Double, double, thorns and trouble (groin burn, and cauldron bubble)
– quinto capitolo –
“Pensi che, se avessi potuto portarlo in ospedale, a
quest’ora non l’avrei già fatto, Garth?”
Non voleva arrivare a quella frase Dean, davvero.
Ha fatto sforzi sovraumani per modulare il tono e ostentare disinvoltura; ha
passeggiato su e giù per la camera come se stesse facendo il resoconto delle
vacanze ad un amico lontano. Nei suoi passi e nella sua voce, ha cercato di non
diffondere nulla dello tsunami di ansia e preoccupazione che montava dentro di
sé.
Non può permetterselo, e lo sa.
Sam non è tornato del tutto integro dalla deludente esperienza in bagno. Giace
supino sul letto, fissa il soffitto con gli occhi acquosi di chi trattiene la
frustrazione solo per pudore. Lo stesso che gli gonfia e chiazza le gote di
rosso e gli fa tremolare il mento.
Sì, non ha decisamente bisogno di altre ragioni per preoccuparsi. Dean, da
parte sua, può affermare di aver fatto di tutto pur di avere una conversazione
che suonasse il più possibile discreta e non allarmante, ma adesso, comincia a
cedere.
“Non possiamo andare in ospedale, ieri per poco non ci arrestavano entrambi per
frode assicurativa!” ribadisce. Solleva una mano a palmo alzato come se il suo
interlocutore fosse lì con lui e non dall’altro lato dei fottuti Stati Uniti
d’America.
Sul lenzuolo che copre la sua metà inferiore, Sam ha una busta di plastica con
del ghiaccio preso al distributore del motel. Dean è abbastanza certo che
l’antidolorifico che gli ha sparato nella flebo non copra anche il dolore del ghiacciarsi le palle, ma sopporta bene,
si dice.
“Garth, ascolta, credo la situazione ti stia un attimo sfuggendo,” si augura
che una qualunque divinità in ascolto possa intercedere per lui con il suo
sistema nervoso e aiutarlo a non perdere la calma “Ti ho già spiegato cos’è
successo a Sam, no? Ti è chiara la situazione? Ecco. La ragione per cui ti ho
chiamato, è perché speravo di poter ottenere da te un...qualcosa, dei consigli. Insomma, qualcosa che possa aiutare Sam a cambiare l’acqua alle olive, tutto qui.”
Dean sbuffa, la ramanzina al telefono non sta portando a niente e, nella sua
testa, la brillante idea di chiamare Garth non appare più così brillante come
prima.
“So benissimo che avrebbe bisogno di un ospedale, Garth! E so anche che sei
solo un dentista, andiamo!”
Volge l’attenzione verso Sam. Per un
cinico gioco di ombre, a quella distanza appare persino più emaciato di quanto
sia davvero. Rammenta solo adesso che, in quel trambusto, Sam non mangia da
almeno ventiquattro ore, e quel cocktail di medicinali che scende nelle sue
vene non può che essere il colpo di grazia. Nelle sue orecchie, le parole di
Garth sono un rumore bianco, suoni che si dissolvono sotto peso di allarmanti
indizi che Dean ritrova su quel corpo seminudo.
“Eh?” si blocca di colpo. Qualcosa nelle parole di Garth lo
strappa a quel flusso di crescente disperazione. Rimane immobile al centro
della stanza per un paio di secondi. “Come dici?” domanda ancora, sbatte un paio
di volte le palpebre, poi volta la collo in direzione del proprio letto.
“Rimani in linea, dimmi com’è fatto.”
Chinatosi su di esso, controlla una ad una le decine di confezioni
incellofanate che ha dinnanzi a sé, sino ad acciuffarne una seppellita tra le
altre. “Credo di averlo trovato.”
Al telefono, l’ex cacciatore comincia a snocciolare qualcosa a cui, questa
volta, Dean presta attenzione come mai aveva fatto prima. Lentamente ed
inesorabilmente, i suoi occhi si sgranano, perdono fuoco. Le parole di Garth
hanno il potere di evocare dinnanzi a sé oscenità che solo lui aveva il
privilegio di vedere, e che faticano a svanire anche quando l’ex cacciatore
termina il proprio monologo.
