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Autore: Karyon    09/08/2020    4 recensioni
Sirius Black è un mago distrutto. Continuano a dire che è rimasto incastrato, anima e corpo, all'età di quindici anni - quando poteva ancora sorridere e c'era qualcosa di bello nel mondo. E forse è davvero così.
Hermione Granger è un'adolescente precoce. Continuano a dire che è una strega brillante, che è una donna adulta limitata nel corpo di una quindicenne. E forse è davvero così.
Possono due animi affini incontrarsi, nonostante tutto?
Una profezia da compiere e un'altra ancora da svelare, il mistero di due fratelli, un segreto da mantenere a ogni costo, una ricerca senza fine, antiche sette da conoscere... Su tutto, una guerra da combattere e la Morte - agognata, sfuggita, amata, odiata - che muove i suoi fili. Schiavi, tutti, del suo disegno.
[Più generi: guerra, mistero, romantico, angst, introspettivo, malinconico]
[Più pairing: SiriusxHermione, RemusxTonks, HarryxGinny, DracoxNuovo personaggio, RonxNuovo personaggio]
[Storia corale, molti personaggi]
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Il trio protagonista, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Hermione Granger/ Sirius Black, Remus/Ninfadora
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo, Più contesti
Capitoli:
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A Hogsmeade
 
Sirius si svegliò con la sensazione di un punteruolo acuminato su per il braccio, aveva la bocca secca come se non bevesse da giorni e la testa talmente pesante da pensare di avere avuto una botta in testa.
«Mmh» si lamentò, giusto per capire se fosse ancora dotato di voce.
Provò a sollevarsi un attimo senza riuscirci: da quel poco che riusciva a vedere si trovava in camera sua: le finestre erano spalancate a fare entrare il pieno sole di mezzogiorno.
Sul comodino accanto al suo letto c’era una certa quantità di pergamene e i suoi timori furono assodati quando lesse, di sfuggita, un nome conosciuto. Hermione.
Con uno sbuffo forte, che nessuno ascoltò, provò a mettere i piedi a terra e quasi franò a terra.
«Maledizione, Remus! Remus! O chi accidenti c’è in questa casa!» Berciò.
«La smetti di fare il pazzo?» Lo redarguì Tonks, appoggiandosi alla porta a braccia incrociate. Sirius le lanciò un’occhiataccia, poi tornò a concentrarsi sulla debole presa che gli permetteva di non andare a baciare il pavimento.
«Gradirei un aiuto» ringhiò tra i denti e lei sospirò, prima di allungarsi e aiutarlo a sedersi.
«Non dovevi proprio alzarti… razza di testone».
Sirius la ignorò, cercando di sedare la rabbia che già sentiva fluire nel corpo come veleno; già odiava essere murato vivo in quella casa, figurarsi non poter neanche muoversi in autonomia.
«Cosa ci fai qui?» Chiese come prima cosa.
Tonk aveva l’aria stanca e i lunghi capelli scuri lo sottolineavano ancora di più. Nonostante quello, cercò di non sbuffare e tentare un mezzo sorriso.
«Sono qui per aiutare te e Remus».
Sirius annuì, massaggiandosi il collo stanco «E lui che fine ha fatto?»
«Era in cucina a preparare qualcosa, credo…» replicò lei, fissandolo meglio. «Tu come stai?»
«Come se fossi stato investito dal Nottetempo, grazie» ironizzò, chiudendo gli occhi a una nuova fitta al braccio. «Che cos’ho?» Si sentì chiedere, ma Tonks scrollò la testa.
«Non lo sappiamo. Remus mi ha detto che sei svenuto e non ti svegliavi più, ha dovuto portarti a letto e darti una pozione calmante perché ti agitavi. Abbiamo fatto delle ricerche ma non lo sappiamo e il tuo polso continua a, tipo, ribollire».
A quelle parole entrambi abbassarono la testa sulla pelle liscia, ma arrossata del polso.
«Ribollire?»
«Sì… ogni tre ore ti escono delle bolle di un rosso acceso, ti sale la febbre, ti lamenti, ma poi ritorna tutto apposto… è tipo ciclico».
«Chi altro lo sa?» Chiese lui e ricevette solo silenzio. «Tonks?»
Remus l’aveva avvisata che Sirius non avrebbe preso bene la loro decisione, ma dopotutto non avrebbero potuto fare altrimenti visto che viveva nel Quartier Generale; prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto comunque.
Tonks inspirò e si preparò psicologicamente alla guerra.
«Silente. Silente lo sa» commentò, poi seguì preoccupata i suoi tentativi di alzarsi. «Sirius…»
«… non muoverti» fece Remus con voce ferma, dalla soglia.
Sirius gli lanciò un’occhiata, sbuffò e si lasciò cadere.
«Sì, mammina» commentò con acidità, facendogli roteare lo sguardo in cielo. Qualcosa gli diceva che si stava comportano proprio come avevano preventivato, ma se ne fregava.
«Non so se ti ricordi, ma ti sei ripreso più volte e sei caduto più volte come una pera cotta. Per la tua incolumità dovresti startene sdraiato, anche Silente è d’accordo» gli spiegò.
Sirius fece un ghigno amaro «Ah, se lo dice Silente…»
«Sirius…»
«Non dovevi dirglielo» scattò, tirando fuori un po’ della rabbia che si sentiva dentro. «Adesso scommetto che sarà ancora più facile avere un po’ di respiro» frecciò sarcasticamente, fissando il soffitto.
Tonks e Remus si scambiarono un’occhiata, poi lei annuì e si allontanò.
«Io sarò giù…» gli soffiò, sfiorandogli una mano e Remus annuì in ringraziamento.
Sirius notò tutto quello scambio di leggere effusioni e si sentì, chissà perché, ancora peggio.
«Almeno vedo che il mio stare male vi è servito a qualcosa. Avere la casa libera vi ha aiutato?»
Remus non arrossì nemmeno: sapeva che Sirius era solito essere quasi maligno quando si infuriava ed era deciso a non farsi trascinare da lui in lotte senza fine.
«Stammi a sentire, zuccone: stavi male, molto male e non sapevo cosa fare. Non ti svegliavi, ti agitavi, a un certo punto hai smesso di respirare… mi dai del secchione, ma non sono infallibile» spiegò.
«Certo, invece Silente…»
«… Silente ne sa più di me e te messi assieme, questo è sicuro. Tu stesso l’avevi chiamato per-»
«A differenza mia tu non rischiavi di essere chiuso per sempre in una casa che odi» ribatté.
«Invece sono stato rimosso dal mio incarico fino a data da destinarsi» sbottò arrabbiato Remus. Approfittò del silenzio di Sirius, per continuare «Non sapevo cos’altro fare, va bene? E non ti avrei guardato morire senza fare niente, non puoi chiedermi di farlo».
Quelle parole lo fecero capitolare; Sirius rimase in silenzio per qualche minuto.
«È venuto qui?» Chiese, cambiando argomento.
«Sì, dice che forse siamo stati attaccati dalla stessa cosa. Come se… avesse lasciato me per colpire te» spiegò Remus.
«Come un contagio?»
«Così pare, ma non si capisce come accade né quali siano gli effetti precisi…» il tono nervoso di Remus lo colpì e Sirius lo fissò con maggiore attenzione.
«Non sarà…?»
«No, non è la Licantropia» tagliò corto lui e Sirius scrollò le spalle come se non gli importasse. «Chiedevo solo. Sei strano».
«Sono cauto… aspetto ancora l’attacco finale…» ironizzò, tenendosi a distanza di sicurezza.
Sirius adocchiò le lettere al suo fianco «Lo avete detto a Hermione, vero?»
«Più o meno…»
«Cosa vuol dire più o meno?» Chiese, con un tono un po’ troppo tranquillo per la situazione.
