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Autore: MackenziePhoenix94    11/09/2020    1 recensioni
Seguito di: "The Dark Side Of The Moon"
“Vuoi aggrapparti a me?”
“Cosa?”
“Aggrappati a me” ripeté lui, questa volta sottoforma di ordine malcelato; Ginger aveva sempre odiato quel tono di comando che il giovane uomo usava spesso quando parlava, ma a Jen provocò l’effetto opposto e la spinse ad obbedire, benché sentisse improvvisamente le guance calde, in netto contrasto con l’acqua fredda che ancora non era stata scaldata dai raggi del sole: gli passò le braccia attorno al collo e si avvicinò un po’ di più, ma senza stringersi contro il suo corpo, altrimenti il rossore sarebbe diventato impossibile da nascondere “meglio? Adesso ti senti più sicura?”.
La giovane alzò lo sguardo e si rese conto che il viso di Roger era terribilmente vicino, come mai prima d’ora; si rese conto che i suoi occhi azzurri erano molto più chiari di quello che aveva sempre creduto, e si rese anche conto che sul naso e sugli zigomi aveva delle piccolissime lentiggini di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Deglutì a vuoto nel vano tentativo di inumidire la gola che, tutto d’un tratto, si era fatta secca ed arida, e ciò non aveva
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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1977, maggio.



 
Con l’arrivo del nuovo mese, Jennifer prese lo spavento più grande di tutta la sua vita: dopo una lunga e snervante giornata trascorsa nel negozio di fiori, al suo rientro a casa la ragazza avvertì un improvviso cerchio alla testa ed ebbe appena il tempo di portarsi la mano destra alla fronte, prima di crollare a terra a causa di un mancamento, priva di sensi.

Venne subito soccorsa da Pamela, Keith e Demi, e venne portata al pronto soccorso per degli accertamenti.

La malattia di Ginger era iniziata proprio in modo simile, con un semplice mancamento: un’apparente sciocchezza che si era conclusa nel peggiore dei modi.

Jennifer non riusciva a pensare ad altro mentre attendeva di ricevere una risposta riguardo il suo malessere improvviso: temeva, per qualche strana bizzarria del destino, di essere incappata nella stessa crudele malattia che le aveva strappato per sempre l’amata sorella maggiore ad appena ventisei anni.

E lei ne aveva solo tre in meno.

Temeva di ritrovarsi costretta ad affrontare lo stesso lungo calvario di Ginger per poi dover dire addio a tutti per sempre: a mommi, a Keith, a Demi, a Rick, a Lindy, a Nick e perfino a David, nonostante l’astio.

A Harry.

A Roger.

Quando un dottore entrò nella stanza in cui era stata ricoverata, la ragazza tremava come una foglia ed aveva gli occhi già colmi di lacrime.

E, soprattutto, non era pronta ad ascoltare il referto medico.



 
Jennifer non era l’unica ad essere letteralmente terrorizzata; lo era anche Pamela, in sala d’attesa, ma cercava di non far trapelare nulla dal suo viso per non spaventare i suoi tre adorati nipotini: Keith e Demi erano seduti alla sua destra, mentre il piccolo Harry era seduto sulle sue gambe.

Harry giocava con un peluche che Pamela aveva portato da casa, Keith era stranamente silenzioso e Demi continuava a dondolare le piccole gambe paffute al di là del bordo della sedia; non aveva nessun gioco con sé, non poteva sfogliare una rivista perché non c’era nulla per bambini, e si stava profondamente annoiando.

Non riusciva a capire perché dovevano aspettare così tanto tempo.

Il piccolo vide una porta scorrevole aprirsi ed allungò il collo verso quella direzione per vedere se riusciva a scorgere la zia materna; ma quando vide apparire un’altra donna, sbuffò seccato e si appoggiò contro lo schienale della sedia.

“Nonna” disse poi, girando il visetto tondo e paffuto in direzione di Pamela “perché la zia non esce? Quanto tempo dobbiamo aspettare ancora?”

“Abbi pazienza, tesoro, c’è tanta gente che deve essere curata e a volte ci vuole diverso tempo per avere i risultati degli esami”

“Ma non possiamo andare da lei?”

“Per il momento non possiamo”

“Perché?”

“Perché alcuni esami vengono fatti in stanze in cui non si può entrare. È meglio per noi se restiamo qui. Demi, sono sicura che la zia tornerà tra poco, va bene?”

