Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: mgrandier    05/10/2020    7 recensioni
La vita è un rincorrersi di fasi differenti, nelle quali si alternano sentimenti, emozioni e priorità diverse, che ci inducono a compiere scelte e finiscono per dare un’immagine di noi parziale, evidenziando un aspetto piuttosto che un altro. Per questo, in un puzzle di fasi e punti di vista, ogni storia corre tra alti e bassi e modifica continuamente lo spunto per la lettura di quello che sta accadendo; per questo, volta per volta, è questione di …
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
14. … urgenza
 
(notte inoltrata, metà luglio)
 
La piazza gli parve quasi deserta, quando scese dall’auto di Kaltz per avviarsi verso casa. Lo sguardo corse istintivamente allo stabile verso il quale si stava dirigendo e risalì fino alle ampie finestre del proprio appartamento: le labbra si tesero in un sorriso nel notare che dalle aperture della camera da letto, un poco nascoste dallo sfondato della loggia, proveniva una luce soffusa e tremolante, appena visibile. Probabilmente lei si era addormentata con la tv accesa … perché non l’aveva mai vista rimanere sveglia fino oltre le due di notte! Continuò ad avanzare senza quasi prestare attenzione a ciò che lo circondava, concentrato solo e soltanto su quel flebile alone saltellante, mentre si lasciava alle spalle un gruppetto silenzioso che, tra l’assonnato e il brillo, non sembrava nemmeno essersi accorto della sua presenza.
Quello era un aspetto positivo del giocare in casa in serata: nonostante rientrasse con addosso la vistosa divisa della squadra, tra la penombra della piazza e quella delle menti dei passanti, riusciva a passare praticamente inosservato e a guadagnare la pace del suo appartamento senza troppi intoppi.
Da lontano, qualche schiamazzo proveniente dal de hors del pub in fondo alla piazza richiamò la sua attenzione, mentre cercava nella tasca del borsone le chiavi di casa; in passato, aveva festeggiato con Kaltz proprio in quello stesso pub alcune delle più esaltanti tra le prime vittorie conquistate insieme nell’Amburgo. Varcando la porta del palazzo, realizzò come l’amico non glielo avesse nemmeno proposto, certamente consapevole di quanto, negli ultimi mesi, lui fosse cambiato in fatto di abitudini, nonostante l’aver agguantato la qualificazione per la Champions League potesse finire di diritto tra i migliori risultati che avessero raggiunto insieme.
Con il pensiero fisso proprio su quel cambio di abitudini, si infilò nell’ascensore, stanco ma soprattutto mosso dal desiderio di giungere a casa il più presto possibile. Pigiando il pulsante per avviarsi al piano, Genzo appoggiò le spalle alla parete dell’elevatore, scrutando di sottecchi l’immagine riflessa nello specchio che gli stava di fronte e rilasciando un profondo sospiro: ancora qualche giorno di allenamento post partita, e poi avrebbe potuto finalmente rilassarsi un po’, godendosi qualche settimana di riposo e anche in questo, doveva ammetterlo, prevedeva qualche novità. Se di solito, durante il fermo estivo, programmava di rientrare a Nankatsu, questa volta non ci aveva nemmeno pensato, preferendo invece buttare un occhio su qualche meta più vicina, dove trascorrere qualche giorno con Yuki. Non gliene aveva ancora parlato ma, da quanto aveva appreso dai suoi discorsi, lei si sarebbe potuta concedere solo pochi giorni di pausa, in vista della consegna di quella tesina a cui già aveva messo mano, e per lui era stato naturale immaginare di far coincidere quei giorni di fermo studio con le proprie vacanze, nonostante la chiara consapevolezza di potersi concedere molto di più.
Il cicalino acuto dell’elevatore giunto al piano lo distolse dai suoi pensieri e Genzo si sollevò dal proprio appoggio con una spinta, inoltrandosi nell’ombra del corridoio silenzioso già con la chiave giusta tra le dita, per poi infilarla nella toppa con attenzione, cercando di non fare troppo rumore. Scivolando oltre la soglia, posò il borsone a terra e si avviò nel disimpegno, sporgendosi oltre la porta della camera, curioso e immediatamente colto da un moto di tenerezza.
