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Autore: LazySoul    03/08/2020    1 recensioni
Trama:
Diana ha 17 anni, è la secondogenita dell'Alpha ed è trattata da tutti come una bambina.
Nel tentativo di dimostrare di essere grande abbastanza per combattere e difendersi da sola, chiederà aiuto alla persona che più la confonde, suscitando in lei sentimenti contrastanti, Xavier O'Bryen.
Tra uno spasimante indesiderato, una migliore amica adorabilmente pazza e un assassino in circolazione, riuscirà Diana ad accettare i sentimenti che prova per Xavier?
Estratto:
«Sei giovane, ancora non hai imparato che spesso gli odori celano delle emozioni», spiegò, appoggiandosi al materasso con le mani e avvicinando il viso pericolosamente al mio: «E sai cosa mi sta urlando il tuo odore in questo preciso istante?», mi chiese, anche se era palese che non si aspettasse una risposta.
«Prendimi», sussurrò ad un soffio dalle mie labbra.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto del capitolo precedente: Diana ruba un vestito alla nonna per la festa del Plenilunio, durante la quale parla con Isabel, che la rassicura di stare meglio e parla anche a Michel, con il quale sembra chiarire la situazione spinosa tra loro due. Xavier ha fatto giuramento ed è entrato ufficialmente a far parte del branco.

Buona lettura!





 

Capitolo XXI: Regalo di benvenuto dall'Alpha



 

Quando papà raccontò al resto del branco della recente trasformazione di Ann, io mi trovavo casualmente accanto a quest'ultima e a sua madre, Cora.

La signora Jackson aveva un'espressione molto fiera in volto, mentre la figlia era arrossita vistosamente quando si era iniziato a parlare di lei; probabilmente si sentiva in soggezione per tutti gli sguardi che aveva addosso, compreso il mio.

Non mi stupii della mancanza del signor Jackson a quella riunione, malgrado fosse sposato con una donna-lupo da anni, per una questione di sicurezza erano poche le informazioni che gli venivano fornite dalla moglie sulla sua vera natura. Anche Ann avrebbe dovuto iniziare ad omettere e nascondere cose al padre, ora che si era ufficialmente trasformata, dimostrando di essere a tutti gli effetti un membro del nostro branco.

Appena il discorso di papà si concluse, con un augurio a trascorrere una serena serata in compagnia, i presenti iniziarono a dividersi in piccoli gruppetti, ciascuno dei quali aveva il proprio argomento di conversazione.

Quando notai che papà e Xavier sembravano nel bel mezzo di un dialogo molto serio, ai margini della radura, provai il forte istinto di raggiungerli per origliare. Decisi alla fine di non farlo, preferendo rimanere in compagnia di Cora e Ann e di chiacchierare con loro.

«Allora, come sono stati questi primi giorni della tua nuova vita?», chiesi alla cugina di Sab, genuinamente curiosa.

«Strani», disse Ann, con un sorriso timido sulle labbra: «Spero di abituarmici presto».

«Sì, ti ci abituerai in fretta», le dissi, sorridendole, prima di spostare lo sguardo su Cora: «Il signor Jackson come sta?»

Il volto della mamma di Ann s'illuminò: «Joseph, sta bene, o almeno così ci ha detto prima al telefono; è partito da pochi giorni per l'Egitto, a quanto pare ci sono degli scavi molto importanti a cui lui non poteva mancare».

Joseph Jackson era professore di archeologia, specializzato in geroglifici e nella storia dell'Antico Egitto, veniva spesso chiamato ad assistere a scavi o a fare da consulente per datare ritrovamenti e interpretare testi antichi.

«Dev'essere interessante il lavoro di archeologo», dissi più a me stessa che a loro, pensando che non mi sarebbe dispiaciuto rinvenire tombe antiche e vivere avventure al limite del possibile come nel film, "La Mummia".

Cora mi sorrise: «Vado a prendere qualcosa da bere», disse, mostrandoci il bicchiere vuoto che stringeva tra le mani, prima di allontanarsi.

In quel momento si diffusero nella radura le prime note di un lento e non ci misi molto ad individuare Michel e Kyle che stavano trafficando con il cellulare, per scegliere una playlist.