Dean si schiarisce la voce, “Okay,” distoglie lo sguardo, cerca un nuovo punto
fisso della stanza in cui ancorare la propria sanità mentale: la statale che si
affaccia dalla finestra offre un diversivo banale ma efficace “lo terrò
presente come ultima risorsa. Altri metodi meno invasivi?”
Il resto della conversazione scorre in fretta. Una serie di
‘okay’ atoni e automatici, privi di alcuna consistenza. Quando Dean riaggancia,
la sua mano sta già scorrendo nervosa tra i suoi capelli.
Scatta in piedi abbandonando l’angolo di letto in cui si era seduto senza
accorgersene, si avvicina allo sguardo sconfitto di Sam, che adesso preme di
nuovo su di lui in attesa di risposte che non ha. Deglutisce, preleva la
pezzuola tiepida che Sam ha sulla fronte, ne sente la temperatura con il dorso
della mano. Cazzo, quanto ci mette quella merda a fare effetto, si domanda
mentre cerca una distrazione nello stillicidio lento della flebo.
“Dean—“ con la sua voce ancora ruvida, Sam si apre un varco in quel silenzio
che Dean ritiene quasi sacro. Rinuncia al tentativo di evitare il suo sguardo,
gli occhi di Sam si incollano ai suoi al minimo contatto; così schiude la
bocca, si tiene impegnato strizzando l’acqua gelida dalla pezzuola che ha
immerso nel contenitore accanto al letto. “Garth ti saluta,” pensa di smorzare
la tensione, ma ottiene l’effetto opposto: quando poggia il panno sulla fronte
di Sam, può vedere da solo come le sue dita stiano tremando.
“Ha i bambini con la varicella. Tu lo sapevi che i lupi mannari possono
prendersi la varicella?”
“Cos’ha detto Garth, Dean?”
Dean non risponde, la domanda è così scomoda, così indelicata che merita solo di scivolargli addosso. Il sollevare il sacchetto del ghiaccio dal ventre di Sam e cercare una risposta lì, sotto al lenzuolo, ha quasi il sapore di una ripicca. Ma l’incontro con ciò che si cela tra le gambe di Sam non è qualcosa alla quale Dean può davvero sviluppare quell’assuefazione necessaria a non avere ogni volta un ritorno di bile in gola. Di colpo, Dean, è più nudo di lui.
“Dean?”
Il bagliore brutale dei tagli infetti lo confonde, lo stordisce: non è più in
grado di inventare qualcosa che non sia la verità.
“Ha detto che probabilmente dovresti avere un tubo su per
l’uccello”
“Un catetere?”
Dean fa spallucce “Sì, qualcosa del genere.”
Sam non fa una piega. Il suo volto imperlato dal sudore non si scompone, non
sembra percepire lo stesso riverbero di terrore che aveva percepito lui quando
le parole metalliche dell’ex cacciatore hanno colpito i suoi sensi, anzi –
quella consapevolezza sembra restituirgli, almeno in parte, un impeto di
fiducia.
“Okay.” Okay un cazzo, Sam non può essere serio.
“Andiamo, Garth è un dentista! Che vuoi che ne sappia?”
Sam sospira rassegnato, “È quanto di più vicino a un medico
possiamo permetterci”, volge lo sguardo verso il cumulo di medicine sul suo
letto.“Abbiamo niente del genere?”
In preda ad una forza molto simile al panico, Dean ride. Ride di una risata che
non pensava poter fare. Si china prima sul ventre di Sam mentre scuote ancora
la testa divertito, nasconde i genitali feriti con il solito lembo di lenzuolo,
gli tasta velocemente l’addome, come se le sue mani sapessero davvero cosa fare
di quella vescica distesa. Come se il toccare scoordinato delle sue dita avesse
un perché, una logica.
