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Autore: IppaR    22/06/2020    3 recensioni
"James Potter aveva il sonno pesante, e questo era un dato di fatto per tutti coloro che lo conoscevano. Certo, non quanto Remus nei giorni successivi alla luna piena, però, come soleva ghignargli Sirius dopo averlo spintonato giù dal letto del dormitorio quasi tutte le mattine, lui non aveva nessun problema peloso da poter utilizzare come scusa.
Tuttavia, quando la finestra di camera sua -ultimo piano, Godric’s Hollow 3- esplose, neanche lui riuscì a evitare di svegliarsi di soprassalto, confuso e con il cuore in gola."
*
Sesto anno dei Malandrini a Hogwarts. L'anno prima dell'inizio della guerra, con tutto ciò che porta con sé: l’avventura, l’amicizia, le scelte, la lotta, gli sbagli, la paura, il coraggio, l’amore. [Wolfstar e un po' di LilyxJames]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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War and Peace
Capitolo VI -  Brothers

21 dicembre

Sirius amava il Quiddich, davvero. E Sirius amava anche Prongs, davvero. Ma sicuramente non amava il regime di allenamenti straordinari a cui il loro capitano li aveva obbligati prima delle vacanze.

«Non voglio che vi dimentichiate gli schemi!» aveva spiegato James alla squadra, qualche giorno prima.

Si comportava come se fosse realmente convinto che un paio di settimane avrebbero potuto cancellare dalle menti dei suoi compagni quattro mesi di allenamenti e anni e anni di gioco; ma a parere di Sirius non era del tutto colpa sua. Cioè, sì, era colpa sua, ma anche di quel dannato Fancourt. I Corvonero avevano battuto i Tassorosso in maniera schiacciante, quattrocentocinquanta a dieci, e questo creava due problemi: Tassorosso vogliosi di rivalsa - ed erano i loro prossimi avversari - e una partenza tutta a vantaggio dei Corvonero.

Prongs non l’avrebbe mai ammesso a nessuno, neanche a lui, ma per la prima volta in sei anni non era più tanto convinto che avrebbero potuto vincere la coppa del Quiddich. Inoltre, con l’inizio dell’anno, James aveva dovuto rifare mezza squadra, dato che molte delle persone con cui avevano iniziato a giocare si erano diplomate, quindi sentiva tutta la pressione di dover dimostrare di essere un buon capitano e non uno a cui era andata bene grazie a un team già forte e compatto. Al contrario la nomina di Fancourt era fresca: Thaddeus si era già dimostrato un cacciatore eccellente, ma con lui al timone anche il resto della squadra degli intelligentoni sembrava rinata; erano i veri avversari da battere, adesso.

Capire Prongs, però, non significava affatto dargli ragione. Il piano allenamenti da lui proposto era semplicemente assurdo: quattro giorni a settimana comprensivi dell’ultima serata ad Hogwarts prima delle vacanze! Neanche la luna piena prevista per la nottata o i borsoni che aspettavano di essere riempiti - direzione casa Potter, Natale in famiglia - lo avevano convinto ad annullarlo. Tra la follia del suo migliore amico e gli esercizi nella Stanza delle Necessità, Padfoot non aveva più tempo libero. Neanche un paio d’ore per poter lanciare qualche Favoloso Fuoco d'Artificio Freddo del dottor Filibuster contro Gazza. O, ancora meglio, addosso ai Serpeverde.

Anche se, si ritrovò a pensare Sirius uscendo dall’infermeria, a dire il vero il colpevole della sua non libertà era da individuare proprio in Remus John Lupin. Quel lupastro cocciuto si era messo in testa che se non avessero dedicato la domenica allo studio - la domenica, per Merlino, il giorno in cui anche Godric Grifondoro stesso aveva smesso di plasmare le infinite qualità dei membri della sua casa e si era riposato - sarebbero rimasti indietro. Così, nella sua unica sera libera di tutta la settimana, li aveva costretti a fare i compiti. I compiti, capito?! Loro, i Malandrini, dovevano sprecare veramente del tempo così!

Praticamente l’unico che non attentava alla sua felicità era Peter. Padfoot si disse solennemente che l’anno successivo gli avrebbe fatto un regalo di Natale migliore della confezione da venticinque rospi alla menta di Mielandia che gli aveva consegnato quella mattina (anche se non dubitava che sarebbe stata apprezzata).

