Il
cerchio si era chiuso. Finalmente lui e Asmodeus erano l'uno
di
fronte all'altro. Il demone non era solo, ma quegli altri
due demoni
inferiori non lo preoccupavano.
Lucifer
sorrise maligno. «Devo riconoscere che sei stato abile, ma
questa
cosa di riunire più anime in una sola stanza ed evitare di
punirle
per sfruttare i loro ricordi a proprio uso e consumo deve
finire. Ah, e per quanto riguarda
te...» commentò spostando le iridi su Ravekeen, «sei
licenziata.
Per quanto gli abiti con cui ti presentavi a lavoro mi
intrigassero,
sono stanco delle tue menzogne» ringhiò, mentre i suoi occhi
baluginavano di scarlatto livore.
Ravekeen
sorrise beffarda. «Facciamo che mi licenzio io. Sei troppo
sensibile
per essere il mio capo, così legato agli umani...» rispose,
gettandosi all'attacco, sguainando un pugnale in acciaio
demoniaco.
L'altro
demone si fece avanti a sua volta. Lucifer piegò il busto
all'indietro, schivando la donna, raddrizzò il torso e deviò
il
braccio armato dell'uomo, colpendolo poi alla nuca,
mandandolo al tappeto.
Fece
qualche passo verso Asmodeus e sorrise divertito. «Vedi, c'è
una
cosa che non hai preso in considerazione» gli disse.
L'altro
inclinò la testa verso una spalla, apparentemente curioso.
«Cosa?»
«Io»
esordì Lucifer, «sono il Re dell'Inferno» recitò con un
sorriso
feroce sulle labbra, alzando una mano. I due demoni minori
si
immobilizzarono all'istante. «Tutto quello che appartiene
all'Underworld, è sotto il mio controllo.» Mosse la mano,
come a
cancellare una lavagna e la stanza attorno a sé si sgretolò
e volò
via e al suo posto rimase...
Il
suo attico di Los Angeles?
Lucifer
aggrottò la fronte.
«E
tu hai dimenticato che sei stato via per molto, molto tempo.
Alcune
cose sono cambiate» disse Asmodeus, in piedi davanti al
bancone del
bar. «Ci ha richiesto molti sforzi, molta fatica, ma alla
fine ce
l'abbiamo fatta e abbiamo creato la stanza perfetta per lei,
una
stanza dove tu, mio caro Lucifer, non hai potere. Questa
cella, non è
più l'Underworld. Devo ringraziare la scenografica rivolta
di
Dromos. Mentre lui attirava completamente la tua attenzione,
un
gruppo di miei fedelissimi è andato sulla Terra, ma non a
Los
Angeles. Sono andati dove potevamo recuperare il necessario
per
rendere questa cella immune ai tuoi poteri. Adatta per lei,
appunto.
E per te» spiegò, sorridendo beffardo.
Lucifer
aggrottò la fronte, preso da un improvviso dubbio. «Lei?»
Il
sorriso di Asmodeus si allargò, scoprendo la dentatura
ferina. Il
campanello dell'ascensore suonò, le porte si aprirono e
Lucifer
schiuse le labbra incredulo, scuotendo il capo.
«No...
Non puoi essere finita qui... Detective...» mormorò, mentre
sentiva
un macigno all'altezza del petto. Chloe era morta ed era
finita
all'Inferno. Avrebbe dovuto esserne felice, avrebbe potuto
vederla
per l'eternità, ma la realtà delle cose era che si sentiva
malissimo, anche perché il suo compito era punire i cattivi.
«Tu
non sei malvagia... non puoi essere qui.» Non poteva essere
vero.
Lucifer sorrise e guardò Asmodeus. «Tutto questo è un
trucco, non
mi freghi.»
«Lucifer...
sei tu?» La voce di Chloe gli accarezzò l'udito e il Diavolo
si
voltò a guardarla, la lasciò avvicinare e socchiuse gli
occhi
sentendo il tocco della sua mano sulla guancia,
rilassandosi.
