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Autore: _Eclipse    10/07/2020    2 recensioni
{Storia ad Oc, iscrizioni chiuse}
Dal primo capitolo:
-Molte persone muoiono ingiustamente e il mio compito è dargli una seconda possibilità, periodicamente alcune anime come la tua, possono tornare sulla terra per riscattarsi-
-In che modo-
-Sta a te scoprire come, si può dire che è un gioco-
-Ovvero?-
-Alcune anime di ogni epoca vengono riportata sulla terra in un luogo da me deciso. Ognuna ha un suo passato e una sua storia, ma tutte accomunate da una morte ingiusta. Avete tempo un mese per poter trovare un modo per riscattarvi e portare a termine il compito. Il primo che ci riuscirà avrà l'opportunità di rinascere in un altro corpo con un'altra vita. Le altre anime, verranno inghiottite dal vuoto-
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3: Incontro


Il Giappone era un luogo sconosciuto per Aysha. Una ragazza dalla corporatura esile e piuttosto bassa per i suoi vent’anni. Il suo volto aveva un incarnato olivastro, a dir la verità la carnagione tendeva ad essere più scura che chiara, i capelli invece erano di colore castano scuro e ricci.

Dimostrava tutti i tratti di una ragazza della sua terra, la Spagna, o per esser più precisi una spagnola di ascendenza moresca.

Tokyo le incuteva timore ma allo stesso tempo anche curiosità. 

Gli alti grattacieli le ricordavano i racconti di chi aveva attraversato l’Atlantico in cerca di fortuna e si era ritrovato a New York, in mezzo a palazzi alti decine di piani.

Tuttavia era inquieta. Del Giappone sapeva solo che si trovava nell’estremo Oriente, poi tutto ciò che sapeva erano solo informazioni contrastanti. Per alcuni giornali era uno stato tiranno che sfruttava la debolezza della Cina a proprio favore, di contro per i giornali oppositori era un esempio da seguire per far risorgere la Spagna.

Per alcuni il Giappone era come l’Italia o la Germania, una dittatura con una polizia segreta e repressione del dissenso.

Per altri tutto questo era solo una giusta strategia per eliminare i nemici interni, chi osava sovvertire l’ordine della società.

Aysha non sapeva a chi credere, quando era ancora in vita lei amava il suo paese, ma il suo desiderio era andare con sua madre in America, a New York, la città delle meraviglie e terra delle opportunità allontanandosi così dalla guerra.

Quella stessa guerra di cui fu vittima. Due anni disordini e violenza per le strade, la dubbia lealtà della Guardia Civil verso il governo, infine alcuni grossi scandali politici portarono a nuove elezioni nel 1936 e nel luglio dello stesso anno alla rivolta di un gruppo di ufficiali nota come “Alzamiento”.

Aysha non voleva aver nulla a che fare con la politica, lei non si definiva una nazionalista, o repubblicana, anarchica, falangista o carlista. Non seguiva alcun leader politico, come Primo de Rivera o il generale Mola e a malapena sapeva chi era il presidente Manuel Azaña.

A lei interessava solo fuggire dal caos della violenza e avrebbe fatto tutto il necessario per riuscire nel suo intento.

Ancora ricordava quel giorno. Le sembrava fosse passato solo qualche giorno, invece erano ben ottantaquattro anni.

Venne presa dalla malinconia e si sedette su una panchina nei pressi di un campo da calcio in riva ad un fiume a ripensare.

Era inverno, del 1936.

Quando non lavorava, andava spesso in locali di malaffare. Aveva sempre avuto una pericolosa attrazione per le scommesse e il rischio e non di rado si trovava nel retrobottega di una mescita al tavolo da gioco.

La sua abitudine di indossare abiti che lasciavano vedere il suo corpo, le tornava utile, anche se contro la morale dell’epoca.

-Amata Aysha, vi prego, avvicinatevi di più…- disse un uomo vestito di tutto punto, con capelli ricoperti di brillantina e un paio di baffetti neri, seduto ad un tavolo in una stanza avvolta dalla semi-oscurità.

-Attento querido, giocando col fuoco rischi di bruciarti!- sorrise la ragazza.

-Ah! La ragazza ci sa fare!- esordì un secondo, vestito in modo più trasandato e sporco.

-E’ una delle ragazze più belle della zona e una delle più brave a carte… ma quando gira male, è in grado di perdere la paga di un mese di lavoro-

-Queste sono cose che non ti riguardano!- esclamò l’altra.

-La tua passione per le scommesse ti porterà alla rovina e farà la mia fortuna-

L’uomo gettò le carte sul tavolo seguito dagli altri giocatori e poi si apprestò a ritirare la vincita.

-Perché giocare così tanto allora?- domandò il secondo uomo.

-Devo trovare dei soldi e alla svelta-

-Perché? Sei nei guai?-

-No, voglio solo andarmene in America con mia madre-

-In America? Interessante…-

-Oh Pablo, riconosco quello sguardo, a cosa stai pensando?- intervenne l’uomo ben vestito.

-Se ti piacciono così tanto le scommesse, che ne dici di farne una con me?-

-Che cosa vuoi?- chiese secca Aysha.

L’uomo abbassò la voce in modo da non esser sentito da orecchie indiscrete.

