Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Sebassssss    11/08/2020    2 recensioni
Un Harry diverso dal canon, un combattente, che durante la battaglia di Hogwarts sconfigge Voldemort, ma ad un prezzo troppo alto. Una guerra senza vincitori, di cui lui è il solo sopravvissuto. Deciso a mettere fine alle sue sofferenze, si ritroverà catapultato in un mondo in cui sono ancora tutti vivi, compreso Voldemort, che è all'apice del suo potere, mentre Harry Potter è morto la sera di Halloween del 1981. Una nuova speranza di riavere indietro i suoi amici e la sua famiglia, una nuova speranza per il mondo magico di mettere fine alla tirannia del Signore Oscuro.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Weasley, I Malandrini, Il trio protagonista | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Luna/Neville, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO V
 
Dobbiamo correre. Ci dobbiamo sbrigare. Non abbiamo tanto tempo. Se ne saranno accorti, stanno arrivando. Dannazione quanto è grande questo posto?! Guardo Ron alla mia sinistra trasportare tra le braccia Hermione. Le manca una mano e buona parte dell’avambraccio, corrosi probabilmente da qualche acido, con le ossa che ne fuoriescono dall’estremità. La faccia sfigurata è coperta dai capelli intrisi di sangue esiccato e umidità. Oh Herm. Mi dispiace. Scusa. Scusa. Ringrazio che almeno è incosciente al momento, così non può avvertire dolore. Ron la tiene il più delicatamente possibile tra le sue braccia, anche se esse vanno inevitabilmente a sfregarsi contro le lacerazioni che ricoprono la pelle di Hermione. Scusa. Scusa. Lui arranca dolorosamente, ma senza emanare alcun gemito di sofferenza. È messo male anche lui. Ma Ron continua ad avanzare. Ron la vuole portare in salvo. Perché non hai permesso che la portassi io Ron? Dobbiamo correre. Svoltiamo nel corridoio a destra di quell’orribile dipinto. Dove è l’uscita maledizione?! Resisti Herm. Resisti. Ti ucciderò Bellatrix per questo. Ti ucciderò! Sento un rumore provenire da dietro noi. Stanno arrivando. Dobbiamo uscire. Devo portarli in salvo. Stanno arrivando.
 
 
Harry si svegliò di soprassalto. Ansimava e sudava freddo. Sperava disperatamente che fosse solo un incubo. Un terribile incubo. Ma era accaduto veramente, lui lo aveva vissuto. Quei terribili ricordi erano tornati a perseguitarlo nel sonno. Mentre stava in infermeria era imbottito della pozione sonno-senza-sogni, mentre ora ne era sprovvisto. Cercò di normalizzare il respiro, mentre ricorreva all’occlumanzia per controllare le emozioni. Si guardò intorno. Una flebile luce mattutina filtrava dalle finestre. Il sole doveva essere sorto da poco, se pur pallido, esso riusciva ad illuminare l’interno del dormitorio e i suoi occupanti.
 
Si stupì di vedere al suo fianco il suo vecchio e rumoroso amico dai capelli rossi, che stava russando energicamente con la bocca semiaperta, facendo sfuggire un sorriso al ragazzo. Certe cose non cambieranno mai. Ispezionò gli altri letti. Seamus, Neville e Dean erano ancora pesantemente addormentati. Sembrava proprio di essere tornato indietro nel tempo, più precisamente al suo quinto anno: stesso dormitorio, stessi compagni… lui che si svegliava in preda agli incubi. Guardò la sveglia babbana che Seamus teneva sul comodino. Erano le cinque di mattina. Harry sapendo che ormai non avrebbe più preso sonno, decise di compiere qualche esercizio fisico per tenersi in forma. Era diventata una routine nei mesi precedenti. Un corpo allenato era più efficiente in combattimento dopotutto, inoltre lo sforzo fisico gli permetteva di scaricare la tensione.
 
Terminò il tutto con una doccia fredda e scese in sala comune, ovviamente deserta. Si diresse verso le poltrone adiacenti il camino e accese il fuoco con un gesto della mano. Rimase a contemplarlo per svariato tempo, perso nel sinuoso movimento delle fiamme e dallo scoppiettio delle braci.
 