“Ma la zia sta male perché ha mangiato troppi dolci come è successo anche a me? Perché anche lo zio Rog è finito in ospedale perché ha mangiato troppe… Troppe…” Demi assunse un’espressione pensierosa mentre cercava di ricordare come si chiamava quello strano cibo che aveva costretto il bassista a trascorrere due settimane in ospedale “non ricordo cosa ha mangiato, però anche lui è stato male per il cibo ed è finito in ospedale”

“Non lo so, Demi, può essere. Può essere che la zia Jen abbia mangiato qualcosa che le abbia fatto male”

“Ma ieri abbiamo mangiato insieme. Se è stata male la zia, magari tra poco posso stare male anche io”

“No, tesoro” Pamela allungò la mano destra per scompigliarli i lunghi capelli biondo scuro, che gli sfioravano le spalle “tu stai benissimo, e continuerai a stare benissimo se non esageri più con i dolci… Altrimenti sai già cosa succede”.

Demi rimase in silenzio per un po’, a fissare i piedini che continuava ad agitare avanti e indietro a mezz’aria.

“Nonna” disse di nuovo, sollevando il visetto una seconda volta “la zia sta male come la mamma?”.

Pam s’irrigidì istintivamente, del tutto colta alla sprovvista dalla domanda; avrebbe dovuto prevederla, però: Demi era un acuto osservatore e, come tutti i bambini della sua età, non aveva peli sulla lingua.

Peccato che, in modo del tutto involontario, aveva messo il dito in una piaga dolorosa ed ancora aperta; proprio come Jennifer, anche la donna aveva paura del possibile responso medico.

Aveva già perso una figlia quattro anni prima, non era pronta a perdere anche l’altra per colpa di un crudele scherzo del destino.

Compiendo un enorme sforzo, riuscì a sorridere e passò nuovamente la mano destra tra i capelli morbidi del nipotino.

“No, tesoro, stai tranquillo. La zia Jen starà benissimo”

“Come fai a saperlo?” intervenne Keith, uscendo dal suo stato di mutismo assoluto, voltando il viso corrucciato in direzione della nonna materna, osservandola da dietro i ricci neri che gli coprivano in parte gli occhi verdi; Pamela aveva provato più volte a convincerlo che era arrivato il momento di accorciare un poco la sua chioma ribelle, ma lui si era sempre rifiutato di seguirla dalla parrucchiera “anche la malattia della mamma è iniziata con un malore. Ed anche nel suo caso è iniziata dopo un periodo di forte stress”

“Non sempre un malore significa qualcosa di grave, Keith”

“Però nel caso della mamma è stato proprio così” mormorò lui, con uno sguardo così cupo che Pamela avvertì una stretta al cuore; provava nostalgia per il bambino spensierato che Keith era un tempo, avrebbe fatto qualunque cosa per vederlo sorridere ancora una volta in modo spensierato come accadeva quando Ginger era ancora tra loro, ma purtroppo sapeva che non era possibile.

Keith non avrebbe mai più sorriso in quel modo, proprio perché lei non c’era più.

Demi, che aveva seguito con attenzione la conversazione, spostò lo sguardo dal fratello maggiore alla nonna materna, piegò la piccola bocca carnosa in un broncio e gli occhi azzurri gli si riempirono di lacrime; Pamela se ne accorse e provò a tranquillizzarlo prima che scoppiasse a piangere.

“No, tesoro, non è necessario. Non essere triste, la zia starà benissimo”

“E se, invece, anche la zia sta male come la mamma?” domandò il bambino, sgranando gli occhi azzurri; il labbro inferiore tremò visibilmente e le lacrime iniziarono a scendere senza che Pamela potesse fare nulla per fermarle “non voglio che la zia se ne vada in cielo come la mamma. Mi manca la mamma. Voglio la mamma. Voglio papà. Voglio papà, adesso”.

Demi scoppiò definitivamente a singhiozzare disperato, ma prima che la donna potesse stringerlo a sé per consolarlo, ci pensò Keith: il ragazzino gli passò le braccia esili attorno ai fianchi e strinse il fratellino a sé, cercando di rimediare al guaio che le sue parole avevano causato.

“Scusami, Demi, ho sbagliato a parlare. Ha ragione la nonna. Non sempre un malore significa qualcosa di brutto, a volte non è nulla di preoccupante e sono sicuro che sia il nostro caso. Magari la zia Jen si è sentita male per colpa di un cibo che ha mangiato… Proprio come è successo allo zio Rog, od a te quando mangi troppi dolci” le parole calme e posate di Keith riuscirono a calmare il fratellino minore che, dopo aver tirato su col naso un paio di volte, smise di versare calde lacrime e si appoggiò a lui; sollevò il viso di scatto quando, da infondo un corridoio, vide apparire la figura famigliare di Jennifer.