-Qui nel sud della Spagna, i nazionalisti non hanno grandi insediamenti, ma la popolazione di questa città ha paura, se tu mi aiuti, io aiuto te-

-Sii più preciso-

-Semplice, dobbiamo conquistare il popolo, le fabbriche producono beni che vengono sequestrati dai falangisti, se tu riesci a provocare uno sciopero nella tua fabbrica, gli operai delle officine vicine si riuniranno contro i nazionalisti, poi interverremo noi e ripuliremo la città. I miei uomini hanno timore e non abbiamo nessun infiltrato, se tu riuscirai nell’impresa posso farti avere un biglietto per una nave che salpa per l’America a fine mese-

Aysha accettò senza neanche pensare. Aveva già un biglietto da parte acquistato dopo molti sacrifici, con quello avrebbe avuto l’occasione di partire con sua madre.

Nei giorni successivi si incontrò più volte con Pablo in quella bisca, venne steso un piano e forniti i mezzi. 

Il giorno deciso, si recò come tutte le mattine nell’industria tessile in cui lavorava. Il piano era semplice, si era deciso di giocare il tutto sul disinteresse della guarnigione presente.

Il sabotaggio consisteva nel creare un piccolo incendio nei pressi di uno dei telai meccanici.

Ci riuscì, ma l’effetto fu ben più disastroso. I tessuti lavorati erano degli ottimi combustibili e in breve il capannone venne avvolto dalle fiamme.

Nel giro di poco tempo, i lavoratori aggredirono la piccola guarnigione rea di non far nulla per domare l’incendio e aiutare i lavoratori e la sommossa si estese alla città.

La risposta del fronte nazionalista non si fece attendere. Gli uomini del generale Franco, insieme alla milizia carlista, i "requetes", si scontrarono con gli insorti.

Dopo poco meno di due giorni, Aysha venne catturata e la rivolta fallì, lo stesso Pablo e la sua banda di soldati repubblicani vennero condannati a morte.

La ragazza stessa si trovò, appena un paio di giorni prima di Natale con gli occhi bendati nel mezzo della piazza cittadina legata ad un palo.

-Caricare!-

Non poteva vedere, ma sapeva dove si trovava e cosa sarebbe successo.

-Puntare!-

Ora aveva paura, ma non di morire, aveva paura per la madre, temeva che anche lei avrebbe fatto la stessa fine.

-Fuoco!-

Una decina di soldati sparò una salva di fucile verso “l’insorta”.

Durò solo pochi secondi, e dopo quello che parevano pochi minuti, si trovò nel Giappone del 2020.

Scosse la testa più volte, non voleva ripensare a quello che era successo. Si sentiva tremendamente in colpa per la madre, si riteneva in qualche modo responsabile, ma sapeva di non doversi disperare.

Quello era ormai il passato, ora aveva un’altra scommessa più grande da vincere.

****

 

Eizan entrò nella foresteria del santuario. 

Probabilmente non veniva utilizzata da tempo.

Aprì la porta scorrevole e venne accolto dallo sgradevole odore di aria viziata.

Si portò la manica del kimono al volto per coprirsi il naso.

-Mi dispiace per il disordine, provvederò a pulire la casa quanto prima- si scusò Afuro alle spalle di Eizan.

Quest'ultimo entrò, l'edificio era costruito in legno, lo stesso dei pini che circondavano il santuario. Il pavimento era coperto da una patina grigia di polvere.

Un lungo corridoio attraversava l'edificio, ai lati una serie di porte scorrevoli in carta bianca dividevano le stanze per gli ospiti.

Il mercante le esaminò una ad una, alla ricerca della meno squallida.

Ovviamente non erano paragonabili a delle suite di lusso e neanche a delle umili camere di un comune albergo di periferia.

Erano delle celle, piccole stanze quadrate, ognuna con una finestra, un tatami di bambù, un armadio con un futon per la notte e uno yukata per dormire.

Anche le stanze avevano certamente bisogno di una ripulita ed oltre all'arredamento, erano anche accomunate dalla polvere.

Il ragazzo, ebbe solo l'imbarazzo della scelta e, dopo una attenta analisi di tutte le stanze, optò per la prima sotto il proprio sguardo, sulla destra rispetto all'ingresso.

Ad una occhiata rapida, pareva quella più vivibile.

Afuro ricomparve con una scopa.

-Ne approfitto della tua presenza per sistemare anche le altre stanze-

-Pensavo che una foresteria fosse sempre pronta ad accogliere i pellegrini-

-Così dovrebbe, ma ormai non viene quasi più nessuno, quindi che senso ha tenere delle stanze per i viandanti se questi non ci sono?- il biondo iniziò a spazzare sul tatami della cella.

-Forse è proprio per questo che non vengono. Se si diffonde la voce che un santuario ha una foresteria inagibile, i viandanti non si fermeranno e passeranno al prossimo. Bisogna provvedere ad accontentare il cliente, i suoi bisogni e i suoi capricci. In questo caso, come primo consiglio, dovresti rendere nuovamente accogliente questo posto- suggerì Eizan scrutando ogni centimetro dell'alloggio.

-Potrei aver bisogno di una mano…- ammise Afuro.

-Solo perché non so cosa fare al momento, hai una ramazza in più?-

-Certo, vado subito a prenderla-

Pochi istanti dopo il biondo tornò. 

