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Autore: Adlenime    06/07/2020    3 recensioni
Sato... semplicemente gli faceva perdere la testa! Da quanto tempo la stava fissando? Si sentiva sopraffatto dall'insano desiderio di avvicinarsi a lei e abbracciarla, accarezzarla. Non si saziava mai di lei. Lei era tutto. Aveva bisogno di Sato. Lei era l'unico motivo per cui ogni giorno sopportava le angherie dei suoi colleghi al lavoro, per cui passava intere notti in bianco, che gli dava una speranza verso il futuro. Lei era...
(Miwataru theme fanfiction)
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dimmi qualcosa, qualcosa che resta

Senza fare di più che la scena è perfetta

Se quando ti guardo è già tutto migliore

Perdo le parole


 

Takagi Wataru guardó per l'ennesima volta l'orologio. Ormai era giunta l'ora, il suo viaggio sarebbe iniziato a breve. Sussultò quando sentì la mano dell'ispettore appoggiarsi improvvisamente sulla sua spalla. Istintivamente si giró e lo vide lì, al suo fianco, con uno sguardo che tentava di essere consolatorio, forse. Takagi ricambiò con un'espressione di gratitudine, e l'ispettore, soddisfatto, ritornó di fronte al banco del check-in, che ancora doveva aprirsi.

Takagi stava per partire. Non lontano, eppure... Sentiva una tremenda morsa allo stomaco, poiché temeva di non ritornare mai più nella sua Tokyo. Dalla sua Miwako.

Ma ciò che gli faceva ancora più male, era l'idea di andarsene senza averla prima salutata: infatti, ormai era una settimana da quando era stata annunciata la partenza, ma durante quegli ultimi sette giorni, lei aveva fatto di tutto per evitarlo, per non interagire con lui, se non in maniera freddamente professionale.

Takagi non doveva essere l'accompagnatore di Megure per quel viaggio. Oh, no, che non doveva! Figuriamoci se la polizia metropolitana di Tokyo fosse seriamente disposta a mandare un novellino fuori prefettura, per prendere parte a un'operazione così delicata, così pericolosa. Ma l'accompagnatore originale era scomparso. Di lui non era rimasta traccia. La sua famiglia, disperata, cercava insistentemente di aiutare la polizia. Ma niente. Questi a sua volta era stato poi sostituito da un altro agente, un veterano della prima divisione. Nel giro di due giorni era stato ritrovato morto, annegato nella sua vasca da bagno.

In seguito, per una curiosa concatenazione di sfortunati eventi, tra ispettori malati e altri in vacanza, l'unica persona ritenuta idonea a prendere parte all'operazione era risultata proprio Takagi.

L'ispettore si era opposto con forza a questa decisione (non perché non si fidasse del suo agente,anzi, la fiducia che provava per Takagi era stata uno dei motivi per cui poi era stato scelto), ma l'ispettore sapeva che, per qualcuno ancora poco esperto come lui, prendere parte a questa operazione era un vero e proprio suicidio.

Purtroppo non vi erano molte alternative, e Takagi aveva deciso di accettare l'offerta dopo aver sentito la gravità della situazione.

Miwako non gliel'aveva perdonato: infatti lei sarebbe stata sicuramente presa in considerazione tra i possibili agenti da mandare per questa operazione, una volta ritornata dalle ferie. Probabilmente per questo si era infuriata quando aveva saputo di Wataru: aveva pensato che fosse anche colpa sua se ora si trovava coinvolto in un caso del genere. Ma era arrabbiata soprattutto con lui, che aveva deciso di accettare la scelta dei superiori, quando aveva tutto il diritto di contestare e tirarsi indietro.

Un triste sorriso increspò le labbra del giovane agente. No, non avrebbe mai rifiutato, soprattutto se lei, poi, si sarebbe ritrovata a prendere quella stessa decisione.

Sospirò profondamente, l'aeroporto stranamente silenzioso sembrava quasi lugubre, agli occhi del povero agente. C'era poca gente in giro, forse per l'orario insolito.

Quanto avrebbe voluto che lei fosse lì con lui, anche solo per gridargli in faccia di essere stato uno stupido... Qualsiasi cosa piuttosto che quel silenzio abominevole, agghiacciante, a cui lo aveva sottoposto nell'ultima settimana.