«Black!»

«Fancourt. Qual buon vento! Vedi, a pensare al diavolo…»

Il prefetto di Corvonero aggrottò le sopracciglia, confuso. Poi dovette decidere che non era così importante poiché sorrise al Grifondoro.

«Spero di non essere io il diavolo!»

I raggi del sole creavano riflessi di bronzo sul suo cranio e una collana di pietre bianche e rosse gli spuntava da sotto il colletto della camicia. Sirius ghignò.

«Dipende, lo sei?»

«Non sono un nemico, Black» replicò lui con tranquillità.

Padfoot lo guardò negli occhi e per un momento vi credette. Poi non più.
Quando cresci nella famiglia di Orion Black impari che la fiducia non si può elargire con facilità.

«Dimmi, allora! Che vuoi?»

Thaddeus deglutì, poi indicò la porta che il maggiore dei Black si era appena chiuso alle spalle.

«Come sta Remus?»

Ma cosa importava a lui di Remus? Sirius fu quasi tentato di rispondergli con la verità, soltanto per vederlo sbiancare e perdere quella fastidiosa compostezza.

Sta per essere scortato da Madama Chips verso la Stamberga Strillante, questa notte diventerà un lupo mannaro e noi ci trasformeremo in un cane, un cervo e un topo per stare con lui. A meno che non arrivi in ritardo all’allenamento di Quiddich, in tal caso Prongs mi ucciderebbe e con Moony questa sera ci sarebbe solo Wormtail. Tutto nella norma.

«Oh, sai, influenza»

«Ah»

Padfoot aspettò che il Corvonero aggiungesse qualcosa, ma non lo fece.

«È tutto? James mi sta aspettando!»

Thaddeus sospirò e abbassò di poco lo sguardo.

«No. In realtà si tratta di tuo… fratello. Regulus»

Come se anziché un nome Thaddeus avesse appena pronunciato un incantesimo, Sirius si sentì paralizzare. Persino il suo cuore si era fermato, in attesa. Aprì la bocca e respirò solo per accertarsi di essere perfettamente vivo.

«Non è mio fratello» rispose infine, simulando indifferenza.

Un'ombra di fastidio passò sul viso dell’altro, veloce com’era arrivata sparì.

«Allora»  disse semplicemente,  poi si girò e si mosse nella direzione opposta.


Un passo.
Regulus non era suo fratello.
Regulus era solo parte della famiglia biologica che l’aveva cancellato e che lui aveva cancellato.

 

Due passi.
L’aveva guardato venire torturato e umiliato e aveva scelto le idee di Orion e Walburga.
Aveva messo il sangue sopra a tutto, persino sopra a lui.

 

Tre passi.
Non gli doveva niente. Non gli importava niente.
Suo fratello era James. Solo James.
 

Quattro passi.
Regulus aveva un anno e mezzo e Sirius era l’unico che riusciva a farlo addormentare. Orion non voleva, diceva che così coccolato non sarebbe mai diventato un vero uomo, ma lui sgattaiolava dal fratello nel cuore della notte e lo teneva in braccio come gli aveva insegnato Andromeda, cullandolo e canticchiandogli di tutto quello che c’era nel mondo.

«Lo vedlai plesto, littloblo»

 

Cinque passi.
Regulus aveva sette anni ed era sulla soglia di camera sua. Non piangeva, non piangeva mai, ma aveva gli occhi tristi.

«Che c’è littlebro

«Bella ha detto… ha detto che mi hai mentito. E che non esiste nessun mago che porta i regali!»

«Ah sì, ha detto così?»

Regulus annuì e strinse i pugni.

«E ha anche detto che festeggiare il Natale è da…» si guardò intorno come per controllare che non ci fosse nessuno nei paraggi «sporchi babbani!»

«Beh, ovviamente ha detto questo. Lei è grande! Te l’avevo detto che la magia di mago Natale si dimentica quando si diventa grandi! Per questo è un segreto che i fratelli maggiori trasmettono solo ai fratelli più piccoli»

Gli fece un occhiolino, il minore dei Black s’illuminò.

«Allora verrà?»

«Sì!»

«E mi porterà una bacchetta?»

