«Buonasera, Campioni» disse la Shacklebolt allargando le braccia, come a volerli abbracciare tutti sebbene il suo tono, notò Scorpius, celava una nota di disappunto «Sono certa che siate tutti molto entusiasti di essere…»
«Professoressa, ho una domanda» intervenne subito Noah, alzando la mano.
«Le domande dopo, signor Shacklebolt» tagliò Rowena seccamente, alle spalle della preside. Scorpius vide il Tassorosso lanciarle un’occhiata di fuoco: era certo che avrebbe voluto esprimere le sue obiezioni per via dell’ammissione di Isabella.
«Dunque» riprese la Shackklebolt «poiché è il signor Thomas l’organizzatore di questo torneo, lascio a lui il compito di illustrarvi come si svilupperà il Gran Galà del Quidditch»
Fece un cenno a Dean, che mosse qualche passo avanti per trovarsi di fronte ai giocatori.
«Grazie, Alethea. Ora, come già sapete» esordì «in questo torneo gareggerete contro le tre squadre nazionali nostre ospiti. Gli incontri verranno sorteggiati la sera prima dell’incontro, perciò scoprirete solo al momento dell’entrata in campo contro quale squadra giocherete»
«Che cosa?» sbottò Scorpius. Quel torneo si faceva sempre più strano, ed erano appena all’inizio: l’ammissione di una ragazza che non aveva l’età giusta per partecipare, Lily e Noah selezionati senza nemmeno aver fatto il provino, e ora questo. Che cosa c’era sotto? Perché li volevano così impreparati?
«Ha capito bene, signor Malfoy» asserì McLaggen, scavalcando il collega «Ad ogni modo, nessuno di voi conosce le tattiche delle squadre avversarie, perciò per voi sarebbe comunque un’incognita»
«Potremmo assistere ai loro allenamenti, per sapere come giocano» ribatté ancora Scorpius. Lui lo faceva sempre quando i Tassorosso si allenavano.
«Gli allenamenti saranno a porte chiuse, sia per loro che per voi» intervenne Rowena severa, affiancandosi a Thomas e McLaggen «Qualunque giocatore sorpreso a spiare gli avversari verrà espulso immediatamente dal torneo»
Scorpius riscontrò il suo stesso sguardo preoccupato e perplesso sui visi dei suoi compagni.
«Avremo almeno… che so, un allenatore?» domandò Grace «Qualcuno che possa darci delle dritte per affrontare dei professionisti?»
«Starà a voi studiare le tattiche giuste» rispose Rowena, squadrando la ragazza come se avesse detto chissà quale oscenità «Vi accorderete su chi di voi sarà il Capitano della squadra, per dirigere i vostri allenamenti, ma dovrete lavorare tutti quanti per studiare insieme gli schemi di gioco adatti»
«Le nazionali ce l’hanno, un allenatore!» sbottò Noah, contrariato.
«È previsto dal regolamento della Federazione del Quidditch» commentò McLaggen, col tono di chi sembrava volersi giustificare.
«Ma è una regola imparziale!»
«Nessuna squadra di Hogwarts ha mai avuto un allenatore» gli fece notare Rowena.
«Ma questa è una competizione con squadre che giocano a livello mondiale!» esclamò Scorpius, rendendosi conto solo in un secondo momento di aver urlato. Quella faccenda del torneo stava cominciando ad infastidirlo parecchio. Forse Lily non aveva tutti i torti ad essersi infuriata tanto.
«Ne eravate al corrente» Rowena gli rispose a tono «nel momento in cui avete fatto il provino. Conoscevate benissimo il livello della competizione, avreste dovuto…»
«Ma io non ho fatto nessun provino!» strillò Lily imbestialita, facendosi spazio tra i compagni di squadra.
«Non dica stupidaggini!» la redarguì la Temple «Se si trova qui, è ovvio che ha fatto il provino!»
«No che non l’ho fatto!»