L'ora si stava avvicinando, e la gente aveva iniziato a dirigersi verso il check-in. Wataru deglutí, e non guardó più l'orologio. Si alzò, sentendosi le gambe tremendamente pesanti.

"No Wataru, aspetta!"

Una mano afferrò saldamente il suo braccio. Una mano gentile, familiare. Takagi si voltò di scatto e la vide, ansimante, di fronte a lui.

Era venuta.

" M-Miwako..."

Sentì le sue labbra piegarsi in un dolce sorriso, gli veniva così naturale quando era insieme a lei.

"Mi dispiace. Sono..."

Vide Sato sospirare, pesantemente, come se si volesse togliere un macigno dal cuore.

"Sono stata incredibilmente infantile. Davvero..."

Non lo stava guardando negli occhi, come se il suo sguardo fosse attirato verso il basso per la vergogna.

"Oh, non importa."

Replicò lui, lasciando stare la valigia e abbracciandola senza preavviso, stringendo forte, consapevole che forse non l'avrebbe mai più rivista. Non gli importava se l'aveva ignorato per una settimana, non aveva importanza. Non più, ora che lei era lì, con lui. Non voleva neppure pensarci, inutile sprecare quei pochi attimi a disposizioni per biasimare qualcosa che era già accaduto e che non avrebbero potuto cambiare.

Sentì anche lei ricambiare la stretta, forse addirittura con ancora più forza.

"Ti amo, Wataru."

Takagi sentì una stretta al cuore a quelle parole. Voleva dirle anche lui che l'amava, ma le uniche due parole che dominavano la sua mente, in quel momento, erano molto diverse.

"Ho... Ho paura..."

Due veterani erano stati uccisi quasi subito e aveva paura di morire, ma più di ogni altra cosa temeva di lasciare lei, di nuovo da sola, ad affogare in quella disperazione, da cui era emersa e allontanata solo per lui.

Sentì le braccia di lei avvicinarlo ancora di più al suo corpo, e, vicino al suo orecchio, sussurrò:

"Tranquillo Wataru, andrà tutto bene."

Takagi chiuse gli occhi e sprofondò il viso nella sua spalla, cercando disperatamente di respirare il suo profumo.

"Ma... Io non sono..."

Iniziò lui, ma lei lo troncò sul nascere.

"Proprio per questo. Wataru. Tu sei inesperto e giovane. Non rappresenti una minaccia per loro."

Takagi spalancò gli occhi e si allontanò un po' dalla ragazza, quanto bastava per guardarla in viso, con espressione confusa.

Miwako sorrise, e il suo non era un sorriso triste.

"Pensaci, Takagi-kun."

Riprese, con un tono non più diretto al suo fidanzato, ma al suo collega della prima divisione omicidi.

"Gli altri due agenti erano veterani e entrambi sono scomparsi nel giro di pochi giorni. Invece, da quando è stata annunciata la tua partenza, è passata una settimana. Nessuno ti ha seguito, pedinato o altro. Capisci, Takagi-kun?"

Replicò Miwako, poggiando le mani sulle sue spalle, con espressione determinata.

Lui non poté fare a meno di fissarla, vagamente spiazzato, ma le quelle parole stavano lentamente distruggendo quel muro di terrore che lo aveva oppresso negli ultimi giorni.

Non poté fare a meno di sorriderle, grato, mentre lei continuava a spiegare la sua deduzione. Alla fine non resistette e, avvicinandosi velocemente, le stampò un lieve bacio sulle labbra, veloce, leggero, ringraziando che in quel momento l'aereoporto fosse quasi deserto, e che nessuno li potesse vedere.

Miwako smise di parlare e arrossì improvvisamente, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa le stesse passando per la mente, Takagi le accarezzò amorevolmente il viso e replicò:

"Grazie mille, Miwako. Davvero."

La giovane donna lo fissò senza dire niente, ancora leggermente frastornata da quel suo improvviso slancio di coraggio. Poi la sua espressione si sciolse a sua volta in un dolce sorriso.

"Ma figurati... Oh! Ora che ci penso..."

