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Autore: littlegiulyy    15/07/2020    0 recensioni
Bra Brief. Da sempre poco avvezza alla lotta, alle battaglie ed alle avventure della squadra Z, con il passare del tempo si renderà conto di quanto le stia stretta la sua vita sulla Terra. Proprio quando quando capirà di aver bisogno di dare un cambio di direzione alla strada che le è sempre stata disegnata davanti, finirà per un caso fortuito nell'avventura che le cambierà la vita. Conoscerà lo spazio, lo stesso in cui suo padre ha vissuto per trent'anni, comprendendo finalmente l'altro lato della medaglia, un altro lato di sé.
Dal Capitolo 1:
"Quando sei l’erede di una delle multinazionali più importanti del pianeta che altra scelta potresti avere?
Nessuna, se non fare quello che tutti si aspettano che tu faccia.
...
Era la figlia della donna più geniale dell’Universo e di uno dei guerrieri più forte di tutte le galassie, i suoi amici erano tutti straordinari con poteri fuori dal comune… e lei? Quella sensazione che ormai aveva appiccicata addosso, la sensazione di essere ordinaria non accennava a staccarsi da lei da qualche giorno.
Insoddisfazione. Questo era quello che provava."
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Pan/Trunks
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO 2 "Bardack"

Le prime luci del mattino la svegliarono repentinamente, costringendola a voltarsi goffamente verso il muro ed a coprirsi il viso con l'angolo del cuscino su cui non era appoggiata.
Nella rabbia e frustrazione del momento, doveva essersi dimenticata di chiudere le finestre la sera prima.
Sbuffò ancora con gli occhi chiusi. Si sentiva tremendamente stanca, nonostante dovesse ancora aprire gli occhi, mentre un lieve mal di testa non faceva altro che infastidirla ulteriromente.
Sperava vivamente in una giornata migliore della precedente, anche se il risveglio non era stato dei migliori.
I suoi e suo fratello dovevano essere già partiti per i monti Paoz, aveva sentito distintamente il rumore del motore accendersi qualche minuto prima che si svegliasse del tutto… questo voleva dire che finalmente era sola in casa e lo sarebbe stata almeno fino a sera.
In realtà le dispiaceva non partecipare ad una delle riunioni dei guerrieri della Terra, dopotutto era molto tempo che non vedeva molti di loro. Era dispiaciuta, è vero, ma non appena pensò al fatto che avrebbe dovuto stare tutto il giorno in compagnia del giovane di casa Son, si rese conto di aver preso la decisione migliore.
Era già abbastanza di malumore senza che Goten incidesse negativamente sul suo stato d'animo precario, come faceva quasi ogni volta che lo vedeva.
Proprio per questo motivo, con la scusa di dover studiar per l’esame imminente, era riuscita a rifilare una scusa ai suoi genitori, evitando bellamente il ritrovo organizzato per il cinquantesimo compleanno di Chichi. Era certa che Pan non vedesse l’ora di fare una sana scazzottata tra pari, e proprio per questo non avrebbe avuto molto senso andare.
Sarebbe finita come sempre… tutti si sarebbero sfidati a vicenda, lei sarebbe morta di noia guardandoli.
Rotolò supina mugugnando per la stanchezza, rendendosi conto di quanto fosse decisamente poco intenzionata ad alzarsi dal letto.
Guardò svogliatamente l’orario sul suo telefono.
Le 7.30 del mattino, altri cinque minuti se li sarebbe potuti permettere.
Richiuse gli occhi rilassando ulteriormente i muscoli delle gambe, mentre delle immagini confuse fecero capolino nella sua mente e la fecero sprofondare in uno stato di dormiveglia. Stava giusto per riaddormentarsi, quando un rumore improvviso al piano inferiore la fece sobbalzare nel letto spaventata.
Scattò in piedi con un velocità sovrumana, concentrandosi per rilevare la presenza di auree sconosciute in casa.
Nonostante non fosse una grande guerriera, suo padre le aveva insegnato qualcosa per difendersi e soprattutto a riconoscere le auree di chi la circondava. Non ci avrebbe messo molto a capire di chi si trattasse.
Si concentrò attentamente, ma sul momento pensò di sbagliarsi.
Tre auree molto potenti erano al piano inferiore, più precisamente all’interno della cucina, ma erano tre auree troppo particolari per appartenere a dei terrestri, ma diverse anche da quelle Sayan.