«Vuol dire che le ho detto solo ciò che era giusto sapesse…» cominciò Remus, ma sapeva di starsi inoltrando su un terreno scivoloso.
Sirius si sedette sulla sponda del letto, raccogliendo il coraggio per alzarsi nonostante il dolore.
«E chi ti ha dato il diritto di decidere cosa fosse giusto dirle e cosa no?»
Remus si accigliò «Vuoi dire che avresti preferito rimanesse all’oscuro di tutto? Le ho scritto soprattutto per evitare che si chiedesse perché non le scrivevi più…»
«Meglio farla preoccupare e distrarre dai suoi studi, cercando il modo di sapere qualcosa… fallendo comunque, perché sappiamo che Hogwarts è una specie di bolla dorata senza contatto con la realtà» commentò con tono duro.
Remus rimase alquanto colpito dal fatto che fosse così protettivo nei confronti di Hermione, ma continuava a credere fosse meglio che avesse avuto notizie da lui invece di passare giorni in attesa di risposte vane.
«Sempre meglio sapere qualcosa che crederti sparito nel nulla da un giorno all’altro. Volevi essere un tipo affidabile, no?» Replicò, sulla difensiva.
Sirius scosse la testa «Ma non sono cose di cui devi occuparti tu…»
«Credevo di farti un favore!»
«Beh, non farlo più. Sono affari miei. Io non mi metto in mezzo ai tuoi affari con Tonks» sbottò Sirius, ma si sentiva troppo debole per litigare. Rimasero in un silenzio sostenuto per un po’, poi Sirius prese qualche lettera «E cosa…?»
«Era preoccupata per te… lo è stata tutto il tempo, ma Tonks le ha scritto spesso per aggiornarla. Sta’ tranquillo, sono state discrete» spiegò, senza riuscire a trattenere un sorrisino.
«A dirla tutta, Tonks è arrivata qui come un carro armato buttando giù porte, dopo la mia lettera a Hermione… Tonk mi ha rivelato che le aveva scritto pretendendo risposte più puntuali delle mie».
Sirius avverti un certo calore dalle parti del collo, quel calore che non aveva niente a che vedere con la febbre e gli ricordava che, forse, aveva qualcuno là fuori che si interessava a lui.
«E Harry?» Sussurrò, mentre Remus si sedeva sulla sponda del letto.
«Gli ho scritto, ma naturalmente non ho accennato a Hermione. A nessuno dei due ho parlato della gravità della situazione».
«Hai fatto bene…»
La pace sembrò essersi ristabilita e Remus odiò il fatto di dover insistere.
«Comunque Silente non scherzava…» ricominciò, molto cautamente.
«Rispetto a cosa?»
Remus sospirò «Ho l’ordine di farti restare in camera, chiuso. Per adesso sappiamo che questa cosa non si passa in modo normale… voglio dire, Tonks sta bene, però abbiamo bisogno di tenere il Quartier Generale al sicuro» fece, aspettando lo scoppio.
Il silenzio che seguì gli fece capire che Sirius non aveva ancora assorbito le implicazioni di quelle parole, ma alla fine non reagì come previsto.
«Allora portatemi da un’altra parte» fece, con tono sprezzante.
«Sirius…»
«No, davvero. Portatemi, non so, su un’isola sperduta da solo, almeno mi prendo il sole!»
«Devi stare qui» sbottò Remus in tono categorico, fissandolo negli occhi.
Sirius lo fissò allo stesso modo «Agli ordini, signore. Ora lasciami in pace».
Remus capì che da un Sirius in quello stato non poteva pretendere di meglio e si alzò.
«Mettiti a risposo. Lascia che ricambi la cortesia almeno» fece solo, uscendo.
Sirius si sistemò meglio il cuscino e rimase a fissare il soffitto, mentre una strana calma si impadroniva di lui; era la stessa sensazione che lo aveva pervaso prima di trasformarsi in Animagus e fuggire da Azkaban, quando si era dato alla caccia di Peter dopo tredici anni, quella che gli fece capire di essere pronto a mandare al diavolo ogni regola.
James la chiamava “la calma prima della cazzata” e Sirius sapva che era molto più reale di quanto gli piacesse credere. Qualche piano più sotto, Remus pensava la stessa cosa: conosceva Sirius talmente bene da sapere che tanta arrendevolezza era quantomeno sospetta.
Con un sospiro si lasciò cadere su una sedia e Tonks gli passò un tè.
«Come sta?»
«Al solito, da Sirius… Grazie» mormorò, soffiando sulla tazza. «Ho invidiato spesso la passione che mette in tutto, sia nel male che nel bene… però lo prenderei a calci» .
Tonks sorrise e si sedette di fronte a lui.
«Ognuno ha il suo modo di sfogarsi. Sirius sbraita, brontola e parla prima di pensare, ci sono altre persone che si raffreddano e si allontanano…»
Remus la fissò di sottecchi, poi sospirò.
«Tonks…» cominciò, cercando di prenderle le mani.
Lei avrebbe voluto allontanarsi, ma neanche la più grande forza del mondo avrebbe potuto convincerla a convincerla a tagliare con lui; neanche dopo tutto quello che aveva già fatto.
«Mi dispiace» fece solo, per una volta senza giri di parole.
Non era da Remus essere così diretto e Tonks sgranò gli occhi «Scusami?»
«Mi dispiace per come ti ho trattato, sono stato-»
«Uno stronzo?» Suggerì lei.
«Esatto. Uno stronzo. E un insensibile. Non intendevo insinuare che quello che è successo tra noi sia stato un errore o non mi sia piaciuto, anzi…» la vibrazione che seguì quella conclusione ebbe il potere di farla tremare. Ma sapeva già dove sarebbe andato a parare quel discorso.
«Però questa cosa non può andare avanti e, per una volta, non parlo solo dell’età. L’hai visto: ho quasi rischiato di morire o, peggio, di essere infettato da chissà cosa… non voglio che tu debba passare…»
Remus s’interruppe e la seguì mentre si alzava.
«Lo sapevo!» Esclamò Tonks, battendo una mano sul tavolo. «Lo sapevo che avresti utilizzato quello che è successo come scusa per allontanarti. Te l’ho già detto: lascia decidere me cosa posso o non posso sopportare!»
Remus scosse la testa e si alzò «Non capisci…»
«Allora spiegamelo! Spiegamelo, perché non capisco!»
«Sono io che non posso sopportarlo» fece allora lui, guardandola con espressione triste. «Sono io che non posso stare con te la notte e poi tornare in quel posto a… l’ho sempre detto, voi non siete Licantropi e se non venite con me al Lupanare non potrete mai capire. Non posso vivere in un posto come quello e poi tornare da te a… sporcarti. Non ce la faccio» confessò.
La voce gli si spezzò e i tratti di Tonks si ammorbidirono, quando si rese conto che per la prima volta Remus si stava davvero aprendo con lei.
«Remus… io ho letto tutto ciò che c’è da leggere sui Licantropi, ho fatto ricerche e ho studiato, ho visto qualcosa…» fece, avvicinandosi a lui e alzando una mano a sfiorargli il viso.
«Non è la stessa cosa» ribatté freddo lui.
«Lo so» replicò Tonks, con lo stesso tono dolce. «Lo so… ma lascia decidere me se sarò abbastanza forte da reggere. Lasciami provare, ti prego. Non puoi continuare questa vita e sperare che io non soffra per te, succederà comunque. Però almeno potrò starti vicino…» mormorò, per poi baciarlo.
Si baciarono con la forza della disperazione perché non sapevano davvero quanto e se sarebbe durata. Remus pensò che avrebbe potuto provare… che forse si meritava l’illusione di una vita normale, almeno per qualche istante.