«BASTA COSÌ!» gridò la Shacklebolt, zittendo tutti. Gli occhi dei presenti si fissarono su di lei: «Non ho accettato che Hogwarts ospitasse questo torneo per vedere giudici e giocatori urlarsi contro circa le questioni riguardanti la gara» disse furiosa, le narici dilatate dall’irritazione «Quindi, vi chiedo di tenere le vostre lamentele per voi, per il momento. Sarete liberi di discuterne in separata sede da domani»
Squadrò uno per uno i sette giocatori, per poi passare in rassegna i tre giudici con lo sguardo, probabilmente per testare l’effetto delle sue parole. Scorpius avrebbe voluto volentieri ribattere, ma in quelle condizioni si sarebbe certamente ritrovato vittima di qualche incantesimo bizzarro, o peggio, espulso. Perciò decise di tacere e ascoltare ciò che la preside aveva da dire.
«Bene» riprese, tirando un profondo respiro «Giocatori: la prima gara si terrà sabato venticinque novembre. Vi verrà consegnata una divisa che vi distinguerà come squadra di Hogwarts e sarete convocati dal direttore della vostra Casa per ritirarla pochi giorni prima dell’incontro. Come già annunciato dai giudici, la squadra che sfiderete verrà sorteggiata poche ore prima della gara e vi ricordo di nuovo che spiare gli allenamenti degli avversari è severamente vietato. Vi consiglio vivamente di cominciare a collaborare tra di voi, invece di continuare a bisticciare. Non crediate che non vi abbiamo sentito, prima di entrare qui»
L’ultima frase suonò spaventosamente minacciosa. Scorpius non poté fare a meno di lanciare un’occhiata a Lily ed Isabella, una con lo sguardo basso e colpevole, l’altra, le braccia incrociate sul petto, apparentemente impassibile.
«Sarete, inoltre, intervistati nei prossimi giorni dalla Gazzetta del Profeta e Quidditch Weekly, i giornalisti saranno qui mercoledì» continuò la Shacklebolt «Vi sarà comunicato nei prossimi giorni l’orario esatto. Ci sono domande?»
Scorpius non osava aprire bocca. Aveva deciso all’ultimo momento di fare il provino, ma mai al mondo avrebbe pensato che sarebbe stato scelto, lui l’aveva fatto quasi per gioco. E, in quel momento, si stava terribilmente pentendo di averlo fatto. Quel torneo era l’evento più truccato a cui avesse mai preso parte. Sempre ammesso che lo fosse. Ma doveva esserlo, non c’erano altre spiegazioni per giustificare la miriade di stranezze capitate fino a quel momento.
Osservò gli altri giocatori: tutti quanti sembravano aver perso l’intenzione di porre domande alla preside. Era stata assolutamente cristallina.
«Se non ci sono domande, vi auguro una buonanotte» disse la Shacklebolt, guardando severa la squadra. Nessuno osò ribattere. La preside fece quindi loro un cenno col capo e imboccò le scale che portavano in sala grande, seguita dai giudici. Quando ebbero lasciato la stanza, i sette ragazzi restarono impalati dov’erano, consapevoli che amici o no, a qualsiasi Casa appartenessero, avrebbero dovuto collaborare. Ora più che mai.
 
 
 
La mattina successiva alla proclamazione della squadra di Hogwarts, il castello era immerso in un innaturale silenzio. La sera prima, ogni sala comune aveva festeggiato i giocatori che avrebbero rappresentato la scuola contro le nazionali, e i festeggiamenti sembravano essersi protratti fino a tarda notte. Rose Weasley lo notò quando, verso le nove, scese in sala grande per fare colazione e solo pochi altri mattinieri sedevano ai tavoli delle quattro case.
Sedette al tavolo di Grifondoro, appena in tempo per vedere il gufo di casa Weasley planare verso di lei con la posta.
«Ehi, Bart» salutò il piccolo pennuto grigio, dandogli una grattatina sulla testa. Lui fischiò, sbatacchiando le ali, e Rose gli allungò un pezzetto di toast prima di sfilare dalla sua zampa la copia della Gazzetta del Profeta di quel giorno.