I due si diedero da fare, era incredibile quanta polvere si fosse depositata in quelle celle. 

Eizan afferrò la scopa, il manico era di un materiale a lui sconosciuto di colore verde. Liscio e lucido, poteva essere metallo, ma non era freddo, capì che probabilmente era una delle scoperte del mondo moderno.

Non fu difficile spazzare tutte le celle, le stanze erano di dimensioni molto ridotte, ed essenziali.

-Di cosa ti occupi?- chiese Afuro curioso di scoprire qualcosa in più dell'ospite.

-In che senso?-

-Hai detto che lavori nel mondo del commercio, quindi volevo sapere di cosa ti occupassi-

Eizan lasciò la scopa appoggiata alla parete.

-Di tutto-

-Tutto?- ripeté il guardiano del santuario perplesso.

-Se dico tutto un motivo ci sarà… vendo e compro di ogni, dai viveri, all'artigianato fino a vendere anche beni di lusso-

-Non sei proprio un venditore comune-

-No, potrei dire di essere tra i migliori della mia zona. Non tutti riescono a vendere venti kimono di pregiatissima seta in soli tre giorni. Il valore di un singolo pezzo è inestimabile-

-Ah… non credevo fossi così abile-

-Mi stavi sottovalutando?-

-No, è solo che un kimono di seta può valere anche decine di migliaia di yen, venti sono una fortuna- commentò il biondo.

-Dipende dai punti di vista, i guadagni sono molti, ma tanti sono anche i nemici che ti fai. La concorrenza è spietata nel mio mondo. Devi essere come uno squalo e nuotare continuamente verso una nuova preda, se ti fermi un solo istante rischi che la concorrenza ti divori- 

Eizan si sedette a terra, sul tatami di bambù della stanza.

-Se è così pericoloso perché sei qui? Non rischi di perdere l'attività?-

-Credo che questa città sia l'ideale per espandere i miei affari. Mi piacerebbe esplorarla meglio-

-Non sono una guida, ma posso consigliarti alcuni posti interessanti, anche se non sono un grande frequentatore del centro-

-Andrà più che bene anche una visita nella periferia- rispose Eizan compiaciuto. Afuro stava credendo a tutto ciò che stava raccontando, era un bene dato che non avrebbe dovuto fornire strane spiegazioni. 

-Purtroppo non credo di poterti accompagnare, qui ho ancora molto lavoro da fare-

-Sono in grado di visitare la città da solo, ma avrei un'ultima cortesia da chiederti-

-Dì pure-

-Avrei bisogno di un qualche vestito, non posso andare per strada vestito così, sarei fuori luogo-

Aveva visto solo poche persone prima di arrivare al santuario, ma nessuna di esse indossava abiti simili ai suoi. Non voleva dare troppo nell'occhio e quel kimono e l'umanori a strisce grigie e nere non aiutavano affatto.

Afuro lo squadrò dall'alto verso il basso.

-Sei forse un po' troppo elegante, sembra che tu sia fuggito dal tuo matrimonio. Abbiamo corporature piuttosto simili, forse ho qualcosa che che non uso e che posso prestarti. Ti chiedo solo di aspettare un po', la mia casa è qua nel santuario, farò in fretta-

Per la seconda volta, il biondo, lo lasciò in quella celletta.

Ora era sicuramente più confortevole e piacevole alla vista senza tutta quella polvere, ma Afuro aveva ragione, c'era altro lavoro da fare; alcune piccole rifiniture, lucidare il pavimento, il legno… probabilmente sarebbe rimasto chiuso in quel luogo per tutta la giornata.

Eizan, ancora seduto sul tatami, cercava di farsi un'immagine chiara del guardiano. Non era malaccio come persona, ma non comprendeva come potesse non avere qualche sospetto su di lui, ovviamente non poteva raccontargli in che situazione si trovava, non ci avrebbe mai creduto, lui stesso era scettico al soprannaturale, o almeno fino a quando il Fato malefico gli rivolse la parola e lo trasformò in una pedina del suo sadico gioco. 

Solo allora Eizan iniziò a credere al Destino, fino a pochi istanti prima di incontrarlo, pensava fosse da sciocchi abbandonarsi alla superstizione, l'uomo vero si costruisce da solo la sua fortuna e la sua vita.

Doveva ora trovare un modo per riscattarsi, peccato che non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere.

Afuro tornò con sacchetto di carta e al suo interno alcuni vestiti.

-Questi non li uso più, ad occhio dovrebbero andare bene anche a te. Ti lasciò il tempo per cambiarti-

Il biondo uscì e per aspettare pazientemente nel corridoio l'altro.

Eizan rimase stupito del tessuto morbido e dalle forme. 

Si tolse i suoi abiti fin troppo eleganti e indossò quelli prestati. 

Una semplice felpa con cappuccio nero, pantaloni a cavallo basso che lasciavano scoperte le caviglie e un paio di scarpe sportive bianche. Queste non erano neanche in cattive condizioni, ma non era abituato a delle calzature simili.

Uscì dalla stanza e Afuro lo guardò.

