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Autore: Milla Nafira    19/08/2009    1 recensioni
Dal cap. 11:
-Ti avevo detto che sarei venuta stanotte-. Rispose la ragazza. -Avevo capito, pensavo solo che saresti venuta un po’ prima-. Disse il biondo, mentre entrambi andavano verso il balcone della Torre. -Sai, volendo, ti potrei togliere diversi punti-. -Stronzo…-. Fece lei, sorridendo dolcemente, pur sapendo che lui stava scherzando e avvicinando le sue labbra a quelle del ragazzo. -Rispetto a stamattina, quando dicevi che non potevamo nemmeno essere amici, abbiamo fatto progressi…-. Le mormorò Draco in un orecchio, non appena si staccarono. Passò qualche minuto, in cui i due si tennero stretti stretti sotto le stelle, senza parlare, Jennifer con la testa poggiata sulla spalla di Draco, i lunghi, lisci capelli scuri che scivolavano lungo il suo braccio. Lui la guardò: era fantastica, così. Niente divisa della scuola, niente stemma e colori del Grifondoro, che la rendevano così distante da lui, semplicemente jeans e maglietta. Malfoy pensò a come sarebbe stato se fosse stata sempre così: niente Grifondoro, niente Serpeverde, senza Hogwarts, senza rivalità tra famiglie, e soprattutto senza una cazzutissima guerra che andava distruggendo, devastando anche anime innocenti “…come sua zia!”. Pensò a come sarebbe stato se la sua morte non fosse già stata decisa, se avesse avuto davanti a sé ancora tutta una vita, se loro due fossero stati due semplici ragazzi innamorati. --- la mia prima fic: se vi piace, COMMENTATE!!!
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lacrime di speranza'
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AVVERTENZE: credo che qui il raiting possa considerarsi rosso…

Cap. 11-La stanza delle necessità

Era mezzanotte, la luna chiara brillava nel cielo nero e i suoi pallidi raggi filtravano dalla finestra di una stanza del dormitorio femminile di Grifondoro. Hermione dormiva a pancia in su, con i crespi e scuri sparsi sul candido cuscino e Ginny, aggraziata, ronfava come un ghiro sdraiata sul lato destro.

Finalmente, pensò Jennifer, quando fu sicura che le sue amiche stessero veramente dormendo. Si alzò piano dal suo letto, attenta a non fare rumore, e ì, sfilandosi il pigiama, si mise dei jeans blu Babbani e una maglietta nera e uscì dalla camera e dalla Sala Comune.

-Ce ne hai messo di tempo, eh!-. Ghignò Malfoy al suo arrivo, nell’oscurità, al che stavolta Jennifer nemmeno sobbalzò: tra lui e le sue compagne di camera, oramai ci aveva fatto l’abitudine.

-Ti avevo detto che sarei venuta stanotte-. Rispose la ragazza.

-Avevo capito, pensavo solo che saresti venuta un po’ prima-. Disse il biondo, mentre entrambi andavano verso il balcone della Torre. -Sai, volendo, ti potrei togliere diversi punti-.

-Stronzo…-. Fece lei, sorridendo dolcemente, pur sapendo che lui stava scherzando e avvicinando le sue labbra a quelle del ragazzo.

-Rispetto a stamattina, quando dicevi che non potevamo nemmeno essere amici, abbiamo fatto progressi…-. Le mormorò Draco in un orecchio, non appena si staccarono.

Passò qualche minuto, in cui i due si tennero stretti stretti sotto le stelle, senza parlare, Jennifer con la testa poggiata sulla spalla di Draco, i lunghi, lisci capelli scuri che scivolavano lungo il suo braccio. Lui la guardò: era fantastica, così. Niente divisa della scuola, niente stemma e colori del Grifondoro, che la rendevano così distante da lui, semplicemente jeans e maglietta. Malfoy pensò a come sarebbe stato se fosse stata sempre così: niente Grifondoro, niente Serpeverde, senza Hogwarts, senza rivalità tra famiglie, e soprattutto senza una cautissima guerra che andava distruggendo, devastando anche anime innocenti “…come sua zia!”. Pensò a come sarebbe stato se la sua morte non fosse già stata decisa, se avesse avuto davanti a sé ancora tutta una vita, se loro due fossero stati due semplici ragazzi innamorati.

-Vieni!-. Esclamò di colpo Draco, rovinando il momento romantico con Jennifer che, gli parve alla biancastra luce della luna, stava piangendo. La prese per mano e attento a non far rumore, la portò con sé, giù dalla scale, poi fino al terzo piano del castello.