Come aveva immaginato, Yuki si era addormentata con la tv accesa; stava mezza seduta, con la schiena poggiata alla testata del letto e il capo piegato su un lato, e attorno a lei una confusione di fogli e fascicoli suggeriva il fatto che avesse tentato di studiare, nonostante tutto, fino a che non era stata troppo stanca per continuare, cedendo al sonno. Si fece un poco di spazio, spingendo i fogli in un unico ammasso disordinato, e poi sedette sul letto, chinandosi a cercare le sue labbra.
-  Mnhz … - fu la reazione che ottenne immediatamente, anche se poco comprensibile, che dopo un nuovo bacio divenne più chiara.
- Genzo? – chiese lei ancora assopita, per poi aprire gli occhi, cercando conferma. Con lo sguardo sottile a scrutare tra le ciglia, sfuggendo al sonno e ancorandosi quel poco che riusciva a vedere dinnanzi a sé, Yuki arricciò il naso, prima di riprendersi repentinamente, distendendo il viso in una espressione di sorpresa assoluta.
– Genzo! – urlò quasi, saltando sul letto e gettandogli le braccia al collo – Sei arrivato! –
La accolse stringendola a sé e rischiando di perdere l’equilibrio, senza nemmeno riuscire a salutarla davvero, perché evidentemente lei si era del tutto svegliata, ormai, e sembrava aver già ritrovato tutta l’energia del primo mattino, nella morsa in cui lo aveva stretto e nel sorriso che le aveva illuminato il viso, ad un soffio dalle sue labbra.
- Avete vinto ancora … - gli disse, tra un bacio e l’altro - … e ora andrete davvero in Champions e … -
- Calma, calma … - la fermò lui, nascondendo un sorriso tra le sue labbra - … non correre. Sono talmente stravolto che non voglio nemmeno pensare alla Champions: mi importa solo il fatto che dopo i prossimi giorni sarò finalmente in pausa per qualche settimana! –
Lei allentò appena la presa, raddrizzando la schiena per guardarlo in viso; – Davvero? – chiese curiosa – Sarai ufficialmente in vacanza? –
Genzo annuì arretrando un poco, sollevando le mani e prendendo tempo – Esatto. Probabilmente fino a metà agosto, almeno; ma avremo modo di parlare con tutta calma di vacanze, di Champions e di chissà cos’altro, domani mattina. – poi si sollevó da lei, ammiccando - Perciò ora vado a rinfrescarmi ancora un po’, mi bevo qualcosa di dissetante e poi ti raggiugo perché ho davvero un gran bisogno di mettermi a letto! –
 
Quando tornò in camera, Yuki stava giusto finendo di rimediare al disordine di carta e appunti con cui aveva invaso il letto; Genzo le girò attorno e andò a distendersi sul proprio lato del materasso, gambe leggermente divaricate e braccia riverse sopra il capo, chiudendo gli occhi e soffiando un profondo sospiro.
- ‘Notte. – salutò godendosi l’abbraccio del letto e la frescura della stanza. Al proprio fianco, avvertì qualche movimento, la tv presto zittita e l’ombra scendere tutto attorno, un attimo prima che anche lei gli augurasse la buona notte, con un bacio delicato sulla spalla.
Si abbandonò alla pace che sentiva tutto attorno a sé, cercando di seguire il filo lontano dei rumori della piazza, il sommesso ronzare di qualche elettrodomestico in un appartamento vicino e le spire leggere dei propri pensieri sospesi tra sonno e veglia.
Allungò le braccia, stiracchiandosi, per poi farle scendere lungo i fianchi, mentre rivedeva quell’attimo cruciale in cui davvero aveva temuto di non riuscire a raggiungere la palla; ne aveva intuito l’arco teso, diretto nell’angolo superiore della porta, alla propria destra, e aveva reagito d’istinto, saltando con tutte le forze e allungandosi il più possibile. Era riuscito persino a udire le urla della curva, così come quelle della sua difesa, e il tempo aveva quasi rallentato, dilatandosi e permettendogli di cogliere istante dopo istante il momento della verità, quello in cui le sue dita avevano superato la curva del pallone, che era poi finito tra i suoi palmi. Si era chiuso su se stesso, trattenendo la palla contro il petto, nella piena consapevolezza che la partita fosse ormai agli sgoccioli e che di nuovo era riuscito a salvare la sua porta da un attacco che, portato a termine, avrebbe chiuso all’Amburgo le porte dell’Europa.