“Anche tu mattutino vedo” disse una voce femminile molto famigliare alle sue spalle. Harry si voltò in direzione della ragazza dai folti capelli castani che gli sorrideva timidamente.
“In realtà no, ma è difficile dormire con compagno di stanza che russa neanche fosse un troll di montagna” rispose sorridendo di rimando Harry, sapendo che Hermione avrebbe riconosciuto a chi si stava riferendo.
“Ahahahah sarà stato indubbiamente Ronald, il mio ragazzo”
I sospetti di Harry erano stati verificati. Finalmente Ron si era dichiarato! Merlino finalmente. Era dannatamente contento per loro.
“Russa così tutte le notti?” chiese Harry con finto tono esasperato conscio già della risposta.
“Purtroppo si. Dice che è una prerogativa della sua famiglia, i Weasley. Ma tranquillo ci farai l’abitudine… forse” aggiunse titubante la ragazza andandosi a sedere nella poltrona affianco.
“Forse?”
“Magari dopo qualche mese ecco”
Entrambi i ragazzi risero sommessamente.
“Oh ma non mi sono presentata! Io sono Hermione Granger piacere” disse porgendo la mano al ragazzo. Harry le sorrise contraccambiando il gesto.
“Piacere Hermione. Io sono Ha-Jake!”
Io sono Jake Sullivan, Jake Sullivan, Jake Sullivan si ripeteva il ragazzo. Per poco non rovinava tutto, Merlino.
“Lo so” rispose lei educatamente “sei molto bravo in classe ho notato. Prima a trasfigurazione e poi con Piton” disse marcando con tono disgustato il nome del professore.
“Non è molto amato vero? Questo Piton?”
“Oh tutti noi lo detestiamo. Coglie ogni occasione per denigrare gli studenti che non appartengono alla sua casa. Come hai potuto vedere ieri”
“Sì, l’ho notato. Mi dispiace per come si è accanito su di voi, su di te in particolar modo” disse in tono gentile Harry.
“Oh grazie, ma ci sono abituata” arrossì la ragazza.
“Comunque ho notato che anche tu sei particolarmente brillante a lezione!” aggiunse tentando di risollevarle l’umore.  
“Mi piace studiare, tutto qua.”
I due si sorrisero a vicenda. La ragazza era tesa, continuava ad attorcigliarsi le dita e fissava il pavimento. Poi chiese titubante:
“non vorrei sembrare scortese, ma tu da dove vieni?”
 
Harry iniziò a raccontare la solita storia inventata: in fuga dai mangiamorte, genitori uccisi, colpito alle spalle, passaporta, lago.
Hermione era evidentemente rattristata e rammaricata dalla storia del ragazzo.
“Mi-mi dispiace. Davvero, non pensavo…”
“Non ti preoccupare” la rassicurò Harry.
“I miei genitori sono dovuti scappare in Australia, sai sono babbani… e l’Inghilterra non era più un posto sicuro. Non li vedo da due anni” disse fissando il fuoco.
Povera Hermione pensò lui. Anche qui non deve essere stato facile con Voldemort che è al potere da quasi due decenni.
 
Ricordò come lei era stata costretta ad allontanare i suoi genitori anche nel suo mondo, a fargli dimenticare della loro unica figlia per giunta. Come lui, e gli altri, aveva sacrificato e sofferto tanto per colpa di Tom Riddle.
“Almeno sono al sicuro, no?” provò a rincuorarla.
“Per adesso, ma non so per quanto tempo ancora”
Harry si sporse verso la ragazza appoggiandogli delicatamente la mano sul ginocchio.
“Finirà presto tutto questo, credimi” disse con grande risolutezza Harry, guardandola negli occhi.
Lei fu inspiegabilmente colpita dalla determinazione del ragazzo, come se quello che aveva appena detto fosse un fatto, una certezza. Era strano ma sapeva di potersi fidare, sentiva che era la cosa giusta da fare. Fissò il ragazzo con riconoscenza.
“lo spero” disse infine. Harry le sorrise e tornò ad appoggiarsi sullo schienale.
 
 
Passarono una buona mezz’ora a conversare. Hermione gli spiego diverse cose sulla scuola, dei M.A.G.O. che si sarebbero svolti quell’anno, delle gite ad Hogsmade sotto stretta sorveglianza degli auror e degli insegnanti, ma una cosa lo colpì più di altre: Remus qui insegnava Cura delle Creature Magiche. L’insegnante precedente infatti, era scomparso poco prima dell’inizio dell’anno scolastico e Silente ha chiesto un favore a Remus, che prima insegnava Difesa contro le Arti Oscure. Lui ha accettato, passando la cattedra a Piton e Lumacorno fu assunto per ricoprire l’incarico di professore di Pozioni.
Hermione poi gli ricordò le lezioni che avrebbero affrontato durante la giornata: Incantesimi, Erbologia e Pozioni.
 