“Riusciremo a farti fare pipì diversamente, non
preoccuparti.” Sorride ancora, ma tutta quella improvvisa ondata di sedicente
gioia non sembra incantare per niente Sam. Forse, il suo volto è più consumato
dalla preoccupazione di quanto immagini, forse le sue labbra hanno dimenticato
qual è la forma di un sorriso convincente, capace di infondere serenità e
fiducia, cazzo – è mai possibile che anche divorato dai farmaci e dalla febbre,
suo fratello non si lasci scappare nessun particolare?
Sam lo fissa ancora un paio di secondi con una tranquillità fuori luogo, quasi
scortese, oserebbe definirla.
I suoi occhi si muovono come stessero scorrendo delle immagini che Dean non
fatica ad immaginare e la cosa lo innervosisce ulteriormente. Non è pronto a
far fronte a tanta saggezza.
Prima che Dean possa smettere di tastare il suo ventre e fingere competenze che
non ha, Sam rotola lentamente su di un fianco, puntella i gomiti sul materasso,
il volto si deforma a causa del morso che si dà all’interno delle guance per
sopportare il dolore mentre tenta di raggiunger la posizione seduta.
“Ehi, ehi! Sam! Che vuoi fare?” Le spalle di Sam tra le mani di Dean
sussultano, ma Sam non emette alcun lamento. Stringe i denti a sufficienza per
non farlo, evidentemente.
“Abbiamo un catetere tra quella roba?” insiste, fatica a riprendere fiato.
Spingerlo di nuovo sul materasso però, non è così facile come ha immaginato.
Dean ingoia qualcosa, si sta incastrando in un vicolo cieco da cui non è certo
riuscirà poi ad uscire “Credo di sì”, risponde incerto, “ma tu torna giù
adesso, avanti”
“Dean,” non sa dire cosa stiano facendo le mani di Sam sulle sue; se sta
cercando di impedirgli di spingere ancora le sue spalle contro il cuscino, o
piuttosto, di costringerlo ad una riflessione che sta in tutti i modi evitando
“non urinerò senza un catetere. Anche il dottore, in ospedale, aveva accennato
a qualcosa mentre mi portavano in corsia. Avrebbero dovuto sottopormi ad un
esame per il quale era richiesta la vescica piena, dopo lo avrebbero inserito.”
Ed è più o meno quanto anche Garth aveva ipotizzato al telefono pochi minuti
prima. Cristo.
“Cristo,” Dean ritrae le labbra stizzito, “perché non me lo hai detto prima?”
“Perché non pensavo fosse l’unico modo che mi avrebbe permesso di urinare...”
Sam ci prova ancora a vincere la resistenza delle mani di Dean e a sollevarsi,
ancora una volta, spingendo sui gomiti. “Dai, portami l’occorrente.”
Cazzo.
“Dean?” Non è davvero un richiamo confuso, manca totalmente
di inflessione. Sam evidentemente sa come tradurre la sua immobilità. Il
maggiore dei Winchester si solleva in fretta annuendo, torna a scartare farmaci
e buste inutili da quelle che ha versato sul letto, e poi, dopo essersi messo
tra le braccia ciò che ritiene essere l’occorrente, in un moto quasi meccanico,
riprende possesso dell’angolo di letto di Sam arbitrariamente occupato.
“Tieni,” Dean si inumidisce il labbro superiore con la punta della lingua, il
crepitio delle buste attutisce le sue stesse parole, ed è come una sinfonia
sbronza. Scaraventa ogni cosa in un angolo accanto al suo fianco, e Sam le solleva
ad una ad una di fronte al suo volto come a volerle vedere in controluce. “C’è
tutto?”, domanda Dean.
Sam annuisce, chiede la sua mano come appiglio per sistemarsi meglio in
posizione seduta. La pezzuola della fronte crolla sul grembo quando un dolore
acuto, da qualche parte nelle viscere, lo fa ribaltare su se stesso.
Le mani di Dean sulle sue spalle sono adesso delle morse. Sente le ossa delle
sue clavicole sotto i polpastrelli. Sono talmente spigolose che sembrano poter
lacerare la carne e il tessuto che si interpone ed è tutto profondamente sbagliato.