Rise senza rispondere e aprì le braccia.
Regulus vi si tuffò.

 

Sei passi.
Regulus aveva quasi dieci anni, era di fianco a lui nel salone dei Black e stava assistendo all’ennesima lite familiare.

«È per il tuo bene, Sirius. Devi capire cosa significa deludere la famiglia!»

«Deludere la famiglia, madre? Perchè sono un Grifondoro? O perchè penso che siate un gruppo di vecchi pazzi con idee malate e tristi? Siete talmente miseri che l’unica cosa che vi rimane è parlare del san-»

Il getto rosso lo avrebbe colpito se suo fratello non si fosse lanciato tra lui e la bacchetta di Walburga.

 

Sette passi.
Regulus aveva dieci anni compiuti ed era seduto sul divano degli zii.

«’cusa»

«Eh?»

«Ho perso, ti ho deluso…»

Il suo sguardo si spostò dalle pareti agli occhi grigi del fratello, che abbassò la testa.

«Guardami!»

Regulus obbedì all’ordine. Lui gli sorrise, sperando di riuscire a riempire quel sorriso di tutto ciò che sicuramente sarebbe mancato usando soltanto le parole. 

«Sono dannatamente fiero di te Reg, hai dieci anni e sei già uno dei cercatori migliori che conosca. Vedrai non appena sarai a Hogwarts, sei forte almeno quanto James, magari gli ruberai il posto!»

Regulus sbarrò gli occhi e scosse la testa.

«Non sono forte quanto lui! Sono anche caduto!»

«Senti littlebro, tutti perdiamo, ogni tanto, quello che conta è come perdiamo. E tu hai perso con onore!»

Suo fratello si rabbuiò.

«Papà dice che ci si divide solo tra perdenti e vincitori, e che lo stile è la scusa dei perdenti… e…»

E un Black dovrebbe stare dalla parte dei vincitori, se non vuole essere una delusione e ricoprire di vergogna tutta la famiglia.

Un sorriso.

«Beh, e tu ti fidi più di me o di papà?»

Due sorrisi.

 

Otto passi.
Regulus aveva undici anni e sulla sua testa vi era il cappello parlante. Sirius non aveva alcun dubbio: presto lo avrebbe raggiunto tra i Grifondoro. Aveva anche già avvisato la McGranitt che però, nonostante l’insistenza di tutti i Malandrini, non aveva voluto aggiungere un letto nel loro dormitorio.

«Grifondoro!»

Silenzio. Sorpresa. Boato.
Una folla rosso-dorata che abbracciava suo fratello.
Regulus che si sedeva tra lui e James.
Le partite a Quiddich insieme.
E insieme, perchè no, avrebbero anche potuto ribaltare tutte le convinzioni dei loro genitori.
Oppure, più semplicemente, andarsene e iniziare una vita nuova di zecca e autodeterminata, come quando da Serpenti erano diventati Grifoni.

«Serpeverde!»

Ci fu il silenzio e ci fu il boato, ma la sorpresa fu esclusivamente sua. Regulus lo guardò per una frazione di secondo prima di andare al tavolo delle Serpi. Sarebbe dovuto essere un inizio, ma Sirius sentì ad altezza petto tutto il peso di una fine.

 

Nove passi.
Suo fratello che gli chiedeva di insegnargli qualche magia, loro che giocavano a nascondino per Grimmauld Place, la volta in cui avevano  rubato la bacchetta di Bellatrix.
 

Dieci passi.
Quando a dieci anni aveva visto Reg piangere per la prima volta, mentre gli faceva promettere di scrivergli lettere tutti i giorni.

Arrivato a Hogwarts l’aveva fatto per un po’, poi aveva smesso.
Se avesse continuato, forse…

 

Undici passi
Babbani.
Purezza.
Oppressione.
Giustizia.
Traditori del loro sangue.

E a parlare un fratello di ghiaccio, così lontano, così diverso, così distante.
E così perso.
 

Al dodicesimo passo di Thaddeus qualsiasi tipo di arroganza dentro Sirius andò in frantumi e il maggiore dei Black quasi urlò.

«Fermati!»

Fancourt si voltò con tutta la calma del mondo, in pochi istanti Padfoot lo raggiunse.

«Cosa succede a Regulus?»

