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Autore: Cassandra caligaria    25/07/2020    2 recensioni
Campi, estate del 1944. Una giovane fanciulla, figlia di un ricco proprietario di una masseria, passeggiando in un campo di grano nella tenuta di famiglia si imbatte in un giovane sconosciuto dall'accento americano. Seppur provenendo da mondi lontani e diversi, i due giovani scopriranno presto di essere spiriti affini.
La guerra, però, bussa anche alle porte della pacifica masseria e il giovane straniero cela nel suo cuore un doloroso segreto...
Tutti umani.
N.B. L'ultimo capitolo pubblicato è un extra che può essere letto anche senza conoscere tutta la storia.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Esme Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
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Oggi è il decimo anniversario di questa storia. Mi ritrovo stamattina, a dieci anni esatti dalla pubblicazione del primo capitolo di questa storia, nello stesso posto in cui mi trovavo in quella lontana estate. Lo stesso posto che mi aveva ispirato l'ambientazione della storia e mi è sembrato giusto e doveroso festeggiare questo anniversario pubblicando un extra che avrebbe dovuto vedere la luce da tempo, ma che per vari motivi era rimasto solo un'idea fino ad oggi.
L'extra può essere letto anche da chi non ha letto tutta la storia, la prima parte si inserisce nel capitolo 21 della storia a livello cronologico-narrativo, la seconda parte nel capitolo 27. Tra parentesi troverete queste indicazioni anche all'interno del testo.
Il protagonista dell'extra, per chi avesse letto la storia, è la catenella dorata che spunta dal taschino di Edward nel capitolo 30.


Buon anniversario a me e a tutte voi che avete seguito questa storia.










 

 L’orologio

(capitolo 21)
20 ottobre 1944

 


Donna Isabella allungò il braccio e accarezzò il lato del letto ormai vuoto da tempo sospirando triste.
Oggi avremmo festeggiato quarant’anni di matrimonio, pensò.
Una morsa le strinse il cuore e sentì gli occhi inumidirsi. Suo marito le mancava molto, nonostante fosse morto da qualche anno.
Avevano in mente grandi progetti per festeggiare il loro quarantesimo anniversario di matrimonio, volevano tornare in Argentina, dove si erano conosciuti e dove tutto era iniziato.
Probabilmente non sarebbe stato comunque possibile per via della guerra in corso, ma sicuramente, se suo marito fosse stato ancora lì con lei, avrebbero fatto una grande festa con tutta la loro famiglia per celebrare l’importante ricorrenza.
Quel giorno lo aveva immaginato completamente diverso, di sicuro non pensava che ci sarebbe arrivata da sola. Aveva perso suo marito all’età di cinquantacinque anni, non si poteva di certo considerare una vedova giovane per l’epoca, ma anche il loro amore e il loro matrimonio erano stati tutt’altro che consueti per quel tempo.
Si riteneva molto fortunata: non tutte le donne della sua epoca si sposavano per amore. In alcuni casi, l’amore - o meglio, l’affetto - arrivava dopo, con i figli e l’abitudine. In altre unioni, le più sfortunate, la dipartita del congiunto rappresentava quasi un sollievo.
Per lei era stato come perdere un pezzo di cuore, quello più importante. Emmett era la metà della sua anima, lo aveva capito non appena si erano incontrati e il loro amore nel tempo era diventato sempre più forte. Isabella sapeva bene, però, che il prezzo da pagare per un amore così grande, era un dolore altrettanto intenso. Non era un caso se le due parole insieme costituivano una rima perfetta, tanto cara ai poeti.
 