“Sto bene,” anticipa Sam. I suoi bisbigli a denti stretti sono tutt’altro che
persuasivi. Dean ne è indignato, anche se non sa dire da cosa, in particolare.
Forse, farebbe prima ad elencare cosa in tutto quello che vede non stia
alimentando il ribollente moto di rabbia che non è ancora riuscito in nessun
modo a sfogare.
“Forse dovremo davvero tornare in ospedale...”
Lentamente, Sam raccoglie le forze tirandosi su. Si accomoda
tra i cuscini che Dean gli ha riposizionato dietro la schiena, rilascia il
fiato che le labbra serrate si sono impegnate a trattenere.
“Ce la faccio. Non preoccuparti.”
Pallido e stremato, le dita tremanti si stringono intorno alla confezione di
betadine offerta da Dean. Fatica quasi a lasciarla andare alla sua presa, come
se il suo inconscio non fosse totalmente d’accordo con ciò che suo fratello si
appresta a fare.
Sam abbassa lo sguardo, scopre i propri genitali. Dal modo in cui le sue labbra
perdono ulteriormente colore, Dean intuisce che è la prima volta che Sam prenda
visione delle sue condizioni. In un altro momento, avrebbe contornato quel
momento con qualcosa di divertente o dissacrante in grado di deviare
l’attenzione, ma questa volta, Dean non dice niente. Abbandona Sam a quel
momento di smarrimento senza intervenire in alcun modo, perché sente che ogni
singolo pensiero sta attraversando la sua mente, giusto o sbagliato che sia,
meriti di farlo.
Sam muove la bocca come per articolare qualcosa, ma non
viene fuori nulla, e in quel silenzio, Dean non si è mai sentito così inutile
prima d’ora.
Sam distoglie gli occhi di colpo dopo una manciata di secondi, torna a fare
quel che stava facendo.
Rimuove il cappuccio al disinfettante, ritira il bacino verso l’interno, e poi,
come fosse qualcosa che non meritasse un particolare cura, ne lascia cadere
alcune gocce sul pene.
Dean vorrebbe intervenire, suggerire che da ciò che ha appreso nell’ultimo
quarto d’ora, non è quello il modo corretto di detergere il pene prima della
cateterizzazione, ma non riesce a dire nulla. D’improvviso, è come se mettere
becco in quella faccenda fosse diventato una pratica oscena, qualcosa di
estremamente fuori luogo.
Vorrebbe far notare a Sam come il betadine stia colando sui testicoli infiammati
sino a raggiungere le lenzuola, e di quanto improbabile sia anche il fatto che
Sam non stia facendo nulla affinché non accada, ma non riesce a fare neanche
questo.
Sam tende un braccio verso di lui, rimuove dalle sue mani la bustina di
lubrificante ed anche la confezione sigillata con il catetere.
“Aspetta, sai come si fa?” Dean lo conosce abbastanza da poter intuire che,
anche se la testa si muove su e giù senza incontrare il suo sguardo, la
risposta è un’altra.
Sam scarta il tubicino in lattice, si appresta a lubrificarne la punta e Dean
osserva in silenzio l’intera faccenda, cercando di prefigurarsi mentalmente il
momento in cui le mani incerte di suo fratello tenteranno di insinuarlo
nell’uretra malandata. Nelle ferite traslucide che maculano il pene, Dean crede
di riuscire a individuare quella lasciata dallo spuntone di cactus che ha
rimosso lì, da solo, in pieno deserto, prima di ritrovarsi con ciò che sul
momento gli era sembrato un litro di sangue tra le mani, e la certezza che non
sarebbe stato qualcosa che avrebbe potuto risolvere da solo.
Un groppo gli si stringe in gola quando vede Sam chiudere il pene tra le dita
della sua mano sinistra. Ha l’impressione non lo stia maneggiando con la cura
che richiederebbe, o che gli riserverebbe lui, se solo non si fosse lasciato
sfuggire di mano la situazione dallo stesso qualcosa che sta adesso stringendo
il suo stomaco e il suo petto in una morsa vile, meschina.