Doveva essersi sbagliata, stava sicuramente sbagliando qualcosa.
Si concentrò nuovamente, ma le auree che continuava ad avvertire al piano inferiore non cambiarono di una virgola e si avvicinavano sempre di più alla sua stanza.
Si guardò intorno agitata, senza sapere cosa fare.
Cercò con gli occhi il suo telefono, per avvisare immediatamente i suoi genitori di quella visita sospetta, ma nella confusione della sua camera non lo riuscì a trovare.
Si maledì mentalmente per essere così disordinata, mentre i rumori di passi cadenzati si fecero chiari nelle sue orecchie, rendendo sempre più concreta quella sensazione di pericolo che sentiva nello stomaco da quando aveva avvertito le auree di quei tre sconosciuti in casa sua.
Erano vicini, molto vicini.
“Dev’essere in quella stanza” disse una voce maschile sconosciuta infondo al corridoio, ma che riuscì ad udire molto chiaramente.
Saettò d'istinto verso la porta e la chiuse, dando velocemente due giri di chiave e pregando che servisse a qualcosa.
Perché suo padre e suo fratello non c’erano proprio quando aveva bisogno di loro?
I passi si fecero sempre più vicini alla porta e lei indietreggiò d’istinto ma, quando pensò che avrebbero aperto la porta, cessò ogni rumore.
Rimase in attesa, trattenendo il respiro. 
L’unico rumore che poteva sentire proveniva dalla finestra, più precisamente dalla strada, dove continuavano a passare veicoli indisturbati. Trattenne il fiato con lo stomaco in gola, in attesa che succedesse qualcosa.
Il suo cuore martellava furioso nel petto, mentre i suoi occhi non si staccavano dalla porta davanti a lei. L’unica cosa che sentiva, era il ticchettio regolare dell’orologio appeso alla parete.
Prima che potesse rendersene conto, una forza improvvisa la scaraventò contro il muro, facendola impattare con forza sulla parete per poi crollare per terra sbattendo la testa sul pavimento.
Aprì gli occhi con difficoltà, osservando la porta divelta per terra affianco a lei.
Immediatamente, tre paia di scarpe entrarono nel suo campo visivo e, prima che potesse compiere qualsiasi movimento, una pressione sulla sua testa sempre più dolorosa la costrinse a restare distesa, impedendole così di vedere bene i suoi aggressori. Gemette dal dolore, ma cercò di controllare le sue emozioni.
“chi siete, perché siete in casa mia?” disse ad alta voce, cercando di trattenere le lacrime per il dolore ed iniziando a dimenarsi per liberarsi da quella presa dolorosissima.
Delle risate sguaiate riempirono le sue orecchie, facendola innervosire ancora di più.
Per quanto si sforzasse, non riusciva a muoversi neanche di un millimetro.
“Stai buona mocciosa o ti spezzo il collo” disse secco uno degli uomini.
Un brivido le percorse la schiena quando la sua mente registrò le parole del suo aggressore. 
“Gunder lasciala libera, tanto non può scappare” commentò un altro, trattenendo un risolino.
La pressione sulla sua testa sparì improvvisamente, alleviando immediatamente il dolore lancinante che aveva provato fino a quel momento. Tirò un sospirò di sollievo, trascinandosi seduta per terra con difficoltà ma cercando di allontanarsi il più possibile dai tre. Appoggiò la schiena al bordo del letto, raccogliendo le ginocchia contro il petto come per proteggersi, e finalmente alzò lo sguardo ancora dolorante sui tre aguzzini in piedi davanti a lei.
Restò di stucco non appena li vide, rendendosi conto immediatamente di non avere a che fare con tre terrestri. I suoi occhi continuarono a vagare sui tre per qualche minuto, studiando ogni dettaglio in silenzio.
Gli uomini davanti a lei avevano le fattezze terrestri ma, uno aveva la pelle di una tonalità bluastra decisamente assente nel fenotipo terrestre, un altro aveva degli occhi felini che lo rendevano simile in tutto e per tutto ad una specie di gatto, ed infine poggiò lo sguardo su colui che aveva dato l’ordine di lasciarla andare. Doveva essere un ragazzo non molto più grande di lei; la sua pelle era ambrata, ma i suoi capelli erano bianchi come la neve ed i suoi occhi azzurri come il ghiaccio. Si ritrovò assurdamente a pensare che, nonostante le sue fattezze decisamente fuori dall’ordinario, era molto bello.