«Aspetta» disse al gufo. Sfilò dalla tasca dei pantaloni un foglio di pergamena piegato in quattro «Ho bisogno che porti questo a mamma»
Bart fischiò di nuovo, arruffando le penne.
Rose sbuffò «Quasi dimenticavo quanto sei pigro» borbottò, seccata «E va bene, userò uno dei gufi della scuola. Va’ a dormire, pelandrone»
Per tutta risposta, il pennuto fece schiccare il becco, risentito. Rose sollevò un sopracciglio e gli gettò un altro pezzo di pane. Bart lo becchettò tutto soddisfatto, poi allargò le ali e spiccò il volo, lasciando la sala grande.
«Mai visto un gufo tanto scansafatiche» brontolò, imboccando una cucchiaiata di fiocchi d’avena e, afferrando finalmente il giornale, notò la prima pagina: una bella foto dello stadio di Quidditch di Hogwarts occupava l’intero frontespizio, sormontata da un titolo a caratteri cubitali: “Gran Galà del Quidditch, il dado è tratto”.
Scosse la testa: quel cosiddetto torneo non la convinceva affatto. L’aveva scritto anche nella lettera che voleva mandare a sua madre: studenti dai nomi conosciuti in tutto il mondo magico, chi per discendenza da note ed antiche famiglie Purosangue e chi per essere figlio di personaggi che avevano salvato i maghi dal Signore Oscuro, ragazzine di tredici anni ammesse alla gara pur non avendo l’età per partecipare… c’erano troppi sotterfugi. Di certo, Hermione Granger, in quanto Ministro della Magia, ne sapeva di più su quella questione. E Rose voleva quelle risposte.
Finì in fretta la colazione prima di salire di nuovo al suo dormitorio, costretta dalla pigrizia di Bart a recuperare sciarpa, berretto e cappotto per recarsi alla voliera dei gufi. Stava attraversando il cortile, deserto tanto quanto l’interno del castello, quando un’inconfondibile chioma bionda, stranamente arruffata, attirò la sua attenzione: Scorpius Malfoy, nonostante la giornata cupa e fredda, se ne stava là, solo, appoggiato ad una balaustra, intento a fissare un punto imprecisato in lontananza, tutto infagottato in un brutto maglione grigio e pesante.
Immancabilmente, come ogni volta che lo incrociava da vicino, a Rose tornarono in mente le parole di suo padre Ron il suo primo giorno di scuola, quando vide per la prima volta il Serpeverde: “Non dargli troppa confidenza, Rosie. Nonno Arthur non ti perdonerebbe mai se sposassi un Purosangue.” Non si era mai spiegata il perché, ma aveva sempre preso quelle parole tremendamente sul serio. Scorpius Malfoy aveva un viso sottile, occhi chiarissimi e capelli di un biondo quasi platino, e se ne andava in giro ostentando un’insopportabile aria di superiorità. Sembrava un tipo piuttosto taciturno e serio, uno che non dava l’idea di essere esattamente un simpaticone. Perciò, stargli alla larga, come suggerito da Ron, era sempre stato estremamente facile.
Tuttavia, in quel momento, vederlo lì da solo, senza la sua solita cerchia di amici, immerso in chissà quali pensieri, lo fece apparire, agli occhi di Rose, molto più… umano. E, per la prima volta in sette anni, qualcosa la spinse ad avvicinarsi.
«Pioggia in arrivo?» lo canzonò.
Lui sobbalzò, ridestato dal suo silenzio pensieroso «Weasley?» borbottò, un po’ sorpreso e un po’ confuso «Che vuoi dire?»
Lei fece spallucce «Guardavi verso le montagne» disse «e mi chiedevo se, per oggi, dovessi aspettarmi… pioggia»
Scorpius aggrottò la fronte: Rose pensò che la sua battuta non l’avesse divertito «Che ci fai da queste parti?» disse infatti, in tono inacidito.