Stavano ancora conversando quando studenti dall’aria assonata incominciarono a scendere in sala comune, pronti a dirigersi a fare colazione.
“Be’ sarà meglio che vada a prepararmi” esclamò Hermione.
“Mi sa anche io” rispose Harry.
“Ci incontriamo in sala grande!” disse lei salutandolo con la mano mentre si dirigeva verso i dormitori femminili.
Il ragazzo contraccambiò il saluto avviandosi verso la parte opposta.
 
Risalito le scale notò che i quattro ragazzi che aveva lasciato addormentati sui propri letti, ora erano in piedi intenti a vestirsi con le uniformi della scuola e a caricare gli zaini con i libri delle materie del giorno. Tutti lo salutarono cordialmente.
Ron si diresse verso di lui.
“Hey ciao. Non abbiamo avuto occasione di conoscerci, io sono Ronald Weasley, ma puoi chiamarmi Ron” si presentò ancora mezzo addormentato.
“Ciao, Jake Sullivan”
“Lasciati dire che sei stato grande ieri con Piton amico” disse passandosi la mano tra i capelli.
“Già, me lo dicono in molti.” Osservò Dean e Seamus dietro di lui che lo guardavano con aria colpevole.
Ron notando lo sguardo dei due intervenne:
“Oh loro invece sono Seamus Finnegan e Dean Thomas, mentre lui è Neville Paciock”
“Piacere ragazzi” disse inclinando la testa.
“Bene direi che ora possiamo andare a mangiare! Avrei una certa fame” proferì Ron sfregandosi la pancia con le mani.
“Che novità…” lo denigrarono in coro i tre ragazzi.
Harry non riuscì a trattenere una risata spontanea notando il rossore che pervase le gote e le orecchie del suo migliore amico. 
“Zitti un po'!” rispose Ron agli altri.
Cambiatosi e preparato lo zaino Harry e i quattro ragazzi si diressero verso la sala grande.
 
Hermione li stava aspettando al tavolo dei Grifondoro.
“Buongiorno” salutò felicemente i ragazzi che contraccambiarono.
Ron si sedette affianco a lei, salutandola con un fugace bacio.
“Jake ti unisci a noi?” gli chiese Hermione.
“Vi conoscete?” si intromise un Ronald accigliato.
“Si, abbiamo parlato un po' stamattina. Ha detto che è stato svegliato dal tuo russare” rispose con noncuranza la ragazza.
“Oh!” L’imbarazzo di Ron era tangibile mentre tutti gli altri ragazzi compresi Hermione ridevano. “S-scusa” disse rivolto a Harry con la testa china.
“Non ti preoccupare, un incantesimo silenziante e la questione è risolta” rispose ghignando Harry.
“Allora?” insistette Hermione dopo aver smesso di ridere. Harry era rimasto l’unico ancora in piedi.
“Uhm… si grazie, mi siederò qui” disse accomodandosi di fronte alla coppia. Doveva ammetterlo, era veramente bello vederli insieme.
 
La felicità accumulata scemò pochi minuti dopo.
Harry si stava imburrando la fetta di pane tostato, quando una voce angelica attirò l’attenzione del gruppo.
“Buongiorno a tutti” salutò Ginny andandosi a sedere affianco ad Harry.
“Guarda chi è arrivata” annunciò Dean con fare plateale.
“Oh smettila Dean” rispose come finto rimprovero la rossa.
“Permalosina già di mattina… Eh? Amore
“Può darsi” disse con tono sornione Ginny poco prima di baciarlo.
 
La fetta di pane sfuggì dalle mani di Harry. Gli occhi spalancati mentre guardava i due baciarsi. I battiti accelerarono. No, no, no. NO. NO! Non può essere vero…
Li fissò con un’espressione indecifrabile. Ginny si voltò verso il gruppo notando solo in quel momento il nuovo arrivato. Gli occhi dei due si allacciarono per un lungo istante. Oro fuso contro verde smeraldo. Nessuno dei due parlò. Erano come immobilizzati. Il tempo aveva cessato di scorrere. I rumori delle tavolate scomparvero. Per lui c’erano solo quegli splendidi, luminosi, magnifici occhi dorati.
 