Mio fratello aveva da poco comprato delle piccole casse collegabili via Bluetooth e non mi stupiva più di tanto il fatto che avesse deciso di testarle proprio quella sera.

«Penso che una cosa a cui non riuscirò mai ad abituarmi è la gentilezza di Kyle», disse Ann, cogliendomi alla sprovvista. Anche i suoi occhi erano puntati verso il tavolino, dove mio fratello e Michel stavano litigando per il controllo della musica.

«Kyle? Gentile? Da quando?», chiesi, confusa e incuriosita, osservando con attenzione il viso arrossato di Ann.

«È venuto a trovarmi due o tre volte negli scorsi giorni, mi racconta di vecchie leggende e mi aiuta ad accettare quello che sono. Senza di lui probabilmente sarei ancora la ragazzina tremante di qualche giorno fa», disse, scuotendo appena la testa: «In realtà sono ancora quella ragazzina terrorizzata, ma sto migliorando».

Rimasi a bocca aperta quando mi resi conto che le più recenti uscite di Kyle per "vedere i suoi amici" dovevano essere state utilizzate come scusa per vedere Ann. Dovevo concederglielo; mio fratello era più bravo di me a mentire.

«Kyle quando vuole sa essere proprio un amore», riuscii ad articolare, nascondendo il mio stupore dietro ad un'espressione fintamente spensierata: «Spero si comporti bene», aggiunsi, studiando il volto di Ann.

La cugina di Isabel annuì, gli occhi colmi di quella che sembrava ammirazione erano puntati sulla figura in avvicinamento di mio fratello: «È molto gentile e comprensivo».

Annuii, chiedendomi come avessi fatto a non notare nulla. Xavier mi aveva distratta tanto da impedirmi di cogliere anche solo un accenno dell'odore di Ann sui vestiti di mio fratello?

Quando Kyle ci raggiunse, non potei impedirmi di osservarlo con gli occhi assottigliati: «Ann mi ha raccontato che sei stato un vero e proprio cavaliere in questi ultimi giorni», dissi, notando immediatamente la sua fronte aggrottarsi alle mie parole.

«Ho solo cercato di dare una mano», disse mio fratello, scrollando le spalle e sorridendo calorosamente alla ragazza accanto a me: «Ti va di ballare, Ann?»

Un tenue rossore si diffuse sulle gote di Ann, mentre un timido sorriso le illuminava il volto.

In un primo momento pensai che avrebbe rifiutato, poi vidi la sua mano stringersi intorno a quella protesa di mio fratello.

«Divertitevi», dissi, facendo intendere a Kyle che l'avrei tenuto d'occhio.

Mio fratello rispose facendomi la linguaccia.

«Molto maturo, come sempre», borbottai, con tono abbastanza forte da essere udita.

Tutto quello che ottenni fu di farlo ridere, mentre si allontanava verso il centro della radura, dove era stato lasciato abbastanza spazio per ballare.

Osservai distrattamente le poche coppie in pista, poi mi voltai alla ricerca di Xavier, per vedere se stesse ancora conversando con mio padre, venni però distratta dalla vista di Isabel e Michel che stavano chiacchierando a pochi metri da me, entrambi con un pezzo di pizza in mano e sorrisi sinceri sulle labbra.

Avrei voluto avvicinarmi per origliare la loro conversazione, ma decisi alla fine di rimanere dov'ero; avrei fatto poi il terzo grado a Sab in un secondo momento.

«Mi concederesti questo ballo?», chiese la voce di Xavier alle mie spalle.

Un dolce sorriso apparve all'istante sulle mie labbra, appena mi sentii ricordata dal suo profumo fin troppo familiare.

Distolsi lo sguardo dalle figure di Isabel e Michel, portando i miei occhi in quelli incredibilmente verdi del ragazzo che aveva stravolto quelle mie ultime due settimane.

«Non amo molto ballare», ammisi con una smorfia di scuse, intrecciando comunque le mie dita a quelle della sua mano protesa.

«Ti va di fare un tentativo con me? Se proprio non ti piace ci possiamo dedicare al tavolo del buffet», disse, facendomi l'occhiolino.