 
Si alzò dal letto e si sedette davanti allo specchio della pettiniera per spazzolarsi i capelli. Aprì il portagioie e accarezzò, come tutte le mattine, l’orologio da taschino che aveva regalato a suo marito il giorno delle loro nozze, quasi avesse voluto augurargli il buongiorno.
«Buon anniversario, mio caro», sussurrò accarezzando l’incisione sul retro, «ovunque tu sia adesso».
Era molto affezionata a quell’orologio, non solo perché suo marito lo indossava sempre, ma perché quell’orologio portava con sé e univa tanti pezzi della sua famiglia e della sua storia.
La catenella d’oro era stata ricavata dall’unica collana di sua nonna Isabella, dono di nozze di suo marito e probabilmente l’unico oggetto di valore che la povera contadina possedeva. Non l’aveva mai conosciuta perché quando lei era ritornata a Campi era già morta. La collana l’aveva data a suo figlio, Carletto, il padre di Isabella, che l’aveva impegnata una volta arrivato in America per pagarsi da vivere per i primi tempi. La prima cosa che Carletto aveva fatto, una volta che era riuscito a mettere insieme una consistente somma di denaro, era stata riprendersi quel sottile filo d’oro, l’unico ricordo di sua madre.
L’orologio, invece, apparteneva a suo padre: l’aveva comprato da un rigattiere svizzero pensando che non valesse molto, infatti l’aveva pagato poco. Quando un giorno quell’orologio si era fermato e l’aveva portato nella bottega di un orefice per far sistemare il meccanismo aveva scoperto invece che era un oggetto di gran pregio e valore e Carletto, a quel punto, non solo lo fece sistemare, ma ci fece aggiungere la collana di sua madre, per poterlo indossare come facevano i ricchi signori, visto che ormai lo era diventato anche lui. Da quel giorno, quell’orologio era sempre stato nel suo taschino. Se lo ricordava bene Isabella, che da bambina amava giocare con quella catenina d’oro che pendeva dal panciotto di suo padre.
Non avendo figli maschi a cui passare quel cimelio di famiglia, lo diede a sua figlia qualche giorno prima di sposarsi, nonostante fosse un orologio maschile. Le disse che sua nonna avrebbe sicuramente voluto che avesse lei la sua collana, come dono di nozze, ma siccome ormai era parte dell’orologio, le regalò tutto quanto.
Isabella lo donò a suo marito il giorno del loro matrimonio, prima però lo aveva portato da un orefice e aveva fatto incidere sul retro della cassa una frase: Nessuna misura del tempo è abbastanza con te, ma cominceremo con per sempre seguita dalle loro iniziali, la I e la E, intrecciate a formare un elegante monogramma, che poi lei aveva pazientemente ricamato su tutta la biancheria del suo corredo.
In seguito alla morte di Emmett aveva diviso i suoi oggetti personali donandoli a suo figlio, a suo nipote e a suo genero, ma quell’orologio, insieme alla fede nuziale di suo marito che indossava sotto alla sua perché era troppo larga per il suo dito e rischiava di perderla, non voleva proprio darlo a nessuno. Lo custodiva gelosamente, era un regalo troppo intimo e personale, non riusciva proprio a staccarsene, sebbene fosse consapevole che prima o poi avrebbe dovuto.
 
 
Entrò Victoria nella stanza che la informò che l’acqua per il bagno era pronta. Andò a lavarsi e si cosparse il corpo con l’olio di mandorle, come faceva sempre da quando era ragazza, poi indossò un vestito nero, come faceva sempre da quando suo marito non c’era più.
Il suo Emmett probabilmente avrebbe avuto da obiettare, amava vederla indossare vesti colorate e non avrebbe voluto di certo che il periodo di lutto per la sua morte durasse così tanto, ma lei non se la sentiva più di sfoggiare abiti colorati, sapendo che non avrebbe ricevuto i suoi complimenti.
 
 
Il giorno prima sua nipote Bella, la sua prediletta, era passata a salutarla e a informarla che presto si sarebbe sposata e sarebbe diventata mamma. Sapeva da sempre in cuor suo che quell’orologio sarebbe toccato a lei un giorno, era l’unica a cui avrebbe potuto affidare un’eredità così preziosa. Voleva molto bene a tutti i suoi nipoti indistintamente, ma era una donna intelligente e sapeva bene che avere una predilezione o una maggiore affinità con uno di loro era del tutto normale, ragion per cui non si faceva nessun problema a mostrarla.
Bella era identica a lei, erano spiriti affini, e stava vivendo un amore grande, proprio come quello che aveva avuto lei.
Suo figlio Charlie o suo nipote Emmett probabilmente sarebbero stati la scelta più tradizionale per tramandare quel dono, ma per quanto volesse bene a entrambi, non se la sentiva di affidare a loro un cimelio tanto importante e significativo. Quella dedica incisa sul retro poi pesava tanto. Era un oggetto troppo personale e prezioso, nessuno sapeva di quella frase. Inoltre, donna Isabella era molto attenta ai segni del destino e le iniziali di sua nipote e del suo innamorato coincidevano perfettamente con quelle sue e di suo marito Emmett.
Quell’orologio era destinato a proseguire la sua vita con loro.
 