“Ginny… Ginny… GINNY!” disse Dean scuotendo la spalla della ragazza, la quale rinvenne dai suoi pensieri distogliendo lo sguardo dal ragazzo misterioso.
“Che ti è preso?” chiese in un misto di rabbia, preoccupazione e gelosia.
“Niente, niente” tentò di svicolare lei.
“Ginny ti presento Jake Sullivan. Jake lei è Ginny Weasley” intervenne Hermione con una velata nota di malizia nella voce.
Ginny passò lo sguardo da Dean ad Hermione, per poi tornare su Harry.
“Piacere” disse imbarazzata porgendogli la mano.
Harry si ridestò in quel momento.
“Piacere mio, Gin” le sussurrò stringendole la mano.
 
Non aveva mai notato di quanto la mano di lei fosse così calda e levigata, strano come ti accorgi del valore delle piccole cose nel momento in cui le perdi…
Sciolta la presa i due ragazzi si focalizzarono sulla propria colazione in silenzio.
Dean aveva osservato la scena confuso. Hermione sorrideva, mentre beveva il suo succo di zucca. Ron ovviamente non aveva notato nulla di quello che era avvenuto così intento a fagocitare la propria fetta di torta.
 
Harry indugiava sulla fetta imburrata a metà caduta nel piatto. Lei e Dean? Perfetto. L’incubo vissuto durante il suo sesto anno ritornava prepotentemente. Fanculo.
 
La giornata procedette senza particolari intoppi. Il professor Vitious fece un ripasso degli incantesimi metereologici. Durante il pranzo, Harry dovette trattenere gli impulsi omicidi verso Dean che non perdeva occasione di manifestare le proprie effusioni e manie di possesso nei confronti di una imbarazzata Ginny, e l’ora di erbologia la trascorse prevalentemente a riflettere sulla sua missione, sui prossimi pezzi da muovere sulla grande scacchiera. In Pozioni, anche senza il libro regalatogli dal Piton del suo mondo -appartenuto a Severus quando ancora era uno studente di Hogwarts- se l’era cavata molto bene. Era quasi certo di avere stuzzicato la curiosità di Lumacorno a tal punto che non si sarebbe meravigliato di ricevere un invito alle “prestigiose” ed esclusive cene del Lumaclub, che ovviamente avrebbe “cordialmente” declinato.
 
Terminate le lezioni, Harry si diresse verso i giardini. Varcati i monolitici portali di quercia del castello dovette fare i conti con le glaciali raffiche di vento tipiche dell’inverno scozzese. La neve compatta e ruvida, caduta probabilmente pochi giorni prima, scrocchiava sotto i suoi piedi mentre marciava verso il Platano Picchiatore.
Il freddo pungente lo convinse a lanciarsi contro un incantesimo riscaldante per evitare di diventare il-bambino-che-è-sopravvissuto-per-morire-poi-congelato.
 
Inutile dire che il Platano, appena Harry gli fu sufficientemente vicino, tentò di tranciarlo con i propri rami. “Pietrificus Totalus”. L’incantesimo immobilizzò l’albero all’istante, permettendo ad Harry di infilarsi con facilità nell’insenatura del tronco e da lì percorrere l’angusto passaggio verso la Stamberga Strillante.
 
Giunto al fatiscente casolare trasfigurò la sua divisa studentesca in abiti più consoni al mondo esterno e le proprie sembianze così da non correre rischi di essere riconosciuto. Invecchiato, con capelli biondo cenere, gli occhi azzurri e una folta barba si smaterializzò.
 
 
Una giovane coppia si affrettava a rincasare il prima possibile. Il sole stava per tramontare e non era sicuro stare fuori con il buio. Negli ultimi anni le strade di Londra non erano più sicure di notte. La gente parlava di losche figure con lunghe vesti nere che terrorizzavano, uccidevano e rapivano i poveri cittadini con il favore delle tenebre. Le autorità non riuscivano a contrastarli. Il sindaco era incapace di intervenire. La capitale e la nazione tutta erano pervase dal terrore.
 
I due riuscirono finalmente a rientrare nel loro appartamento. Agitati e preoccupati com’erano non si accorsero minimamente dell’uomo che comparì in quell’istante dal lato opposto della piazza, proprio difronte a quel curioso errore di numerazione tra la palazzina numero 11 e 13.
 