Si fa distrarre da un sospiro di Sam, ruvido e rauco come il verso di un
animale ferito. Il minore dei Winchester ha le palpebre chiuse e sta inspirando
profondamente prima di iniziare una procedura che in cuor suo, Dean non
saprebbe definire con altro termine se non barbarie.
Il pensiero è sufficiente per far apparire una smorfia sul
suo viso. Ruota le anche, porta le ginocchia verso l’esterno del letto,
annovera il bisogno di dare le spalle a Sam tra quelle piccole, discutibili
cose che crede siano cortesie dovute, ma già da un po’ la pungente
sensazione di star facendo tutto per se stesso, in realtà, ha cominciato a
farsi strada come un tormento.
Arrivano una serie di grugniti trattenuti a forza, piccoli respiri spezzati,
poi nulla. Dean si volta quando sente che il fruscio delle lenzuola ha già
preso il sopravvento su qualsiasi suono, incluso il silenzio.
Le dita che prima Sam aveva stretto intorno al catetere, Dean le ritrova adesso
cinte intorno al viso, pressate contro la mascella con una forza eccessiva,
quasi come se la mano non fosse la sua ma quella di qualcuno che vuole
impedirgli di parlare, forse addirittura di urlare, a giudicare dal modo in cui
strizza gli occhi e la faccia. Il pene, gonfio ed abbandonato a stesso, si
incrocia con il tubicino giallo del catetere formando una sorta di X sbilenca, rovinata di tanto in tanto
da dei sussulti strani, come degli spasmi, che ne alterano il sottile
equilibrio.
La poltiglia lubrificante è ben visibile su entrambi, segno che Sam ci aveva
almeno provato, ma forse il compito si è rivelato più frustrante di quanto
avesse immaginato (le striature di sangue avvalorano questa ipotesi).
Non sa di preciso cosa possa
aver fermato Sam e non crede sia così importante saperlo. La sua vena creativa
è talmente prosciugata che non saprebbe neanche cosa inventare lì per lì per
porre rimedio, incoraggiarlo. Dunque, Dean tira un respiro profondo e fa
l’unica cosa buona che sente di poter fare in questo momento (in fondo al suo
cuore, sentiva già da un po’ che sarebbe stata l’unica idea sensata, ma non
voleva cedervi così presto): si arrende. Manda a fanculo tutti i suoi buoni propositi del cazzo, e felice, si
arrende.
Le dita si aggrappano a quelle che Sam stringe al viso, un po’ come quando
si vuole staccare le dita di un neonato da una presa poco indicata.
“Stai bene?”, malgrado tutto, basta per far tornare Sam alla realtà.
Sam si schiarisce la gola: “Credevo fosse più facile”, sorride, un sorriso
nervoso e storto.
In risposta, anche Dean abbozza qualcosa di simile ad un sorriso, perché ha un
disperato bisogno di farlo “Sì, ho già sentito questa tue frase almeno un
centinaio di volte.”
Le mani si muovono prima ancora che Sam possa replicare. “Avanti, dai a me,” a
palmi sollevati, Dean agita le dita avanti e indietro “dammi tutto, ci penso
io—”, ha lo sguardo fisso verso il catetere e l’occorrente, Sam non può davvero
equivocare. Dal canto suo Dean, può accettare quel catetere solo se sarà suo
fratello stesso a consegnarlo tra le sue mani, è l’unica premessa sulla quale
non è disposto a transigere.
“Non,” Sam porta una mano alla gola, qualcosa gli pizzica l’esofago
e gli storpia i lineamenti. Cambia idea sulla prima frase dopo un paio di
respiri, “Mi devo solo concentrare un attimo, ce la faccio,” insiste, e Dean sa
bene che la testardaggine di Sam è fuori da ogni schema.
“Andiamo, Sam, sono stanco di vederti così!” esce forse con un po’ troppa
insofferenza, “Dà qua!” apre il palmo, rilassa la fronte.
Su quella smorfia, Sam sembra soffermarsi più del dovuto: Dean non ha idea del
messaggio che il suo viso stia trasmettendo, ma qualunque esso sia al di fuori
del ‘cazzo, dammi quel catetere’ non
andrebbe bene, e si augura vivamente sia proprio questo ciò che Sam stia
percependo, altrimenti potrebbe davvero impazzire.