 
Hermione aveva passato quella successiva settimana in uno stato che dire bipolare era ancora poco: passava da stati di euforia pazzesca a momenti di depressione da piumone e tè caldo. Fortunatamente l’idea di contattare Tonks si era rivelata giusta, perché era piombata a Grimmauld Place come un’aquila e aveva continuato a tenerla aggiornata con diversi stratagemmi piuttosto furbi. Attraverso quelle lettere aveva saputo che Sirius continuava ad avere la febbre alta e a vaneggiare, ma non sembrava in pericolo serio.
La sfida più grande, però, era stata far finta di niente: andare avanti nonostante i discorsi di un preoccupato Harry e dovergli dire di avere pazienza, quando lei stessa avrebbe gettato alle ortiche Hogwarts per correre da Sirius, era sfiancante.
In più aveva continuato ad usare la scusa di Krum per giustificare le numerose lettere di Tonks e ormai Ron non le parlava quasi mai in tono gentile.
Ginny aveva detto che gli sarebbe passata, ma la verità era che non riusciva a sopportare tanta freddezza da uno dei suoi migliori amici per troppo a lungo. Sull’altro versante, Blaise non le aveva più rivolto la parola e le preoccupazioni per Sirius avevano cancellato l’euforia per il bacio ricevuto; continuava a considerarlo un bel ragazzo, intelligente e interessante, ma ormai aveva capito da che parte fosse il suo cuore per il momento.
Non poter parlare di Sirius con nessuno era ciò che la logorava maggiormente. Nei momenti più bui dovette accontentarsi di piangere da sola e ormai si sentiva peggio di Mirtilla Malcontenta, con la differenza che almeno lei poteva farlo in santa pace senza che nessuno si chiedesse se per caso fosse impazzita.
Ormai sfruttava le uscite in solitaria in biblioteca per scapparsene al parco e stare sola con i suoi tetri pensieri, cosa che le fece intuire quanto Sirius stesse diventando importante per la Hermione ossessionata dai compiti e dai G.U.F.O.
A rischiarare un po’ le sue giornate c’era stata l’accettazione di Harry delle lezioni di Difesa e l’idea di fare qualcosa contro la Umbridge. La nostalgia di Sirius era prepotente, ma la progettazione delle lezioni con Harry la distraevano e le permettevano di stare vicino al suo amico, anche se lui non sapeva che si stavano consolando per lo stesso motivo.
Solo una volta Harry fu abbastanza vicino alla verità quanto sottolineò la sua strana tristezza, ma lei riuscì a sviare parlandogli di Ron che, forse proprio per allontanarsi da lei, passava molto più tempo con Aveline e Brienne.
«Gli deve passare… forse finirete anche di battibeccare come facevate un tempo, era snervante» ironizzò Harry, due pomeriggi prima del primo week-end a Hogsmeade di ottobre.
Stavano prendendo l’abitudine di passare un’ora nel parco, appoggiati al solito albero, approfittando del tempo ancora mite.
Hermione sorrise, ma non ne era convinta.
«Non voglio che si allontani troppo…»
«Mmh, forse dovresti dirglielo» propose Harry. Aspettò due miseri secondi, poi le chiese: «Invece con Blaise Zabini?»
Hermione non rispose, ma Harry notò che continuava a scrivere e cancellare la stessa frase sulla pergamena che aveva in grembo.
«Ti sta bene Krum?» Le chiese, riuscendo a leggere il nome in calice alla lettera.
Era la centesima volta che glielo chiedeva, sfruttando qualsiasi occasione in cui erano da soli. Non che lui preferisse Zabini di Serpeverde al suo ex rivale di Quidditch… per lui nessuno dei due era abbastanza per Hermione. Tuttavia non sapeva come iniziare l’argomento, per paura che anche lei si allontanasse come Ron.
«Già…» mormorò lei.
Come a leggere loro nel pensiero, un gufo puntò verso di loro.
Harry scosse la testa «Parlando del diavolo…»
Hermione era sicura che la lettera fosse di Tonks. Avrebbe voluto dirle di scrivere sotto il nome di Krum come Sirius, ma le era sembrato esagerato costringere anche lei a quella bugia, quindi aveva spesso paura che li intercettassero.
Fortunatamente Tonks si era dimostrata all’altezza del suo ruolo, bravissima nei depistaggi.
Il gufo lasciò cadere la lettera in grembo a Hermione e volò via, schioccando il becco. Hermione si girò con aria vaga verso Harry, ma lui se ne stava appoggiando al tronco con gli occhi chiusi, godendosi il sole.
Sarebbe stato molto più sicuro per lei aprire la lettera quando era da sola, ma la verità era che non stava più nella pelle. Capì di essersi ormai irrimediabilmente bevuta il cervello, quando la aprì lo stesso nonostante Harry fosse a due centimetri da lei.
 
Cara Hermione,
come promesso ti do’ le ultime: il gallo è finalmente sveglio e non sono sicura ci sarà più pace per noialtri! Proprio per questo credo cercherò di salvarmi tornando a lavoro.
Non potrò più scriverti dalla casa-base, ma sono sicura che tutto tornerà alla normalità.
Con affetto,
T.
 
Hermione inarcò un sopracciglio: la lettera era breve e persino troppo sfacciata, ma il cuore fece un buffo balzo quando lesse le parole “finalmente sveglio”.
Sirius stava bene.
Hermione si portò una mano alla bocca, nel tentativo di arginare la felicità che si faceva spazio in lei come una bomba. Con un sospiro, si appoggiò all’albero e chiuse gli occhi, permettendo alle lacrime di scendere per un solo istante, prima di asciugarsele rapidamente.
Era passata una sola settimana, ma al suo cuore erano sembrati secoli, dannato di un Black.
«Allora, che dice il nostro amico?» Chiese ironico Harry.
«Tutto va bene…» mormorò Hermione.
Si sentiva al settimo cielo e stava già pensando cossa coscrivergli nella prossima lettera. Avrebbe voluto essere arrabbiata, anzi infuriata, per la paura che le aveva fatto prendere, ma sapeva che invece scoppiava di felicità… provava un miscuglio di sentimenti tali da trovare stupefacente non essere ancora esplosa.
«A che pensi?»
Harry si era sollevato e aveva notato il suo sorrisino.
«Stavo pensando alle nostre lezioni...» disse, dopo un breve sussulto.
«Gliela faremo vedere noi, alla rospa!»
«Ben detto!»
Harry rise e si appoggiò alla sua spalla, richiudendo gli occhi. Hermione cercò in ogni modo di aggrapparsi a quella sensazione di euforia, cercando di silenziare i sensi di colpa.
 
La mattina della gita a Hogsmeade era limpida e ventosa; era possibile sentire il vento dal tetto magico della Sala Grande.
Hermione si sentì osservata durante tutta la colazione, ma fortunatamente nessuno si avvicinò a chiederle nulla: la Umbridge continuava a osservare l’intera sala dal tavolo degli insegnanti come un grosso gufo appolliato sul trespolo
«Allora, è per oggi?» Sussurrò Brienne, sedendosi accanto a Harry e rubando del pane a Ron.
«Mh, buongiorno» sbuffò lui, mentre lei sogghignava.
«A che ora ci dovremmo vedere?» Chiese Aveline, arrivando con Ginny.
Hermione stava per rispondere, quando un frullio di ali annunciò l’arrivo della posta mattutina. Tanto per cambiare, il gufo fulvo di Sirius arrivò tra loro con la solita andatura caracollante, tra le solite occhiate allusive e il cipiglio di Ron.  
Soltanto dopo aver preso la lettera Hermione si rese conto che non poteva trattarsi di Tonks, così il cuore cominciò a batterle forte: forse era Sirius che le scriveva dopo tanto tempo?
Cercò di non far trapelare nulla, ma non riuscì a nascondere la delusione quando lesse una sola misera frase:
“Oggi alle tre, Zonko”.  
Hermione inarcò un sopracciglio e girò il foglio, convinta che ci fosse altro. Cosa voleva dire?
