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— Libri
Personaggi:
Edgar Allan Poe, Edogawa Ranpo
Canzone: People
Help The People ~ Birdy
(cover)
Numero parole:
1082
La gente aiuta
la gente
E se senti nostalgia di casa
Dammi la tua mano, e io la stringerò.
Dove
Ranpo Edogawa va, si crea il caos: Edgar
lo sta imparando a proprie spese.
Il pomeriggio è iniziato incontrando il
detective per le strade di Yokohama — nella foga di corrergli
incontro, quello
gli ha dato pure una testata —, e sta proseguendo in sua
compagnia: annoiato dalla
giornata troppo calma e impaziente di trovare qualcosa con cui tenersi
impegnato, Edogawa è riuscito a strappargli il permesso di
leggere l’ultima
storia a cui sta lavorando, non ancora conclusa ma più
complessa delle
precedenti, nonché di girovagare liberamente nella villa.
Decisione
non ben ponderata,
perché mentre lui si ritrova rinchiuso nel suo stesso studio
per proseguire l’opera,
Ranpo libera la propria voce dalla parte opposta della dimora e scatena
una serie
di scricchiolii e rumori agghiaccianti.
Finalmente, quando sugli
ambienti scende un improvviso silenzio ed Edgar inizia a temere il
peggio, il
detective gli compare davanti, caracollando sotto la pila di libri che
tiene
tra le braccia e con lo sguardo acceso d’interesse.
«Fai attenzione con
quelli, sono importanti», mormora lo scrittore dopo aver
riconosciuto i volumi e
guardando l’altro appoggiarli sulla scrivania, per poi
allungare una mano e
accarezzarli delicatamente.
«Lo so, infatti sono quelli
che tieni più vicino al letto. Le pagine sono molto segnate,
le sfogli spesso, e
l’inchiostro ha perso parte del suo colore: te li sei portati
dall’America. Però
non c’è traccia di storie qui dentro, solamente
numeri, iniziali di nomi di persone…
e luoghi?»
«Le storie ci sono, ma
non in questi volumi.»
«Uh? Li tieni come
registro, allora?»
Edgar accenna un sorriso,
quindi annuisce. «Li tenevo come tali,
sì», conferma, per poi posare la
penna d’oca e chiudere il tomo che ha innanzi.
«Anni fa, prima che io e te
avessimo la nostra sfida, scrivevo per chiunque me lo chiedesse: storie
comiche, fantastiche, d’avventura, semplici scene di
vita… era un modo per
sviluppare le mie capacità, e alla gente piaceva. In quei
libri potevano vivere
ovunque e qualunque cosa loro volessero, visitare luoghi lontanissimi,
incontrare
persone.
Non ci vedevo nulla di male
e le richieste erano tante, mi divertivo pure.»
«Hmm…» Ranpo apre a caso
uno dei tomi, punta il dito sul primo nome che incontra e sul suo volto
si
dipinge un ghigno. «Questo l’hai davvero
mandato nel cratere di un
vulcano?»
«Un tempo quell’uomo era
un esploratore, ma non aveva mai potuto visitare un vulcano estinto:
risolvemmo
il problema in questo modo.»
«Contento lui… qui invece
ci sono due iniziali, e un nome strano.»
«Oliver e la sua cagnolina
Fioralba. Descrivere il drago che voleva cavalcare fu
un’impresa simile a
quella che gli feci compiere, ma ne valse la pena.»
Sorridendo più ampiamente,
Edogawa punta più sotto. «H. A.»
«Oh, la signora Helen Anders!
Era diventata troppo anziana per muoversi, ma voleva rivedere il mare:
così
scrissi di un’intera giornata passata sulla spiaggia di
Nantasket1. Mi
ringraziò per giorni.»
Proseguono così, con un
nome e una storia che profuma di desideri e memoria, per altri dieci
minuti;
quindi, Ranpo scorre verso la fine del libro e lascia scivolare il dito
fino a
incontrare due iniziali scritte in inchiostro viola. «V.