“Zia Jen! Quella è la zia Jen!” esclamò, indicandola con l’indice destro; anche Pamela si girò in direzione del corridoio e si alzò di scatto, con Harry stretto tra le braccia, non appena vide la figlia adottiva.

Jennifer li raggiunse pallida e con una strana espressione in viso; nella mano destra stringeva un foglio arrotolato.

“Allora?” domandò Pam, senza più riuscire a nascondere l’ansia, preoccupandosi ancora di più davanti alle guance esangui della giovane “che cosa ti hanno detto i dottori?”

“Possiamo parlarne fuori di qui, per favore? Sono stanca e voglio tornare a casa il prima possibile” mormorò lei, con un sorriso tirato.

Pamela acconsentì in silenzio;  ma non appena tutti e cinque salirono in macchina, pretese subito delle spiegazioni.

Quella strana reazione, insieme al viso pallido, non l’aveva affatto rassicurata ed ora nella propria mente vedeva già i peggiori scenari immaginabili.

“Jen, cosa ti hanno detto i dottori?” la donna lanciò una rapida occhiata alla figlia adottiva, seduta alla sua sinistra e con lo sguardo rivolto fuori dal finestrino “che cos’è quel foglio che hai in mano? Rispondi, per favore, mi stai facendo preoccupare terribilmente, ti prego! È così grave la situazione? Che cos’hai? È qualcosa che si può curare? È qualcosa che può essere risolto? Hai bisogno di essere operata?”

Mommi, calmati, per favore. Così facendo agiti solo i bambini”

“Allora spiegami che cosa sta succedendo, perché sto per avere un attacco d’ansia e non credo proprio che questo sia il momento migliore, dato che sto guidando e che in macchina ci sei anche tu ed i miei tre nipotini”

“Stai tranquilla, state tutti tranquilli, non sto male. Non ho nessuna malattia incurabile e non devo subire alcuna operazione. Sto bene, sono in perfetta salute” rispose la ragazza in tono piatto, continuando a fissare il panorama che sfrecciava velocemente attorno a sé.

“E quindi di che cosa si è trattato? Un semplice malore dovuto allo stress? Hai avuto un crollo nervoso e ti hanno prescritto dei calmanti da prendere?”

“No, mi hanno prescritto delle vitamine”

“Vitamine? Perché? Hai qualche carenza?”

“No, mommi, non ho alcuna carenza” Jennifer girò finalmente il viso in direzione della madre adottiva “aspetto un bambino. Sono di nuovo incinta”.

Pamela rimase in silenzio per un intero minuto; non inchiodò all’improvviso perché, come aveva detto lei stessa, era in macchina con le persone a cui teneva di più al mondo e non era affatto ansiosa di coinvolgerle in un brutto incidente stradale.

“Sei incinta?” chiese quando riuscì a ritrovare la voce: voleva essere sicura di avere capito bene e che le sue orecchie non le avessero giocato un brutto scherzo; Jennifer fugò ogni suo possibile dubbio annuendo con il capo.

“I risultati che mi hanno dato parlano chiaro: aspetto un bambino da circa… Tre settimane”

“Tre settimane… Tre settimane… I ragazzi non sono ripartiti giusto da…”

“Tre settimane, esatto” mormorò la giovane mordendosi il labbro inferiore, lasciando così intuire che lei e Roger non avevano usato alcun genere di precauzione nel corso della notte che avevano trascorso insieme; lui non aveva mai indossato il preservativo durante i tre rapporti sessuali avuti, e lei, il giorno seguente, era stata così assorbita dai pensieri che le ronzavano in testa che si era completamente dimenticata di prendere la pillola.

Ed ora stava per diventare di nuovo madre.

Ed il suo primogenito non aveva neppure sei mesi.

Pamela rimase di nuovo in silenzio prima che le sue labbra si distendessero in un sorriso carico di gioia: per pochi, terribili, istanti aveva creduto davvero di doversi preparare mentalmente ad un altro lutto, ed ora, invece, aveva scoperto di essere in procinto di diventare nonna per la quarta volta.

“Tesoro mio, ma è una notizia bellissima! Bambini, bambini, avete capito cosa sta per succedere? Zia Jen non sta male e tra nove mesi avrete un altro cuginetto… Od una cuginetta”

“Come Alice e Harry, nonna?”