Hermione ricordava di avergli parlato della possibilità che si incontrassero durante il primo week end fuori, ma era stato tanto tempo prima e non poteva credere che Siriu sarebbe stato tanto incosciente da presentarsi a Hogsmeade nelle sue condizioni.
Ormai non poteva evitare più l’incontro con gli altri, non ora che aveva avvisato tutti, ma temeva davvero che Sirius avrebbe fatto una pazzia del genere... cosa sarebbe successo se Harry avesse riconosciuto un Sirius Animagus che vagava per il villaggio?
Hermione sapeva che era stato male e poteva capire la sua frustrazione, ma non poteva che sentirsi arrabbiata per quella cocente delusione: stava aspettando una sua risposta da una settimana e lei era riuscito a scriverle solo una misera frase che per giunta le causava un’ansia terribile.
«Ho detto per le dieci di mattina a tutti» commentò d’improvviso, accartocciando il foglio.
«Qualcosa non va?» Chiese Ginny, notando la sua espressione scazzata.
Hermione scosse la testa «Tutto bene».
Ovviamente non era vero, ma non voleva dare adito ad altri gossip tra lei e Krum; stava davvcero sperando che quell’argomento cadesse al più presto nel dimenticatoio.
* Dopo colazione si misero in fila davanti a Gazza, che controllava i loro nomi sulla lunga lista degli studenti che avevano ottenuto dai genitori o dai tutori il permesso di andare al villaggio. Con un piccolo tuffo al cuore, Harry ricordò che se non fosse stato per Sirius non ci sarebbe potuto andare affatto, mentre anche Hermione pensava a Sirius ma in termini decisamente meno amichevoli.
Quando arrivarono davanti a Gazza, il custode annusò Harry a fondo, quasi volesse sentire se aveva fumato. Poi fece un breve cenno e tutti e tre si avviarono verso l’ampio viale che portava ai cancelli, salutando le altre ancora in fila dietro di loro.
«Perché Gazza ti annusava?» chiese Ron.
«Immagino che stesse cercando una Caccabomba» rise Harry. «Ho dimenticato di dirvelo...»
Raccontò di quando aveva spedito la lettera a Sirius e Gazza era entrato qualche istante dopo, pretendendo di vedere la missiva. Con sua sorpresa, Hermione trovò la storia estremamente interessante, molto più di quanto pensasse lui.
«Ha detto che qualcuno gli aveva soffiato che stavi ordinando delle Caccabombe? Ma chi è stato?»
«Non lo so» rispose Harry con un'alzata di spalle. «Forse Malfoy, si diverte così».
Oltrepassarono le due alte colonne di pietra sormontate dai cinghiali alati e svoltarono a sinistra verso il villaggio, con i capelli negli occhi per il vento.
«Malfoy?» disse Hermione scettica. «Mah sì, forse...» Rimase pensierosa per tutto il tragitto. L’affermazione di Gazza aveva tutta l’aria di essere una scusa, una scusa piuttosto ridicola in verità. Il suo dubbio era che stesse intercettando i gufi della scuola e la cosa la impensieriva molto, vista la natura delle sue ultime corrispondenze.
«Dove andiamo, a proposito?» Domandò a un certo punto Harry. «Ai Tre Manici di Scopa?»
«Oh... no» disse Hermione, riemergendo dalle sue fantasticherie. «No, è sempre pieno e c'è troppo rumore. Ho detto agli altri di incontrarci alla Testa di Porco, l'altro pub che non è nella via principale. È un po', come dire, equivoco... ma gli studenti di solito non ci vanno, perciò non credo che saremo spiati».
Percorsero la strada principale e superarono l'Emporio degli Scherzi di Zonko, dove non furono sorpresi di trovare Fred, George e Lee Jordan; passarono davanti all'ufficio postale, dal quale i gufi partivano a intervalli regolari; infine svoltarono in una traversa in fondo alla quale c'era una piccola locanda. Una consunta insegna di legno pendeva da una staffa arrugginita sopra la porta, con l'effigie di una testa di cinghiale mozza che gocciolava sangue su un panno bianco. Il vento fece cigolare l'insegna. I tre esitarono sulla porta.
«Dai, andiamo» disse Hermione, con un briciolo di nervosismo.
Harry entrò per primo. Non era affatto come i Tre Manici di Scopa, la cui ampia sala dava un'impressione di calore e pulizia. La Testa di Porco era un locale piccolo, angusto e molto sporco, con un forte odore di qualcosa che poteva essere capra. Le finestre a bovindo erano così incrostate che ben poca luce filtrava nella stanza, illuminata da mozziconi di candela piantati su rozzi tavoli di legno. Il pavimento sembrava a prima vista fatto di terra battuta, ma quando fecero il primo passo si resero conto che c'era pietra sotto quello che doveva essere sudiciume accumulato da secoli.
«Non so, Hermione» mormorò Harry quando arrivarono al banco. Guardò in particolare una strega velata da capo a piedi. «Non pensi che potrebbe esserci la Umbridge, là sotto?»
Hermione la studiò con un'occhiata. «La Umbridge è più bassa. E comunque, se anche la Umbridge venisse qui non potrebbe fare nulla per fermarci, Harry. Ho controllato e ricontrollato il regolamento della scuola, non stiamo violando nulla; ho chiesto al professor Vitious se agli studenti fosse permesso venire alla Testa di Porco e lui mi ha detto di sì, anche se mi ha raccomandato caldamente di portarci i bicchieri. E ho controllato tutto il possibile sui gruppi di studio e di lavoro, e stiamo senza dubbio rispettando le regole. Credo solo che non sia il caso di sbandierare quello che facciamo» tirò, stupendoli come al solito per il suo impegno nel cercare cavilli legali.
«No» convenne Harry asciutto. «Soprattutto perché non è proprio un gruppo di studio che hai in mente, giusto?»
Il barista uscì da una stanza sul retro e andò verso di loro: era un vecchio dall'aspetto burbero, con una gran quantità di lunghi capelli grigi e la barba; era alto, magro e aveva un'aria vagamente familiare.
«Che cosa volete?» borbottò, fissandoli con un cipiglio.
«Tre Burrobirre» rispose Hermione.
«Sei falci» ribatté l’uomo e Harry gli porse qualche moneta. Il barista lo squadrò, indugiando per una frazione di secondo sulla sua cicatrice, poi si voltò e mise i soldi in un antiquato registratore di cassa di legno. Harry, Ron e Hermione andarono a sedersi al tavolo più lontano dal bancone e si guardarono attorno.
«Sapete? Qui potremmo ordinare qualunque cosa! Scommetto che quel tizio ci venderebbe di tutto, che gliene importa? Ho sempre desiderato provare il Whisky Incendiario...» cominciò con entusiasmo, ma Hermione lo guardò male.
«Tu sei un Prefetto» ringhiò e Ron ebbe quasi la mezza idea di non darle retta, ma una gomitata di Harry lo fece desistere.
«Già...»
«Allora, chi hai detto che dovrebbe venire?» domandò Harry, mentre beveva un sorso di Burrobirra. Hermione scrollò le spalle e guardò l’orologio.
«Un paio di persone… Ho detto di venire più o meno adesso, ma non sono sicura che tutti sanno dove sia… oh, guarda, devono essere loro».
La porta del pub si era aperta: davanti c'erano Brienne, Aveline, Neville, Dean e Lavanda, seguiti da Calì e Padma Patil con Cho e una delle sue amiche ridoline; poi Luna Lovegood, poi Katie Bell, Alicia Spinnet e Angelina Johnson, Colin e Dennis Canon, Ernie Macmillan, Justin Finch-Fletchley, Hannah Abbott e una ragazza di Tassorosso con una lunga treccia di cui Harry non sapeva il nome; tre ragazzi di Corvonero che era abbastanza sicuro si chiamassero Anthony Goldstein, Michael Corner e Terry Steeval; Ginny, seguita da un ragazzo alto, biondo e magro con il naso all'insù che Harry riconobbe vagamente come un membro della squadra di Quidditch di Tassorosso, e a chiudere la fila Fred e George Weasley con il loro amico Lee Jordan, tutti e tre muniti di grossi sacchetti di carta gonfi della mercanzia di Zonko.
