Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Stria93    24/07/2020    0 recensioni
Storia ambientata durante l'episodio 111 di "Boruto".
Breve Missing Moment con focus introspettivo sui pensieri di Mirai rispetto al padre Asuma e all'avventura appena vissuta.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kakashi Hatake, Mirai Sarutobi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
mirai

Lo scrosciare impetuoso della cascata alle sue spalle suonava come il canto di una voce ancestrale e antica. L'alba si affacciava timidamente a est tingendo l'orizzonte di tenui sfumature rosa e arancio e scacciando le tenebre della notte appena trascorsa.
Il canto di qualche uccellino particolarmente mattiniero fece capolino dalle chiome degli alberi come a voler salutare in allegria le prime luci del sole nascente.
Mirai Sarutobi osservava il nuovo giorno farsi avanti senza fretta e nel frattempo tentava di elaborare e dare un senso ai pensieri che si rincorrevano selvaggi nella sua mente.
Era incredibile come certi avvenimenti non fossero vincolati alle leggi del tempo: le rocambolesche ore che avevano preceduto quell'alba primaverile erano state tanto dense di emozioni da sembrare anni e, in qualche modo, avevano operato un cambiamento significativo nella giovane kunoichi del Villaggio della Foglia. Mirai si sentiva ora molto lontana dalla ragazza che, in un cieco impeto di desiderio e speranza, aveva lasciato i suoi compagni di viaggio, ai quali avrebbe dovuto fare da scorta, per unirsi alla piccola Tatsumi nella ricerca della mistica fonte termale che avrebbe permesso loro di ricongiungersi a una persona che aveva lasciato il mondo dei vivi.
Lo stratagemma elaborato da quel pazzo esaltato di Ryuki aveva funzionato alla perfezione e alla fine si era rivelato per ciò che era: una trappola per radunare ragazzine credulone e compiere il rituale che, tramite il loro sangue innocente, gli avrebbe conferito l'immortalità.
Il pericolo era stato grande ma ora le ragazzine erano tutte al sicuro e Ryuki e i suoi seguaci giacevano a terra legati e neutralizzati, sorvegliati a vista da Gai. Il Sesto Hokage aveva comunicato a una squadra di pattuglia la loro posizione e presto le giovani fuggitive avrebbero potuto riabbracciare i loro cari che le aspettavano a casa in trepidante attesa.
Buffo. Pensò Mirai. Tutte quelle giovinette erano partite sperando di rivedere un caro defunto, rischiando esse stesse la propria vita e lasciandosi alle spalle coloro che le amavano e che appartenevano ancora al mondo dei viventi. Era proprio vero che spesso ci si focalizzava troppo su ciò che si aveva perduto fino a perdere di vista ciò che rimaneva.
Bell'ipocrita che sei. La punzecchiò una vocina nella sua mente. Non è forse ciò che hai fatto tu? Ti sei messa in cammino in piena notte sgattaiolando via come una ladra e venendo meno alla tua missione solo per inseguire un tuo sogno egoistico e così sei finita dritta in trappola come una sciocca.
Mirai avvertì un tuffo al cuore e si morse il labbro inferiore con rabbia. Già, come aveva potuto essere così ingenua? Un vero ninja non avrebbe abboccato all'amo così facilmente; un vero ninja sapeva vedere oltre gli strati dell'inganno, fiutare il pericolo, individuare la ragnatela oltre la dolcezza del miele e anticipare le mosse del nemico. Ma soprattutto, un vero ninja non avrebbe mai voltato le spalle alla propria missione per soddisfare un capriccio personale. E se le fosse accaduto qualcosa? E se non fosse uscita viva da quella grotta? Se Ryuki l'avesse uccisa? Sua madre sarebbe rimasta sola a piangerla in una casa vuota e silenziosa popolata solo da fantasmi e il suo cuore sarebbe stato spezzato per la seconda volta. Un colpo tremendo che forse Kurenai non avrebbe retto.
In fondo, era davvero così importante conoscere quel padre di cui tutti a Konoha si ricordavano tranne lei? Non poteva farsi bastare i racconti che aveva udito da chi l'aveva conosciuto? Il Maestro Shikamaru le aveva parlato innumerevoli volte di Asuma ma i suoi racconti non si erano rivelati sufficienti a sedare quel senso di incompletezza che negli anni era cresciuto insieme a lei.
Aveva perso il conto di tutte le occasioni in cui si era sentita dire quanto fosse simile al padre, eppure quei commenti lasciati cadere con nostalgica tenerezza da chi Asuma Sarutobi l'aveva conosciuto davvero non avevano sortito altro risultato che alimentare in lei il desiderio bruciante di incrociare almeno una volta il suo sguardo, di inalare l'odore pungente della sua immancabile sigaretta, di sentire la sua voce profonda mentre pronunciava il nome che lui stesso aveva scelto per la figlia prima ancora che ella venisse alla luce.