Non risposi alla sua domanda, limitandomi ad osservarlo attentamente per una manciata di secondi; sembrava nervoso e non riuscivo a spiegarmi il perché.

«Di cosa hai parlato con mio padre?», gli chiesi, assottigliando leggermente lo sguardo.

Non avrei saputo dire cosa me lo facesse pensare, ma mi era dolorosamente chiaro che c'era qualcosa che non andava, anche se non riuscivo a capire cosa.

Osservai brevemente le persone intorno a noi, ma la festa sembrava procedere senza intoppi, la musica continuava a diffondersi attraverso le casse portatili di mio fratello e la zona buffet era ampiamente frequentata. Tutto sembrava normale.

Quando tornai a puntare gli occhi su Xavier, lui aveva lo sguardo basso, sembrava pensieroso: «Preferirei parlartene più tardi. Siamo ad una festa, non dovremmo divertirci?»

«Mi è difficile divertirmi, sapendo che mi stai nascondendo qualcosa», ammisi, muovendo una mano sotto al suo mento, così da fargli sollevare lo sguardo.

«Lo capisco, ma vorrei prima ballare con te», sussurrò, gettando un'occhiata alle coppie sull'improvvisata pista da ballo: «Non sono mai stato parte di un vero e proprio branco, Diana, vorrei celebrare questo momento stringendoti tra le mie braccia per qualche minuto, dondolando a ritmo di musica».

«Mi hai messo nella scomoda posizione di non poter rifiutare», gli dissi con un sospiro, iniziando a dirigermi verso la pista da ballo.

Ignorai la pelle d'oca, causata molto probabilmente dalla vicinanza di Xavier, più che dall'arietta fresca della sera e allacciai le mie braccia dietro alla sua nuca, mentre le sue mani mi circondavano i fianchi.

Il calore della sua pelle attraverso i vestiti mi fece pensare alla sera prima, quando, acciambellati sul divano, le sue dita si erano insinuate sotto la mia felpa per accarezzarmi la schiena nuda. 

Fu stranamente facile mettere da parte la preoccupazione di poco prima e concentrasi su altri dettagli, come per esempio il fatto che le sue labbra continuavano a sfiorarmi le tempie e la fronte con baci leggeri, o le sue mani che mi accarezzavano la schiena con una delicatezza che fece nuovamente riaffiorare la sera prima nella mia mente; quando avevamo guardato per la terza volta Winnie The Pooh, mentre mia sorella disegnava sul tavolo del salotto.

Nessuno di noi due parlò per alcuni interminabili secondi.

Avrei voluto dire qualcosa, ma temevo di rovinare l'atmosfera o di dire la cosa sbagliata, così optai per il silenzio, rimanendo con la guancia premuta contro la spalla di Xavier e un groppo in gola che non riuscivo a spiegarmi.

«Diana?»

Spostai il volto, così da far incrociare i nostri occhi.

«Ci conosciamo da due misere settimane, eppure mi sembrano mesi», disse, aveva un'espressione incredula in volto: «Com'è possibile?»

Deglutii e scossi piano la testa: «Non lo so, me lo chiedo anche io».

«Non avevo mai provato nulla di simile, prima di conoscerti», sussurrò.

«Nemmeno io», ammisi, sorridendo appena: «Penso di avere una risposta alla tua domanda».

«Quale domanda?», chiese, aggrottando leggermente le sopracciglia.

«Quella che mi hai fatto l'altro giorno nel bosco», appena pronunciai quelle parole, Xavier smise di dondolare a ritmo di musica, osservandomi con un sentimento che non riuscii a decifrare.

«Andiamo verso casa tua, non mi piace l'idea che qualcuno possa sentirci», disse, intrecciando le sue dita alle mie, prima di dirigersi verso il sentiero da cui eravamo venuti.

Passando vicino al tavolo del buffet riuscii ad impossessarmi di una manciata dei famosi biscotti di nonna all'uvetta, mentre Xavier afferrava un pezzo di pizza e lo addentava con gusto.

«Hai fame?», mi chiese, rallentando il passo: «Possiamo fermarci a mangiare qualcosa se...»

«No, non ho fame, andiamo», dissi, rendendomi conto che il mio stomaco sembrava chiuso per il nervosismo, tanto che faticai a finire i pochi biscottini di nonna che ero riuscita ad afferrare.