«Quello che succede a tutte le persone che si abbandonano»

Come. Si. Permetteva.
Thaddeus superava Sirius in altezza ma la rabbia che avvolse il Grifondoro lo fece sentire infinitamente più grande.

«Non l’ho abbandonato!» sputò con disprezzo a pochi millimetri dal volto del Corvonero.

Fancourt non si ritrasse, lo guardò intensamente e quando parlò lo fece con la stessa calma di prima.

«Ci credi davvero?»

No.

«Regulus ha fatto le sue scelte!»

«E sai cos’ha scelto, Black? Lo sai?»

No.

«Sì!»

Thaddeus sospirò. Fece un passo indietro e alzò nuovamente lo sguardo sull’altro. Questa volta negli occhi del prefetto Sirius lesse esitazione e… paura. Di fronte ad essa il Grifondoro si dovette obbligare a non indietreggiare a sua volta.

«Sirius, sai cos’è il Marchio Nero?»

No.

«No»

Padfoot ascoltò il torrente di parole che seguirono, ma non afferrò nulla se non che quella cosa era sul braccio di suo fratello, con tutto ciò che significava. Thaddeus stava ancora parlando quando il maggiore dei Black iniziò a correre. E corse, corse a perdifiato fino ai sotterranei, dove raggiunse la parete che nascondeva l’entrata alla sala comune dei Serpeverde.

Che diamine di parola d’ordine avrebbero potuto usare le Serpi?

«Salazar!»

Niente. Troppo facile, forse.

«Basilisco!»

Ancora niente.

«Purosangue!»

Il muro continuò a rimanere immobile, la pazienza di Padfooot invece si stava esaurendo. Provò un ultimo, disperato, tentativo. Poi avrebbe abbattuto quella parete a suon di bacchetta.

«Veritaserum!»

Click. Un’elegante porta di granito nero apparve dove prima vi era solo pietra. Sirius l’aprì ed entrò. 

Tutto quello che sapeva della sala comune dei Serpeverde gli era stato raccontato da altri, dopo il primo anno a Hogwarts suo fratello non la finiva più di dire quanto fosse incredibilmente bella, lui invece la trovò soffocante: le larghe finestre della sala si affacciavano sulle profondità del lago dandogli l’idea di essere in pericolo, una luce smeraldina penetrava sia da quelle stesse finestre che dalle grosse lampade  sospese; il soffitto basso amplificava quel colore irreale e sinistro. L'unica fonte di calore era un colossale camino di marmo, abbellito da statuette, teschi e l'effige di un serpente. Anche il fuoco al suo interno gli risultò freddo e sbagliato.

Sirius si ritrovò addosso molte paia di occhi arrabbiati e increduli. A parlare fu un Serpeverde del settimo anno che conosceva solo di vista.

«Black, cosa ci fai qui? Spero tu abbia un buon motivo!»

«Cerco mio fratello. Dov’è?»

«Gli diremo che sei passato, se vorrà parlare con te lo farà»

Il Serpeverde sguainò la bacchetta e iniziò a giocarci con le dita, ma se credeva di riuscire a intimorirlo si sbagliava di grosso. 
A sua volta Sirius sfoderò la bacchetta e inchiodò i suoi occhi color tempesta a quelli marroni dell’altro.

«Mi auguro che nessuno di voi decida di mettersi in mezzo. E spero anche che siate abbastanza intelligenti da capire di non potermi battermi a duello. Datemi una sola scusa per sfogare la mia rabbia e finirà male; ma non per me»

Il tono determinato e minaccioso del Grifondoro fece vacillare i Serpeverde, poi Sirius udì un battito di mani provenire da uno dei corridoi laterali e Severus Piton uscì dall’ombra.

«Bello spettacolino Black, vedo che non smetti mai di fare i tuoi show. Chissà se sei così stupido da credere davvero alle cose che dici, siamo venti contro uno, non sottovalutarci! Anche perchè» continuò mellifluo «basterei io»

Sirius latrò la sua consueta risata e alzò la bacchetta.

«Provalo, Moccious!»

Piton sorrise freddamente, ma non riuscì ad aggiungere altro poiché venne sorpreso dal pancione di Horace Lumacorno che entrò in sala comune. Tutti, alla svelta, infilarono le bacchette nella veste. Il CapoCasa iniziò una frase che non terminò perchè il suo sguardo cadde su Sirius.