«Un paio?» disse Harry a Hermione, in un sussurro roco. «Un paio?»
«Be', sì, l'idea ha avuto un certo successo» rispose allegramente Hermione. «Ron, ti va di prendere qualche altra sedia?»*
Ron annuì e si alzò, mentre Hermione inspirò cercando di ricordarsi il discorso che si era preparata. L’ora successiva fu piuttosto particolare, ma la riunione alla fine andò bene.
Molti di loro avevano accettato nella speranza di ascoltare qualche racconto di prima mano da Harry, ma poi si convinsero tutti che dovevano fare qualcosa. Al momento delle firme, come lei aveva immaginato, molti furono titubanti ma le loro espressioni le fecero capire che l’idea di Sirius non era stata poi così tanto malavagia… conosceva molti di loro, ma non poteva davvero mettere la mano sul fuoco per gli altri.
Uscirono dalla Testa di Porco chiacchierando dei loro insperati compagni di avventure e Hermione si rese conto di aver causato un danno quando nominò Michael e Ginny; evidentemente Ron era davvero fuori dal mondo se non si era ancora reso conto della cosa. 
«Non mi piace» mugugnò Ron e Hermione sbuffò «Che strano!»
Battibeccarono a lungo e Harry c’infilò qualche frase giusto per dare il suo contributo; in realtà si sentiva un po’ strano, a metà tra l’irritato e il disinteressato.
Il suo stomaco aveva fatto un buffo balzo alla vista di Cho e all’idea che lo trovasse coraggioso e partecipasse al loro piccolo piano eppure, quando sentiva parlare di Michael e Ginny, avvertiva una sorta di fastidio alla base dello stomaco.
Comunque, a prescindere da tutto, non poteva che essere d’accordo con Hermione quando parlava di andare avanti e non essere ancorati al passato…
Continuarono sullo stesso discorso per tutto il pranzo e per la strada del ritorno fino ad arrivare davanti a Zonko, dove Hermione sussultò.
«Ah, dimenticavo! Devo comprare delle cose per i miei genitori… sapete come impazziscono per la magia… forse comprerò qualcosa da Zonko» fece, analizzando gli oggetti in vetrina.
Harry rise «Vuoi proprio fargli venire un colpo… potevi rivolgerti ai gemelli!»
Lei lo guardò male «Voglio farli divertire, non ucciderli… comunque non lo so. Penso di prendere qualcosa e passare all’ufficio postale, già che ci sono, o alla biblioteca…» mormorò, cercando un argomento che potesse farli desistere dal seguirla.
Il piano funzionò, perché li vide lanciarsi un’occhiata scocciata, prevedendo lunghe attese.
«Noi volevamo andare da Spintwitches…» cominciò Harry, titubante.
Le gite a Hogsmeade erano l’unica possibilità per fare un giro come si doveva nel negozio di articoli sportivi più vicino e comprare cose senza aspettare la lenta posta via gufo.
Ron sbuffò «Non puoi spedirgliele dal castello?» Si lamentò.
Hermione inarcò un sopracciglio «Non vedo perché dovrei, visto che l’alternativa e venire al negozio di manici di scopa… voi andate, io vado a fare le mie cose e magari incontro le altre. Ci si vede dopo» fece, con tono fermo.
Ron scrollò le spalle e Harry annuì «Ok, ci rivediamo per le cinque così torniamo insieme?»
Hermione annuì «Certo, ho detto a Brienne e Aveline la stessa cosa» salutò, andando in direzione opposta.
A parte che avrebbe comunque trovato altro da fare piuttosto che passare il pomeriggio a guardare oggetti per il Quidditch, si sentiva comunque in colpa a sfruttare i suoi genitori o scuse del genere per mentirgli a proposito di Sirius.
Prima o poi sarebbe crollata e Harry non glielo avrebbe mai perdonato.
Quella sorta di tristezza si mescolò a una strana sensazione, a metà tra la rabbia e l’aspettativa: cosa aveva voluto dire Sirius quando le aveva scritto di Zonko?
Con una certa titubanza, Hermione si mise a fissare la vetrina colorata del negozio senza trovare nulla di strano.
I suoi dubbi presero forma quando notò un piccolo gufo, grigio e anonimo, appollaiato sull’insegna del negozio; era strano vedere gufi appollaiati lontani dall’ufficio postale e quello sembrava puntare proprio lei.
«Ehm…» mormorò, battendo le palpebre.
Il gufo sembrò batterle in risposta, poi schioccò il becco e volo in un vicoletto tra Zonko e Gladrags che non aveva mai notato; era una stradina spoglia e poco battuta, che si allungava dietro la via principale fino a raggiungere i monti dietro alla strada di Madama Piediburro.
«Sono un’idiota che segue un pennuto…» borbottò, continuando suo malgrado a tener d’occhio il gufo, che si appollaiò su un albero poco lontano.
«E ora?» Gli fece, mentre con sua sorpresa Pen, il gufo fulvo di Sirius, la raggiunse con un morbido frullio di ali e uno schiocco felice.
«Non ci posso credere!» Esclamò, non sapeva dire se in tono sorpreso o arrabbiato.
Un cane abbaiò piano alla sua destra e Hermione si girò di scatto, riconoscendo un cane nero che era troppo grosso per essere un vero animale.
«Non ci posso credere!» Ripeté, mentre si sbrigava a seguire il cane verso una grotta ben nascosta tra le rocce.
Al contrario di lei che incespicava, il cane si arrampicò con agilità fino all’entrata e, quando lei lo raggiunse, si era già trasformato in un sorridente uomo che sarebbe morto presto.
Nonostante le promesse di morte, però, Hermione non poté non rimanere sconvolta alla vista di un Sirius Black in carne, ossa e lunghi capelli in piedi di fronte a lei.
A conti fatti non lo vedeva da un solo mese, eppure le sembrava passata un’eternità.
«Ciao…» fece lui, dopo qualche secondo.
Hermione balbettò qualcosa in risposta poi, dimentica del fatto che di solito cercava di mostrarsi più pacata, lo colpì con la borsa che si portava dietro.
«Sei impazzito, cosa ci fai qui?!» Esclamò, senza fiato.
Sirius inarcò un sopracciglio «Però, che benvenuto!»
Hermione non si face incantare e lo guardò con espressione gelida.
«Non sto scherzando! Insomma, sei arrivato fino qui da Londra, sei vicino al castello, sei a Hogsmeade! Potrebbe vederti qualcuno del villaggio, qualche studente potrebbe riconoscerti o magari qualcuno ti ha già visto durante il viaggio!» Sbottò, ma lui fece un gesto come a minimizzare l’accaduto.
«Sono stato in latitanza per quasi due anni, so come fare per non essere scoperto… e sto cercando di essere molto discreto, non preoccuparti. In ogni caso non ho intenzione di restare a lungo…» spiegò, guardandola meglio: Hermione se ne stava all’ingresso della piccola grotta, rigida e con le sopracciglia aggrottate, tormentandosi le labbra con aria nervosa.
«Harry ha la mappa, come fai ad essere sicuro che non veda il tuo nome? E che non ci veda entrambi?» Chiese, capendo di aver colpito nel segno quando vide la sua espressione cauta.
Sirius però si riprese all’istante e fece un ghigno.
«Harry è impegnato a Hogsmeade con Ron, dubito che si sia portato la mappa dietro…» fece, ma era palese che non fosse sicuro. Tuttavia si alzò dal masso su cui era seduto e sospirò «Sei sicura di voler passare le nostre uniche ore libere a discutere?»