Indossavano delle armature che non aveva mai visto; simili a quelle Sayan, ma diverse in alcuni dettagli e che fasciavano perfettamente i loro muscoli massicci e ben definiti. Chiunque li avesse visti, avrebbe compreso all’istante di avere a che fare con dei brutti ceffi, dato il loro aspetto non di certo rassicurante. 
Dovevano essere dei guerrieri.
Dei guerrieri alieni.
Deglutì nervosa continuando ad osservarli in silenzio, finché quello con la pelle bluastra e che le aveva quasi rotto la testa, decise di parlare.
“Adesso che facciamo?” chiese rivolto al ragazzo con i capelli bianchi, ma i suoi occhi di ghiaccio erano totalmente incatenati sulla figura della ragazza per terra.
“La ragazzina verrà via con noi” disse con tono risoluto quello che le sembrò essere il capo dei tre.
“Potete scordarvelo!” sbottò Bra urlando d'istinto “chi diavolo siete e cosa ci fate in camera mia?” chiese alzandosi in piedi di scatto per fronteggiarli "non appena arriveranno mio padre e mio fratello non ci metteranno tanto a farvela pagare..." li minacciò sicura di sé. 
Il ragazzo con i capelli bianchi scoppiò a riderle in faccia, prima ancora che finisse di parlare.
“Ha fegato la ragazzina… molto bene, sarà più divertente” disse con un ghigno “Gunder, Lyard prendetela… non abbiamo tempo da perdere” aggiunse uscendo dalla stanza, non prima di averla squadrata da testa a piedi.
Bra fissò il punto in cui era sparito il ragazzo, spostando subito dopo lo sguardo sui due alieni che la fissavano con un sorrisetto. Indietreggiò d’istinto, ma una presa ferrea le bloccò immediatamente il braccio.
“Andiamo, siamo un po’ di fretta…” disse l’altro alieno con un sorrisetto poco rassicurante.
Bra non ci pensò due volte, con uno scatto cercò di tirare un pungo con la mano libera all’alieno, ma lo parò senza difficoltà. Decise quindi di provare a tirargli un calcio, ma anche questo venne parato senza alcuna difficoltà. Non c'erano dubbi, erano sicuramente dei guerrieri.
Ripartì all’attacco con un altro pugno che centrò perfettamente la mascella, facendogli voltare il viso dall’altra parte; con uno strattone si liberò dalla presa dell’uomo e con un balzo indietro ristabilì le distanze mettendosi in posizione di difesa, sotto lo sguardo stupito del suo aggressore.
Se avrebbe dovuto combattere, lo avrebbe fatto.
I due alieni la guardarono sorpresi, scambiandosi un’occhiata.
“Molto bene… vuoi giocare ragazzina? Non ti piacerà” disse divertito uno dei duo uomini.
Con uno scatto si gettarono su di lei contemporaneamente, ma inizialmente riuscì a parare tutti i loro colpi. Sfruttò la sua velocità per sfuggire ai loro attacchi, ma più passava il tempo più si sentiva stanca.
Sapeva di dover resistere il più possibile, sicuramente suo padre e Goku si erano già resi conto che ci fosse qualcosa che non andava quindi avrebbe solo dovuto tenere botta per un po’.
Giusto il tempo perché loro arrivassero.
Improvvisamente, un pugno centrò in pieno il suo viso, facendole sentire distintamente uno scricchiolio a livello del naso e facendole perdere l'equilibrio. Nella caduta impattò violentemente contro lo spigolo della scrivania e crollò per terra. Gemette di dolore passandosi una mano sul labbro e la pelle del dorso della sua mano si sporcò di sangue… doveva essersi rotta il labbro inferiore.
recuperando le forze, scattò di nuovo in piedi cercando di fronteggiare i due uomini, ma si rese conto immediatamente che avevano fatto solo finta di combattere poco prima non appena ripresero a combattere; la loro forza era nettamente superiore alla sua.
Incassò numerosi colpi in tutto il corpo, tra calci e pugni, crollando pesantemente per terra quasi incosciente. Sentì distintamente il sapore ferroso del sangue in bocca e si chiese se fosse sangue del labbro o se le avessero rotto anche il naso.
Strinse i denti incassando tutti i colpi inferti dai due alieni e, quando finalmente i colpi contro il suo corpo cessarono, Bra non riuscì a muoversi.