S.»
Nonostante sia ormai
pomeriggio inoltrato, la sera dovrebbe essere lontana; eppure, nella
stanza la
luce si affievolisce, così come l’entusiasmo di
Edgar nel raccontare.
«Viviane. La vicenda
riguarda lei e il suo fidanzato.» Una pausa.
«Dovevano sposarsi; ma invece che
un velo da sposa, quella ragazza dovette indossare una veste funebre e
partecipare al funerale di chi amava.»
Ranpo rimane in silenzio
un istante, quindi estrae un volume dalla pila: quello che riporta
sulla
copertina il nome della giovane.
Poe lo prende dalle mani
dell’amico, lo stringe al petto. «La sua famiglia
me lo restituì un mese dopo.
Viviane lesse la storia così tante volte da saperla a
memoria… e poi s’impiccò
per trasformare la fantasia in realtà, per lasciarsi alle
spalle una vita che
non aveva più niente da offrirle. Quando la trovarono, il
libro era ai suoi
piedi, aperto sull’ultima pagina…»
E
c’era un messaggio: mi
perdoni, signorino Poe, ma ho scelto un finale migliore.
Edogawa
scurisce lo
sguardo, quindi osserva il tomo che ha davanti a sé. Ci sono
altre iniziali, ma
non ha bisogno di chiedere per sapere che le storie commissionate non
sono mai
state portate a termine: scorge la risposta nel volto
dell’amico, nella carta intonsa
che incontra le sue dita, e chiude il volume. «Lo avrebbe
fatto comunque, Poe-kun.
Anche se tu non avessi scritto quella storia, l’esito sarebbe
stato lo stesso.»
Lo scrittore annuisce, si
alza. Ranpo impila nuovamente i libri e li passa all’amico,
accompagnandolo quindi
nei corridoi della villa. «Anche se inizialmente mi assunsi
parte della colpa,
poi mi arresi al fatto che non avrei potuto fare niente»,
prosegue Edgar, «proprio
come dici tu. Tuttavia, la sua fu l’ultima richiesta che
accettai, e non credo
che potrei ricominciare.»
«Però hai permesso che
una nonnina rivedesse il mare che tanto amava, e quel signore nel
cratere del
vulcano… hai reso loro molto più di qualche ora
di felicità. E chi vuole
rivedere qualcuno che ama—»
Ranpo si blocca, spalanca
gli occhi: ha una fitta al cuore e sa bene il perché. Per un
istante, rivede davanti
a sé l’ombra dei suoi genitori e il dolore che ha
provato quando è rimasto
indietro, mentre loro sono andati avanti e dove non avrebbe potuto
raggiungerli. Se allora non avesse incontrato Fukuzawa, chi
può dire che cosa
ne sarebbe stato di lui? Se avesse trovato qualcuno come Poe e chiesto
di
scrivere della sua famiglia, avrebbe poi seguito i passi di Viviane?
In che cosa sarebbero
stati diversi?
La mano di Edgar mette
fine alle domande, posandosi sulla sua spalla con gentilezza.
Ranpo respira, accenna un
sorriso perché non ha bisogno di una risposta e
può anche dimenticare il
quesito: ha qualcuno accanto a sé, non è solo
né dimenticato, il finale è
ancora lontano. «Anch’io voglio cavalcare un drago,
comunque!», esclama all’improvviso
facendo sobbalzare Edgar, per poi voltarsi verso di questi con un
sorriso, «ma
prima, sbaglio o qualcuno mi deve un romanzo?»
Edgar sorride a sua
volta, socchiudendo gli occhi. «Un’ultima frase ed
è tutto tuo, e voglio
proprio vedere come te la caverai.»
«In meno di tre secondi,
come sempre!»
«Stai allungando il tempo,
vedo…»
«Così credi tu!»
No, nessuno dei due deve
temere: la storia è tutta da scrivere, ed è
appena cominciata.
NOTE
1 Luogo
non
molto distante da Boston.