-Come immaginavo ti stanno a pennello, per quanto mi riguarda puoi tenerli, era mia intenzione liberarmene. A me non vanno più bene-

-Grazie, ammetto che sono piuttosto comodi-

-Se vuoi vedere la città, ti consiglio di stare nelle vicinanze. Se non si conosce Tokyo si rischia di perdersi e non trovare più la strada- si raccomandò il biondo.

-Sembri una madre che si rivolge al figlio!- scherzò Eizan.

-Il mio è un consiglio, sei libero di darmi ascoltarmi o no. Se ti interessa il santuario è sempre aperto così come la tua cella nella foresteria-

Dopo le ultime raccomandazioni e consigli, Eizan si allontanò dal santuario.

Discese la collinetta e iniziò a esplorare il posto. 

In lontananza i grattacieli svettavano verso l'alto, era curioso di vedere cosa nascondeva il centro, con le sue luci e palazzi.

Era troppo lontano per arrivarci a piedi, ma avrebbe comunque saziato la sua voglia di conoscenza nel piccolo quartiere di Inazuma Chou.

Osservava come erano cambiati i tempi, alcuni cartelli recavano scritte strane e incomprensibili, i segni parevano quelli di una lingua occidentale. Eizan non ne parlava alcuna ma potè vedere alcuni testi stranieri tradotti in giapponese quando era in vita e le annotazioni erano scritte nella lingua originale e con caratteri latini.

Libri del genere erano rari, l'isolazionismo del Periodo Edo, impedì al Giappone di avere contatti con il resto del mondo per circa due secoli, ad eccezione degli olandesi che potevano commerciare sulla piccola isola di Dejima al largo della baia di Nagasaki.

Quando nel suo tempo agli inizi del 1800, si era stabilito in quella città, ebbe la possibilità di entrare in contatto con la cultura straniera e la loro conoscenza.

Il rangaku, lo studio delle arti occidentali, non era proibito ma poco più che tollerato. 

Era sicuramente d'aiuto alla società nipponica dell'epoca, ma allo stesso era rischioso approfondire troppo la cultura straniera.

Vedere quelle scritte a lui sconosciute significava solo che era stato rotto l'isolazionismo.

Si meravigliò dei mezzi a motore ma intuì prontamente il loro scopo.

Si fermò davanti ad un auto a lato della strada ad osservarla. 

Si specchiò in uno dei vetri e giudicò che non stava poi così male con quei vestiti, ma forse avrebbe potuto aggiungere qualche accessorio.

Giunse infine ad una strada che costeggiava un campo da calcio lungo il fiume. 

In lontananza vide arrivare due persone, una dai capelli grigi e un secondo ragazzo dai capelli castani e una cicatrice sul volto.

Quest'ultimo era strano.

Dentro di sè Eizan si sentiva a disagio ma non sapeva il perché. 

Non aveva paura di quella persona ma sembrava fuori luogo, vestita con quella camicia bianca, pantaloni di tela e stivali in pelle.

C'era qualcosa che non tornava. 

Si fermò nel mezzo della strada. 

I due passarono con tranquillità senza farci caso.

Eizan sfiorò per puro caso con la punta delle dita quel ragazzo e prese la scossa.

La scarica passò lungo tutta la spina dorsale.

Gli lanciò un'occhiata torva. L'altro si voltò ma non si fermò e non ci fece caso.

Il giovane mercante aveva un brutto presentimento, alzò il cappuccio della felpa e riprese a camminare.

 

****

 

Le dita di Apolleo erano intorpidite, non gli era mai capitato una cosa simile. Ovviamente non era la prima volta che prendeva la scossa toccando una persona o un oggetto, ma mai così forte.

Shirou al suo fianco gli mostrava dove lui e i suoi amici si divertivano a giocare a calcio quando erano più piccoli.

-Questi campo mi è sempre rimasto nel cuore, anche se ci ho giocato ben poco rispetto agli altri. Mi sono trasferito qui non molti anni fa-

-Ah… sì…-

-Ti sto annoiando?-

-No, è solo che stavo pensando-

-Se vuoi torniamo indietro-

-No, voglio vedere la città, è molto diversa dalla mia-

I due ripresero a camminare e improvvisamente Apolleo sentì una voce nella sua testa, profonda e famigliare, la voce del Destino.

-Bene Apolleo, hai incontrato uno dei concorrenti… è raro che due giocatori si incontrino così rapidamente-

Ad un tratto tutto si fermò; Shirou, il vento, le foglie degli alberi, l'acqua del fiume.

-Che succede? Che stai facendo?-

-Nulla di grave. Lui non può sentirmi, ho solo fermato il flusso del tempo per scambiare qualche parola con te-

-Cosa vuoi?!-

-Te l'ho detto, voglio solo parlare un po' con te-

-Sai bene che non mi piace questo tuo atteggiamento- ringhiò il cavaliere.

-Mi dispiace ma dovrai sopportarmi fino alla fine del gioco- rispose il Destino con voce pungente.

-Allora vieni al dunque-

-Come vuoi, hai visto quel ragazzo? Capelli neri, occhi color grigio scuro, alto…-

-Sì, non c'è bisogno che me lo descriva- tagliò corto il ragazzo, vedere che il tempo si era fermato lo inquietava e voleva solo uscire da quella situazione il prima possibile.