D’istinto, si mosse nel letto, piegandosi sul fianco destro, lo stesso sul quale era caduto a terra dopo la parata. Quando si era rialzato, il lungo, lunghissimo, rilancio diretto ai compagni aveva dato avvio all’ultima, decisiva, azione; una serrata serie di scambi che aveva potuto seguire, vigile e pronto come sempre, fino al triplo fischio dell’arbitro. Ancora gli rimbombavano nella testa i cori esaltanti dei tifosi e le grida dello sfogo liberatorio della panchina; mentre guadagnava il bordocampo, Kaltz lo aveva raggiunto di corsa, insieme a molti dei compagni, e gli era saltato sulle spalle, un braccio alzato a rispondere al richiamo di tanti tifosi, di un gruppo di scalmanati dalle parrucche verdi e gialle e dal volto dipinto, di un altro, poco più lontano, che dagli spalti agitava un enorme lenzuolo su cui era disegnato il loro dinosauro[i] verde, e di quello, poco oltre, in cui tutti i componenti vestivano una divisa da portiere identica alla sua, cappellino compreso. Si era sfilato i guanti, e li aveva agitati per salutare tutta quella folla festante … e tra le centinaia di sguardi che aveva incrociato, su quel terreno di gioco attorno al quale un’onda verde e gialla inneggiava a lui e ai suoi compagni, proprio in quell’istante, di fronte a tutto l’affetto che gli spalti stavano dimostrando in ogni modo possibile, lui, lo ricordava distintamente, aveva desiderato di tornare a casa. Perché l’esaltante sensazione data dalla vittoria, l’euforia in cui si era trasformata la tensione vissuta durante il match, gli avevano gonfiato il petto in una sorta di orgoglio che aveva spiegato le ali per sollevarlo da terra, per farlo sentire ancora forte, vincente e importante, fino a fargli assaporare il gusto della soddisfazione, di quella pienezza di sé che aveva sperimentato in passato, e che era un ricordo lucido, ma che in quel momento, aveva realizzato, non riusciva a toccare pienamente. Gli era mancato qualcosa … l’ultimo centimetro per giungere all’inafferrabile pienezza della soddisfazione di sé, quel vuoto che da solo non sarebbe riuscito a colmare. In quel momento, il pensiero di rientrare a casa era diventato un bisogno; nelle ore seguenti, quelle del festeggiamento negli spogliatoi e con i compagni, era diventato urgenza sotto pelle per tornare ad essere placida consapevolezza nell’istante in cui era giunto a varcare la soglia di casa.
Gli era stato sufficiente arrivare alla piazza, scorgere quell’orizzonte famigliare in quel minuscolo scampolo di città e raggiungere chi avrebbe ritrovato in quell’isola chiusa, per riuscire a dare la dimensione corretta a tutto quello che l’aveva esaltato e insieme turbato nelle ore precedenti, facendo sì che tutto riprendesse la proporzione corretta, diventando una parte della sua vita, importante, anche esaltante, ma non la sola.
L’abbraccio di Yuki, l’entusiasmo con cui l’aveva accolto, aveva reso tutto reale, perché condivisibile anche al di fuori da quello strano mondo verde e giallo in cui pareva immergersi quando indossava la divisa della squadra e che per tanto tempo aveva costituito il suo unico ambiente; il contatto con lei, gli aveva permesso di tornare ad essere se stesso, un giovane uomo con una realtà che andava oltre l’essere il portiere dell’Amburgo, ruolo che per tanto tempo aveva rischiato di essere il suo unico scopo nella vita, fino a diventarne il limite, quando quella posizione ambita era stata messa in dubbio. Mai come in quel momento, gli fu chiaro come l’ingresso di Yuki nella sua vita avesse rimescolato le carte della sua partita, facendogli scoprire lati di se stesso a cui non aveva mai concesso attenzione e, nello stesso modo, permettendogli di forzare quella dimensione comoda ma incompleta che lo relegava a voler essere solo un portiere.
Si mosse ancora, per sistemarsi sul fianco sinistro, infilando il braccio sotto al cuscino; nella fioca luce della camera, cercò il profilo disteso al proprio fianco, ascoltando il soffio leggero del suo respiro e riuscendo subito ad intuire il luccichio delle sue iridi scure.