Rose sventolò in aria la lettera per sua madre «Devo spedire questa, stavo andando alla guferia» spiegò «Cerco di capirci qualcosa in più sul… Galà del Quidditch»
Scorpius sbuffò una risata, una risata amara, e scosse la testa «Beh, tanti auguri, allora» mormorò «Sembra che tutti sappiano qualcosa, ma che nessuno voglia parlare»
«Che intendi dire?»
«Che questo torneo è tutta una farsa» disse lui, frustrato.
«Beh, senza dubbio ci sono un sacco di falle nel regolamento» constatò Rose «ma addirittura una farsa? L’ha pur sempre organizzato un ufficio del Ministero»
«E pensi davvero che questo basti per giustificare tutte le incongruenze che ci sono?» continuò Scorpius, sempre sulla stessa linea «Avresti dovuto sentire Thomas e la Temple, ieri sera… perfino la Shacklebolt sembra aver capito che qualcosa non va»
«Ti riferisci all’ammissione di Isabella?» domandò Rose.
«Mi riferisco a tante cose» disse Scorpius stancamente, passandosi una mano fra i capelli, arruffandoli ancora di più «Questo torneo è… non lo so, è tutto sbagliato»
«Stavo andando alla guferia proprio per questo» disse ancora Rose «per mandare una lettera a mia madre. Chi meglio del Ministro della Magia in persona può dirci se c’è davvero qualcosa che non va?»
Scorpius scattò ritto in piedi, guardandola improvvisamente animato da un nuovo sentimento «Credi che possa farlo?» esclamò «Svelare la verità, intendo»
Rose si strinse nelle spalle «È quello che spero» sospirò «Non so fino a che punto possa rivelarmi certi… certi passaggi professionali»
Scorpius parve abbattersi di nuovo «È che… tutta questa faccenda mi fa così arrabbiare» ringhiò «Ci hanno messo con le spalle al muro e non abbiamo modo di dire la nostra. Dovremo fare tutto da soli, senza un allenatore, quindi saremo nettamente inferiori alle nazionali e… perderemo. Ovviamente»
«Credi che vogliano mettere in ridicolo la scuola?» gli chiese Rose, pensierosa.
Scorpius scosse la testa «No, non credo» rispose, le labbra arricciate in un’espressione che tradiva i ragionamenti che si rincorrevano nella sua mente «per quello basterebbe un articolo di Rita Skeeter. Credo ci sia sotto qualcosa di più grosso»
Rimasero in silenzio per alcuni istanti, ognuno perso nei propri pensieri. Mentre cercava di riordinare le idee, Rose si rese conto tutto a un tratto che aveva appena sostenuto una conversazione civilissima con Scorpius Malfoy, quello dall’aria spavalda e che tutto sembrava, eccetto una persona amichevole. Scoprì di essersi sbagliata fin dall’inizio: poteva essere un po’ burbero, in prima battuta, ma, tutto sommato, era quasi piacevole parlarci e fare congetture sui possibili imbrogli che si celavano dietro l’aura di grandezza di quel Gran Galà del Quidditch.
«Senti» disse Rose dopo un po’ «io non so giocare a Quidditch, e nemmeno me ne intendo troppo, ma ho intenzione di arrivare in fondo a questa faccenda. Perciò, ora spedirò questa a mia madre e…»
«Io ne parlerò con mio padre» le fece eco lui; Rose, sebbene non fosse quella la sua prima intenzione, si disse che poi non era un’idea tanto brutta.
«Sa già cos’è successo?»
«Non lo so, ma, in ogni caso, lo verrà a sapere presto» rispose Scorpius, ora più determinato che mai «So che anche lui ha diverse conoscenze al Ministero, magari potrà farmi sapere qualcosa. Gli scriverò quanto prima. Ora devo andare» sbuffò poi, guardando l’orologio al polso «mi aspetta una riunione con la squadra. Dobbiamo iniziare a stilare un paio di tattiche, decidere chi di noi sarà il Capitano… cose del genere, ecco»
«Beh, buona fortuna» ridacchiò Rose.