Sam rilassa i lineamenti, consegna a Dean ogni cosa.
Quando il maggiore dei Winchester torna dal bagno dove ha
disinfettato nuovamente ogni cosa (non oserebbe mai infilare quel ricettacolo
di batteri smanacciato liberamente a mani nude senza prima averlo riportato quasi alle condizioni di fabbrica)
ritrova Sam già disteso sui cuscini che aveva riassettato per lui, proprio come
gli aveva detto di fare.
Good boy, gli verrebbe da dire.
Gli occhi di Sam seguono il suo tragitto nello spazio. Silenziosi, lo fissano
con un cipiglio impenetrabile, e Dean sa che non deve soffermarsi su di esso,
se vuole portare a termine l’operazione in fretta.
Si domanda solo che aspetto potrebbe mai avere il suo viso agli occhi di Sam
mentre in punta di dita sorregge quell’oggetto macabro e minaccioso.
“Allora,” spezza il silenzio, affonda un ginocchio sul
materasso in prossimità del bacino di suo fratello, “facciamoci questa pisciatina!” sorride, sarcastico. Sam
non risponde, cerca di ricambiare un sorriso che non dura più di un millesimo
di secondo su quel volto teso. Dean è lì lì per dire qualcosa di consono,
dargli una stretta da qualche parte e dirgli che andrà tutto bene, ma sente che
una parola fuori posto potrebbe solo peggiorare tutto; potrebbe dare corposità
alla scena, rendere tutto terribilmente reale, e non è ciò di cui Sam ha
bisogno (e neanche lui, a dirla tutta).
“Sai cosa stai facendo?”, la nota stonata di Sam arriva a seguito di un
sussulto, proprio mentre Dean solleva il suo pene tra il pollice e l’indice.
Tempismo perfetto.
Dean arrossisce, si scompone per un paio di secondi prima di
tornare in sé in fretta.
“Garth mi ha spiegato qualcosa...” fa spallucce, tampona lentamente il glande
con il betadine, felice di farlo con la delicatezza che Sam era stato incapace
di riservargli.
“Qualcosa...?“ Sam solleva un sopracciglio, assottiglia le palpebre.
“Ho anche controllato su internet, vedi di rilassarti. Non è così complicato.” Se non sarai tu a complicare tutto,
avrebbe volentieri aggiunto. Ma il tocco di rimprovero arriva comunque.
Dean piega una gamba sotto le natiche, ruota la testa a
destra, poi a sinistra, cerca un’angolazione adeguata prima di allontanare la
garza dal meato e tirare fuori un tubetto di gel lubrificante che non tarda ad
attirare l’attenzione di Sam (e forse, è un bene).
“Gel all’aloe?”
Dean sogghigna a metà tra l’imbarazzo e la beffa “Quello incluso nella
confezione lo hai già sprecato tutto. Dovresti essere grato del fatto che tuo
fratello usi solo prodotti di qualità!” finge di non vedere la reazione del
viso di Sam mentre ricopre il tubicino con una generosa dose del prodotto.
Ci siamo. Prima della sua mente, è il suo battito cardiaco ad annunciarlo.
Guarda Sam in viso per un paio di secondi, prima di sistemarsi una garza tra le
dita e raccogliere nuovamente il suo pene.
“Non irrigidirti, fa’ un paio di respiri – “ e attende che
Sam li compia e che dia l’okay per cominciare, prima di allineare la punta del
tubicino al meato, e spingerlo dentro con una forza appena percettibile.
Sam si irrigidisce subito, stringe i denti, non emette alcun suono per almeno
una decina di secondi.
Strozza un rantolo contro il dorso della propria mano nel momento in cui Dean
incontra una resistenza oltre al quale il drenaggio fatica ad andare.