- Non dormi? – gli chiese lei a mezza voce, allungando un braccio per sfiorare il suo viso, e lui rispose negando lento con il capo, dentro la sua carezza, prima di cercare di spiegarsi.
- E’ stato un incontro impegnativo, non solo fisicamente. –
- L’avevo intuito. Avete giocato in modo serrato per tutto il tempo … e tu, di nuovo, sei stato decisivo. – gli disse con un mezzo sorriso; e mentre lui cercava di intromettersi, per minimizzare, lei posò le dita sulle sue labbra per fermarlo – Non negarlo: ho visto i tuoi compagni a fine partita … e anche i tifosi.  –
- Sono tifosi e stravedono per noi. – puntualizzò.
- Non sono obbligati ad appezzarti. Piuttosto, sanno quanto vali e hanno tutte le ragioni per adorarti. – lo corresse Yuki e Genzo, in poche battute con lei, si accorse di sentire il proprio animo già più leggero.
- Ah! Adesso non sono più figo? – la provocò, fissandola con una smorfia che avrebbe dovuto essere di delusione – Adesso sono diventato adorabile? -
Lei si sollevò di scatto, poggiando il gomito sul letto; – Certo che sei figo! Ma questo devo vederlo solo io! – protestò, mentre muoveva l’altro braccio, puntando l’indice sulla propria spalla – I tifosi devono guardare solo come giochi! –
Rise a quelle parole, divertito dalla sottile gelosia che riusciva a leggere anche nel suo fare scherzoso, un atteggiamento che non aveva mai avuto modo di sperimentare, in Yuki, ma che si rivelava latente e inesorabile quando il discorso cadeva sull’affetto che la tifoseria dimostrava nei suoi confronti. A propria volta, Genzo si sollevò di poco, sostenendosi con il gomito e pronto a ribattere, deciso a punzecchiarla e a non lasciar cadere il discorso, quando, con lo sguardo ormai abituato alla poca luce della notte, i suoi occhi notarono un dettaglio insolito, puntandosi sullo scollo largo e scuro della maglia che lei vestiva in quel momento. Incuriosito, si sporse per prendere tra le dita un lembo di stoffa, sulla sua spalla - Ma … cos’hai addosso? Ci stai dentro due volte e sembrerebbe … -
Yuki si ritrasse d’istinto, quasi in imbarazzo – Ecco … scusami, avrei dovuto chiederti, prima, ma … -
Genzo inarcò le sopracciglia incuriosito, in un chiaro invito a non farsi problemi – Dimmi … -
- Beh, oggi ho solo studiato e mi sono completamente dimenticata di ritirare il bucato dalla lavanderia, non avevo più niente per la notte e … e hopresounamagliadelletue. – rivelò tutto d’un fiato per poi continuare, quasi a giustificarsi – Sono così lunghe che … -
Genzo socchiuse gli occhi, quasi pungolato dalla situazione, e istintivamente deciso ad approfittare di quel dettaglio inusuale; chinò il capo, con fare inquisitore e si fece più vicino a Yuki – Fammi vedere quale hai preso … - esordì sporgendo le labbra e protendendosi verso di lei, diretto verso la maglia, ma poi deviando tutto d’un tratto per arrivare a posare le labbra sulla sua pelle, alla base del collo. Avvertì subito il suo sussulto, mentre lui portava la mano al suo fianco, giusto sull’orlo della maglia, infilandovi sotto la punta delle dita e muovendole lentamente sulla pelle, arricciando a poco a poco la stoffa.
Un bacio, nascosto dietro la prima scusa, e poi un altro – Al buio non riesco a capire … - per risalire lungo il collo, alternando baci leggeri e parole sussurrate a fior di pelle, mentre il respiro di Yuki si era fatto frammentato e ad ogni contatto delle labbra sul collo, sembrava rimanere incastrato nel petto per qualche istante.
- … Sembrerebbe proprio la mia preferita … - continuò lui, mentre anche la mano proseguiva il suo viaggio, portando con sé, su, fino alla vita sottile, il bordo della maglia, raccolto ben al di sopra di essa - … e in questo caso, mi dispiace … -.
- Ti dispiace … cosa? – soffiò Yuki, il tono insinuante di chi aveva intuito il suo gioco e non intendeva tirarsi indietro.