«Ragazzo, che combini?»

Sirius sorrise cercando di impostare un’espressione il più possibile da Moony.

«Emh, salve professore. Volevo dare al mio fratellino il regalo di Natale che gli ho preso. Sa, adesso che non vivo più con i miei Regulus mi manca molto… e speravo di fargli una sorpresa…»

Lo sguardo di Lumacorno si addolcì.

«Oh certo, certo. Brutta faccenda quella. Bene, sai che non dovresti entrare in una casa che non è la tua… ma per questa volta… » il professore mosse la mano come per scacciare l’aria e gli sorrise «Miraccomando però signor. Black, disciplina!»

Sirius annuì.

«Per quanto riguarda il caro Regulus… è nell’aula di pozioni, mi sta facendo un favore riordinando alcuni ingredienti… ha così tanto talento. Vai, vai, sono sicuro che apprezzerà!»

«Grazie professore!»

Sirius uscì dalla sala comune imponendo a sé stesso di non correre, poi si fiondò nell’aula di pozioni. La porta del ripostiglio degli ingredienti era aperta e Padfoot poté scorgere la figura magra del fratello.

«Regulus Arcturus Black. Discendente della nobile e antica casata dei Black, figlio perfetto e prediletto di Orion e Walburga, sostenitore delle arti oscure…»

Sirius sperava di provocarlo o quantomeno coglierlo di sorpresa, gli serviva un vantaggio, un accenno, invece Regulus si voltò con eleganza e, impassibile, come se lui non ci fosse, si fece scivolare in tasca qualcosa preso dal ripostiglio.

«Sirius» disse lui.

Poi gli passò accanto per uscire dalla porta.
La sua distanza aumentò la rabbia di Padfoot.

«Fermati, dobbiamo parlare!»

Regulus fece un verso di scherno.

«Pensavo avessimo smesso»

«Io so»

«Non mi sorprende, sai sempre tutto: “Sirius Black, l’uomo con la verità in tasca”»

«Smettila. So del marchio nero!»

Regulus sbarrò gli occhi e guardò il fratello, spaventato, poi indietreggiò di qualche passo.

«Sei ancora in tempo Regulus, ferma questa follia! Avrei dovuto portarti via con me, molto molto prima… adesso è tardi, ma non lo è troppo… tu non sei così!»

Il minore dei Black recuperò la sua maschera di freddezza e si massaggio il braccio sinistro, pensieroso.

«Così come?»

Sirius si sentiva aggrappato a una parete di vetro e si rese conto che stava irrimediabilmente scivolando.

«Lo sai come. Quando ti deciderai a crescere e a fare ciò che è giusto?»

«Beh, io e te abbiamo sempre avuto una diversa opinione rispetto a ciò che è giusto!»

«Non sempre. Dov’è finito mio fratello, Reg? Ti guardo e sei un estraneo, figlio di un odio che non è tuo!»

«Chiami odio quello che non sai comprendere. È una rivoluzione, Sirius. Voglio, vogliamo, un modo migliore… solo che tu sei troppo ottuso per capirlo!»

«Quello di Voldemort sarebbe un mondo migliore?»

Regulus deglutì e lanciò al fratello un’occhiata di avvertimento.

«Non chiamarlo così. Lo sarà, comunque. Il Signore Oscuro ha ragione, ha ragione su tutto! Il mondo deve essere ripulito perchè possa ricomincia-»

«STAI ZITTO!» lo interruppe Sirius, urlando «Lascia perdere questa fottuta recita, ti prego. Io ti conosco, non hai mai creduto a quello che credevano loro.. non sei così. Non sei così!»

«Di nuovo, Sirius? È tutto quello che sai dire, che mi conosci? Quand’è l’ultima volta che hai parlato con me? Anche prima che te ne andassi era tutto un tacermi e muoverti oltre. Sei sempre stato troppo impegnato con i tuoi drammi da figlio ingrato per capire davvero gli altri!»

La parete di vetro era terminata, ma anziché il suolo Sirius seppe che ad attenderlo c'era un burrone scuro e senza fine.

«Reg, cazzo, non si tratta dei nostri genitori o di quanto io sia un fratello pessimo. Si tratta di te che sei diventato un cazzo di mangiamorte!»