“Sì, Demi, proprio come loro due”

“Ohh, che bello!” esclamò, sollevato, il piccolo “allora spero che sia una bambina, come Alice. È bellissima come una bambolina… No, è più bella di una bambolina. Ha i ricciolini biondi e gli occhi azzurri. Papà mi ha detto che devo prendermi cura di lei, perché sono il suo fratello maggiore. Ed è anche paffuta, ma non come Harry… Harry sembra proprio un maialino”.

Demi pizzicò una guancia al piccolo Harry  e lui scalciò indispettito, prorompendo in un singhiozzo: era stanco, voleva essere preso in braccio dalla mamma ed aveva fame; Jennifer allungò la mano destra verso il primogenito per calmarlo e gli solleticò il pancino, riuscì a farlo ridere e sorrise a sua volta.

Ma la sua mente era altrove, ed i suoi pensieri erano rivolti al foglio che stringeva con forza nella mano sinistra.

Era incinta. Stava per diventare di nuovo madre. E lei e Roger non stavano neppure insieme.

E dopo il modo in cui si erano separati, tre settimane prima, dubitava di quale sarebbe stata la situazione a luglio.

Pamela lanciò una seconda occhiata alla ragazza e, accorgendosi del suo turbamento, provò a tranquillizzarla.

“Tesoro mio, non ti preoccupare. Forse questa notizia è arrivata al momento giusto per aiutarti a capire qual è la decisione migliore da prendere riguardo al rapporto tra te e Roger, non credi?”.



 
Quello stesso pomeriggio, Jennifer accompagnò Keith e Demi ad un parco giochi insieme a Lindy ed alle piccole Chloe e Holly, che ormai iniziavano a non essere più così piccole: Chloe aveva compiuto da poco sei anni ed a settembre avrebbe iniziato ad andare a scuola, mentre Holly ne aveva già tre; la maggiore, col suo volto paffuto, gli occhi verdi ed i capelli ondulati, assomigliava sempre di più al padre che adorava e per cui stravedeva, mentre la piccina di casa era il ritratto in miniatura della madre, coi suoi capelli lisci, gli occhi scuri, il viso ovale ed il nasino piccolo e grazioso.

Jen guardò le due bambine allontanarsi insieme a Demi e Keith (che in qualità di maggiore del gruppo fungeva da supervisore) in direzione degli scivoli e delle altalene, ed emise un lieve sospiro; pensò alla minuscola vita che stava crescendo da tre settimane all’interno del suo ventre e si chiese se finalmente sarebbe arrivato il momento di appendere fiocchi rosa a casa Anderson.

Desiderava ardentemente una bambina, ma sembrava destino che da loro ci fosse spazio solo per quelli azzurri: Ginger aveva avuto due maschi, ed anche lei ne aveva avuto uno… E con ogni probabilità sarebbe stato un bambino anche il nuovo arrivato.

Prima che Lindy potesse introdurre qualunque genere di argomento, senza dire una sola parola e con la mano destra che le tremava visibilmente, Jennifer le allungò il referto medico che le avevano consegnato in ospedale quella stessa mattina; la dolce metà di Mason le rivolse un’occhiata perplessa che si trasformò in sorpresa assoluta dopo aver dato un’occhiata al foglio.

Lesse più volte le righe scritte nere su bianco per essere certa di aver capito bene, e poi fissò l’amica che si limitò ad annuire.

“Ohh, mio dio!” esclamò Lindy, coprendosi la bocca con entrambe le mani “non ci posso credere! Sei incinta! Aspetti un bambino! Ma… Ma è meraviglioso!”

“Sì, è proprio… Un meraviglioso casino” commentò la ragazza, rivolgendo lo sguardo in direzione dei bambini che si trovavano nella zona delle altalene: Keith e Chloe, in qualità di fratello e sorella maggiore, stavano spingendo Demi e Holly, che chiedevano in continuazione di andare ancora più su in aria “un meraviglioso casino che si è presentato proprio al momento migliore… O in quello peggiore”

“Lo hai già comunicato a Roger?”.

Lindy sapeva tutto riguardo la situazione delicata e complicata che Jennifer stava vivendo in prima persona; lei e Rick erano stati informati della rottura con Danny, della burrascosa fine della loro amicizia, della cena a lume di candela organizzata da Roger e dell’ultima volta che si erano visti in negozio prima della sua ripartenza.

Ovviamente, sapevano anche della notte movimentata che avevano trascorso insieme tre settimane prima.