E ovviamente con quella semplice constatazione Hermione dovette capitolare.
La sua razionalità era la sua bussola, le permetteva di mantenere il controllo ma spesso anche di dimenticarsi delle cose importanti. Ora, come se Sirius avesse toccato un pulsante dentro di lei, la razionalità venne sommersa per un attimo dalla marea di emozioni che flutuavano in lei da una settimana.
Hermione scoppiò in un piccolo singhiozzo misto a lacrime, posò la borsa a terra e fece qualche passo verso l’interno; continuò a fissarlo come se non fosse sicura fosse davvero lui.
«Io… credo ancora che non dovevi venire…» sussurrò, ma con meno convinzione.
Sirius aveva cominciato a capire che era un tipo orgoglioso e ci metteva tempo a sciogliersi. Doveva essere um momento difficile per lei, così si tenne a distanza e mantenne un tono pacifico e arrendevole.
«Lo so».
«Potrebbe essere molto pericoloso…» continuò ancora lei, guardandosi intorno.
Sirius si chiese se cercava tracce di errori e non sapeva se sentirsi offeso per la mancanza di fiducia o divertito per la situazione.
«So anche questo» replicò, cercando di non ghignare troppo.
Si sentiva troppo euforico per la libertà acquisita, per l’aria che respirava a pieni polmoni e la corsa in mezzo ai boschi della Foresta Proibita o anche per il fatto che finalmente la vedesse da vicino e non attraverso le fiamme di un camino, per dare troppo retta ai suoi timori.
Tuttavia aveva capito che quello era il suo modo di tranquillizzarsi e decise di lasciarla fare, almeno per un po’, ma non vedeva l’ora di abbracciarla.
Hermione fece un grugnito perché aveva capito che lui non stava dando altrettanto importanza ai suoi dubbi, ma non riuscì a frenarsi dal chiedere: «Hai contravvenuto agli ordini di Silente?»
Una leggera rigidità prese il visto di Sirius «Probabilmente…»
Hermione gli lanciò un’occhiata torva e il ghigno di Sirius si allargò.
«Ora mi avvicinerò e ti bacerò, non ci saranno dubbi o timori che tengano. Va bene?»
Hermione arrosì «Tu sei-»
Ma Sirius non seppe mai cosìera, perché si avvicinò a lei in due ampie falcate e la baciò senza che potesse cambiare idea e continuare il discorso. Hermione si lasciò cullare da quella sensazione assurda per parecchi minuti, tutti spesi a fissarlo come fosse un marziano appena atterrato sulla terra, poi si schiarì la voce e si allontanò.
 «E… come stai?» Gli chiese, provando a cambiare argomento.
Sirius sorrise perché poteva intravedere il suo rossore anche nella penombra delal grotta, ma fece finta di niente.
Si sedette su un grosso masso «Sto bene».
Hermione lo fissò meglio, dal viso ancora più pallido e il fisico ancora più magro.
«Non è vero» ribatté, notando subito un suo irrigidimento.
«Sto bene, davvero. Non preoccuparti troppo per me, sono coriaceo».
«Remus ha detto-» cominciò lei, ma quella volta Sirius fu categorico, quasi arrabbiato.
«Remus non doveva scriverti. Ha sbagliato».
Hermione si accigliò «Ha fatto benissimo, invece» ribatté.
Si fissarono con aria testarda per un po’, poi Sirius sospirò «Dovevo essere io a dirtelo».
Hermione scosse la testa e quasi fece un sorrisino «Non l’avresti mai fatto, o avresti mentito».
Sirius ghignò, non visto.
«Mi conosci già così bene?»
«Sei orgoglioso e testardo. Non avresti mai voluto preoccupare nessuno, né dare alla gente altre scuse per tenerti segregato» spiegò e quella volta lui rimase davvero sbigottito.
Alla sua espressione sorpresa, Hermione fece un breve sorriso «Sono una brava osservatrice».
«Comunque sarebbe stato un mio diritto non dirlo a nessuno. Se Remus lo sa è solo perché non ho potuto impedirlo» sbottò, ricordando di essergli praticamente svenuto davanti.
«Beh, io avrei voluto saperlo comunque!» Replicò lei, alzandosi. Era furiosa.
«Non volevo farti preoccupare, va bene? E generalmente mi occupo da solo di me stesso». Hermione aveva capito che starsene sulla difensiva era il suo meccanismo di difesa, ma le dispiaceva dovesse sentirsi minacciato da lei. Tuttavia aveva anche capito che dovevano imparare a conoscersi e capire se potevano essere compatibili, prima di continuare.
«Allora che senso ha, me lo spieghi?» Le venne da sbottare, stupendo entrambi.
Non aveva intenzione di tirarlo fuori con quel tono ma, già che c’erano, tanto valeva parlarne.
Sirius tacque per un lungo secondo.
«In che senso?» Le chiese poi, cominciando a irritarsi.
Hermione inspirò, cercando di tirare fuori il coraggio che con lui di solito spariva.
«Che senso ha questa specie di… di… storia? Dovremmo sostenerci e sapere cosa succede l’uno all’altra, non funziona così? Remus e Tonks-»
«Noi non siamo Remus e Tonks» la interruppe Sirius, zittendola.
Il suo tono era stato acido, come sempre quando si sentiva attaccato; in quelle situazioni diventava caustico e velenoso, se lo riconosceva. Non avrebbe voluto farlo con lei.
Hermione era spiazzata, non capendo cosa aveva voluto dire con quell’affermazione. Era sicura che si riferisse all’età, perché lei e Tonks si passavano almeno sei anni; potevano sembrare pochi ma Tonk almeno era maggiorenne, in carriera, libera.
«Bene» replicò dopo un po’, cercando di conferire a quell’unica parola tutta la sua sicurezza.
In realtà si sentiva tremare e aveva paura di scoppiare in lacrime da un momento all’altro.
«Se la pensi così, non capisco perché hai voluto iniziare… lo sapevi fin dall’inizio che ero giovane, sapevi che sarebbe stato complicato…»
Sirius si sentì addosso una certa urgenza, soprattutto perché Hermione sembrava quasi sul punto di mollarlo lì e andarsene; a quanto pareva davvero non era capace di avere a che fare con le ragazze perché lei aveva travisato tutto quello che aveva voluto dire.
«Non hai capito» fece, andandole incontro. «Hermione…» chiamò, perché lei non lo guardava.
Quando si girò capì che aveva gli occhi lucidi e si stava facendo forza per non piangere davanti a lui, testarda com’era.
Cercò di non sorridere per non rendere la situazione ancora più ambigua e scosse la testa «Io non intendevo… sì, d’accordo. Tu sei più giovane di Tonks, ma non è questo il problema. Il problema è che tu sarai ancora a Hogwarts e io sarò ancora chiuso in casa per un po’, non possiamo permetterci di starcene tutto il tempo a preoccuparci per l’altro. O meglio, io posso visto che non ho altro da fare, ma tu no» spiegò, cercando di farsi capire. «Sono io che non voglio che tu trascuri lo studio o gli amici per pensare ai miei problemi».
Hermione si accigliò «Beh, non posso impedirmelo… e poi dovrei essere io a decidere se e come pensarci, non tu a decidere per me» fece.
Sirius annuì, riconoscendo in lei le stesse parole che aveva usato contro Remus.
«D’accordo, hai ragione. Ho agito da prepotente».
Hermione annuì, ma era ancora troppo presto per mollare la presa.
«È che… io non so mai come agire con te e questa situazione l’ha reso ancor più chiaro…»
«Cosa vuoi dire?»