-Bene lui è uno dei giocatori, siete in quattro, e tre di voi sono anche già a un buon inizio. La quarta dovrebbe essere qui nelle vicinanze, sono curioso di sapere se riuscirai a incontrare anche lei-

-Hai bloccato il tempo solo per dirmi questo?-

-No, sono qui per darti alcune dritte sul gioco e i suoi concorrenti, puoi provare a chiedere qualcosa e io valuterò se risponderti-

Ora Apolleo era molto più interessato, per lui imbrogliare era deplorevole, nella sua opinione un vero signore doveva poter affrontare le sfide con coraggio e con le proprie capacità, ma un suggerimento o un consiglio, non si doveva rifiutare.

-Che genere di domande?-

-Perché non provi a chiedere qualcosa? Così lo capirai da subito-

Il ragazzo sbuffò, incrociò le braccia al petto e poi chiese:

-Il mio avversario, posso sapere qualcosa su di lui?-

-Sii più specifico-

-Chi è quello che ho incontrato? Perché ti sento proprio poco dopo che ci siamo sfiorati?-

-Una domanda alla volta. Ti sto parlando proprio per informarti di questa tua possibilità. Per quanto riguarda la prima domanda, si chiama Eizan Kurotsuki, dovrebbe avere circa i tuoi stessi anni ma è nato più o meno centosettant'anni dopo di te qui in Giappone o come lo chiami tu; Cipango, la leggendaria terra d’oro-

-E posso sapere anche cosa sta cercando? O meglio cosa deve fare per redimersi?-

-Sarebbe troppo semplice, potrei dirvi benissimo cosa dovete fare, ma poi non ci sarebbe il divertimento. Se tu sapessi cosa deve fare per riscattare la sua morte, avresti un vantaggio non indifferente e potresti ostacolare la sua gara. Altre domande?-

-Quella scintilla quando ci siamo sfiorati, è stato solo un caso?-

-Certo che no, in questo gioco nulla avviene per caso, se non per mio volere-

-Allora cosa è stato?- Apolleo si stava irritando, il Destino pareva prendersi gioco di lui e della sua situazione.

-La vostra aurea è entrata in contatto-

-Spiegati meglio, cos’è quest’aurea?-

-La vostra energia vitale, il vostro spirito-

-Mi sembra solo una cosa da eresia e stregoneria…- rispose il castano, memore della mentalità dei suoi tempi e della caccia alle streghe assai diffusa sia in Italia che nel resto d’Europa nel 1600.

-Puoi vederla allora come la vostra anima. Voi due siete morti, in tempi e modi differenti, ma allo stesso tempo sieti vivi, questo lo comprendi?-

-Sì e dunque?-

-Dato che siete entrambi parte del gioco, le vostre “anime” sono diverse. Come in una qualsiasi altra gara, i concorrenti devono potersi riconoscere, ma non così facilmente. Anche in questo caso, se voi foste a conoscenza fin dall’inizio dei vostri avversari, sareste troppo avvantaggiati. Ora che le vostre auree si sono incontrate, sarai in grado di riconoscerlo anche in mezzo ad una folla, ma  attenzione: anche lui, ora sa chi sei. La conoscenza dell’avversario può essere un vantaggio come anche uno svantaggio, dipende tutto da come sfrutterete questa possibilità. Non ci sono regole in particolare, quindi ora sarai libero di giocare come vuoi. Potrai ostacolare il suo cammino, o ignorarlo e proseguire dritto verso il tuo obiettivo. Possa la fortuna rivolgerti il suo sguardo benevolo, Apolleo, e buon divertimento…-

Come per magia il tempo ricominciò a scorrere, il fiume, il vento, le foglie. 

Shirou non si era accorto di nulla e riprese a camminare.

Al contrario il ragazzo dal volto sfregiato, rimase turbato dall’ennesimo incontro con il Destino, il Fato malevolo.

-Tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma…- chiese preoccupato Shirou, vedendo il colorito pallido dell’altro.

-No, io… mi gira solo un po’ la testa-

-Torniamo a casa, così potrai riposarti-

I due si voltarono per tornare indietro.

Non erano molto distanti dalla casa in cui si erano incontrati, non più di una ventina di minuti di camminata.

Ora Apolleo era venuto a conoscenza di uno dei suoi avversari, ma non sapeva cosa fare. Allo stesso tempo si chiedeva chi fossero gli altri due, era curioso.

Voleva sapere da dove venissero e da che tempo. Forse avrebbe trovato qualche indios del Nuovo Mondo, o dei lontani regni d’Africa di cui aveva solo sentito parlare dagli avventurieri.

Forse avrebbe incontrato qualcuno di tempi molto lontani, un filosofo greco o centurione romano, un sacerdote egizio o perché no, qualcuno molto più avanti nel tempo, dell’anno tremila. Tutto era possibile in quel gioco.

Sospirò cercando di non pensarci. 

Passò dietro ad una panchina che costeggiava la strada per il campo da calcio, vide una ragazza che gli diede una strana impressione, simile a quella che sentì quando passò vicino ad Eizan.

Chiuse gli occhi e non ci fece caso, forse era ancora scosso dall’incontro con il Fato e continuò ad andare avanti in direzione del ponte sospesa sopra il campo da gioco.

 

****

 

Yamino tornò alla propria casa accompagnato da quello straniero che lo aveva aiutato.

L'abitazione non era molto grande, un semplice appartamento in un condominio della periferia di Tokyo.