«Avremmo dovuto salutare?», chiese Xavier, bloccandosi quando ormai eravamo a pochi metri dalla fine del bosco e quindi da casa.

«Forse sì», dissi, rendendomi conto che quel pensiero non mi aveva nemmeno sfiorato poco prima, quando avevamo abbandonato la festa: «Ma ormai siamo praticamente arrivati».

La mano di Xavier si sciolse dalla mia stretta, percorrendo la lunghezza del mio braccio, coperto dalle maniche lunghe del vestito, fino a quando non arrivò alla mia spalla e poi alla mia guancia.

«Verremo bollati come i maleducati che hanno abbandonato la festa senza nemmeno salutare l'Alpha», disse, nel tono della sua voce potevo percepire una punta d'ilarità, e mi ritrovai a sorridere a mia volta.

«Siamo proprio dei delinquenti», rincarai la dose, rischiando di scoppiare a ridere.

«Dovremmo darci alla macchia», aggiunse Xavier, circondandomi le spalle con un braccio, mentre riprendevamo a camminare.

«Propongo di nasconderci in mansarda per un paio di giorni e di sopravvivere grazie al cibo che ruberemo quando non ci sarà nessuno in casa».

«Piano eccellente, Didi!», esclamò.

«Ancora con 'sto "Didi"?», mi lamentai, sollevando gli occhi al cielo: «Pensavo di averti già detto un centinaio di volte che non mi convince».

«Vero, ma io penso che continuerò ad usarlo, fino a quando non mi verrà in mente un soprannome migliore», disse, pizzicandomi scherzosamente il fianco.

«Hey!», mi lamentai, prima di mettere in atto la mia vendetta e di fargli il solletico.

Per impedirmi di continuare la tortura, Xavier mi issò sulla sua spalla a mo' di sacco di patata, ridendo fragorosamente quando gli intimai di mettermi giù.

Riuscì a percorrere solo pochi passi, prima di dovermi liberata dalla sua stretta, dato che mi dimenavo talmente tanto da rischiare di fare cadere rovinosamente a terra entrambi.

«Sei terribile!», esclamai, infastidita, colpendolo un'ultima volta al fianco.

Xavier rise fragorosamente: «Senti chi ha parlato!»

«Hai iniziato tu!», gli ricordai con tono acido, ignorando la vocina nella mia testa che mi ricordava di essere una persona matura e non una bambina di due anni a cui era stato fatto un dispetto.

«E tu hai finito, direi che siamo pari», disse, intrecciando nuovamente le nostre dita.

Aprii bocca per ribattere, ma non riuscii a trovare qualcosa da rispondere che non mi facesse apparire ancora di più una bambina capricciosa, così optai per il silenzio.

«Prima, mentre ballavamo, hai detto che avevi una risposta per me», disse, Xavier, quando eravamo ormai a due passi da casa.

«Ho cambiato idea», dissi indispettita, sciogliendo la stretta delle nostre dita, mentre salivo i gradini che portavano alla porta sul retro di casa mia.

«Peccato, allora buonanotte, Diana», ribatté, scrollando appena le spalle.

«Non ti sopporto!», mi lamentai, entrando in casa con un broncio molto poco maturo sulle labbra, seguita da un impassibile Xavier.

«Allora quello di cui parlavo con tuo padre non dovrebbe scalfirti più di tanto», disse, incrociando le braccia al petto.

«Di cosa stai parlando?», mi voltai, bloccando la mia fuga, per osservarlo con curiosità mista a dolore. 

Il groppo in gola di poco prima era tornato, ero certa che qualsiasi cosa Xavier avrebbe detto non mi sarebbe piaciuta.

Xavier aprì bocca, poi la richiuse, abbassando lo sguardo: «Ti stai comportando come una bambina e quello che ho da dire è serio, è importante».

Avrei voluto dirgli che non era vero, che non mi stavo comportando "come una bambina", ma sapevo di essere nel torto. 

