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Autore: Korin no Ronin    11/07/2020    1 recensioni
Sono caduta anch'io vittima di questi due XD
*****
- Non mi è ancora chiaro, di preciso, perché dovresti essere solo tu a perdonarmi qualcosa.-
Il padrone di casa gli gettò un’occhiata stupefatta.
- Hai rinnegato secoli di collaborazione, mi avresti lasciato andare via da solo, mi hai nascosto quello che sapevi su Adam. Mi hai mentito. –
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aziraphale aveva preso l’abitudine, ogni due o tre giorni, di controllare il suo ospite e quel giorno non fece eccezione. Avrebbe potuto usarlo per arredare una vetrina, tanto era immobile. Sarebbe stato divertente organizzare una piccola esposizione a tema zoologico in negozio, tuttavia ritenne che sarebbe stato anche parecchio inopportuno. Non aveva idea di che umore fosse appena sveglio, ma dubitava che avrebbe accettato di buon grado di trovarsi su un tavolo e circondato da atlanti anatomici. Con cautela fece scorrere due dita sulla testa dell’animale. Si chiese, di nuovo, con quali argomentazioni Lucifero fosse riuscito a convincerlo. Non aveva dubbi che lo avesse convinto con la sua sagacia, Crowley non era tipo che si sarebbe fatto irretire per un po’ di potere. Non per come lo conosceva, almeno. Forse era stata una questione di orgoglio, o di pigrizia, forse di noia, chi poteva dirlo.
Il serpente si mosse. Aprì leggermente un occhio, sibilò appena, e poi tornò a dormire.
Aziraphale ridacchiò. In fondo era come avere a che fare con un grande gatto. O un pappagallo. Non era mai riuscito a stabilire con certezza a quale dei due animali potesse ricondurre il suo carattere stizzoso. Rimise a posto il lenzuolo e andò a prepararsi una cioccolata.
 
Col tempo, un paio di calzature nere era tornate a sporgere dal bracciolo del divano. Il loro proprietario aveva ripreso le sue sembianze umane, ma non sembrava avere intenzione di svegliarsi per davvero. Era sempre sdraiato sul ventre, con le braccia parallele al corpo. Non sembrava una posizione molto comoda, a dirla tutta.
Crowley si stava crogiolando nel dormiveglia da giorni. L’odore della carta, i rumori attutiti che giungevano dall’esterno, il non dover rendere conto a nessuno della sua permanenza nella libreria costituivano qualcosa di così confortevole da levargli la voglia di svegliarsi per davvero. Dormiva, e, di tanto in tanto, rifletteva.
Poi c’erano quei momenti.
Aziraphale si concedeva lunghi minuti accanto a lui, accucciato sul pavimento, con i pugni sotto il mento. Lo guardava, semplicemente, ma la sua presenza oltrepassava le nebbie del sonno e in qualche modo lo intorpidiva ancora di più, poiché, pur essendone solo vagamente cosciente, comprendeva il peso e il valore di quello sguardo, così come aveva imparato a conoscere il tocco lieve della sua mano, quando si congedava da lui salutandolo con una carezza.
Non sapeva se avrebbe continuato a godere di quel privilegio, quindi procrastinava senza vergogna il suo completo risveglio. Finalmente, una sera si girò sulla schiena, e rimase immobile a osservare il soffitto di legno, con il dorso di una mano poggiato sulla fronte. L’angelo era uscito, di sicuro per godersi una cena a base di sushi e chiacchierare amabilmente con gli umani che lo conoscevano da anni. A quell’ora, di solito, Aziraphale sedeva sulla sua poltrona, di fronte al divano, e leggeva tutta la notte con il sottofondo musicale del grammofono. Al demone piaceva la sensazione che gli dava quella compagnia discreta. La solitudine era stata una prova difficile, aveva abbastanza buon senso per ammetterlo. Se l’angelo non avesse incrociato la sua strada, seppur di tanto in tanto, il suo peso sarebbe stato insopportabile.
Si stiracchiò, mugolando e poi tornò a fissare il soffitto.
- Hanno superato la prova, hai visto? Hanno scelto. -
Non si aspettava una risposta, ma sapeva che Lei avrebbe ascoltato ogni sua parola.
- Non si sono fatti fregare un’altra volta. Se Adam rappresenta l’umanità potresTi pensare di essere orgogliosa di loro, no? –
Il demone rise in modo un po’ sguaiato.
Aveva perso certi privilegi, ma rivolgersi a Lei era un’abitudine che non se n’era mai andata e che si era consolidata col tempo. Era certo che la presenza dell’angelo avesse giocato il suo ruolo.
- Lo lasci libero di decidere se stare con me. In tutta sincerità posso dire che trovo che questa decisione non sia criticabile. -
Si passò una mano fra i capelli, sospirando piano.
- Sai che, nonostante quello che sono, non farei mai nulla per trascinarlo giù, vero? -
Lo sapeva, sicuramente. Ed era, altrettanto sicuramente, il motivo per cui avevano avuto sei millenni per coltivare la loro amicizia.
 