«Ne avremo bisogno» sospirò lui «Tienimi aggiornato, se puoi»
«Sì, e… anche tu»
«Assolutamente» disse Scorpius, deciso «Ci vediamo, Weasley»
 
 
 
Quella mattina, quando Lily aprì gli occhi, si rese conto che la sveglia non aveva suonato: probabilmente era domenica, si disse. Fu solo in un secondo momento che si rese conto che, invece, era mercoledì e, dopo aver buttato un’occhiata all’orologio sul comodino, che le lezioni sarebbero iniziate di lì a pochi minuti, ed era spaventosamente in ritardo. Stava già per precipitarsi giù dal letto quando si ricordò del perché non avesse impostato la sveglia per quel giorno: quel mercoledì era il giorno delle interviste per il Gran Galà, che si sarebbero tenute alle nove e mezza in sala professori.
«Merlino e i suoi maledetti tanga leopardati» borbottò, fissando con astio il baldacchino rosso sopra di lei. Scostò le coperte e scese dal letto, dirigendosi in bagno. Legò velocemente i capelli intricati e si sciacquò il viso, guardandosi allo specchio dopo essersi passata l’asciugamano sulla faccia umida: era pallida, con gli occhi gonfi di sonno, le lentiggini sul naso più marcate del solito.
Ci sarebbero stati fotografi quel giorno? Senza dubbio, l’articolo sul Galà sarebbe stato pubblicato sulla più famosa rivista di Quidditch del mondo magico, oltre che sul Profeta. Forse non era il caso di presentarsi in quelle condizioni, pensò Lily. Magari se avesse avuto i capelli un po’ più in ordine, la divisa meno sgualcita del solito…
Ma chi se ne frega.
Con tutta la tranquillità del mondo, Lily si vestì e scese in sala grande per mangiare qualcosa: non poteva affrontare i giornalisti a stomaco vuoto, erano sicuramente peggio della più difficile delle partite di Quidditch. Suo padre le aveva raccontato di una certa Rita Skeeter che l’aveva intervistato quando aveva partecipato al Torneo Tremaghi e aveva reso la sua vita un inferno. Erano passati più di vent’anni, ma i giornalisti non potevano essere molto più simpatici di allora. Anzi, forse erano addirittura peggio.
«Ciao, Lily» la salutò una raggiante Roxanne, sedendosi di fronte a lei; Lily notò che, per l’occasione, la cugina aveva reso morbidi e fluenti i suoi ricci solitamente crespi, puntandoli dietro l’orecchio destro «Pronta per le interviste?»
Lily scrollò le spalle, esibendo un’espressione più che mai indifferente, continuando ad ingozzarsi di uova e pancetta. Non le importava del torneo in sé, figurarsi delle interviste.
«Per Godric, Lily!» esclamò la cugina dopo un po’. Alzando la testa dal piatto, Lily notò che Roxanne la stava fissando sgomenta.
«Che c’è?» biascicò.
«I tuoi capelli»
«Che hanno?» disse tastandoli. Si accorse di averli ancora legati in quel nodo disordinato che aveva studiato per non bagnarli mentre si lavava la faccia.
«Sono tremendi» commentò Roxanne. Si sporse oltre il tavolo e glieli sciolse, ma la situazione non parve migliorare più di tanto.
«Cerca di sistemarli un po’, prima di iniziare» disse ancora Roxanne.
«Vanno bene così» fece Lily, prendendo un sorso di succo d’arancia.
«Non così tanto, veramente» continuò l’altra «Ti vedrà quasi mezzo mondo magico, su quelle riviste»
Con uno sbuffo piuttosto seccato, Lily lasciò la colazione e prese a passarsi freneticamente le dita tra i capelli, incontrando più di una volta nodi difficili da districare, quindi afferrò un cucchiaio e si specchiò nel retro: la sua immagine non era poi così terribile. Non più del solito, ecco.
Poco dopo, ignorando i rimproveri quasi da mamma chioccia di Roxanne - «Sistema meglio quei capelli!», «Metti dentro la camicia!» - Lily salì al primo piano assieme alla cugina per raggiungere gli altri giocatori nella sala riunioni degli insegnanti.