Gli occhi di Regulus si accesero di esaltazione e malizia.

«Vedo che qualcuno ha fatto i compiti, non sono in molti a sapere, per ora. Ma presto…»

«Sei solo un ragazzo, ti prego… vieni con me dai Potter per Natale, sono sicuro che stando un po’ di tempo lontano da casa… »

Regulus latrò una risata simile a quella del fratello, ma infinitamente meno calda, e lo guardò con rancore.

«Sei un debole, Sirius. Non sei mio fratello e non lo sarai mai più, i mangiamorte lo sono. Passerò il Natale da Bella, com’è giusto che sia, a prepararci per il nuovo mondo!»

Sirius percepì la forza di gravità farsi pesante e le parole di Regulus lo colpirono come pugni; aveva solo voglia di lasciarsi cadere.

«Non per il nuovo mondo. Per la guerra, no?»

Regulus mosse la tesa in orizzontale e si prese qualche istante per studiare il Grifondoro, poi serrò le labbra.

«La guerra è qualcosa che volete voi, non che vogliamo noi. E la nostra rivoluzione sarà anche per quelli come te; quando sarai liberato capirai, Sirius. Ti aspetterò lì, faremo la stessa pace che avrà avuto il mondo»

La consapevolezza che in quel momento non ci fosse più nulla da fare uccise dolorosamente una parte di Sirius, ma lo liberò dalla paura di rompere l’equilibrio fragile e delicato che i due Black avevano cercato di mantenere negli ultimi anni.

«Se esci da questa porta sarà finita, lo capisci? Diventerai esattamente come gli altri e io vi combatterò tutti. E, puoi scommetterci, vincerò!»

Regulus sorrise, dentro la sua espressione non vi era più solo freddezza. I suoi occhi lo guardavano come quando si dice addio.

«Staremo a vedere, no?» replicò infine, sulla porta.

Sirius desiderò dirgli delle cose ma non sapeva come, non sapeva neanche cosa. 

«Littlebro»

Il minore dei Black rimase impietrito al suono di una parola che non sentiva da anni.

«Sappi che non è mai troppo tardi per scegliere di fare la cosa giusta. E sappi anche che non smetterò mai di credere che, prima o poi, la farai!»

«La speranza è per i perdenti, Sirius» rispose l’altro, poi continuò a camminare.

No, la speranza è per i fratelli, Reg.

 

Sirius si lasciò cadere sul pavimento dell’aula di pozioni e chiuse gli occhi: non voleva essere nessuno, per un po’. Non voleva provare niente. Sperò che la fredda parete di pietra potesse sostenere anche i suoi pesi.

Dopo un tempo che non seppe quantificare gli arrivò il vociare dei Serpeverde diretti a cena, poi il ritorno di quegli stessi serpeverde e, pochi minuti dopo, la porta dell’aula di pozioni cigolò. Sirius aprì gli occhi per salutare James e Peter, ma anziché la sagoma dei suoi amici, sulla soglia, vi era un trionfante Severus Piton.

«Avevo ragione, sei ancora qui. Certo che Regulus ti ha proprio sistemato,  Black!»

«Non è un buon momento, Moccious. Vattene!»

Piton allungò le labbra all’insù, in un sorriso distorto.

«Non avete mai avuto questa cortesia con me, Black, non l’avrò con te! Avanti, stavamo parlando di un duello, prima che ci interrompessero»

«Non adesso»

«Hai paura? Ti stai tirando indietro? Tipico, Black, senza i tuoi amichetti-»

Sirius si alzò in piedi cercando di non mostrare la fatica che gli costava combattere contro la gravità.

«Ho detto non adesso, Moccious» sibilò al Serpeverde, poi procedette verso la porta.

«Dove sta andando il tuo amico Lupin? Parla!»

Il Grifondoro si girò.

«Eh?»

«Credete che sia stupido?! Ho visto Madama Chips accompagnarlo verso la foresta proibita, e non è la prima volta… quelle cicatrici, il saltare le lezioni… avanti, parla!»

Sirius rise. 
Davvero Moccious poteva pensare che avrebbe tradito Remus?