Ogni parte del suo corpo le doleva come mai prima di allora, impedendole qualsiasi movimento.
Restò riversa per terra per qualche minuto, cercando la forza di girarsi per respirare meglio. Se si fosse girata, sarebeb riuscita ad espandere meglio il torace e più ossigeno avrebbe raggiunto il suo cervello. 
Con uno sforzo non indifferente, si mise supina restando distesa per terra, mentre iniziò a tossire convulsivamente. Non era neanche certa di avere ancora tutte le ossa a posto, e sulla sua maglietta riuscì ad intravedere una chiazza rossa allargarsi sempre di più.
“Basta così, l’abbiamo ridotta male… Yoshi non sarà contento” disse con tono di rimprovero uno dei due, ma la sua voce arrivò molto ovattata alle orecchie di Bra.
Cercò di tenere gli occhi aperti, ma le palpebre erano sempre più pesanti e restare sveglia le fu sempre più difficile.
Doveva resistere, suo padre sarebbe venuto a salvarla e anche Trunks, ne era certa.
“Fanculo anche a Yoshi, la prossima volta invece che andarsene ci pensa lui al prigioniero allora”
La mente di Bra elaborò quest’ultima frase, rendendosi conto che l'avevano appena definita prigioniera. Incapace di restare ancora coscente, si abbandonò al buio totale del suo destino.
 

Ancora prima di aprire gli occhi, dei dolori lancinanti invasero tutto il suo corpo facendola quasi piangere. Gemette di dolore senza capire cosa le stesse succedendo, ma non appena aprì gli occhi si ricordò tutto ciò che era successo prima che perdesse conoscenza.
I ricordi dell’aggressione le tornarono in mente vividi investendola in pieno, mentre la paura di essere in mano a degli alieni sconosciuti la invase totalmente.
Spalancò gli occhi impaurita, rendendosi conto di non trovarsi più in camera sua, ma in una stanza che non aveva mai visto prima, con delle pareti metalliche e su una brandina decisamente poco comoda. Guardò in direzione della porta, metallica anch’essa, con una piccola apertura nella parte superiore.
Quel posto aveva tutta l’aria di essere una cella.
Cercò di mettersi a sedere nel letto, stringendo i denti per il dolore, e dopo qualche minuto di fatica finalmente ci riuscì. Abbandonò la schiena contro la parete gelida, e si rese conto solo in quel momento di indossare solamente il reggiseno; la sua maglietta era sparita.
Il suo cuore iniziò a martellare forte nel petto, non riuscendo a dare spiegazioni logiche e plausibili a tutto quello che stava succedendo. 
Si guardò intorno alla ricerca di quel pezzo di stoffa che le apparteneva, ma non trovò niente.
Le uniche cose presenti in quella cella erano lei e quell’imitazione di letto su cui era stata sistemata da qualcuno.
Dove si trovava?
Cosa le avrebbero fatto?
Chi erano quegli uomini e cosa volevano da lei?
Sbuffò sbattendo un paio di volte la testa contro il muro disperata.
Era nella merda, questa volta sul serio.
L’unica possibilità di fuga che aveva era che suo padre e gli altri localizzassero la sua aura, non aveva altre soluzioni. Avrebbe dovuto allenarsi di più quando ne aveva avuto l’occasione, adesso forse non sarebbe stata in quella situazione.
Colta da un attacco d’ira, scagliò un pugno contro la parete, gemendo immediatamente per il dolore alla mano già ferita e fasciata da qualcuno mentre era incosciente.
“Cazzo!” imprecò ad alta voce trattenendo le lacrime che minacciavano di scendere dai suoi occhi.
“Smettila, sei già abbastanza debilitata”
Una voce risoluta al di là della porta attirò la sua attenzione e, prima che potesse dire qualcosa, la porta della cella si aprì rivelando la figura del ragazzo con i capelli bianchi che aveva visto in camera sua.
Il suo cuore perse un battito e trattenne il respiro non appena riconobbe uno dei suoi aggressori. Il ragazzo fece un passo entrando dentro la cella, e lei raccolse svelta le ginocchia al petto in posizione di difesa. 
Si studiarono per qualche istante in silenzio, poi, la turchina, raccogliendo tutto il suo coraggio, si decisa a parlare. 
“Chi siete? Cosa volete da me?” chiese cercando di nascondere la paura nella sua voce.
Mai mostrarsi debole con il nemico, almeno questo lo aveva imparato.