Aggiunse, portando una mano nella tasca dei pantaloni, arrossendo ancora di più.

"Uhm, non è nulla di importante..."

Continuò sempre più rossa in viso, tentando di mostrarsi indifferente, mentre gli porgeva un… omamori? Un amuleto per scacciare la cattiva sorte? Takagi fissò l'oggetto come se provenisse da un altro pianeta, senza toccarlo. Poi ritornò a fissare Miwako, esterrefatto. Le sue guance si tinsero di magenta dopo averla vista completamente rossa, e, balbettando impacciato un ringraziamento prese il piccolo oggetto di stoffa in mano. Al tatto riconobbe immediatamente che all'interno doveva esserci solo un foglio di carta, e non un pezzo di legno con una preghiera come invece si aspettava.

Poi, le sue labbra si stesero nuovamente in quel sorriso, un po' dolce e malinconico.

"Miwako... Io..."

Lo fissò, come se stesse aspettando che lui dicesse qualcosa.

In quel momento una voce chiamò Takagi che, girandosi, vide l'ispettore con una mano alzata, mentre gli faceva cenno di raggiungerlo in mezzo a una neonata folla di fronte al banco del check-in.

"Ah... Devo andare..."

Si sentiva stranamente deluso. Ma poi sentì le mani di Miwako poggiarsi sulle sue guance, si giró istintivamente verso di lei, in tempo per ricevere un altro dolce e fugace bacio sulle labbra.

"Allora ci vediamo al tuo ritorno, Wataru, d'accordo? Ah! E ricordati di comprarmi quei dolcetti che mi piacciono tanto, eh!"

Aggiunse facendogli l'occhiolino, prima di dileguarsi tra la folla, prima che lui potesse dire qualcosa.


 

Takagi sprofondò sul sedile dell'aereo, di fianco all'ispettore che stava macchinando col cellulare, cercando disperatamente di ricordarsi come si dovesse spegnere.

Takagi lo guardó mezzo-divertito, chiedendogli:

"Vuole una mano, ispettore?"

Megure si limitò a borbottare qualcosa sui nuovi marchingegni tecnologici prima di porre il dispositivo nelle esperte mani del suo subordinato, che in pochi secondi riuscì nella difficile impresa.

"E tu? Non spegni il tuo?"

"Ah, ha ragione!"

Replicò il giovane agente. Di solito lo avrebbe spento prima, ma nell'ultima ora aveva avuto altro per la testa.

Prese il suo cellulare, lo spense e lo rimise in tasca, ma la sua mano incontrò un particolare oggetto rettangolare, che la sua mano non riconobbe immediatamente.

Dopo aver riposto al sicuro il suo telefono, estrasse l'omamori che Miwako gli aveva donato, e sentì immediatamente un caldo tepore propagarglisi nel petto, un dolce sorriso sul viso.

Accarezzò con il pollice la superficie dell'amuleto, cercando di indovinare cosa potesse esserci al suo interno.

L'ispettore lo osservava di sottecchi, senza dire una parola.

Takagi sospirò, aprendo l'amuleto, curioso di vedere quale preghiere o buon augurio ci fossero all'interno. Ma trovò tutt'altro.

Trattenne il respiro quando vide che ciò che vi era dentro era una foto... Una foto di lui e Miwako, insieme, durante uno dei loro appuntamenti. Sentì il viso andargli in fiamme ma non ripose la foto dentro il rettangolo di stoffa.

Quel tepore che prima sentiva all'interno del petto ora sembrava bruciargli completamente il corpo.

Era perfetta. Solo guardare il suo viso ogni mattina, attraverso quella foto, avrebbe reso ogni giornata degna di vivere.

Era contento che l'ispettore avesse deciso di distrarsi e guardare altrove proprio in quel momento, perché se gli avesse domandato qualcosa non sarebbe stato capace di rispondere.

Rimise la foto all'interno dell'amuleto, certo che l'avrebbe tirato fuori ogni qualvolta avesse sentito la sua mancanza, anche solo per vedere, in un fugace attimo di sconforto, il suo viso.

Ogni momento era migliore, se poteva anche perdersi nel suo sorriso.

   
 
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