Presi un paio di respiri profondi, nel tentativo di calmare i miei nervi tesi e il battito furioso del mio cuore, poi annuii: «Non è vero che non ti sopporto», dissi, sedendomi sul divano del salotto: «O forse sì, un pochino, ogni tanto, quando mi trovo in situazioni che mi fanno pensare di apparire come una stupida ragazzina ai tuoi occhi», appoggiai i gomiti alle ginocchia e mi coprii il volto con le mani, fregandomene del rossetto e della possibilità di sbavare il capolavoro che aveva fatto mamma: «Sono impulsiva, sono infantile... Perché continui a passare il tuo tempo con me, se non sono poi così speciale?»

Xavier si sedette accanto a me, sentii l'affossamento del divano sotto al suo peso, i miei occhi erano ancora resi ciechi dalle mie mani premute contro di essi e dalle lacrime, che stavo lottando per non versare.

«Sei speciale proprio per come sei, Diana. Per il tuo carattere a volte impossibile, per la tua testardaggine e sicurezza, per le battute sprezzanti e la tua intelligenza. Non sei una stupida ragazzina», disse lui, appoggiando una mano calda sulla mia spalla: «Diana? Guardami».

Presi un profondo respiro tremante e scostai le mani dal mio viso, mostrandogli le lacrime che avevano iniziato a sgorgarmi dagli occhi.

Xavier allungò una mano, asciugandomi col pollice i sentieri d'acqua salata sul mio volto, i suoi occhi fissi nei miei: «Ti amo».

Un singhiozzò eruppe dalle mia labbra e mi sporsi per gettargli le braccia al collo e premere con forza le mie labbra contro le sue.

Sentii una delle sue mani percorrere con delicatezza la mia schiena, mentre l'altra s'insinuava tra i miei capelli, così da tenermi vicina.

Avrei voluto dirgli a mia volta che lo amavo, ma non ero davvero sicura che quello fosse amore. Avevo quasi diciotto anni, poche esperienze amorose, per non dire inesistenti, alle spalle e il vizio di essere impulsiva e sconsiderata. Dirgli quelle parole avrebbe significato esporsi, mettere a nudo ogni minimo sentimento che avevo provato da quando l'avevo conosciuto e, anche se sapevo che era inevitabile che succedesse, non mi sentivo pronta, non in quel momento.

Tutto quello che riuscii a fare fu approfondire il bacio, passando una mano tra i suoi capelli corti, mentre l'altra era stretta intorno al colletto della sua camicia.

Quando ci separammo brevemente per prendere fiato, sorrisi: «Hai le labbra sporche di rossetto».

«Anche tu», ribatté, passando il pollice sul mio labbro inferiore per raccogliere la prova di quanto appena detto.

Scoppiammo entrambi a ridere, poi tornammo a baciarci.

Tutta la tensione accumulata fino a pochi minuti prima sembrava essere evaporata, ma continuavo a percepire chiaramente quel fastidioso groppo in gola e a chiedermi di cosa avesse parlato con mio padre.

«La mia risposta è sì», dissi, allontanandomi abbastanza da guardarlo negli occhi: «Mi piacerebbe essere la tua ragazza, Xavier».

Lui sorrise, dandomi un veloce bacio a stampo: «Sono felice», sussurrò: «E tu? Sei felice?»

Annuii: «Sì, sono felice».

Tornammo a baciarci, avvicinandoci il più possibile l'uno all'altro, fino a quando non salii a cavalcioni sulle sua gambe, in quel momento Xavier interruppe il bacio.

«Ti va di andare di sopra?», mi chiese, puntando i suoi espressivi occhi verdi nei miei: «Non voglio fare niente che tu non voglia, lo sai, ma i tuoi potrebbero tornare presto e non mi piace l'idea che possano vederci così...», disse, con il naso arricciato in una piccola smorfia: «Penso di aver ricevuto abbastanza insegnamenti dai tuoi genitori negli ultimi giorni, non vorrei dover assistere all'ennesima lezione di educazione sessuale».

Sorrisi, mettendo da parte la mia preoccupazione per un altro momento. Non volevo rovinare la serata a lui e a me stessa, ed ero piuttosto certa che chiedergli di parlarmi di quello che lui e mio padre si erano detti non fosse una brillante idea, non in quel momento.