Hermione prese ancora una volta coraggio e lo guardò «Io e te cosa siamo?» Chiese e, vedendo che non rispondeva, continuò. «Ecco perché non so come agire… avrei un qualche diritto di scrivere a Remus se non stai bene? Di chiedere informazioni e di sapere? Io ti confesso di aver scritto a Tonks perché non sapevo cos’altro fare per sapere dov’eri e come stavi».
Ora che ce l’aveva davanti, non riusciva ad arrestare il fiume in piena che la tramortiva; come al solito i suoi occhi sembravano tirarle fuori tutto e lei vi si lasciò andare.
«Almeno ti sei reso un po’ conto di quanto dev’essere stata difficile questa settimana per me? Lo so che eri tu a stare male, ma io ero totalmente tagliata fuori! Non potevo parlarne con nessuno al castello, Remus non mi scriveva e io non sapevo se farlo, Tonks poteva solo ogni tanto… poi arrivi tu e mi dici che se fosse stato per te non avrei mai saputo che niente…» 
«Tu cosa vuoi?»
«Che?» Chiese lei, quasi aggressivamente.
«Hai ragione, sono stato io a iniziare questa cosa, ma tu sei stata d’accordo e io non sono il tipo di persona che si colpevolizza a caso, credo che ormai quel tempo sia finito. Sono sempre stato io a decidere di continuare la corrispondenza, a firmarmi col nome di Krum e ad apparire nei camini di Grifondoro. Ora sono qui, sono venuto apposta per parlare con te di persona. Dimmi tutto quello che vuoi dirmi e prendi una decisione, con me».
Si era già colpevolizzato a lungo per aver preso l’iniziativa con Hermione, ma era passato un mese e lei aveva avuto tutto il tempo del mondo per pensarci. Se voleva, poteva starci a pensare per un altro anno, ma non voleva addossarsi anche la colpa di aver trascinato qualcosa senza il suo consenso, perché non era vero. Un rapporto si costruiva in due e se lei non era d’accordo doveva dirglielo, differenza di età o meno.
Hermione rimase spiazzata da quel discorso e si sentì investita di una responsabilità che mai avrebbe immaginato; passava il tempo a pensare di voler essere più adulta, tuttavia si rese conto solo in quel momento di aver approfittato del fattore età per fare prendere a Sirius tutte le decisioni di quel rapporto. Forse fu quella presa di coscienza a farle rischiare il tutto per tutto con una confessione.
«Ho baciato un’altra persona» ammise, mettendoci poi tutta la sua forza per non scappare all’occhiata che le fece Sirius; era un’espressione indecifrabile e le metteva agitazione addosso. «Io… non sapevo se dirtelo o no, perché non capisco che situazione ci sia tra noi. Lui, ecco, l’ha fatto la sera del mio compleanno e io non mi sono spostata, è stato un errore» continuò a spiegare, più che altro per riempire il silenzio calato tra loro.
Sirius non era davvero arrabbiato, piuttosto una cosa a metà tra il deluso e il consapevole; davvero aveva creduto che non sarebbe accaduta una cosa del genere? Avrebbe voluto chiedere di chi si trattasse, ma la verità era che uno valeva un altro: in ogni caso erano tutti più giovani. Sospirò e si risedette a braccia incrociate «Io non so cosa dirti… te lo ripeto, cosa vuoi?» Le chiese e lei quasi si sentì male a sentire un tono così freddo.
Sirius sapeva che se fosse rimasto ancora a lungo lì, a sentirsi un vecchio idiota che correva dietro a una ragazzina, sarebbe esploso.
La verità era che voleva solo abbracciarla e baciarla, ma Remus aveva ragione: “se ti rendi conto che qualcuno sta per frasi male, cerca di fare un passo indietro”, e quello era il momento di farlo. Lui voleva andare avanti, davvero, ma anche lei doveva volerlo e doveva dirglielo.
Quando era stato male aveva passato tutto il tempo a pensare a lei e al fatto che aspettasse invano le sue lettere. Aveva davvero capito, in quell’occasione, cosa provava per lei e non voleva fare un altro solo passo senza essere sicuro che lo volesse anche lei.
«Io…» cominciò Hermione, titubante.
Sirius sbuffò di impazienza «Dimmelo una buona volta, vuoi stare con me o no? Ti interessa questo… questo tipo del bacio? Dimmelo chiaramente e me ne vado, possiamo far finta che non sia successo nulla».
Hermione si spaventò talmente tanto a quelle parole, all’idea che se ne andasse, che la mente le andò in completo blackout per un istante.
«Sì!» Esplose, quasi arrabbiata. «Sì, va bene? Voglio stare con te!» Sbottò.
Era una strana sensazione, sentirsi furiosa e innamorata allo stesso tempo.
Black che sorrideva impunemente, si alzava con scioltezza e le andava incontro come se tutta quella discussione non fosse mai avvenuta.
Come poteva resistere a una faccia di bronzo di quel calibro?
«Tu sei-» cominciò in tono acido, ma Sirius l’abbracciò e le parole si persero da qualche parte.
«Finalmente…» mormorò lui, per poi guardarla negli occhi.
Le sorrise di nuovo, le prese il viso con entrambe le mani e la baciò.
«Questo è perché anch’io voglio stare con te» fece ed Hermione sentì di poter tranquillamente svenirgli davanti. «Questo…» ricominciò, baciandola di nuovo. «… è per ricordarti che questo implica un paio di postille…»
Hermione batté le palpebre, cercando di tornare lucida «Eh?»
Sirius ghignò, un po’ sinistramente a dire il vero.
«Forse sarò all’antica, perdonami è l’età, ma di solito stare con me vuol dire evitare di andare a baciare gente in giro…» alluse e Hermione arrossì.
«Io non bacio gente in giro! È stata una sola persona ed è stato un caso!» Sbottò, quasi indignata, ma il ghigno di Sirius si allargò.
«Dettagli. Duellare con una persona o dieci non cambia molto, ma non vorrei causare delle morti, sai» replicò, pavoneggiandosi.
Hermione sbuffò, cercando di non pensare al fatto che le facesse piacere sapere che uno come Sirius fosse geloso di lei.
«Ha altre richieste?» Domandò ironicamente.
Sirius annuì «Questo vuol dire anche che nessuno dei due taglierà fuori l’altro. Io voglio che continui a scrivermi quello che ti succede e io farò lo stesso, per quanto possibile…»
Sirius si sentì in colpa ad iniziare quella storia nascondendole già qualcosa, ma pensò che parlarle della maledizione misteriosa non fosse il massimo per il loro primo incontro romantico. Silente gli aveva confermato che non era una cosa contagiosa, almeno nel senso normale del termine, e quindi era almeno sicuro di non trasmetterla a Hermione.
«Sirius, ci sei?» La voce di Hermione lo distrasse dai suoi pensieri, mentre lei lo guardava con espressione circospetta. «Sei impallidito o sbaglio?»
Sirius scosse la testa «Sto bene… come è andato l’incontro per le lezioni di Difesa?» Le chiese e Hermione si illuminò, cominciando a raccontargli tutto.
Sirius era orgoglioso di quello che stavano facendo e i suoi commenti acidi le erano mancati.
«Sei un genio, davvero» le fece, quando terminò di raccontare.
Hermione cercò di non mostrarsi troppo compiaciuta «La necessità aguzza l’ingegno» fece. Sirius ghignò «La verità è che non vuoi pavoneggiarti troppo».
Hermione scosse la testa e lo ignorò, rendendosi conto che davvero stava imparando a conoscerla più di molti altri. Da parte sua, Sirius le racconto di quella settimana ma evitò di parlarle dei dubbi di Silente e di come credeva di essersi infettato, ossia tramite Remus e la sua ferita. A conti fatti fu un discorso breve.
«Quindi non sai di cosa si tratta?»
«No, niente di preciso… stiamo facendo delle ricerche» spiegò lui, ripensando al cumulo di libri che l’attendeva da leggere.