Giunto a Grimmauld Place, Harry si guardò attorno in cerca di segnali di pericolo. Non sentì nulla a parte il traffico in lontananza e le spoglie chiome degli alberi smosse dal vento. Osservò i palazzi ordinariamente babbani di fronte a sé.
“La nobile dimora dei Black si trova al numero 12 di Grimmauld Place, Londra.” pensò ripetutamente tentando di proiettare mentalmente l’immagine della casa.
 
Non ci volle molto prima che la austera casa gli apparve davanti agli occhi. Estrasse la bacchetta varcando il cancello. Era venuto lì con l’intenzione di prendere il medaglione. O almeno ci sperava. Come sperava di non incappare in grandi complicazioni nel mentre.
Si appostò davanti alla porta d’ingresso. Nera come la pece, priva di buca per le lettere e con un battente d’argento a forma di serpente attorcigliato.
 
Harry sfiorò con la bacchetta la porta in cerca di eventuali incantesimi di protezione, trappole o allarmi. Dopo aver effettuato le proprie verifiche, e constatato l’assenza di dispositivi di sicurezza, aprì silenziosamente la porta. L’interno era buio e solenne allo stesso tempo. Qualcosa non andava. Aveva abitato quel posto per diverso tempo e poteva dire di conoscerlo abbastanza bene. Si ricorda perfettamente come nonostante le grandi e disperate opere di pulizie perpetuate da lui e i suoi amici nel corso del tempo, quella casa aveva mantenuto ostinatamente una parvenza di casolare abbandonato da secoli. Come se non fosse realmente abitato.
 
L’odore. L’odore era la cosa che meglio ricordava. L’odore di polvere, di muffa, di stantio. Un odore pungente e persistente che lui riconduceva alla sua infanzia. Ai suoi undici anni passati nel ripostiglio del sottoscala a Privet Drive. Probabilmente per questo non aveva mai particolarmente sopportato questo posto.
 
Ma ora… ora era diverso. Non percepiva quel odore vischioso. Pur immerso nel buio poteva intravedere come la carta da parati del corridoio non fosse consunta e sbiadita dal tempo, ma tutto l’opposto.
“Visibula Noctambulus” pronunciò Harry mentalmente. L’incantesimo non verbale gli permise di vedere il lungo corridoio attraverso il buio con facilità. Era tutto così ordinato e pulito.
 
Harry si rivolse contro la bacchetta lanciando un incantesimo di disillusione e uno silenziante, così da non poter essere né visto e né udito.
Non era sicuro che il medaglione si trovasse in quella casa, ma doveva comunque procedere con cautela e controllare.
 
Avanzò cautamente lungo il corridoio superando il quadro ritraente una dormiente Walburga Black, la madre di Sirius, non accortasi dell’intruso.
Poteva benissimo lanciare un Homenum Revelio per avere la certezza di non avere compagnia, ma conscio di come l’incantesimo avrebbe rivelato non solo la presenza di altri eventuali occupanti, ma anche la propria, decise che fosse meglio procedere alla vecchia maniera, perlustrando l’ambiente in prima persona.
 
Ma dove sarà Kreacher? Si domandava il ragazzo mentre giungeva alla rampa di scale in fondo al corridoio. Tum. Tum. Tum. Harry si fermò di colpo, bacchetta spianata pronta al minimo cenno del polso. Il rumore di passi giungeva sordo all’orecchio di Harry. Tum. Tum. Tum. Una cosa era certa: non era solo. Si guardò attorno. Sembrava che il rumore provenisse dai piani superiori. Sicuro di non poter essere individuato, Harry prese a salire cautamente le scale. Le teste dei defunti elfi domestici dei Black troneggiavano come lugubri ombre sulle pareti. Tum. Tum.
 
Gradino dopo gradino cresceva la consapevolezza che quei passi non potevano appartenere a Kreacher, ma ad un umano, ed anche piuttosto robusto a giudicare dalla loro pesantezza. Tum. TUM. TUM. Una porta si spalancò improvvisamente, irradiando di luce le scale e il salotto del primo piano. Harry levò l’incantesimo per la vista notturna per non rimanere accecato. Gli ci volle qualche istante per rifocalizzare l’ambiente circostante e soprattutto l’uomo che aveva appena fatto la sua comparsa.
 