Il ragazzo la guardò, soffermandosi sul suo corpo per un istante di troppo.
“Con il tempo risponderemo a tutte le tue domande… finché siamo in viaggio riposati” le disse satono “sei debole per essere una Sayan” aggiunse guardandola meglio. 
La ragazza spalancò gli occhi sorpresa.
“Sai che sono una Sayan?" domandò stupita, registrando poi il senso della sua frase iniziale.
"In viaggio per dove?” indagò poi sempre più confusa.
“Per il pianeta Kaphtos…”
Il cuore di Bra fece un balzo nel petto “che cosa?” urlò fuori di sé “Vuoi farmi credere che siamo nello spazio?”
“Guarda tu stessa” disse il ragazzo, indicando una piccola tenda affianco al letto che non aveva notato prima. Guardò tentennante la tenda, non certa di voler vedere davvero cosa ci fosse oltre.
Non si fidava di quel ragazzo, non si fidava di ciò che le diceva.
La scostò lentamente e, quando guardò fuori, per poco non svenne di nuovo.
L’immenso ed infinito spazio nero si propagava fuori dall’oblò in cui stava guardando, illuminato solo da qualche stella di passaggio ogni tanto. Dovevano viaggiare ad una velocità molto elevata, perché i pianeti intorno a loro sfrecciavano veloci sparendo in poco tempo alla sua vista per lasciare spazio ad altri pianeti di altri colori. I suoi occhi registrarono sfumature di colori che mai prima di allora aveva potuto osservare, certa di non poter vedere uno spettacolo simile sulla Terra.
Continuò a guardare fuori calamitata da ciò che i suoi occhi azzurri stavano osservando increduli.
Non poteva crederci.
Non poteva credere di essere davvero nello spazio.
“In che galassia siamo?” chiese a bassa voce senza distogliere lo sguardo dall’oblò.
“Non più nella via Lattea” disse vago il soldato.
Quelle cinque parole demolirono all’istante ogni sua speranza di salvezza, facendole comprendere quanto fosse ormai fuori dalla portata di tutti i suoi amici, anche di suo padre. 
Nessuno l'avrebbe ritrovata in quel punto remoto dello spazio.
Continuò a guardare fuori in silenzio, quel nero che sembrava ricoprire ed ingurgitare tutto ciò che aveva intorno; lo stesso spazio in cui suo padre aveva trascorso quasi trent’anni della sua vita, lo stesso spazio in cui sua madre aveva viaggiato con i suoi amici per salvare la Terra.
Aveva desiderato così tante volte di poter vedere con i suoi occhi quell’immensa vastità buia che adesso era davanti a lei, separata solo dal vetro… ma adesso avrebbe solo voluto essere a casa sua, sulla Terra.
“Cosa volete da me?” chiese tornando a guardare l’alieno nella cella.
“Questo te lo diremo più avanti, come ti ho già detto. Non amo ripetermi. Nel frattempo starai qui zitta e buona…” disse secco il ragazzo “non farti venire in mente strane idee, o quello che ti hanno fatto Gunder e Lyard sarà stato solo un avvertimento in confronto” la minacciò facendo un passo verso di lei.
“E perché cosa dovrei fare secondo te? Sentiamo… sono chiusa in questa cella, come potrei combinare qualcosa” ribatté d’istinto la ragazza.
“Non voglio neanche sentire la tua voce fastidiosa” disse alterato l’alieno “da quando ti sei risvegliata non hai fatto altro che lamentarti terrestre”
“Mi avete pestata a sangue, cosa ti aspettavi? Che vi dicessi grazie?” rispose innervosita guardandolo male, ormai totalmente priva di freni inibitori. 
La rabbia dentro di lei per la perdita di ogni speranza stava montando sempre di più, oscurando ogni briciolo di buon senso che le era rimasto. 
Il ragazzo stava per ribattere a tono, quando improvvisamente una risata nuova, ma decisamente piacevole, invase le sue orecchie. Sentì chiaramente dei passi fuori dalla stanza in cui si trovavano, ed in pochi istanti entrò nella cella un altro ragazzo.
Lo guardò attentamente, cercando di cogliere i suoi tratti nonostante fosse quasi buio in quella dannata cella.
Sembrava avere più o meno l’età di Trunks ed i suoi lineamenti erano innegabilmente perfetti.