Una volta entrati, Hunter si sorprese di quanto fosse ben tenuto, lui al contrario era abituato a vivere nel disordine.

L'ambiente pulito non gli dispiaceva, dava quell’aria di casa, una vera casa in cui poter stare.

-Le scarpe- disse Yamino.

-Come?-

-Potresti toglierti le scarpe prima di entrare?-

-Non vedo dove sia il problema…- il rosa si tolse le scarpe e le lasciò in un angolo.

-Quindi vivi qui-

-Così pare- rispose freddamente Yamino.

L'inglese si guardò attorno, non era poi così differente da un’abitazione dei suoi tempi se non per alcuni dettagli: la televisione a schermo piatto, più grande rispetto a quella che aveva la sua famiglia, telefoni senza fili e altri elettrodomestici strani.

L'ingresso dava sul soggiorno, piuttosto ampio, con una tv su un mobiletto bianco davanti alla parete del medesimo colore e attorno ad essa alcune mensole a far da libreria. In bella mostra stava anche un piccolo giradischi.

-Fai come se fossi in casa tua- il grigio si ritirò nella sua camera per togliersi la divisa scolastica mentre Hunter si guardava in giro.

-Posso chiederti dove dormirò?- 

Il padrone di casa rispose dalla sua stanza:

-Dipende-

A quella risposta l'ospite sbuffò e si diresse verso la camera spalancando la porta.

-Potevi aspettare un minuto, ho appena finito di cambiarmi…- rispose l'altro irritato. Aveva lasciato la divisa blu scuro per indossare una felpa nera con un teschio sulla schiena e dei jeans grigi.

-Mi piace il tuo stile, anche se non sarà mai come il mio- commentò il rosa mentre guardava la stanza.

Le pareti erano tinte di grigio chiaro ed erano tappezzate da poster di gruppi musicali, lo stesso l'armadio era ricoperto da un insieme di ritagli di artisti e titoli di album. Vicino al letto vi era una scrivania con dei ripiani con innumerevoli custodie di cd e una discreta collezioni di vinili di vecchi gruppi.

-Ti piace la musica?-

-E' una delle cose mi fa andare avanti, nonostante i bulli e la scuola. Quando sono giù metto uno di quei dischi e tutto passa- rispose l'altro.

-Ti capisco bene- Hunter si avvicinò per osservare meglio le fotografie. Non erano gruppi giapponesi, ma soprattutto americani e qualche europeo.

-BVB?- chiese mentre fissava un immagine di un gruppo di ragazzi completamente vestiti di nero e pesantemente truccati del medesimo colore.

-Black Veil Brides, sono bravi-

-Hai preso da loro l'abitudine del trucco?-

-Non ti sta bene!? E' un modo per esprimere chi sono!- il tono di Yamino era aspro, i bulli lo prendevano di mira anche per il trucco.

-Sinceramente… non me ne frega un cazzo se ti trucchi o no, anche i New York Dolls si truccavano durante i concerti e forse è anche per questo che erano così grandi-

Yamino sbatté le palpebre più volte, era una delle poche persone, o meglio il primo ragazzo, a cui non importava nulla di quell'eyeliner sotto gli occhi ma anzi pareva avergli fatto un complimento.

-Scusa, per un attimo ho pensato che fossi come quei bulli-

-Se lo fossi non ti avrei aiutato-

-Dimmi, Hunter chi sei tu?-

-In che senso?-

-Sei strano, in senso buono, sembri un punk ma di quelli vecchio stile, non quelli di oggi-

-Punk? Porca puttana quel termine non muore neanche dopo decenni-

-In che senso?-

-Non ha una bella origine, dalle mie parti è un modo per dire delinquente. In America è usato nelle carceri per indicare i prigionieri deboli che sai, quando nessuno vede…- non concluse la frase, ma dal tono lasciò intuire come avrebbe finito

-Non volevo offenderti-

-Tranquillo, il significato britannico mi si addice- 

L'occhio del ragazzo capitò su una fotografia di due persone, di cui una ragazza con dei capelli improponibili e un trucco pesante.

-Quelli sono Susan "Siouxie" Ballon e Steve!  Avevano fondato un gruppo…-

-Siouxie and the banshees, erano forti, hai mai sentito un loro disco?-

-Li ho anche sentiti dal vivo ma facevano veramente schifo, avevano improvvisato qualcosa mentre Siouxie recitava qualche verso in rima. Mi meraviglio del successo che hanno avuto! Però ammetto che erano simpatici-

-Simpatici?-

-Potevi berci una birra insieme e farci qualche parola-

-Stai dicendo che ci hai bevuto una birra insieme!?- Yamino non credeva a quello che gli stava dicendo, eppure Hunter era così spontaneo.

-Una o due volte, non mi ricordo neanche io nè quando nè come-

-Sei un tipo pieno di sorprese- 

Il rosa si tolse la giacca borchiata, faceva troppo caldo in casa con quella. Rimase con una maglietta grigia completamente strappata, in alcuni punti i lembi di tessuto erano tenuti insieme da delle semplici spille.

-Anche la maglia è strana, con tutti quegli strappi, io l'avrei già gettata nella spazzatura-

-Stai scherzando!? E' autografata!-

-Da chi?-

-Leggi-

Dal colletto fino al fianco sinistro era stato scritto a grandi caratteri e con un pennarello nero "Sid Vicious".