Hermione ci meditò su «Forse posso cercare anch’io, la biblioteca di Hogwarts è più fornita della tua. Dovrai darmi qualche dettaglio in più, così potrò cercare in modo più approfondito…» fece e Sirius rise, perché quella era la classica frase alla Hermione Granger. Tuttavia non aveva intenzione di passare il resto del tempo a parlare di quella maledizione.
«Magari dopo…» rispose, sedendosi al suo fianco.
Hermione si accigliò «Ehi, è una cosa seria, non puoi prenderla sottogamba…»
«Lo so, credimi» mormorò, tendendo un braccio dietro alla sua schiena e allungandosi.
Da quella posizione notò il ciondolo che le aveva regalato al collo e lo sfiorò con le dita.
«Sono contento che lo indossi… sei andata in biblioteca per questo?»
Hermione si rese conto solo in quel momento che non lo aveva ancora ringraziato del regalo.
«Che idiota, me ne sono dimenticata! Io… sì, ho chiesto a Neville e mi ha spiegato dell’Ippocastano e della magia celtica!» Esclamò, ma poi si calmò quando lo vide così vicino e abbassò la voce, sorridendogli «È stato un regalo splendido, davvero».
«Ne sono felice» replicò lui, sapendo già quale sarebbe stata la frase di rito successiva.
«Ma non dovevi…»
Sirius trasformò la risatina in uno sbuffo e roteò gli occhi: ovviamente.
«Ti avevo già scritto di non ringraziarmi, me lo ricordo…»
Hermione sorrise e annuì, poi prese coraggio e azzerò quel poco di spazio che restava tra loro. Quel bacio aveva un sapore diverso e non solo perché aveva preso lei l’iniziativa: si sentiva più sicura e padrona di viverlo, perché era un bacio da coppia, tra due persone che avevano deciso di prendersi un impegno.
Si baciarono a lungo e quella volta riuscì ad assaporare tutto il momento, senza che la mente si perdesse tra pensieri aggrovigliati; riuscì persino a infilare le mani nei suoi capelli, una cosa che sognava di fare da almeno un mese.
Sirius espirò leggermente nel bacio e Hermione capì che non si aspettava tanta iniziativa da parte sua, ma che gli piaceva.
«Mi piacciono i tuoi baci…»
«Mi prendi in giro per caso?»
«Non mi permetterei mai…» sussurrò, prendendola per la vita e tornando a baciarla, strappandole un piccolo gridolino di sorpresa.
Lo sapeva che doveva stare attento con lei, che attraversava un campo minato e doveva limitarsi il più possibile per lasciarle i suoi spazi e i suoi tempi, ma Sirius sentiva che non riusciva a controllarsi del tutto.
Con una certa ironia, pensò fosse un bene che si vedessero poco, perché magari tempi più rallentati permettevano ad entrambi di prendere la misura di quel che facevano.
Lui si conosceva fin troppo bene, lo sapeva che tendeva a bruciare.
«D-devo andare…» riuscì a dire Hermione dopo un po’, staccandosi da lui.
«Già… mi aspetta una bella lavata di testa» replicò lui, pensando a quanto Remus dovesse essere andato fuori di testa quando aveva visto che non c’era più.
«A me Ron, Harry e gli altri… dovremmo vederci sulla strada per il castello…»
Sirius annuì, lasciandole la vita.
«Mi dispiace lasciarti in questa situazione con i ragazzi» ammise, ma quella volta fu Hermione a zittire i suoi sensi di colpi con un’occhiata.
Scosse la testa e tornò a baciarlo, strappandogli un mugolio di sorpresa e un nuovo calore che poco aveva a che fare con il clima.
«E questo per cos’era?»
«Per dirti di non preoccuparti. Ormai ho deciso, non devi sentirti in colpa per me, saprò sopportarlo» fece, nascondendo l’insicurezza dietro un sorriso.
Sirius sapeva che non era del tutto vero: lo capiva dalla sua espressione che era preoccupata, ma se voleva mostrarsi forte e sicura perché l’aiutava, chi era lui per remarle contro?
Tutti sviluppavano i propri meccanismi per sopravvivere, ognuno aveva il diritto di averne.
Così alla fine annuì, si alzò e le porse la mano «Hai ragione. No dirò più nulla al riguardo…» La accompagnò all’ingresso, poi ne approfittò per metterla spalle al muro.
«Vorrà dire che mi limiterò a baciarti…»
«Andiamo, non vorrai ancora-» cominciò a protestare lei, ma Sirius la baciò di nuovo e non poté fare altro che arrendesi. Cominciò a chiedersi se quel meccanismo sarebbe diventato automatico e se ci sarebbe cascata sempre. Probabilmente la risposta la sapeva già.
Il fatto era che, anche volendo, non aveva abbastanza forze per allontanarsi dalla lingua di Sirius, che ormai aveva preso coraggio e continuava a cercare la sua. Né tantomeno per allontanarsi dalle sue labbra o dal suo corpo che emanava l’energia di un tornado.
«Scrivimi…» le fece poi, quando finalmente si staccarono l’uno dall’altra.
Sirius avrebbe voluto dirle di non andare e altre cose altrettanto melodrammatiche, ma lo sapeva che non aveva senso caricare una situazione già difficile.
Hermione annuì «Certo, Viktor» ironizzò, guadagnandosi un’occhiataccia. «Scusa, non ho resistito» aggiunse poi, con quel ghigno timido che lui già adorava.
«Vorrei almeno accompagnarti, ma potrebbero riconoscermi…» mormorò lui con uno sbuffo. Hermione annuì «Lo so, non preoccuparti».
Sirius le sistemò i capelli e la baciò di nuovo «Ciao».
«Ciao» sussurrò lei, per poi uscire.
Non si guardò indietro perché sarebbe stato ancora più difficile, ma avvertiva il suo sguardo sulla schiena. Andò con calma e inspirò l’aria fresca del pomeriggio, cercando di rilassarsi prima di raggiungere gli altri.
Così, alla fine, stava con Sirius Black. Ci stava sul serio.
Le sembrava tutto così strano, ancora così assurdo, eppure ere lì.
Hermione fece un sospiro tremolante e ripensò a quei baci che la facevano sentire così bene e, allo stesso tempo, così agitata. Quel segreto cominciava a diminuire l’effetto del suo senso di colpa, aumentando la sensazione di benessere ed euforia.
Le dispiaceva ancora per Harry e Ron, le dispiaceva mentirgli, eppure adesso c’era qualcosa da proteggere con tutta se stessa, quel sentimento che la faceva sentire una persona nuova.
Quando arrivò all’appuntamento dagli altri, solo due ore e mezzo dopo averli lasciati, sentì come se fosse passato un anno intero.
 
 





Chi non muore si rivede! Lo so è tipo passato un anno dall'ultima pubblicazione, credo sia una cosa indecente. 
Mi farò perdonare con una mezza buona notizia: poiché le mie vecchie difficoltà lavorative sono abbastanza scomparse, dovrei riuscire a pubblicare in modo più costante e, soprattutto, speditamente. Non voglio fare grandi voli pindarici, quindi mi fermerò a una/due volte al mese. 
Poiché il mio stile e le mie intenzioni su questa storia sono cambiate parecchio, ero intenzionata a cancellarla e ripubblicarla ma poi ho pensato che una cassa di pomodori marci contro non me la levava nessuno! :D 
Farò i cambiamenti che devo in corso d'opera, chi ha già letto i vecchi capitoli potrebbe trovare grosse differenze.
Se ci siete ancora vi meritereste una statua eretta in pubblica piazza per la pazienza! Potrebbe essere che a breve creerò un altro accanto, disattivando questo. In quel caso, la sotria passerebbe sotto a un altro account, magari ve lo segnalerò in qualche modo. 
Grazie davvero. 
CS
   
 
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