 
 
Aziraphale rientrò con cautela, per non fare rumore, ma non appena chiuse la porta il suo ospite sventolò la mano, chiedendogli se avesse qualcosa di decente da bere.
Detto, fatto. In meno di dieci minuti erano già uno di fronte all’altro con i bicchieri riempiti per la seconda volta.
-Angelo, diamine…mi hai coperto con un telo per mobili. -
- Il rischio che ti impolverassi era più che concreto. - ribatté l’altro, nascondendo il sorriso dietro al bicchiere.
Il demone aggrottò le sopracciglia, cercando di capire cosa lo divertisse tanto.
- Dì, un po’…cosa hai pensato di farmi mentre dormivo? - chiese, sospettoso
L’angelo iniziò ad agitarsi.
- Oh, niente, caro. Figuriamoci. Io? Davvero, no. Niente. –
Vederlo inquietarsi a quel modo era divertente, ogni volta.
- Hmm. –
Il padrone di casa poggiò il bicchiere e prese a tormentarsi le mani.
- Beh. Qualcosa, sì. Ma non l’ho fatto. No. Perciò va bene così. -
L’ospite sogghignò. Non avrebbe dovuto fare altro che aspettare, e godersi il mutare continuo della sua espressione e il suo sguardo che saettava in ogni direzione. Gli piaceva da impazzire vederlo in imbarazzo, se ne era lui la causa.
- Sì, insomma, ho una certa quantità di atlanti di zoologia, tu capisci… -
- Sinceramente, no. -
- Faresti la gioia di qualsiasi tassidermista, sai. -
Il demone sbatté le palpebre, cercando di capire cosa gli fosse passato per la testa.
- Volevi mettermi in vetrina?! – realizzò.
- Solo un piccolo allestimento all’interno del negozio, magari vicino al grammofono. -
- Ah. - l’altro si bagnò appena le labbra con il vino – Perché non l’hai fatto?-
- Cosa… ecco…-
Crowley rise, e anche l’angelo ridacchiò, seppure un po’ a disagio. Adesso che il suo amico si era svegliato aveva l’impressione che l’atmosfera si fosse fatta più pesante. Non avevano più parlato per davvero dal loro ritorno a Londra. Non che ce ne fosse bisogno, in verità. Possedere un corpo fisico non minava in alcun modo le loro potenzialità, eppure, anche in quel momento, si stavano tenendo a distanza. Non c’era abitudine al contatto e Aziraphale temeva che avvicinarglisi ancora gli avrebbe causato disagio. Si rendeva conto che la sua natura rendeva le cose molto più facili, sotto certi punti di vista.
Dopo un altro paio di bicchieri si sentì un po’ più rilassato, tuttavia quella sensazione svanì non appena il suo ospite lo invitò accanto a lui, battendo leggermente la mano sul sofà. Accettò e si sedette, rigido, con le dita intrecciate.
Il demone si concesse un sorso di vino prima di parlare.
- Non mi è ancora chiaro, di preciso, perché dovresti essere solo tu a perdonarmi qualcosa.-
Il padrone di casa gli gettò un’occhiata stupefatta.
- Hai rinnegato secoli di collaborazione, mi avresti lasciato andare via da solo, mi hai nascosto quello che sapevi su Adam. Mi hai mentito. –
Aziraphale deglutì a vuoto. Il demone non era arrabbiato, era solo un elenco di verità.
- Hai delle spiegazioni a  riguardo?-
L’angelo si mosse a disagio, senza guardarlo.
- Ho pensato che fosse la cosa giusta per la mia fazione, non aveva importanza come mi sentissi mentre ti dicevo quelle cose. – rispose -  Credevo davvero che i miei superiori avrebbero voluto fermare tutto, se ne avessero avuto l’occasione. Ho anche provato a parlarLe, ma ho raggiunto solo Metatron.-
- Tu…cosa?! -
Crowley si era tirato su di scatto e si era sporto verso di lui.
- Per l’amor di qualsiasi cosa, angelo! Ma che diamine ti è passato per la testa? –