Lei
sorrise e scoppiò a piangere. «Sei proprio tu...»
Samael
sospirò, sollevò una mano e prese il polso della donna tra
le dita,
con il dolore che gli dilaniava il cuore. «Ma tu, non sei
tu...»
Era triste da ammettere, ma non poteva essere lei e una
parte di lui
era sollevato nel saperla viva.
«Dopo
che te ne sei andato... Non mi sentivo più io. Ho fatto
cose...
terribili» mormorò lei, chinando il viso e portandosi la
mano
libera al volto. «Un ladro è entrato in casa, di notte.
Ha... fatto
del male a Trixie. L'ho ucciso ma lei... lei non ce l'ha
fatta»
raccontò affranta.
Il
volto di Lucifer divenne una maschera di dolore e rabbia.
Quella
storia era plausibile. «Troverò l'anima di quel ladro e ti
giuro
che passerà l'eternità urlando di dolore!» ringhiò,
digrignando i
denti. Inspirò, per calmarsi, le prese le mani. «Ma... hai
fatto
quello che dovevi fare. La tua anima non deve essere qui...
Chi ha
fatto del male a... Trixie...» era la prima volta che la
chiamava
per nome e gli fece male, perché non l'avrebbe potuto fare
mai più
con lei. La piccola monella era destinata alla Città
d'Argento.
Chloe
scosse il capo. «Non potevo più vivere, Lucifer... prima mi
hai
abbandonato tu, poi Trixie...» spiegò con gli occhi
arrossati dal
pianto.
Lucifer
la guardò afflitto, schiuse le labbra, incapace per un
istante di
articolare una sola parola. «Oh... Chloe... che cosa hai
fatto?»
disse devastato da quelle parole. Una suicida. I loro loop
erano
tremendi, infinite ripetizioni del dolore che li aveva
portati alla morte. L'abbracciò, stringendo le labbra,
chiudendo gli occhi.
Forse era l'ultima volta che poteva farlo, prima di essere
costretto
a punirla.
«Tu...
mi hai abbandonato...» singhiozzò lei sul suo petto.
«Ho
dovuto. Per proteggere te la tua progenie...» rispose lui,
accarezzandole i capelli. Trattenne il fiato, quando la lama
gli
affondò tra le costole. Mise le mani sulle spalle di Chloe e
la
scostò, abbassando lo sguardo sul pugnale demoniaco che lei
gli
stava affondando nel torace. Alzò lo sguardo incredulo su di
lei.
«Tu
mi hai abbandonato!» disse lei con rabbia, vomitandogli
addossò il
suo disprezzo e una serie di fendenti, alcuni dei quali lo
colpirono.
Il
Diavolo si portò la mano dietro la schiena, sotto la giacca
del
completo, ed estrasse il kukri che Maalik gli aveva dato. Il
contrattacco prese di sorpresa la detective lasciandole
sfuggire il
pugnale di mano.
Istintivamente,
Lucifer caricò il colpo che avrebbe finito l'avversario, ma
fermò
la lama prima che colpisse la gola di Chloe. Non poteva
colpirla. Non
lei... Arricciò le labbra in un'espressione di rabbia. «Tu
non sei
lei!» ringhiò, caricando nuovamente il colpo ma, prima che
esso
colpisse la detective, una lama trapassò Lucifer, colpendolo
alle
spalle, fuoriuscendo da sotto la clavicola sinistra.
«Morirai
senza sapere se era veramente lei» disse Asmodeus,
guardandolo
cadere sul pavimento. Estrasse dalla tasca un fazzoletto e
lo usò
per pulire la lama d'acciaio demoniaco con cui aveva colpito
Lucifer,
una lama dritta, stretta, ben differente da quelle arcuate
dei
pugnali. Quello era più simile a uno stiletto.