- Mi dispiace, - le sussurrò dietro l’orecchio, - … ma non credo di potertela prestare … - proseguì, scendendo di nuovo lento verso la base del collo, per fermarsi e insistere su un lembo di pelle, quasi a distrarre Yuki, mentre la mano, insinuante e temeraria, aveva fermato la sua corsa appena al di sotto del seno e le dita si muovevano leggere, sfiorando con il dorso la curva delicata della sua forma. Una forma che già aveva scoperto, tracciato, accarezzato e baciato, notte dopo notte, in un crescendo sensuale che ancora non l’aveva saziato; una forma che sapeva morbida, profumata e, soprattutto, capace di risvegliare in Yuki qualcosa che di solito era ben celato, in una piega nascosta del suo temperamento.
- Qu … quindi? – insistette lei, scivolando indietro, a distendersi sul letto, sotto la spinta leggera di quella mano grande che si era aperta accogliendo per intero il seno, stringendo e accarezzando, per poi lasciare il posto alle sue labbra.
Genzo chiuse gli occhi, mentre si dedicava a quel piccolo lembo di pelle morbido che si increspava, reagendo alle sue attenzioni; sorrise, soddisfatto, quando Yuki, inconsapevolmente inarcò un poco la schiena, e svelto ne approfittò sfilare ancora di più la maglia da sotto il suo fianco, spingendola fino sotto le sue spalle. Sollevò il capo, sostenendosi con il gomito sinistro puntato sul cuscino di Yuki, mentre con la mano le afferrava un polso, accompagnando il suo braccio oltre il capo, per poi recuperare la maglia e farla scivolare fino a sfilargliela quasi completamente. Scorgendola attenta e pronta ad ogni sua mossa, scese sulle sue labbra, catturandole vorace, chiedendo e subito ottenendo da lei la risposta che desiderava: vivace e sensuale, accogliente e insieme energica, così come era cresciuta con lui, dai primi timidi baci scambiati sulla soglia di casa alla partenza per la trasferta a Leverkusen, fino a quel mordersi vorace, rubandosi fiato per perdersi uno nell’altro, ogni volta con urgenza maggiore. Si sollevò solo per un attimo, scorgendo i suoi occhi socchiusi scomparire e poi tornare a puntarsi nei suoi, mentre la maglia finalmente scivolava oltre il capo e lungo tutto il braccio destro, spinta dai movimenti di entrambi, finendo per volare via, inutile e lontana.
La luce fioca, disegnava sul viso di Yuki tratti misteriosi; i capelli, sciolti sul cuscino, macchiavano l’ombra oltre il suo capo come fossero di un inchiostro denso, lento e inesorabile nel suo sfidare le lenzuola chiare, nello stesso modo inafferrabile e segreto con cui l’immagine di lei colava sui suoi sensi risvegliando un istinto nuovo, quasi predatorio. Le sue labbra sottili si piegarono in modo impercettibile in un sorriso in cui lesse una sorta di sfida e Genzo avvertì le proprie rispondere a quella provocazione, tendendosi per un istante, prima di tornare a catturarle.
Con il respiro teso e il petto che svuotava in soffi sempre più nervosi, la coscienza gli pareva offuscata, sommersa in uno stato sospeso tra sensi affamati e mente schiava del suo stesso corpo.
Si sollevò da lei, le labbra dischiuse e il respiro affannato, nella ricerca di aria che pareva essere finita nell’istante preciso in cui i loro baci si erano legati uno all’altro. In un attimo, la vide sollevarsi, avvertì la presa dei suoi polsi incrociati dietro alla nuca, e il suo viso scomparve affondato alla base del collo, dove Yuki prese a cercarlo e attaccarlo, con baci umidi e morsi leggeri, in una scia insistente e precisa che, scendendo sempre di più, giunse presto a forzare la maglia che lui ancora indossava, segnando con una presa decisa di denti sulla sua pelle, là dove lei non avrebbe potuto proseguire.