L’altro distolse lo sguardo.
- Non volevo lasciare niente di intentato, tutto qui. Mi sono discorporato per un incidente, che credi. -
Il demone si lasciò cadere contro lo schienale. Si massaggiò la fronte con la mano per qualche istante, prima di lasciarla cadere in grembo.
- E perché credi che io mi stessi ubriacando quel giorno? Sei così ottuso che nemmeno l’hai capito? -
- C’era di mezzo l’Apocalisse! E… e il diavolo sta nei dettagli… e… e… al momento mi è sfuggito, ecco. –
L’altro ridacchiò, d’un tratto.
- Pare che ti sfuggano sempre molte cose, eh. – si appoggiò meglio allo schienale – Avresti perso anche la testa senza di me, letteralmente. -
- La perdo anche con te intorno, se è per quello. -
L’ospite sospirò, piano.
- Non abbastanza. – disse, in tono melodrammatico.
L’angelo gli gettò un’occhiataccia, poi ridacchiò. Gli era grato per aver sdrammatizzato la situazione.
- Ho fatto un patto con te, e più di una volta, se non è un colpo di testa questo… -
- Hmph. Non ti viene in mente niente di più consistente? A casa mia, per esempio? -
Aziraphale trasalì leggermente. Si irrigidì ancora, con gli occhi fissi sulle mani.
- Scusami. Mi sono fatto trascinare dal momento. -
Crowley roteò gli occhi. Tese una mano per poggiarla sulle sue.
- Figuriamoci se voglio delle scuse. L’unica cosa che può irritarmi è che non siano più capitate occasioni tanto propizie. - con cautela insinuò le dita tra quelle dell’altro, senza incontrare resistenza – Sei disposto a fidarti del modo discutibile in cui un demone riesce ad amare? -
L’angelo sollevò gli angoli della bocca.
- Se ti dicessi quello che penso di te ti arrabbieresti. –
Aziraphale si mosse. Non la sua parte fisica, quella rimase esattamente dov’era.
Il demone rimase immobile a sua volta, sia nel visibile che nell’invisibile. Era passato davvero troppo tempo, la sensazione che gli dava il sentirsi avviluppato con dolcezza da quell’essenza luminosa era meravigliosa e terrorizzante al tempo stesso. L’ingenuità dell’altro lo portava inequivocabilmente a scordare quanto fosse potente, e quanto contrastanti le loro nature. Si ritrasse, piano e poi rise, nervoso.
- Bruci, angelo. -
- Anche tu. -
- Meglio iniziare volando basso. – constatò il demone, con la voce quasi ridotta ad un soffio.
L’angelo annuì in fretta, quindi finalmente si girò verso di lui, con lo stesso sguardo che aveva mentre brindavano al mondo.
 Crowley pensò che quello valeva tutta la pena che si erano presi a rincorrersi nei secoli. Senza l’Apocalisse di mezzo avrebbero continuato a farlo per chissà quanto tempo ancora; sempre che il tempo avesse una qualche importanza, poi. Quasi non si accorse che il viso di Aziraphale ormai sfiorava il suo. Avrebbe avuto una battuta da sfoderare e lasciò perdere. Ci sarebbe stato tempo per farlo, dopo.
Si toccarono appena le labbra, cauti, e pochi secondi dopo la prudenza era già scomparsa, senza lasciare il posto alla lussuria. Quella il demone l’aveva sempre lasciata agli umani. Avvertì le mani dell’angelo sulla schiena e le ali tremare. Nella materia il contatto era meno destabilizzante per entrambi, ma non era un rimedio per il suo tramestio interiore. Poggiò la fronte sulla spalla dell’angelo, con un sospiro. Delle dita amorevoli gli carezzarono la nuca. La libreria gli parve l’unico luogo dell’universo in cui potesse trovare il suo posto.


 
  
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