-Dove mi porti?-. Domandò confusa Jennifer, seguendo comunque il Serpeverde e stringendogli la mano.

-Aspetta e vedrai-.

Si trovarono di fronte a una porta non sconosciuta ed entrambi.

-La Stanza delle Necessità?-. Chiese la Dirie, perplessa, alzando un sopracciglio nel riconoscere quella porta.

-Ci sei stata?-.

-Sì, l’anno scorso durante le esercitazioni dell’ES, prima che la cara Squadra di Inquisizione, alias leccaculo della Umbridge, stroncasse il tutto…-. Nel dire queste parole guardò malissimo Draco che dapprima ghignò e poi, sotto l’insistente sguardo della ragazza, fece un imbarazzato sorrisetto di circostanza come a volersi scusare.

-Ma che ci vuoi far apparire?-. Il Serpeverde non le rispose e spinse la maniglia della porta.

Jennifer sgranò gli occhi: era apparso un grande letto matrimoniale, le cui coperte erano rosse e versi e lo schienale d’oro lavorato; l’atmosfera era incredibilmente romantica, le candele emanavano una luce soffusa e c’era un buon profumo d’incenso. Niente musiche strappalacrime, pensò Jennifer, ma era comunque perfetto così. D’improvvisò la ragazza si risvegliò dalla trance e si rese conto di quello che significava.

-Draco…non sarà un po’ presto?-. Azzardò.-Fino a poco fa nemmeno ci rivolgevamo la parola…-.

-Mi restano pochi mesi di vita!-. Le fece lui in tutta risposta, costringendola a fissarlo in quei glaciali, incantevoli occhi grigi. -Se non vuoi, non ti costringerò a farlo, ma ora o mai più: sto per morire!-.

-Non stai per morire-. Rispose secca Jennifer, guardandolo male. -Ma comunque-, raddolcì la sua espressione -direi che si può fare-. Fece maliziosa, e questa volta fu lei a ghignare, buttando le braccia al collo a Draco, che si buttò sul morbido letto sopra di lei.

Cominciarono a baciarsi, sempre più appassionatamente, poi quasi ansimando, mentre Draco toglieva a Jennifer la maglietta attillata e, con aria da maniaco, restava a torso nudo, gettando la sua dietro di sé. Mentre la sua mano andava sul seno di lei, lui cominciò a baciarla sul collo solo, dovette ammetterlo a sé stesso, per guadagnare tempo mentre armeggiava col reggiseno che non riusciva a toglierle.

Le abbassò la cerniera dei jeans già sbottonati, e la sua mano andò ad insinuarsi negli slip leggeri di lei che cominciava a sua volta a baciarlo sul collo e sul petto. In pochi minuti, lei era nuda sopra alle lenzuola, il suo corpo era disteso sotto di lui che stava sopra a cavalcioni e che, nel avvicinare la lingua a uno dei suoi rosei capezzoli, si rese conto che i boxer neri che ancora aveva su cominciavano ad andargli stretti. Jennifer dovette accorgersene all’istante: alzò la testa dal cuscino quel tanto che bastava ad avvicinarsi e glieli abbassò, mentre lui se li toglieva del tutto buttandoli assieme al resto. Lei fissò quella parte finora del tutto sconosciuta di lui, dalle dimensioni considerevoli, e avvicinò la lingua. Era davvero brava pensò lui, quasi avesse già avuto esperienza, anche se aveva voluto subito scacciare quell’assurdo pensiero in quel momento paradisiaco. Jennifer si sentì protetta, con la testa in mezzo alle sue gambe, e si rese conto che le piaceva: non aveva mai avuto piacere fisico dal sesso orale, ma forse le piaceva solo perché era con lui. Quando si tirò su, una sostanza biancastra le colava lungo il labbro roseo e Draco la stava carezzando delicatamente dove ormai gli slip non c’erano più: ci sapeva fare, pensò Jennifer, quasi avesse già provato, ma decise di non pensarci proprio in quel bel momento, in fondo era impossibile. La ragazza si rese conto che nemmeno lei aveva più voglia di aspettare e lasciò che Draco le si stendesse sopra, aprì le gambe e lo lasciò entrare dentro dì sé, come qualche altra volta un ragazzo aveva fatto con lei. Tra i versi di lui, che coprivano quasi quelli di lei, a Jennifer venne spontanea un ansimazione che pareva quasi un grido tanto era intensa, come il piacere, sia emotivo che fisico, che stava provando in quel momento e si rese conto che, però, quello, non gliel’aveva ancora fatto provare nessuno.

   
 
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