Nonostante la penombra, riuscì a notare la sua pelle leggermente ambrata e gli occhi neri come la notte, proprio come i capelli. Due cerchietti d’oro adornavano i suoi lobi scintillando al buio ed anche lui indossava la stessa armatura che aveva già visto addosso agli altri rapitori, fasciando perfettamente il corpo massiccio e muscoloso. Il suono della sua risata cristallina fu stranamente rilassante per le sue orecchie, nonostante il contesto in cui si trovasse, ma la sua apparizione la rese ancora più inquieta.
“Ha verve la ragazzina…” commentò soddisfatto il nuovo arrivato, guardandola con un ghigno “direi che ti tiene testa Yoshi” aggiunse sprezzante abbassando gli occhi sul suo corpo scoperto.
Bra si sentì improvvisamente a disagio e si coprì il petto raccogliendo meglio le gambe contro il torace.
Aveva avuto al fortuna di ereditare le forme prosperose da sua madre e con il passare del tempo erano diventate sempre più evidenti. Doveva ammettere di essere fortunata, ma spesso le causavano non pochi disagi ed imbarazzi, soprattutto adesso che si trovava mezza nuda davanti a due alieni sconosciuti.
“E tu chi sei?” gli chiese sempre con tono diffidente, senza pensare alle conseguenze.
Il ragazzo ampliò il suo ghigno “qui le domande le facciamo noi” sentenziò deciso.
Bra lo guardò meglio e poté giurare che quel ragazzo fosse dannatamente famigliare.
Lo osservò meglio, cercando di capire se l’avesse mai visto prima di allora.
“Ci siamo già visti?” gli chiese prendendolo in contropiede.
“Sei sorda forse?” sbottò il ragazzo alzando la voce “adesso mettiti a letto e dormi, almeno non ci martellerai con le tue domande...”
“Guarda che siete stati voi a venire qui” gli ricordò la ragazza con tono di sfida, ma in un attimo, rima che potesse rendersene conto, una presa ferrea le afferrò la gola bloccandola contro il muro.
Spalancò gli occhi per la sorpresa e per lo spavento, mentre le sue mani volarono d'istinto sui polsi che le tenevano stretta la gola in una morsa che le toglieva il respiro.
“Non… non respiro…” farfugliò boccheggiando alla ricerca di aria, ma la presa non accennò a diminuire.
Non avrebbe dovuto osare tanto, avrebbe dovuto tagliarsi un pezzo di lingua, come spesso le avevano consigliato di fare. 
“Prima regola devi stare zitta, seconda regola non controbattere… siamo intesi?” le intimò lo sconosciuto a pochi centimetri di distanza “se rispetterai le regole arriverai a destinazione viva e senza qualche osso spezzato, altrimenti...” aggiunse a denti stretti.
Un brivido percorse la sua schiena, perdendosi in quegli occhi che non riuscì a vedere bene a causa del buio nella stanza. Annuì velocemente con il cuore in gola, facendo segno di aver capito e pregando che la lasciasse andare. Finalmente mollò la presa sul suo collo, ed il sangue tornò ad irrorare il suo cervello.
Tossì vistosamente e recuperò un po’ di ossigeno, appoggiandosi poi di nuovo contro muro dietro di lei sfinita.
Se l’era vista brutta, nessuno aveva mai osato tanto nei suoi confronti o era sempre stato fermato prima. Adesso non c’era nessuno che le avrebbe coperto le spalle, tutto dipendeva da lei.
Non aveva idea di chi fossero, ne del perché l’avessero rapita.
Che fossero dei nemici di suo padre di quando ancora faceva parte dell’esercito di Freezer? O forse la stavano usando come esca per qualcosa?
Mille domande le affollavano la testa, senza alcuna risposta.
Voleva solo tornare a casa. Voleva tornare a casa viva.
“Ho contattato Klion… sa che abbiamo la ragazza… vuole parlarti” disse il ragazzo misterioso a Yoshi, riattirando l'attenzione su di lui.
L’alieno con i capelli bianchi annuì “vado subito… pensaci tu a lei Bardack” disse incamminandosi verso la porta, dopo aver assistito a tutta la scena in silenzio.
Bardack.
La mente di Bra registrò quel nome, e poté giurare di averlo già sentito… solo non ricordava dove.
“Tsk… una fortuna dietro l’altra” commentò sprezzante il ragazzo poco prima che Yoshi uscisse dalla cella. L’alieno si fermò di colpo, voltandosi verso di loro e guardò con un sorriso il suo compagno.