Genzo, deciso, distese le braccia, sostenendosi sulle ginocchia, per sfilare in un unico gesto la propria maglia, senza curarsi di nulla, e poi tornare a offrirsi a lei. Incrociò per un istante il luccichio avido dei suoi occhi scuri e avvertì di riflesso lo stesso bisogno di sentirla ancora di più, con maggiore intensità, in una scarica che gli tese la schiena, scendendo fino al ventre. Si chinò su di lei, tornando ad offrirle il proprio collo e intanto mosse la propria mano, cercando e trovando il suo fianco, con carezze disordinate, quasi che la sua mente non riuscisse a strapparsi dal richiamo incessante che le labbra di Yuki operavano sul suo petto; un contatto che sapeva di sfida e di ricerca, che stuzzicava, chiamava e si faceva sempre più esigente, risvegliando onde calde che dalla pelle si facevano profonde, diramandosi in brividi attraverso il corpo, scariche che si concentravano in un punto preciso del ventre, spezzandogli di volta in volta il respiro in frammenti sempre più difficili da recuperare.
Come in risposta ad una sfida, Genzo tornò a sollevarsi sulle ginocchia, insinuando il destro tra quelle di Yuki, e mentre con la mano sinistra tornava ad accarezzarla, tracciando con due dita il profilo delle sue labbra lucide, con l’altra cercò di nuovo il suo fianco, insinuandosi deciso sotto la biancheria, oltrepassando un confine che solo una volta aveva violato, nella lucida consapevolezza che questa volta non si sarebbe fermato a quello. Senza attendere, mosse la mano sulla pelle, portando con sé la stoffa, ed ebbe un sussulto nell’accorgersi che lei, di riflesso, aveva sollevato i fianchi per agevolarlo, mentre trascinava i suoi slip fino ad incastrarli contro il proprio ginocchio. Nessuna incertezza, nessuna indecisione in un gesto forse istintivo, ma che lei gli aveva concesso con una naturalezza disarmante, che gli aveva prosciugato la gola. Assetato, cercò ancora le sue labbra nascondendo a se stesso il sentiero che la sua stessa mano stava tracciando sul ventre piatto e liscio di Yuki, scendendo lento fino ad nascondersi laddove non aveva ancora osato arrivare.
In quell’istante, i suoi baci si spezzarono, trattenendosi in bilico tra un contatto e uno sfiorarsi di labbra, mentre l’attenzione di entrambi correva su un altro punto di incontro, su carezze leggere, tremanti, che scoprivano nuova pelle e nuove forme, rivelando un desiderio nascosto che, in una spirale leggera che si faceva via via più decisa, divenne necessità per ciascuno di loro. Fu come perdere il lume della ragione, affondando nell’istinto di entrambi, mentre lei sollevava appena i fianchi e lui si lasciava condurre dal suo richiamo, cercando di riconoscere il suo desiderio. Si mosse, lento, seguendo il suo sospirare e leggendo quel muoversi leggero dei fianchi, la stretta delle sue mani sulle braccia che si faceva via via più decisa, e la piega nuova che aveva preso la sua espressione, con gli occhi stretti in fessure sottili e la labbra appena dischiuse, umide e tremanti. Fu con insistenza, attenzione e assoluta devozione che accolse ogni suo flebile gemito, accompagnando ogni inarcarsi della schiena, gli attimi della tensione improvvisa e il vibrare del suo respiro fino a spezzarsi nell’ultimo fremito, il più lungo e intenso, che parve scuotere il suo corpo e il suo animo, portando lui stesso a tremare con lei.