Il
sole stava tramontando fuori dalla finestra, il cielo pareva
in
fiamme, mentre Chloe si mise a cavalcioni sul corpo di
Lucifer,
troppo debole per difendersi.
«La
pagherai per tutto il male che mi hai fatto» soffiò
inviperita.
Lucifer
la guardò afflitto. Avrebbe voluto fare una battuta di
spirito,
visto che quella posizione avrebbe dovuto dargli diverse
idee a
livello erotico. «Mi dispiace...» Fu l'unica cosa che riuscì
a
dire, prima che il sole entrasse dalla finestra, centrando
in pieno
Asmodeus. Un getto di plasma incandescente, travolse Chloe,
strappandola dal Diavolo e scagliandola contro la
parete.Lucifer
guardò l'essere infuocato avvicinarsi, le fiamme che lo
avvolgevano
si affievolirono sino a rivelare...
«Maalik?
E tutta la storia di rimanere al tuo posto?» commentò,
appoggiando
la testa al freddo pavimento, esausto per le ferite.
L'attico attorno a lui si dissolse, lasciando il posto a una
cella buia, con un grosso buco sul soffitto scioltosi per il
calore. La cenere entrava leggera, vorticando nella lieve
brezza.
Il
fratello gli si inginocchiò accanto e gli infilò le dita
nelle
ferite. Il calore fu così intenso da costringere Lucifer a
inarcarsi
sulla schiena e urlare, ma così facendo gli cauterizzo la
parte
offesa, bloccando l'emorragia.
«Se non fossi riuscito a fermarli,
loro sarebbero fuggiti e io avrei fallito il mio compito»
rispose
Maalik, con quel tono baritonale che riverberava nel petto.
«Brutto
figlio di... Mamma...» commentò Lucifer, girandosi su un
fianco,
sorridendo divertito. Il sorriso si spense nell'istante in
cui vide i
resti di...
«Chloe...»
mormorò, trascinandosi a gattoni verso la donna. Dove trovò
la forza per farlo, non lo sapeva nemmeno lui, anche se era
certo che Linda avrebbe avuto la risposta.
Le posò una mano
sulla spalla e girò il corpo carbonizzato verso di sé e alzò
gli
occhi al cielo, sollevato, nel vedere quelle iridi di
zaffiro fissare
il nulla.
«Tutto
a posto, fratello?» chiese Maalik.
Lucifer,
si mise a sedere sui talloni, sollevò un angolo delle labbra
e
sbuffò di sdegno. «Insomma... Mi sono fatto fregare come un
idiota. Forse
è vero che a stare con gli umani mi sono rammollito...»
Maalik
lo raggiunge e gli mise una mano sulla spalla. «L'affetto,
fratello,
non rende mai deboli.»
«Ma
ci può ferire... Siamo noi a permettere che le persone
abbiano
potere su di noi...» rispose lui.
Il
fratello gli si inginocchio di fianco. «E che sensazione dà?
Com'è
permettere a qualcuno di entrare dentro di noi, fino ad
avere persino
potere di influenzarci?»
Lucifer
chinò il capo e si posò una mano sul petto, riflettendo per
un
lungo istante, poi sorrise. «È una sensazione tale, che non
vi
rinuncerei per nulla al mondo.»
Tutto era
tornato alla normalità. Niente celle multiple per le anime,
niente demoni scontenti. Le ferite erano guarite, Maalik
continuava
ad ardere all'ingresso dell'Inferno, rovesciando su di esso
quintali
di cenere, gli zabanyya lo sorvegliavano dall'interno, visto
che come
anime non potevano abbandonarlo.
Aveva
dato disposizioni ai suoi sudditi. Dovevano interrogare ogni
anima
che avesse conosciuto Chloe Decker, sia quelle presenti che
quelle
che dovevano ancora arrivare all'Inferno. Voleva essere
sicuro che
stesse bene, esserle vicino e quello era l'unico modo che
aveva. Non
l'avrebbe mai abbandonata.