«Devi smetterla di ficcare il naso in ciò che non ti riguarda, Serpe. Te l’abbiamo già detto: salva bambini dai bulli, combatte contro Voldemort, sai, quelle cose lì…»

Piton indietreggiò sentendo il nome di Voldemort. Poi si toccò il braccio sinistro, come aveva fatto Regulus poco tempo prima. Sirius capì e venne investito da un’ondata di rabbia.

«Oh scusa, non ti piace che nomini il tuo padrone, vero? Certo, ora è chiaro, perdi tempo con noi perchè la tua vita è così priva di significato che ti sei ridotto a servire Voldemort»

Piton era livido.

«Hai detto questo a tuo fratello, Black?»

«Non osare-»

«Cosa?»

«Mio fratello non è come te!»

«È esattamente come me!»

«No, no Piton. Ti piacerebbe! Ma tu sei un insignificante squilibrato, come Voldemort. E finirete dove meritate!»

Moccious si guardò intorno spaventato, come se i muri avessero le orecchie e potessero parlare con il Signore Oscuro, riferirgli che qualcuno lo aveva definito squilibrato davanti a lui. Se non fosse stato così arrabbiato, e se non si fosse trattato di Piton, Sirius avrebbe quasi potuto provare pena per lui.

«Come ti permetti, Black?»

«Mi permetto di dire quello che voglio, se non ti piace chiama i tuoi amichetti mangiamorte, venite ad affrontarmi, vi aspetto! O vi piacciono solo quando sono dei ragazzini e potete fargli il lavaggio del cervello?»

Sirius si aspettava che Piton tirasse fuori la bacchetta, anzi lo sperava: aveva voglia di fargli male, tanta. Ma l’altro, semplicemente, rise.

«Oh Black, come vorrei vivere anche io in un mondo tutto mio e crederlo vero. Lavaggio del cervello? Tuo fratello ha chiesto di unirsi alla causa, non è stato obbligato da nessuno! Ed è tra le poche eccezioni, il Signore Oscuro non vuole dei ragazzi. Ma noi siamo meritevoli, prediletti, diventeremo potenti e inarrestabili. Avremo tutto ciò che il nostro cuore anela, nel nuovo mondo. Saremo liberi dagli sporchi babbani che ci obbligano a nasconderci e soffrire…comprenderete, alla fine...»

Moccious parlava come un folle, come suo fratello. Sirius lo odiava.
E sentì ribollirgli dentro anche l’odio che non aveva potuto provare per colui che era sangue del suo sangue, anima della sua anima.

Voleva dargli una lezione: come aveva potuto permettere che Regulus si unisse ai mangiamorte? Si dichiarava suo amico, avrebbe dovuto proteggerlo, impedirglielo. O forse questo sarebbe dovuto essere un suo compito? 
Aveva ragione Thaddeus, aveva abbandonato Regulus? Aveva fallito anche come fratello?

Sirius sentì di dover fare qualcosa: non poteva permettere che tutti questi piccoli omuncoli eccentrici e miserabili che per sentirsi più grandi si dilettavano con le arti oscure la facessero franca... e continuassero a minacciare chiunque non fosse di sangue puro. Dentro Hogwarts, per giunta.
Oh no, l’avrebbe rimesso al suo posto. L’avrebbe spaventato così profondamente da fargli capire che non si scherza con il fuoco, se non ci si vuole bruciare.

Il Grifondoro estrasse la bacchetta, proprio in quel momento, però, arrivò Pix, che urlacchiò e iniziò a cantare «Blackuccio  e Pitonino, nell’aula di poziooooooni fan casino!» per tutto il corridoio. Piton fece per andarsene e Sirius capì che aveva appena perso la possibilità di fargliela pagare. A meno che…

«Ehi Moccious, vuoi ancora sapere cosa fa Lupin?»

Il Serpeverde lo guardò sorpreso.

«C’è una stanza che si raggiunge tramite un tunnel protetto dal Platano Picchiatore, puoi entrarci premendo un nodo che blocca i rami dell’albero. Alla fine del tunnel troverai Remus. Ma sappi che è pericoloso, ti conviene andare a letto e fingere io non ti abbia detto niente!»

Piton assunse un'espressione di puro sospetto.

«Cos’è, mi stai prendendo in giro, Black?»

«Non potrei essere più onesto di così, Moccious! Ora, se vuoi scusarmi, non vorrei mai che mi beccassero qui, non ne posso più di punizioni…»

Sirius, seguito dallo sguardo di un esterrefatto Piton, s’incamminò velocemente verso la sala comune dove trovò Peter e James immersi in una partita di scacchi magici.