-Ma è quel Sid? Il bassista?-

-Forse definirlo tale è esagerato, quelle volte in cui era pulito poteva suonare qualcosa, ma l'eroina… non te ne liberi facilmente-

-E’ autentica!? Se così fosse quella maglia potrebbe valere miliardi di yen, centinaia di migliaia di dollari o sterline!- Yamino era sempre più sorpreso ma allo stesso tempo sospettoso del suo ospite.

-Wow… ovvio che è la firma è la sua, ma non credevo valesse così tanto, sai dopo tutto quello che è successo e poi la sua morte... pensavo che la gente si fosse completamente dimenticato di lui, o lo ricordasse come un pazzo innamorato della droga, fottuto ancor prima di nascere-

-Mi spieghi che ci fai con una cosa del genere? Dove l'hai presa!?- la domanda non era mossa dal puro interesse, ma dal tentativo di capire chi fosse quell'inglese che vantava di aver conosciuto Siouxie Sioux e possedere una maglia autografata da Sid Vicious.

-Mi pare ovvio, l'ho incontrato in un pub a Londra, stava con la sua tipa e gli ho chiesto di firmarmela e…- Hunter si rese conto che quello che stava dicendo non poteva avere alcun senso, o almeno per Yamino. Si era quasi dimenticato il fatto che lui era morto agli inizi del 1980 e ora si trovava nella primavera del 2020. 

Yamino prese il cellulare digitando il nome del bassista su internet. Poi alzò il viso con sguardo inquisitore e disse con tono severo:

-Lui è morto nel febbraio del 1979, come è possibile che tu l'abbia incontrato?-

"Mi sono fottutto da solo… e ora lui fotte me" pensò Hunter.

-E' una storia lunga e so che probabilmente non ci crederai… ma giuro che non racconto palle, è la verità!-

-Avanti- Yamino si stava alterando. Era certo che quello che stava per ospitare stesse raccontando una marea di menzogne con chissà che scopo.

Il rosa sospirò e iniziò a raccontare la sua storia, di come è morto e dell'incontro con il fato e il gioco.

-Ti aspetti che io creda ad una cosa del genere!? Tu sei pazzo, pensavo di aver trovato una persona di cui fidarmi e invece solo uno che non sta bene!-

-E' la verità!-

-Allora dimostramelo!-

-Ecco io…- Hunter ebbe una idea. Prese il portafogli e gli passò i documenti d'identità.

Yamino li prese e iniziò a leggere

"Hunter Griffiths, nato il… del '59, altezza… la fotografia è lui in bianco e nero… quasi sicuramente tutto falso" pensò.

-Non hai nient'altro? Questo potrei farlo anche io- disse sventolando il documento d'identità.

Il ragazzo iniziò a frugare nelle tasche ma trovò solo sigarette e l'accendino. Guardò nuovamente nel portafogli e gli diede qualche moneta e banconota. Effettivamente segnavano date di produzione antecedenti al 1980, ma non convincevano ancora Yamino.

Nella tasca delle banconote trovò allora un ritaglio di un giornale locale, una fotografia ritraente alcuni ragazzi ad un molo trattenuti dalla polizia e in un angolo si scorgeva il suo profilo.

-Tieni, giugno del '77 io e i miei amici ci eravamo infilati nel concerto sul Tamigi dei Sex Pistols. Le motovedette della polizia hanno fermato tutto e arrestato molti dei partecipanti. Io ero ancora minorenne e la scampai. La foto finì su un giornale locale e arrivò a mio padre. Quando compì i diciotto anni tre giorni dopo mi cacciò di casa stanco di tutti i guai in cui finivo trascinando anche la mia famiglia. Conservo la fotografia da allora-

-Potrebbe essere un falso anche questo, non c'è una data, tuttavia sembra vera carta di giornale- ammise Yamino.

-Non so che cazzo mostrarti! Ho fatto di tutto, non ho nient'altro! Se vuoi che me ne vada me andrò!- Hunter stava per rimettersi la giacca quando l'altro lo interruppe.

-Ti dò una possibilità, come hai detto che era quel concerto?-

-Jubilee boat trip del '77, in onore del giubileo d'argento della regina… è ancora lei a regnare?-

Yamino cercò le fotografie dell'evento.

Le immagini erano quasi tutte in bianco e nero, membri della band che suonavano, ragazzi che venivano presi con la forza dalla polizia… nulla di interessante.

-Cos'è quel coso? Come fai a vedere quelle foto?-

-E' un cellulare… se sei connesso ad internet, puoi trovare qualsiasi cosa. Articoli, siti, fotografie e video di qualsiasi cosa cerchi- era strano dover spiegare cosa fosse un cellulare ad un ragazzo apparentemente poco più vecchio di lui, ma non capiva se quel punk stesse facendo sul serio o faceva solo il finto tonto.

-Guarda, qua- il grigio gli fece vedere qualche video.

Gli occhi di Hunter si illuminarono, si ricordava ancora le canzoni aggressive, le luci della polizia in lontananza e l'alcol… molto alcol, ma anche droga in grande quantità. Verso la fine di quelle brevi riprese, vi erano alcuni secondi che mostravano la polizia che con forza strattonava e spingeva i ragazzi presenti sulla nave e li forzava a scendere.