Era alto, con lunghi capelli mossi e scurissimi, ammantato in una pesante cappa nera. Non si accorse del ragazzo sulle scale. Sembrava che avesse fretta. Harry rimase a fissare quello stranamente famigliare individuo. Gli ricordava tremendamente il suo padrino. La somiglianza era disarmante, ma non era Sirius. Il naso era più pronunciato e gli occhi più distanziati. No, non era Sirius. Ma chi diamine era allora?
 
“Kreacher!” tuonò l’uomo. Il vecchio e malandato elfo domestico apparì pochi istanti più tardi.
“Il padron Regulus ha chiamato Kreacher signore?” chiese prostrandosi umilmente.
“Sì, il Signore Oscuro esige la mia presenza per un incarico importante. Non tornerò prima di due giorni. Tu occupati della casa in mia assenza” disse imperativo.
“Sarà un piacere padron Regulus, Kreacher vive per servire la nobile casata dei Black!”
“Ah, consegna questa a Lucius. Digli di provarla su quella feccia di prigionieri sangue-sporco se si ostinano ancora a non collaborare”. Sogghignò malignamente estraendo una fiala contenente un liquido denso e violaceo e porgendola all’elfo.
“Come desidera, padrone” rispose orgogliosamente.
“Ora levati dai piedi!”
“Si padron Regulus, immediatamente” si affrettò a dire l’elfo per poi smaterializzarsi.
 
Harry assistette alla scena sconcertato. Era Regulus quindi… Regulus Arcturus Black. Fratello di Sirius, ex seguace pentito di Voldemort. Era stato lui a sostituire il medaglione di Salazar Serpeverde custodito in quella fottuta ed oscura grotta maledetta, perdendo per giunta la vita nell’impresa.
 
Ora le cose si complicavano. Il Regulus Black che stava osservando in quel momento non dava l’idea di essere né morto, né pentito, ed era un problema.
Harry dovette pensare in fretta al da farsi. Fra poco il mangiamorte se ne sarebbe andato in missione per conto di Voldemort. La sua mancanza avrebbe destato sospetti in Tom e questa era l’ultima cosa che Harry desiderava, quindi schiantarlo non era fattibile. Il ragazzo vide Regulus dirigersi verso il camino e prendere una manciata di polvere da un secchio li vicino. Tra pochi secondi si sarebbe volatilizzato nel nulla. Harry quindi risalì gli ultimi gradini, e coprendo velocemente la distanza tra il camino e il pianerottolo, arrivò a pochi passi dall’uomo puntandogli contro la bacchetta.
 
Regulus, ignaro di essere sotto tiro dal ragazzo celato dietro gli incantesimi di camuffamento, entrò nel camino scandendo il nome della sua destinazione. “RIDDLE MANOR”. Le tipiche fiamme verdi vorticanti lo avvolsero e in un baleno l’uomo scomparve.
 
Harry mantenne la bacchetta protesa verso il camino ormai vuoto. Lo aveva lasciato andare.
 
Passò la restante mezz’ora nell’ormai improbabile ricerca del medaglione nella casa.
Di sicuro le tracce di magia oscura non mancavano. Harry venne diverse volte sviato dalla firma magica di alcuni oggetti sconosciuti pregni di magia nera che confuse per quella dell’Horcrux. Ma del medaglione nulla.
 
L’ultima stanza che volle controllare fu quella del suo padrino all’ultimo piano. Aperto la porta, ciò che gli si presentò davanti fu uno spettacolo orribile. Ogni singolo centimetro quadrato della camera era rivestito da uno strato di materia carbonizzata. Dei mobili, del letto, delle tende non rimanevano altro che un cumolo indistinto di ruderi e cenere. L’aria era asfissiante così pregna di fuliggine com’era.
Qualcuno aveva dato alle fiamme la stanza di Sirius. Probabilmente la madre o il fratello o persino quella pazza squilibrata di Bellatrix, chi lo sa?
 
Harry si richiuse la porta alle spalle con rammarico e rabbia. Maledetti bastardi.
Uscì dalla casa prima che Kreacher tornasse, smaterializzandosi una volta giunto al marciapiede.
 
Ritornò alla Stamberga Strillante deluso dai recenti avvenimenti. Non aveva trovato il medaglione e purtroppo questo significava una cosa sola: doveva trovarsi ancora nella grotta. Si tolse gli incantesimi di disillusione e assunse le sue solite sembianze per poi dirigersi al castello.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Sebassssss