Mi alzai e intrecciai le mie dita alle sue: «Concordo, credo di aver ricevuto abbastanza avvertimenti e consigli da potermi bastare per una vita intera».

Ci dirigemmo verso le scale ridacchiando, così da sciogliere definitivamente la tensione che si era accumulata tra di noi fino a poco prima.

«Non te l'ho detto, ma ieri ho trovato una scatola di preservativi sul mio comodino», disse: «In un primo momento ho pensato che fossi stata tu, per stuzzicarmi, poi tuo padre mi ha chiesto se avessi ricevuto il suo regalo e ho capito che non eri stata tu».

Arrossii furiosamente alle sue parole, poi non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere: «Ho passato gli ultimi giorni con il terrore di ricevere un regalo simile!»

«A quanto pare hanno deciso di fare a me il regalo e non a te», disse tra le risate, scuotendo la testa: «Un pacchetto di preservativi non è esattamente il regalo di benvenuto che ti aspetteresti dall'Alpha del branco a cui ti sei appena unito».

«Vero, ma è comunque un regalo originale», dissi, mettendo piede in mansarda, seguita a ruota da Xavier, che si chiuse la porta alle spalle.

Non dovetti aspettare molto, prima che le mani del mio ragazzo tornassero su di me, avvolgendomi da dietro in un abbraccio, mentre le sue labbra si posavano sul mio collo e vi lasciavano un bacio leggero: «Hai ragione, i regali non vanno mai disprezzati».

Il suo respiro caldo, sulla pelle esposta del mio collo, mi provocò un brivido di desiderio, che mi portò a chiedermi come sarebbe stato sentire quello stesso respiro su altre zone del mio corpo.

«Xavier?», lo chiamai, voltandomi tra le sue braccia, così da poterlo guardare negli occhi: «Non ho mai fatto sesso», ammisi, storcendo le labbra in una smorfia colma d'imbarazzo.

Dopo la mia confessione ci furono alcuni secondi di silenzio, durante i quali mi chiesi quale sarebbe stata la reazione del mio ragazzo.

In un primo momento credetti che avrebbe ignorato le mie parole e si sarebbe limitato a baciarmi ancora, sospingendomi verso il letto. Subito dopo mi chiesi se la mia inesperienza sessuale avrebbe potuto, in qualche modo, essere un problema nella nostra relazione. 

Anche se mi aveva detto più volte che non avremmo mai fatto nulla che io non avessi voluto, poteva benissimo aver mentito, o sopravvalutato le mie conoscenze in ambito anatomico, credendo che prima o poi...

«Nemmeno io», disse in un sussurro, fermando i mille pensieri che mi affollavano la mente.

«Davvero?», riuscii a chiedergli, riscoprendomi genuinamente felice all'idea di poter condividere la mia prima volta con lui, così come lui avrebbe condiviso a sua prima volta con me.

«Te l'ho detto, ho viaggiato molto con mio padre e non ho mai avuto l'occasione di legarmi a qualcuno... Durante il terzo anno di liceo sono uscito qualche volta con una ragazza umana, ma non siamo mai andati oltre qualche bacio, lei non era pronta e nemmeno io», disse, indietreggiando fino a quando raggiunse il letto alle sue spalle e ci si sedette, mentre io rimanevo in piedi di fronte a lui: «Quindi sì, sono vergine».

«Beh, anche io non ho mai avuto relazioni serie con nessuno prima. Ho baciato un ragazzo alla festa di Halloween dell'anno scorso, ma è stato piuttosto... traumatizzante», ammisi, arricciando il naso al ricordo di Dylan e del modo in cui la sua lingua e la sua salivano avevano invaso la mia bocca: «Quindi sì, sono vergine anche io».

Le mani di Xavier si posarono sui miei fianchi, avvicinandomi ulteriormente a sé: «Non ci sarebbe stato nulla di male... voglio dire, se tu avessi avuto altri prima di me».

«Idem, ma ammetto che probabilmente avrei voluto sapere ogni dettaglio di ogni altra ragazza», dissi, facendolo sorridere e mettere in mostra le sue adorabili fossette.

«Vuoi provare?», mi chiese, la voce che gli tremava appena.

Mi morsi il labbro inferiore e annuii: «Sì, ma con calma».