Ad un certo punto un ragazzo dai capelli rosa scuro, uguale in tutto e per tutto ad Hunter, si poteva intravedere mentre faceva un gesto alla telecamera con la mano destra mostrando il dorso, con indice e medio alzati, e una smorfia disegnata sul volto.

Yamino riguardò più volte il pezzo. Durava all'incirca due secondi. Forse si poteva modificare una fotografia, ma un video caricato anni prima era assai improbabile e non c'era un motivo vero e proprio per farlo. Con due prove schiaccianti, si voltò verso il suo ospite con gli occhi sgranati e bocca aperta.

-A quanto pare ho ragione io… ora mi credi?- rispose l'altro mentre gongolava con un ghigno disegnato sul volto.

-Tutto questo, non ha senso…-

-Esatto, un consiglio: smetti di farti domando a riguardo, non giungerai a nulla. Io stesso non ci sto capendo nulla, ma sono contento che ora non sarò considerato un maniaco-

Yamino era confuso, difficile dover capire la situazione.

-Solo una domanda… come hai fatto a conoscere quelle persone? Siouxie, Steve Severin, Sid…-

-Yamino, ho frequentato la scena "punk" di Londra da quando è nata, nel '75 o '76… che ne so io! All'epoca tutti quelli interessati a quel genere di musica, ben pochi a dir la verità, si incontrava negli stessi locali, tre o quattro in tutta la città. Tutti conoscevano tutti ed io non facevo eccezione. Ovvio non ero loro amico, ma ho scambiato qualche parola quando ancora erano nessuno o a mala pena conosciuti-

Il padrone di casa non sapeva cosa dire. Quella mattina era andato a scuola come tutti i giorni e nel pomeriggio incontra un'avanguardia del movimento punk del '77 morta da quarant'anni. Tutto era contro ogni logica e comprensione, eppure era così.

Hunter non era un fantasma, ma allo stesso tempo non mentiva.

Non sapeva se avesse fatto bene a controllare quel concerto, forse era meglio cacciarlo da casa fin da subito, eppure sotto sotto si sentiva eccitato dalla situazione. 

Molti dei gruppi che ascoltava, erano derivati dalla stessa corrente di cui Hunter faceva parte.

Portandosi una mano alla tempia piegò in basso la testa:

-Scusa, mi sono sbagliato sul tuo conto- ammise.

-Non provarci più, non mi piace che la gente si scusi. Se uno sbaglia si dovrebbe prendere le sue responsabilità e andare avanti a testa alta-

-Mettiamola così, c'è qualcosa che posso fare per sdebitarmi?-

-Non so, ora non mi viene in mente nulla… anzi, hai per caso qualcosa da bere?- domandò il rosa.

-Posso offrirti dell'acqua o un succo di frutta...-

-Pensavo a qualcosa di un po' più forte, circa sui trenta o quaranta gradi alcolici…- Hunter pronunciò quelle parole con una certa nonchalance, come se fosse una cosa normale per lui da chiedere.

-Non ho nulla del genere qui! Non si può!- esclamò l'altro

-Come? Quanti anni hai?- il punk non capiva il problema.

-Ne ho diciotto, ma qui la maggior età si raggiunge a venti. Fino ad allora non posso comprare alcolici di alcun tipo-

-Neanche una semplice birra?-

-No-

-E un pacchetto di sigarette? Almeno quello…-

-Purtroppo no- rispose secco Yamino, conscio della rigidità della legge e delle sanzioni del suo paese.

Hunter sospirò, poi guardò fisso negli occhi il grigio e con un ghignò si preparò a lanciare una delle sue frecciatine:

-Allora fattelo dire, il tuo è proprio un paese di merda-



 

****


Piccolo angolo d’autore….

 

Mi sono fatto attendere, lo riconosco ma la

puntualità non è mai stata il mio forte…

Non pensavo di dover tornare a parlare di storia anche in questa fic, ma a quanto pare il destino ha voluto anche questo xD.

In questo capitolo troviamo la quarta concorrente Aysha e la sua

storia, più avanti scopriremo anche la storia degli altri partecipanti

anche se in parte ho già fornito degli scorci su Hunter.

A tal proposito vorrei chiarire meglio la sua storia qui nel solito commento.

Allora non voglio che sia visto come una specie di “Gary Stue” che ha

conosciuto molte star del passato, semplicemente nella Londra

degli anni ‘70 il punk rock era un genere di nicchia (dopotutto era anche

appena nato). Vi erano pochi locali disposti a ospitare gruppi di quel genere

e i loro fans e buona parte degli artisti divennero noti solo dopo il ritorno nell’underground del genere (simbolicamente si pensa nel 1979), quindi

all’epoca non era una cosa fuori dal comune, se facevi parte del movimento

conoscere di persona molti artisti che sarebbero poi diventati famosi in seguito.

Dopo questa piccola aggiunta, abbiamo finalmente l’incontro tra due dei giocatori, Eizan ed Apolleo. Credo che questo sia l’unico evento degno di nota in  questo capitolo…

spero comunque che vi sia piaciuto,

detto questo io vado e spero di non farmi risentire tra due mesi XD

Un saluto

 

_Eclipse









 

   
 
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