Dentro c’erano già Milo, Noah e Grace, ognuno appostato in un angolo diverso della stanza; dietro la cattedra, una donna dai capelli argentei con indosso una veste rosso carminio si grattava il mento con la punta di una piuma verde acido, fissando di tanto in tanto i giocatori già presenti da sopra gli occhiali in tinta con l’abito. Alle sue spalle, poggiato al muro e con un’aria decisamente svampita, un ragazzo che non doveva avere più di vent’anni teneva in mano una macchina fotografica professionale e portava al collo un cordino a cui era legato un cartellino che recava la scritta “Devin, Gazzetta del Profeta”. Lily lo ricordava vagamente come uno studente di Tassorosso, diplomatosi qualche anno prima.
Nel giro di dieci minuti, li raggiunsero anche Scorpius, Isabella e un altro ragazzo, meno giovane del primo, a sua volta munito di macchina fotografica. Attaccata alla giacca grigio a scacchi, aveva una targhetta con scritto “Neil, Quidditch Weekly”.
«Bene, vedo con gioia che ci siete tutti, finalmente» cinguettò la giornalista, alzandosi dalla scrivania – Lily fu certa di non aver mai udito nessuno parlare con un tono di voce che suonasse così tanto finto «Io, come ben saprete, sono Rita Skeeter, scrivo per la Gazzetta del Profeta e…»
«Rita Skeeter?» la interruppe Lily, orripilata «Quella Rita Skeeter?»
Rita posò lo sguardo su di lei, risentita per essere stata malamente interrotta e per essere stata apostrofata in quel modo «Le domande le faccio io, signorina…?»
«Lily»
«Lily come
«Lily… Potter»
Rita spalancò la bocca con fare teatrale «Santo cielo!» esclamò, portandosi una mano al petto «La figlia di Harry Potter?»
Lily chiuse per un istante gli occhi, cercando di non tradire troppo il proprio fastidio «Già, sono io» rispose a denti stretti, cercando di piegare le labbra in un sorriso più che mai tirato.
«Oh, ma è splendido!» esclamò la Skeeter «Forza, forza, mettetevi in posa per le foto, voglio iniziare subito a farvi qualche domanda!»
Rita esortò i giocatori ad avvicinarsi l’uno all’altro, e Lily non aveva alcun dubbio: tutta quella fretta era dovuta all’impazienza della giornalista di intervistare proprio lei, la figlia del famoso Harry Potter.
Che c’era di così interessante? Erano passati anni da quando suo padre aveva sconfitto il Signore Oscuro, eppure c’era ancora qualche pazzo fanatico che proprio non poteva fare a meno di idolatrare il nome di Potter.
Un po’ riluttante, Lily si sedette su una delle quattro sedie che erano state sistemate al centro della stanza per il servizio fotografico. La seguirono Roxanne, Grace ed Isabella, mentre i tre ragazzi presero posto in piedi dietro di loro. Un attimo dopo, furono bombardati da flash accecanti da parte di Neil e Devin.
Quando finalmente i due fotografi riposero quegli aggeggi infernali, Lily si stropicciò gli occhi con forza per scacciare le centinaia di lucine che puntellavano il suo campo visivo.
«Direi che le foto possono bastare» commentò Rita «Ora, le interviste. E sì, penso proprio che… sì, comincerò con la signorina Potter»
Prima che potesse ribattere, Lily si ritrovò il gomito stretto nella presa ferrea di quell’arpia, che la trascinò in un’aula vuota adiacente alla sala riunioni. Rita sedette ad un banco, ordinando a Lily di accomodarsi lì vicino. Lei obbedì, mentre osservava la giornalista estrarre un blocchetto per appunti dalla borsetta di pelle di pitone. Un colpo di bacchetta e quello parve prendere vita, sollevandosi a mezz’aria.
Rita, quindi, succhiò la punta della stessa piuma verde che Lily le aveva visto in mano qualche minuto prima: la penna si animò, appoggiandosi sul block notes, pronta ad annotare tutto.