“Respira.”Dean solleva lo sguardo senza muovere il viso e obbediente, Sam, a
occhi stretti, lo fa, almeno per i prossimi centimetri che Dean riesce a far
scorrere dentro di lui. Poi, un nuovo gemito; quasi un urlo in realtà. Stringe
le spalle, preme il mento sul petto. “Quasi finito, Sammy--” Dean ci riprova,
fa indietreggiare quel coso infernale
di un paio di millimetri, poi tenta di ancora l’avanzata. Il pene di Sam è di
nuovo gonfio e tumefatto e sotto il continuo sfregare delle garze, alcune
ferite hanno ripreso a sanguinare, e cazzo
– non va bene. Non va per niente
bene: è diventato tutto terribilmente stretto lì sotto e il tubicino fatica
davvero a scorrere, adesso. Sente le lenzuola cominciare a cedere sotto la
stretta dei pugni di Sam e la propria sanità mentale vacillare.
“Avanti, figlio di
puttana, muoviti!” impreca a denti stretti. Le raccomandazioni di Garth di
‘non forzare assolutamente l’ingresso e
portare Sam con urgenza in ospedale in caso avvertisse una sorta di ostruzione’,
risuonano nella sua mente come un insulto, un’oscenità a cui non vuole
piegarsi.
Recupera con una mano la busta del ghiaccio, la poggia distrattamente sopra il
pube di Sam, spera in un miracolo.
Che avviene pochi secondi dopo.
“Ci siamo!” esulta, quando il blocco, per intercessione
divina (o del ghiaccio) finalmente, sembra dissolversi. Sam libera l’aria
trattenuta in petto come stesse rilasciando un demone, lascia che i suoi
polmoni tesi tornino ad incamerare aria, la schiena inarcata a riadagiarsi al
materasso, le dita ad allentare la presa.
Cosa più importante, finalmente, il tubicino si riempie. Prima di sangue,
copioso e denso, poi di urina. “Ehi, è fatta!” riecheggia entusiasta Dean,
collegando l’estremità del catetere ad una sacca di raccolta.
“È fatta, Sammy!” ripete ancora, in un impeto di
incontenibile eccitazione. Sorride sgargiante, porta le mani alle guance di
Sam, ritrova una pelle bollente ed umidiccia, ma non importa. Ha vinto, e niente potrà mai sottrargli
quella gioia.
Sam lo fissa come se guardandolo a lungo, il suo entusiasmo potesse in qualche
modo contagiare anche lui, ma non sembra accadere. Di certo, però, il sollievo
ha già ammorbidito i tratti del suo volto, e il sorriso di ritorno che fa
apparire sulle labbra, è il sorriso più bello che Dean abbia visto da
giorni.
"Guarda, Sammy! Questo coso funziona! Stai pisciando finalmente!” Dean solleva la busta del catetere come
fosse un volgare trofeo. Sam storce il naso, distoglie lo sguardo con un
lamento. Allunga una mano verso il lenzuolo, lo tira a sé come se
improvvisamente si fosse ricordato di essere nudo.
“Buono, tigre,” Dean riprende possesso del lenzuolo, “devo ancora bloccare il catetere e rifare la medicazione,” dice, c’è ancora l’entusiasmo sul suo volto, ma la sua voce sta già riacquistando serietà.
“Mi auguro non sia roba altrettanto atroce—“
“Nah, non dovrebbe. Lo sai che sono delicato, non te ne
accorgerai neppure.”
Il passo dal sarcasmo a qualcosa di diverso è un attimo. La mano che va a
creare cerchi concentrici sul ventre di Sam ne è la prova. Sam corruga la
fronte, non sembra esserne convinto.
Dean sistema altre due-tre cosette, smanetta con una siringa
collegata ad un accesso del catetere e del cerotto adesivo, poi dichiara
internamente che sì, può andare bene.
“Come va? Stai meglio, adesso?” è una domanda che sa di convenevole, giusto per
non soffermarsi sul fatto che abbia di nuovo le mani tra i bassifondi di Sam, ma per fortuna, quest’ultimo sembra cogliere la
sua genuinità, e annuisce.
“Avrei gradito un lecca-lecca a questo punto...”
“Ti comprerò il gelato se farai il bravo,” Dean sorride distratto, recupera il foglio della terapia.