 
Fu dopo qualche istante, che la vide spalancare gli occhi, mentre il suo respiro tornava lentamente regolare; rimase ad osservarla affascinato: le labbra tese in un sorriso incontrollato, la fronte appena imperlata di sudore e lo sguardo che mutava la sorpresa in qualcosa di nuovo, che sapeva di torbida determinazione. Le sorrise, di rimando, incapace di pronunciare parole, ancora non del tutto consapevole di cosa fosse realmente accaduto, ma completamente soggiogato dal suo sguardo e venne colto di sorpresa quando lei si mosse, inaspettatamente piena di energia, per spingerlo a distendersi con la schiena sul letto e distendersi al suo fianco, con il braccio destro insinuato sotto al suo collo, in un abbraccio stretto. Quando accolse il suo bacio, ne riconobbe il sapore, dietro lo slancio deciso e esigente con cui lei lo cercò, lasciandosi piacevolmente sorprendere dalla sua forza, dal piglio quasi severo con cui era lei, in quel momento, a condurre il gioco. Il respiro si fece presto di nuovo pesante, intrecciato com’era in quei baci serrati, umidi e profondi, e l’intero corpo rispose fin dal primo contatto, risvegliandosi da un torpore che non aveva del tutto vinto sulla tensione delle membra. I sensi all’erta, Genzo ebbe un fremito quando avvertì la sua mano premere sulla pelle, al centro della sua schiena dove era rimasta per qualche istante, e poi iniziare a muoversi, con la punta delle dita che sfiorava ogni vertebra in una discesa lenta e sicura, fino al bordo dei boxer. Yuki insistette per un poco, giocando con la fascia elastica per qualche istante, prima di far scivolare le dita lungo tutto il perimetro dell’indumento, fino ad aggirare il fianco e a raggiungere il suo ventre. Di nuovo qualche respiro di attesa durante i quali Genzo rimase sospeso, vigile e teso, mentre l’ultimo dubbio veniva a galla e poi affondato nuovamente, nel tocco deciso con cui il palmo si era aperto e appoggiato là dove la sua eccitazione non poteva essere nascosta. Il brivido che lo attraversò di nuovo da capo a piedi si tradusse in un movimento involontario sotto le dita di Yuki che tremarono un poco, sorprese, prima di muoversi ancora, appena più decise, alla ricerca di un una nuova reazione che presto si fece viva sotto la stoffa.
Genzo, gli occhi appena socchiusi a scrutare la fioca luce della stanza e concentrato a seguire il tocco della sua mano, ebbe un sussulto nell’incrociare lo sguardo scuro, di pura soddisfazione, con cui lei lo stava fissando; deglutì di fronte a quegli occhi affamati, pronti a passarlo da lato a lato, ed ebbe la certezza assoluta che niente, nessun residuo di pudore o di cos’altro, avrebbe potuto fermarla. Si sentì preda e incredibilmente pronto ad esserlo.
Non ebbe modo di opporsi, quando la mano di Yuki si infilò nei boxer, afferrando decisa la stoffa per tirarla verso il basso, scoprendo la sua meta curiosa e determinata, né quando tornò alla sua pelle, liscia e tesa, per cercarla e accarezzarla, saggiarne la forma e scoprirne ogni segreto. Avrebbe voluto tenere gli occhi fissi nei suoi, mentre le si consegnava, in tutta la propria forza e al contempo nella più grande debolezza, ma il tocco della sua mano, fattosi in un istante più deciso, ampio e insistente, annullò ogni sua volontà, chiudendogli la gola in un gemito appena trattenuto. Tese le mani, premendole contro le lenzuola e poi afferrando la stoffa, quasi a cercare un appiglio, uno qualunque, per non cedere a quell’insostenibile tormento; non seppe controllarsi, quando un calore inatteso iniziò a diffondersi da un punto nascosto, al centro del suo corpo; non poté impedirsi di abbandonarsi con il capo riverso all’indietro, affondato nel cuscino, cercando aria con le labbra socchiuse, mentre anche respiro si faceva serrato e la coscienza si strappava, lacerandosi in frammenti che si disperdevano tutto attorno a lui, come piumini di un soffione sollevati e dispersi dal vento. E non poté che abbandonarsi completamente a lei, anima e corpo, quando nella nebbia che lo aveva avvolto un’esplosione spazzò lontano l’ultimo brandello di lucidità, in un fragore che disperse ogni volontà, per farlo deflagrare in un gemito profondo che gli spezzò il respiro, lasciandolo inerme, senza fiato e padrone di un'unica certezza: loro due, insieme, in quel momento assolutamente perfetto.
 
[i] Ho letto che la mascotte dell’Amburgo è proprio una specie di dinosauro che nella realtà è blu, come i colori sociali della squadra. Qui l’ho adeguato ai colori del Grunwald.

Angolo dell'autrice: sempre più incasinata... ma ci sono, almeno per ora. Ho ancora tanto da raccontare e cerco di non mollare, anche se diventa sempre più impegnativo trovare il tempo per tutto. Eppure... questa storia mi chiama inesorabilmente e anche nei momenti meno opportuni, ritagliandosi del tempo anche dove non c'è. Avrò un mese di ottobre super impegnativo e solo in seguito, forse, potrò tirare un po' il fiato. Spero che possiate portare pazienza e che questo rallentamento nella pubblicazione non dia troppo fastidio.
Un abbraccio a chi legge, segue, preferisce, ricorda...
A presto
mgrandier
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: mgrandier