“No, l’ho saputo solo poche ore fa e… Non so come fare a dirglielo. Non so come reagirebbe e non credo che sia il caso di comunicare una notizia così importante per telefono. E poi… Beh… Non ci sentiamo da quando è partito. È mommi a parlare sempre con lui quando chiama per sapere di Harry. Io non ho mai parlato con lui”

“Perché?”

“Non lo so… Visto il modo in cui ci siamo salutati… Temo che non voglia parlare con me” rispose in modo vago Jennifer, giocherellando con una ciocca di capelli.

“Io, invece, credo proprio che sia il contrario. Credo che Roger non aspetti altro che sentire la tua voce. Jen, sono riuscita a perdonare Nick dopo che mi ha tradita per la seconda volta… Penso che tu possa farlo con Roger, dato che questo è il suo primo strike. Fai come io ho fatto con mio marito: concedigli la possibilità di rimediare, e se dovesse sprecarla… Allora a quel punto chiudigli la porta in faccia per sempre”

“Però Nick è andato a letto con una groupie, mentre Roger lo ha fatto con una donna che già conosceva. È questo che continua a fermarmi. Ogni volta che mi convinco di volergli dare una possibilità per salvare la nostra famiglia, questo pensiero ritorna a tormentarmi la mente e faccio dieci passi indietro. Chi mi assicura che quella donna non compaia di nuovo? Come posso essere certa che sia sparita completamente dalla sua vita e che… E che tra un po’ non ritorni ancora una volta per creare scompiglio?”

“Visto quanto hai fatto penare Rog in questi mesi, credo proprio che non ci sia alcun rischio che questo accada. È stato un enorme coglione, questo non lo metto in dubbio ed io stessa glielo ho urlato contro non so quante volte, ma credo al suo pentimento. Jennifer, tu non c’eri tutte le volte in cui, mentre erano in pausa dal tour, è venuto a mangiare a casa nostra, ma io sì. E ti posso assicurare che non l’ho mai visto versare così tante lacrime come nell’ultimo periodo. Non l’ho visto piangere così neppure per Judith! Credo proprio che sia innamorato di te… Anzi, ne sono sicurissima!” esclamò Lindy, osservando a sua volta i bambini, per accertarsi che fosse tutto sottocontrollo e che nessuno di loro si fosse sbucciato un ginocchio o avesse sbattuto la faccia da qualche parte “Jennifer: tu ami lui e lui ama te. Avete un bellissimo bambino e state per diventare di nuovo genitori. Fate la pace e tornate insieme. Dagli un’ultima possibilità, così tornerete entrambi ad essere felici. Io l’ho fatto e ti posso assicurare che adesso sono la donna più felice sulla faccia della Terra”

“E come la mettiamo col fatto che mi ha pedinata per ben due volte ed ha picchiato Danny? Non mi piacciono affatto questo genere di comportamenti”

“Roger è una persona molto gelosa, lo era anche con Judith. Ricordo che litigavano spesso per questioni che avevano a che fare con la sua gelosia. Ha sbagliato a pedinarti, non lo metto in dubbio, però non sono più così convinta che lui e Nick abbiano picchiato a sangue quel ragazzo. Non ne sono affatto sicura. Jennifer, conosco mio marito da quando eravamo due ragazzini che andavano a scuola: so quando mi mente e so quando mi racconta la verità, e posso garantirti che era sincero quando mi ha giurato e spergiurato che non hanno picchiato quel ragazzo. Mi ha confessato subito tutto il resto, perché non avrebbe dovuto fare lo stesso anche con questo?”.

Jennifer pensò che l’amica avesse ragione: in effetti nella strana storia dell’aggressione a Danny c’era qualcosa che non tornava affatto; sia Mason che Waters avevano svuotato il sacco riguardo al pedinamento ed allo speronamento in macchina, ma entrambi avevano alzato le mani dinanzi alle accuse del pestaggio, proclamandosi innocenti fin dall’inizio, e da quella posizione non si erano mai smossi.

Possibile che Danny si fosse inventato quella parte e fosse arrivato al punto di procurarsi da solo i brutti lividi in fronte, solo per allontanarla maggiormente da Roger?

Iniziava a temere che fosse andata proprio in quel modo.

“Jen?”.

La ragazza sollevò il viso e guardò l’amica, la sua migliore amica.

Perché, ormai, Lindy lo era.

“Perdonalo e dagli la possibilità che ha continuato a chiederti in questi mesi. Fidati, sono sicura che non te ne pentirai”.
 
   
 
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