“Sono intollerante al lattosio, lo sai.”
Sam tenta senza successo di allontanare il volto quando la mano di Dean si
allunga sulla sua fronte a scostarne i capelli appiccicati dal sudore, prima di
tastarne la temperatura. Ha ancora la febbre, ma adesso sembra un dettaglio di poca importanza.
“Senza lattosio, allora.”
“È pieno di zuccheri aggiunti.”
Sbigottito, Dean solleva lo sguardo dalla garza sulla quale sta stendendo
l’unguento indicato. Scuote la testa. “Cristo, se non avessi le tue palle qui
davanti dubiterei fortemente di avere un fratello!”
Sam rotea gli occhi.
“Vada per l’ennesima porcheria salutistica di tua scelta. In fondo, il paziente
sceglie il premio, no?”
“Già, e il dottore chiude il becco.”
“Touché, fratellino.” Dean gongola nel consegnargli la vittoria, preme con una
mano su una coscia di Sam per guardare meglio le ferite sull’inguine. Se avesse
avuto tempo e modo di riflettere meglio, probabilmente avrebbe trovato
inquietante il modo in cui adesso si senta a suo agio a maneggiare i genitali
di Sam, ma il tempo non ce l’ha, perché la pomata sull’ovatta ha già cominciato
a creare una patina gelatinosa che prima non c’era, dunque si affretta. Con il
batuffolo di ovatta in punta di dita, ricopre piano le ferite dell’inguine di
Sam, stendendo il medicamento con delicatezza. Lo ricopre con uno strato di
garza e poi ancora un altro. Fa più o meno la stessa cosa anche dall’altro
lato.
Sam è un paziente eccellente, deve ammetterlo. Si limita a irrigidirsi e
strozzare un gemito quando Dean passa a sollevare i testicoli feriti e
ricoprire anche questi di pomata e garze. Nemmeno un fiato quando invece si
occupa del pene, che lascia per ultimo perché, anche se in questo momento nelle
sue vene scorrono antidolorifici per elefanti, niente riuscirebbe a convincerlo
che le labbra che Sam stringe tra gli incisivi e il respiro che gli muore in
gola ogni qualvolta tocca il suo membro livido, siano lì per puro caso.
“Tutto bene?” gli occhi di Dean saltellano da un punto
all’altro del corpo di Sam, in continuazione.
Sam, con i suoi occhi ben stretti nelle palpebre invece, annuisce quasi in
automatico. La tensione si stempera quando, finalmente, le garze con il loro
leggero attrito, ricoprono ogni cosa, segnando la fine della tortura, almeno
per un paio d’ore.
“Sei a posto,” annuncia Dean, sbrigandosi a ricoprire il tutto con il lenzuolo.
Mentalmente, si è già annotato come velocizzare il processo e renderlo più
discreto e meno doloroso per la prossima volta. “Vuoi mangiare qualcosa?”
Sam scuote la testa ad occhi chiusi, Dean non ha voglia di insistere.
“D’accordo, rilassati un po’...”, il maggiore dei Winchester si solleva in
silenzio dopo aver fatto scorrere le dita tra i capelli di Sam. Controlla la
flebo, guarda l’orologio, tira un profondo, immenso respiro mentre apre il
vetro della finestra.
Per la prima volta dopo quasi ventiquattro ore, può davvero rilassarsi.
fine quinto capitolo
________
Note:
- Grazie
infinite a Nattini1
per il betaggio <3
- Sì, lo so.
Doveva essere l’ultimo capitolo, ma non lo è. Sob. Non è colpa mia, giuro.
-Ancora una volta, ricordo che questa roba è scritta per
l’AtonementChallenge del gruppo Hurt/Comfort Italia, il cui prompt era
“Personaggio A ha delle spine di cactus al pene, Personaggio B lo aiuta” (poi è
diventata una creatura del Purgatorio con vita propria che non vuole proprio
lasciarsi terminare), venite a trovarci! ;)
- Grazie per aver letto (e soprattutto, per la pazienza! <3 ) il prossimo capitolo arriverà in autunno!