“Dopotutto… è la tua principessa, non la mia” commentò con un sorriso, prima di andarsene e sparire nel corridoio ridacchiando sommessamente.
Gli occhi di Bra volarono increduli sul ragazzo davanti a sé, e con uno sforzo non da poco si alzò in piedi avvicinandosi a lui per guardarlo meglio, per accertarsi di aver inteso bene l’ultima frase che Yoshi aveva rivolto a questo Bardack.
Il ragazzo la osservò e per un attimo si convinse che l'avrebbe strangolata di nuovo, ma non lo fece.
Bra analizzò la sua vita, trovando la conferma che cercava.
Il ragazzo aveva la coda, il ragazzo era un Sayan.
Si portò una mano alla bocca per coprire la sua sorpresa, mentre gli occhi del ragazzo la guardavano collerici. Non riusciva a capire niente di quella storia, ne tanto meno cosa volessero da lei, ma l’idea di avere un vero e proprio Sayan davanti a sé la elettrizzava.
“Sei un Sayan!” esclamò stupefatta “com’è possibile? Il pianeta Vegeta è stato distrutto quando mio padre era piccolo… quanti anni hai?” gli chiese senza ricordare ciò che era successo poco prima.
Quando vide la mano del Sayan scattare verso di lei per l’ennesima ripercussione fisica, con un balzo evitò al presa, guadagnandosi uno sguardo sorpreso da parte del ragazzo che restò in silenzio per un istante.
Si studiarono a vicenda nel buio, analizzando ogni particolare dell'altro.
Come poteva esistere un altro Sayan? Come potevano non saperne niente?
“Sei libero di non rispondermi… per adesso” disse risoluta, notando perfettamente come i pugni stretti del ragazzo dimostrassero la sua collera interiore.
Era certa che stesse facendo un grande sforzo per non ucciderla seduta stante, ma decise di osare nuovamente “ma almeno puoi dirmi che fine hanno fatto i miei vestiti?” gli chiese cambiando totalmente discorso e lasciandolo di stucco per la seconda volta nel giro di tre minuti.
Bardack la guardò fuori di sé “tu… tu sei…” farfugliò scuotendo la testa “ma da dove vieni fuori?!” aggiunse incredulo. La ragazza trattenne un sorriso di soddisfazione e rimase in silenzio, in attesa di una risposta.
“Ti ho tolto io la maglietta e l’ho buttata… il nostro medico doveva medicarti una ferita sulla pancia… si era strappato… quel coso” disse indicando la sua pancia scoperta, ma evitando accuratamente di guardarla.
Bra abbassò lo sguardo per capire a cosa si riferisse, rendendosi conto che stava parlando del suo piercing sull’ombelico.
Rimase in silenzio, senza sapere cosa dire e per fortuna il ragazzo riempì quel silenzio imbarazzante.
“Lì ci sono dei vestiti che ti puoi mettere. Dormi e non farti sentire. Giuro che non voglio sentire neanche una mosca volare qui dentro” la redarguì serio “quando arriveremo su Kapthos ti spiegheremo perché sei qui” concluse.
“Va bene…” disse confusa la ragazza "
Il Sayan la guardò un’ultima volta, e per un attimo le sembrò che le stesse per dire qualcosa, ma non lo fece. Si voltò e si diresse verso l’uscita a grandi passi, lasciandola da sola con i suoi pensieri.
Quando si richiuse la porta alle spalle con un sonoro colpo, Bra si lasciò cadere nel letto esausta, ripercorrendo con la mente tutto quello che era successo.
Com'era possibile che un Sayan fosse ancora vivo?
Il pianeta Vegeta era stato distrutto molto tempo prima da quello che le avevano sempre raccontato e quel ragazzo doveva avere al massimo l'età di suo fratello. C’era sicuramente qualcosa sotto, ma non riusciva a capire cosa.
Avrebbe potuto giurare di aver già sentito quel nome ma, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a ricordare dove.
Si distese nel letto tenendosi con una mano il fianco ancora dolorante dopo le percosse ricevute e fissò il soffitto bianco intensamente meditabonda.
Quegli uomini non si erano fatti scrupoli a metterle le mani addosso, avrebbe dovuto fare attenzione.
Non poteva fidarsi di nessuno lì, se non di sé stessa.
Ma cosa potevano volere da lei?
Doveva trovare il modo per fuggire.

 
  
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