 
«Nonna, buongiorno!» la salutò sua nipote Bella, porgendole un mazzo di fiori.
«Buon anniversario!» le disse, mentre si sporgeva per baciarle una guancia.
«Grazie mille, tesoro, sono bellissimi».
«Ne ho raccolti altri, per il nonno» le disse dolce e gli occhi di donna Isabella si inumidirono.
 
 
Fin quando suo marito era vivo la sera del venti ottobre si faceva grande festa nel cortile per il loro anniversario con tutta la loro famiglia, se il tempo lo permetteva, altrimenti si riunivano nel grande salone di casa. Da quando era morto Emmett, il venti ottobre, Isabella si isolava da tutti e andava a portare dei fiori al cimitero da sola.
Quel giorno, invece, aveva chiesto a sua nipote di accompagnarla.
 
 
 
Dopo aver sistemato i fiori freschi nel vaso, Bella intuì che sua nonna aveva bisogno di restare da sola per un attimo, così si allontanò da lei adducendo come scusa che sarebbe andata a prendere dell’acqua alla fontana per ripulire la tomba, in realtà perfettamente pulita e splendente.
Isabella accarezzò quel viso tanto amato attraverso il vetro della cornice, poi si sedette sulla panchina che aveva fatto sistemare di fronte alla tomba di suo marito.
«Sono sicura che avresti avuto da ridire sulla scelta della foto», ridacchiò, «hai un’espressione così seria, quasi non sembri tu», sorrise triste.
Ogni conversazione di donna Isabella con quella pietra muta iniziava quasi sempre così.
«Mi manchi, sai, ogni giorno di più. Sei in ogni mio pensiero, in ogni mia parola, in ogni mio gesto. Non è normale, non sono la prima né l’ultima vedova, ma è così, non posso farci niente. Ogni giorno che passa sento un vuoto dentro che diventa sempre più grande e sempre più incolmabile e doloroso. Ti sei portato via il mio cuore» le lacrime iniziarono a uscire dai suoi occhi.
«Avevamo un patto, noi. Dovevamo andarcene insieme, ma la vita ha deciso diversamente. Avevamo pianificato questa giornata, ne avevamo immaginato ogni dettaglio e, invece, io sono qui e tu non sei con me» si asciugò gli occhi con un fazzoletto.
«Lo sai che stiamo per diventare bisnonni? Lo sai che la piccola Bella si è innamorata? Dovresti vederla, è una fonte di luce. Avresti adorato Edward, ne sono certa. È americano, è gentile, è bello e forte, come te» continuò dolce.
«So che non ho mai dovuto chiederti il permesso per fare nulla, ma non me la sento di separarmi dall’ultima parte di te che mi resta senza prima parlartene. Ho deciso di donare a Bella il tuo orologio, quello che ti ho regalato io quarant’anni fa, più o meno a quest’ora, mentre eravamo dall’altra parte del mondo» i suoi occhi si persero nei ricordi di quel caldo sabato di ottobre di quarant’anni prima, quando appena ventiduenne stava coronando il suo sogno d’amore.
«Com’eri bello quel giorno nel tuo completo elegante e con gli occhi lucidi per l’emozione. Mi sentivo così fortunata al pensiero che un giovane così raffinato, bello, forte, dolce e premuroso fosse destinato a me. Ero così felice quel giorno e sono stata tanto felice ogni giorno da allora, grazie a te» la voce le si spezzò in gola.
«Lo sai che io ho sempre creduto ai segni del destino e l’amore di questi due giovani mi ricorda tanto il nostro. Inoltre, i loro nomi hanno le nostre stesse iniziali, quindi è perfetto» concluse.
«Nonna?» la chiamò timidamente Bella che portava un secchio pieno di acqua.
«Vieni qui, tesoro, siediti accanto a me».
«Grazie per la tua discrezione» disse alla nipote, facendola sorridere.
«Capirai un giorno quanto è importante coltivare e mantenere sempre viva l’intimità e la complicità con tuo marito: è quello che mi manca di più. Bastava uno sguardo per capirci» mormorò con lo guardo perso nei ricordi.
Bella appoggiò la testa sulla spalla di sua nonna, beandosi del suo profumo familiare e guardando la foto di suo nonno disse: «Ho paura di dimenticarlo, ero ancora una bambina quando è morto».
«Non accadrà, lui vive dentro di te e continuerà a vivere nella creatura che porti in grembo», la rassicurò sua nonna, accarezzandole i lunghi capelli su cui faceva capolino il fermaglio che le aveva regalato non molto tempo prima, un dono del suo Emmett.
«Devo darti una cosa» le disse mentre estraeva dalla sua borsetta un sacchetto di velluto blu.
Bella lo aprì e sgranò gli occhi.
«L’orologio del nonno?» Isabella annuì.
«Questo orologio è più di un cimelio di famiglia, io l’avevo regalato a tuo nonno esattamente quarant’anni fa il giorno del nostro matrimonio. È un oggetto che unisce così tante vite e così tante storie lontane nel tempo. Voglio che lo abbia tu, potresti regalarlo a Edward per le vostre nozze» le suggerì.
Bella si rigirò l’orologio tra le mani e lesse la dedica scritta sul retro.
«Nonna, sei sicura di volertene separare?» Bella sapeva quanto sua nonna fosse legata a quell’oggetto e ricordava vagamente una discussione tra suo padre e sua nonna proprio riguardo a quell’orologio.
«Appartiene a voi, vedi: abbiamo anche le stesse iniziali. E sono sicura, anche se la frase non l’hai scelta tu, che si addica perfettamente ai tuoi sentimenti per Edward» le sorrise.
Bella annuì e i suoi occhi brillavano, come succedeva ogni volta che sentiva pronunciare quel nome tanto caro al suo cuore.
«Grazie, nonna» Bella abbracciò sua nonna commossa. «Ti assicuro che Edward sarà il degno custode di un tesoro tanto prezioso».
«Ne sono certa» rispose Isabella.
 