Tutto ciò che aveva avuto nei suoi diciotto anni erano stati una montagna di aneddoti, una fotografia posta vicino a un bastoncino d'incenso, una lapide su cui pregare e l'assicurazione della sua somiglianza con Asuma, che peraltro lei non poteva affatto confermare o confutare.
Ad ogni modo aveva cercato di raccogliere quell'eredità e di onorare al meglio la memoria del padre imparando le sue tecniche e divenendo una degna guerriera ninja di Konoha, ligia al dovere (fin troppo, a detta di chi la conosceva) e pronta a difendere il villaggio e i suoi abitanti ad ogni costo. Voleva diventare una figlia di cui suo padre, se fosse stato vivo, potesse essere orgoglioso. Pensava che così facendo avrebbe sentito lo spirito di Asuma vicino a sé, quasi come una presenza immateriale che vegliasse su di lei, la incoraggiasse e le indicasse la giusta via nei momenti di difficoltà. Ma nonostante tutti i suoi sforzi, Mirai non era mai riuscita a provare quell'agognata sensazione né a padroneggiare appieno la tecnica delle lame di chakra di Asuma... almeno fino a quel momento.
Poco distante, il Sesto Hokage sedeva placidamente su un masso con le gambe accavallate e un libro tra le mani ma Mirai aveva la netta impressione di sentire il suo sguardo pesarle sulle spalle e solleticarle la nuca, come se invece delle parole stampate sulle pagine, Kakashi Hatake stesse piuttosto leggendo a fondo dentro di lei, seguendo il filo confuso delle sue elucubrazioni senza alcuna difficoltà.
In effetti, anche se erano trascorsi ormai molti anni da quando aveva perso lo Sharingan, la ragazza avrebbe quasi potuto giurare che parte di quell'abilità fosse rimasta radicata in lui e che i suoi occhi scuri e impenetrabili vedessero molto più di quanto apparisse anche all'osservatore più attento. Era una convinzione irrazionale che l'aveva sempre accompagnata ma che era maturata ulteriormente in quei giorni passati in viaggio nel Paese delle Sorgenti Calde, in costante presenza di quell'uomo che aveva combattuto nella Quarta Grande Guerra Ninja e il cui nome era ormai diventato leggenda al pari di quello del Settimo Hokage. Dietro quell'aria svagata, a Kakashi Hatake non sarebbe sfuggito neanche il battito d'ali di una farfalla.
Mirai esalò un lungo sospiro. A Konoha era cresciuta tra eroi e leggende viventi, cibandosi delle storie che narravano le loro imprese e che la gente del villaggio era sempre ben felice di rivangare, infarcendole ogni volta di qualche dettaglio nuovo e, spesso, fin troppo fantasioso perfino alle orecchie di una bambina impressionabile.
Naruto Uzumaki, Kakashi Hatake, Sakura Haruno... erano solo alcuni dei nomi che si rincorrevano di bocca in bocca e che lei aveva imparato presto ad associare ad atti di grande eroismo e valore. E naturalmente Mirai non poteva dimenticare che il volto austero di suo nonno Hiruzen Sarutobi figurava scolpito nella parete di roccia tra quelli dei più grandi ninja di Konoha, in qualità di Terzo Hokage. Da ciò che aveva appreso, anche suo padre Asuma era considerato un Jonin eccezionale; la sua stessa morte era stata l'ultima drammatica testimonianza della dedizione e dell'amore immenso che egli nutriva verso il villaggio.
Ma quelli erano altri tempi. Ora regnavano pace e tranquillità in tutte le grandi terre ninja e lei non aveva mai avuto molte occasioni di mettersi alla prova come kunoichi e di mostrare agli altri e a se stessa di essere all'altezza della fama di coloro che l'avevano preceduta.
Sempre più spesso si era ritrovata a domandarsi se essere un ninja fosse ancora realmente utile o se si trattasse solo di un modo per appagare il proprio ego e sentirsi importanti in un mondo che non aveva più bisogno di gente come lei.
Se solo avesse avuto la possibilità di compiere qualche gesto eroico che fosse ricordato negli anni a venire...
Ma Mirai sapeva perfettamente che la guerra non era uno scherzo e il fatto che a volte arrivasse quasi a rimpiangerla la faceva vergognare. Perfino quell'essere spregevole di Ryuki avvertiva il suo stesso scontento e questo l'aveva disgustata. Giurò a se stessa che non avrebbe mai più formulato pensieri di nostalgia nei confronti di quei tempi turbolenti che, certo, avevano generato eroi e leggende, ma avevano anche provocato più dolore, morte e distruzione di quanto lei potesse immaginare. Che le avevano portato via suo padre prima che potesse prenderla tra le braccia per la prima volta.
- Ti dispiacerebbe abbassare il volume dei tuoi pensieri? Sai, rimugini così forte che mi distrai dalla lettura. -
Mirai sussultò, ritrovandosi improvvisamente la slanciata figura di Kakashi Hatake accanto a sé. Se ne stava lì in piedi con il pollice tra le pagine del libro per tenere il segno e una mano in tasca: un monumento alla calma.