«Per Merlino Sirius, eccoti finalmente!» fece Wormtail allegro.

Prongs, invece, lo guardò storto e imbronciato.

«Capisco che Remus si annoi da solo in infermeria, ma dovevi proprio saltare sia gli allenamenti che la cena? Poi senza di te mi annoio io, e sai che Madama Chips non fa entrare più di un visitatore alla volta con Remus, avremmo potuto fare un po’ per uno, mica Moony è solo tu-»

«Ti abbiamo tenuto del cibo!» lo interruppe Peter, indicando a Sirius un fagotto gonfio. 

James alzò gli occhi al cielo poi lo porse all’amico sorridendo, come gesto di pace.

«Non ero da Moony» 

«Come?»

Sirius raccontò velocemente agli amici quello che aveva scoperto da Thaddeus, la sua entrata nella Sala Comune dei Serpeverde e la conversazione con Regulus. Finito il racconto Peter era bianco per la paura mentre James era livido di rabbia. Gli mise una mano sulla spalla e fece per dire qualcosa, ma Sirius lo interruppe subito.

«Non ho finito. Poi ho incontrato Moccious! E sapessi Jamie, gli ho dato una lezione anche a nome di quell’idiota di mio fratello… prenderà uno spavento questa sera…»

Ridacchiando Padfoot raccontò anche della conversazione con Piton, quando James seppe che era un mangiamorte strinse così forte la mano sulla spalla di Sirius da fargli male. Poi Padfoot raccontò anche del quasi duello e di averlo mandato da Remus; finito di parlare guardò Prongs ma la faccia dell’amico era scura. 

«TU HAI FATTO COSA?»

«Ho dato una lezione a Moccious, così la smetterà di ficcare il naso negli affari che non lo riguardano!»

«Godric Padfoot, ma ti rendi conto?! Piton finirà dritto tra le zampe di un lupo mannaro adulto, potrebbe morire!»

Sirius non riuscì a capire l’improvviso buonismo di James.

«E allora? Un mago oscuro in meno!»

Prongs scosse la testa, arrabbiato. 

«Noi non facciamo così Pad, non siamo come loro. Ti ricordi quello che ci ha detto Silente? E poi, ci pensi a Remus? Come se non si odiasse già abbastanza! Come credi che vivrebbe sapendo di aver ucciso qualcuno?!»

Le parole urlate da Prongs iniziarono a prendere forma nella testa del maggiore dei Black e arrivò il panico.

«Io non… Merlino Prongs… io non… ho fatto una cazzata... volevo... »

Padfoot sentì Prongs borbottare qualcosa del tipo «Sei un idiota ma non ho tempo per questo!», poi lo vide correre fuori dalla sala comune. Voleva seguirlo, rimediare al suo errore, ma, per la seconda volta quel giorno, Sirius si sentì cadere sotto il peso delle sue colpe.

L’ultima cosa che vide prima di svenire furono gli occhi lacrimosi di Peter.

___________________________________________________________________________________ Note dell’autrice:

Ciao bell*!
Come sempre grazie per essere arrivati fin qui e scusate per l'attesa di quasi tre settimane. 
Mi dispiace veramente, sono imperdonabile, ma a mia discolpa gli esami hanno risucchiato - e stanno risucchiando - tutte le mie forze. 
Proverò, per la prossima settimana, ad aggiornare puntuale. Così mi faccio perdonare! :) 
Anche perchè il prossimo capitolo vedrà della Jily, e so che la Jily è amatissima.
Niente, su questo capitolo non c'è tanto da dire... abbiamo Regulus e il rapporto con Sirius (in realtà su questo ci sarebbe qualcosa da dire... ma sono curiosa di sapere cosa ne pensate voi). Più, finalmente, semo arrivati alla grossa cazzata che il nostro malandrino preferito (lo dico di 3\4 di loro) ha combinato.
Spero vi sia piaciuto... è un capitolo un po' diverso dal solito... ma non riuscivo a pensarlo differente. 
Fatemi sapere!

Ancora scusatemi e buona fortuna a tutti coloro che, come me, sono pieni di esami! 
Un salutone,
​Fra

  
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