 
 

(capitolo 27)
Durante la notte del 27 gennaio 1945

 

 
«Ho una regalo per te» mormorò Bella, accarezzando i capelli di Edward che ascoltava il battito del suo cuore mentre con le dita le disegnava pigramente dei cerchi sulla pancia. Era stato così bello ritrovarsi e amarsi di nuovo, consapevoli che sarebbe stato così per tutta la loro vita.
Si sporse verso il comodino, aprì il cassetto e tirò fuori l’orologio.
«Era di mio nonno Emmett, glielo aveva donato la nonna come regalo di nozze» gli spiegò mentre Edward studiava quel prezioso oggetto.
«Grazie, amore. È bellissimo, ma non sarebbe più giusto se lo avessero tuo padre o tuo fratello?»
Bella scosse il capo.
«Appartiene alle donne della nostra famiglia che lo affidano agli uomini della loro vita» gli spiegò accarezzandogli dolcemente una guancia.
«Leggi l’incisione sul retro, è perfetta per noi» lo incitò.
Edward abbassò lo sguardo sull’orologio, sorrise e poi baciò la sua sposa.
«Hai ragione, è perfetta».




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La frase Nessuna misura del tempo è abbastanza con te, ma cominceremo con per sempre è tratta da The Twilight Saga: Breaking dawn - Parte I. Lo specifico per dovere di cronaca e per onestà intellettuale, ma tanto lo so che l'avrete riconosciuta subito tutte!

Per chi segue Espresso, il capitolo arriverà in settimana.

 

  
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