«Allora, Lily» trillò Rita, fissandola con smodato interesse; dalla sua voce traspariva un’assai malcelata eccitazione «che emozione trovarmi qui con te. Sai, ho avuto l’onore di intervistare anche tuo padre, ormai vent’anni fa, durante il Torneo Tremaghi. E ora, guardami… nella stessa scuola a parlare proprio con sua figlia!»
Lily non rispose, in attesa che Rita la smettesse con tutte quelle lusinghe tanto false.
«Ma veniamo a noi, mia cara. Tutti sanno di chi sei figlia, ovviamente: il Prescelto, il salvatore del Mondo Magico, grande Cercatore ai tempi di Hogwarts, vincitore dell’ultimo e così tragico Torneo Tremaghi, ora stimato Auror, bla bla bla, potrei continuare all’infinito… credo sarai uno dei giocatori più seguiti di questo torneo»
Le strizzò l’occhio. Lily inarcò un sopracciglio con fare indifferente. Sbirciò per un secondo la penna verde che scorreva fluida sulla pergamena, tentando di leggere quali parole perfide stesse scrivendo quell’aggeggio infernale, prima di fissare Rita con aria di sfida, aspettando la domanda che probabilmente avrebbe scatenato il gossip. Come previsto, non tardò molto ad arrivare.
«Ma parliamo di te Lily. Dimmi, che cosa ti ha spinto ad iscriverti a questo Gran Galà del Quidditch?»
Il modo in cui quella donna calcava sul suo nome era a dir poco insopportabile. Decise di soprassedere e rispondere alla domanda con sincerità: «So che può sembrare strano, ma, in realtà, io non mi sono iscritta, mi sono…»
Rita scoppiò a ridere di gusto «Tesoro, sei proprio come tuo padre!» esclamò «Anche lui, esattamente come te, ostentava una modestia che non…»
«Non dica una parola su mio padre!» sbottò Lily scattando in piedi, quasi rovesciando la sedia dietro di sé «Non creda che solo perché non leggo i suoi stupidi articoli, non sappia chi è lei! So benissimo cos’ha fatto a mio padre durante il Torneo Tremaghi! Lo ha messo in ridicolo davanti a tutto il Mondo Magico, un mondo di cretini che credeva a tutte le sue baggianate! È per questo che sta insistendo così tanto con me, non è vero? Per ritrovare la gloria di quei tempi… e quale occasione migliore di questa? Senza qualche nome celebre con cui riempirsi la bocca, i suoi patetici articoli non venderebbero uno straccio di zellino!»
Rita sembrava aver ricevuto una secchiata d’acqua gelida dritta in faccia. Lily era disgustata. Come si permetteva di parlare in quel modo di suo padre? Come si permetteva di deriderla, proprio come aveva già fatto con Harry? Quella donna era perfida, esattamente come lo era vent’anni prima.
La giornalista allargò le narici, traendo un lungo sospiro: i suoi occhi erano fiammeggianti d’ira «Direi che ho raccolto abbastanza su di te, signorina Potter» sibilò.
«Bene» ringhiò Lily «Spero abbia materiale a sufficienza per rendermi patetica agli occhi dei suoi stupidi lettori. Del resto, è questo che fa, no?»
Detto ciò, calciò via la sedia ed uscì dall’aula senza dire altro, mentre lacrime di rabbia le scivolavano sulle guance.  



[ Claire Says ]
Bentrovati, lettori!
*rotolano balle di fieno*
Siamo nel vivo della storia, il Galà è iniziato e c'è chi comincia a nutrire qualche sospetto.
Tornano personaggi noti della saga principale, alias la carissima Rita Skeeter, che, come vedete, non è molto cambiata, se non per il fatto che sarà un po' più corretta, ovvero non si trasformerà più in uno scarabeo/scarafaggio - ho finito il libro ieri, ieri, ma già non mi ricordo più che insetto fosse, vabbuò.
Colgo l'occasione per ringraziare chi ha preferito/seguito questa storia, seppur in silenzio, grazie anche a voi!
Much love,
C.

 
  
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