- Sesto Hokage! - squittì la ragazza, colta alla sprovvista.
L'uomo emise un sospiro di rassegnazione e si passò una mano tra i capelli argentati. - Niente da fare. Non riesci proprio a chiamarmi solo Kakashi, vero? -
Mirai arrossì ma non disse nulla e il suo sguardo tornò ad incupirsi.
- Stai ancora pensando a tuo padre, non è così? -
Non era tanto una domanda quanto un'affermazione. Una mano tesale con gentilezza e discrezione che sarebbe spettato a lei decidere se accettare o meno.
La giovane si prese un momento per scegliere la propria risposta. - Sì e no. - ammise infine. L'espressione di Kakashi rimase imperturbabile e paziente ma Mirai si sentì in dovere di spiegarsi meglio. - Vede, il fatto è che desideravo così tanto poterlo vedere almeno una volta che mi sono lasciata ingannare come una novellina. -
- Non essere così severa con te stessa. - rispose gentilmente il Sesto Hokage. - Se non fosse stato per te, le ragazzine scomparse sarebbero state sacrificate e quell'invasato ora sarebbe immortale. -
- Mmm. -
Kakashi le batté delicatamente su una spalla. - Smettila di biasimarti. Hai fatto un ottimo lavoro, dico davvero. -
Mirai chinò mestamente il capo. - Ma se lei e il signor Gai non foste arrivati... -
Il tetro seguito di quelle parole rimase ad aleggiare nell'aria frizzante dell'aurora come uno spettro.
Per qualche secondo nessuno dei due disse nulla, poi Kakashi si stiracchiò sonoramente ed inspirò a pieni polmoni. - Oh, a proposito, - esordì con tono casuale, - il tuo attacco con le lame di chakra mi ha molto colpito. Complimenti. -
Sorpresa da quell'esternazione, Mirai alzò gli occhi verso il suo interlocutore. - Lo pensa davvero? -
Kakashi annuì con convinzione. - Eccome! Hai controllato alla perfezione il flusso di chakra e hai saputo padroneggiare l'Arte del Vento con grande maestria. - ci fu una breve pausa dopodiché Kakashi abbassò lo sguardo per fissare con intensità il viso della kunoichi. - Sai, per un attimo mi è sembrato di vedere Asuma. -
A quelle parole, qualcosa si sciolse nel petto di Mirai e la ragazza sperimentò una leggerezza mai provata prima di allora. Perché per la prima volta nella sua vita aveva davvero avvertito la presenza del padre al suo fianco: mentre sprigionava il suo chakra e si lanciava all'attacco impugnando le lame di Asuma, si era finalmente sentita in perfetta comunione con lui, come se il suo spirito stesse guidando le sue azioni rendendola più sicura, più forte... completa.
Non avrebbe mai dimenticato quella sensazione di calore; l'amore del padre che non aveva mai conosciuto le era sbocciato nel cuore come un fiore a primavera donandole una consapevolezza nuova e una serenità del tutto inedita.
Mirai si accorse di avere gli occhi lucidi e si affrettò a reclinare la testa per nascondere le lacrime traditrici alla vista del Sesto Hokage, ma Kakashi le aveva già voltato le spalle, dirigendosi a passo tranquillo verso il punto in cui si trovava Gai.
Ma a un tratto parve ripensarci e si voltò di tre quarti verso di lei. - Sono certo che Asuma sarebbe molto fiero di te, Mirai. -
A quel punto, la ragazza abbandonò ogni tentativo di combattere le lacrime. Si limitò a rivolgere un inchino al Sesto Hokage, accompagnato da un ringraziamento sussurrato con la voce rotta dalla gioia e dalla commozione. Quando risollevò il capo fu certa di veder comparire un sorriso sotto la maschera che celava quasi per intero il volto di Kakashi. - Sei proprio la degna figlia di Asuma Sarutobi e Kurenai Yūhi. - disse, prima di accomiatarsi con un gesto della mano e lasciarla sola.
Mirai tornò a scrutare il cielo sopra di sé, ormai sempre più chiaro e striato di sfumature mozzafiato. Qualche sparuta stella brillava ancora qua e là e Mirai ebbe la sensazione che suo padre, da qualunque luogo si trovasse, le stesse facendo l'occhiolino.
Non avvertiva più quella bramosia dolorosa che l'aveva logorata fino al giorno prima: non aveva bisogno di incontrare Asuma per mezzo di qualche arcano rituale. Lo conosceva da sempre, finalmente se ne rendeva conto. Asuma Sarutobi viveva in lei.



Angolo autrice: Ciao a tutti!
Questa è la mia prima storia non solo nel fandom di
Naruto, ma anche nella sezione Anime/Manga. Ho scritto questa storia di getto dopo aver concluso la visione degli episodi di Boruto dedicati a Mirai e al suo viaggio con Kakashi e Gai.
Spero che questo lavoretto introspettivo possa piacervi e ringrazio in anticipo chiunque leggerà.
Un bacio!

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Stria93