«Con molta calma», mi confermò con tono serio.

Mi sedetti a cavalcioni di Xavier, prendendo il suo viso tra le mani prima di iniziare a baciarlo, cercando di dominare, per quanto mi fosse possibile, il desiderio bruciante che mi scorreva nelle vene. 

Bastarono pochi baci per farmi perdere contatto con la realtà; tutto quello che riuscivo a pensare era a quanto buono fosse l'odore di Xavier, a quanto piacevoli fossero i suoi baci e a quanto volessi cancellare ogni barriera tra di noi, così da rimanere pelle nuda contro pelle nuda.

«Posso toglierti il vestito?»

Risi sommessamente alla sua domanda, baciandogli la punta del naso: «Stavo giusto pensando che ci sono troppi strati di stoffa tra di noi», ammisi, facendolo sorridere.

Ci alzammo entrambi in piedi, togliendoci le scarpe, poi gli mostrai la schiena, lasciando che fosse lui ad abbassare la cerniera del vestito. Un cerchio imperfetto di stoffa blu si formò ai miei piedi.

Quando tornai a fronteggiarlo, Xavier mi sorrise, allargando leggermente le braccia: «Ora tocca a te spogliarmi».

Mi avvicinai a lui con la consapevolezza di essere molto poco vestita, senza però mostrare il nervosismo che sembrava essersi impadronito di me. 

Iniziai a sbottonare la sua camicia e sorrisi, sentendo le sue dita percorrere con delicatezza la pelle nuda delle mie braccia.

«Ricordi quando sei sconsideratamente venuta ad aiutarmi, mentre combattevo con l'assassino di mio padre? E poi eravamo entrambi nudi nel bel mezzo del bosco?», mi chiese in un sussurro, continuando a disegnare coi polpastrelli linee immaginare sulla mia pelle.

«Come potrei dimenticarlo?», dissi, ridacchiando al ricordo del mio imbarazzo. 

«Devo farti una confessione», mormorò, baciandomi piano le fronte: «L'immagine del tuo corpo nudo mi è rimasta impressa a fuoco per giorni interi, ho rischiato di impazzire».

Gli sfilai la camicia, esponendo alla mia vista il suo petto tonico, sfiorandogli la pelle esposta con le dita che mi tremavano appena: «Impazzire, addirittura?», gli chiesi, premendo una scia di baci sulle sue scapole, per poi scendere con le mani e iniziare a slacciargli la cintura.

«Sei una bella ragazza, Diana», disse, portando le mani sul gancio del mio reggiseno, che, dopo alcuni tentativi, riuscì a slacciare: «Ma non è stato il tuo corpo a conquistarmi, sei stata tu».

Gli abbassai i pantaloni, poi mi sfilai le bretelle del reggiseno, lasciandolo cadere a terra.

Quasi completamente nudi, uno di fronte all'altra, rimanemmo a studiarci per qualche secondo, poi Xavier si portò le mani al bordo delle mutande.

«Al tre?», chiese, mordendosi subito dopo il labbro inferiore.

Afferrai a mia volta il bordo delle mutande che indossavo e annui: «Uno».

«Due».

«Tre».

 

 

***

Buongiorno popolo di EFP!

Vi chiedo intanto scusa per aver pubblicato in ritardo questo capitolo, ma ho avuto un po' di problemi d'ispirazione negli ultimi giorni, dovuti principalmente al caldo infernale che mi impediva di mettere un pensiero di senso compiuto dietro l'altro, figurarsi scrivere delle frasi.

Vi ringrazio per la pazienza e mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate.

Se ci sono errori non esitate a farmeli notare, cerco sempre di stare attenta a quello che scrivo e di rileggere, ma può capitare che qualcosa mi sfugga.

Come potete notare ho modificato i titoli dei capitoli grazie al suggerimento di Akainatsuki, fatemi sapere cosa ne pensate: vi piace l'idea o preferivate com'erano prima?

Per chi volesse, mi può trovare su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp.

Spero di riuscire a pubblicare puntualmente questa settimana, vi farò sapere nelle storie di Instagram, come sempre, se ci dovessero essere ritardi o problemi.

Un bacio,

LazySoul

 
  
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