PROLOGO
UN
VILLAGGIO SULLA COSTA DELLA TERRA DEL SUONO
1
GENNAIO 793 A.F*
***
L’aria
era fredda e pregna di umidità. Le poche lanterne di pietra
presenti
squarciavano a malapena il buio di quella gelida notte del nuovo anno.
Da
una delle basse case di legno fuoriuscì una figura, armata
con una katana, una
lancia e una lanterna.
La
figura, tenendo ben alta la lanterna davanti a sé,
cominciò a percorrere la
strada sterrata che serpeggiava giù lungo i fianchi della
collina fino alla
costa poco più in basso.
Il
suo respiro generava dense nubi di condensa che si persero
nell’aria. Le case
lo scrutavano con i loro occhi socchiusi, simili a mostri deformi
pronti a
saltargli addosso alla minima distrazione: mentre la sua fantasia
cominciava a
generare gli scenari peggiori, Aki aumentò il passo,
calpestando qualche
pozzanghera qua e là lungo la strada.
In
poco tempo raggiunse il basso muro di pietra che proteggeva il
villaggio e
passò il cancello di legno, salutando un paio di suoi
colleghi, poi si diresse
verso la spiaggia che si trovava alla fine di un sentiero.
Camminò
con la fiamma della lanterna che proiettava ombre tremolanti intorno a
lui che
alle volte sembravano assumere l’aspetto di demoni longilinei
pronti a
ghermirlo con le loro dita malefiche.
Portò
la mano alla katana, pronta a scattare al minimo senso di pericolo:
passare per
quel bosco lo innervosiva ogni volta, anche in pieno giorno, ma quella
notte in
particolare lo rendeva noioso.
Era
il suo primo turno di guardia in assoluto.
Prese
a calmarsi solo quando la vegetazione si fece meno fitta e il terreno
sotto di
lui cominciò a diventare più morbido, per poi
sorridere quando cominciò a udire
la melodia delle onde sul bagnasciuga.
Si
ritrovò in un’ampia spiaggia su qui era stata
eretta una torre di pietra grezza
e legno: si fermò davanti alla porta realizzata con una
manciata di assi
inchiodate insieme alla meno peggio e ormai completamente marcite.
In
linea d’aria, a circa cento metri, stava una rimessa per le
barche.
<<
Natsu! Sono Aki, è arrivato il momento del cambio!
>>
La
sua voce si disperse nella notte. Subito dopo la testa di un ragazzo a
malapena
maggiorenne si affacciò dal parapetto e disse.
<<
Scendo subito! >>
La
testa ritornò sotto la tettoia di paglia e subito dopo il
ragazzo scese i rozzi
gradini di pietra all’interno della struttura e una volta
all’esterno si
avvicinò ad Aki e con un sorriso disse.
<<
Buonanotte, e buon anno nuovo! >>
Aki
sorrise e lo ringraziò chinando la testa. Non era mai stato
una persona che
amava parlare.
I
due si separarono, e lui entrò nella torre facendosi luce
con la lanterna; i
raggi della luna piena penetravano nella torre attraverso delle piccole
finestre.
Arrivato
in cima appese la lanterna ad un gancio e si sedette ad un tavolo posto
vicino
ad un braciere acceso dentro qui erano stati appena messi dei ceppi.
Al
centro della stanza stava una grossa pira, di legno e paglia con una
grossa
urna d’olio e una torcia: era il segnale d’allarme.
La
pira veniva accesa, e un’altra sentinella in una capanna sul
versante della
collina, avvistando le fiamme, dava l’allarme per preparare
la difesa del
villaggio.
Si
avvolse nel mantello di lana e restò lì, a
fissare il mare.
Passò
un’ora circa a scandagliare i dintorni in cerca di
qualsivoglia segnale di
pericolo: dopo un’altra ora cominciò a pentirsi di
non essersi portato qualcosa
da leggere.
Passò
il tempo senza che volasse una mosca; era solo lui in compagnia del
dolce
mormorio delle onde sospinte di tanto in tanto da un lieve filo di
vento e
l’allegro scoppiettare del fuoco nel braciere che lo teneva
al caldo.
Poi,
dal nulla, un corvo atterrò sul parapetto davanti a lui,
svegliandolo dal suo
dormiveglia con il suo stridulo gracchiare.
Aki
sobbalzò e lo guardò con sguardo curioso e
intimorito allo stesso tempo.
Non
aveva mai visto un corvo di quelle dimensioni, poco più di
settanta centimetri.
L’uccello
lo fissò di traverso e gracchiò a lungo, per poi
sparire nella notte con un
fruscio d’ali.
Aki
si affacciò dal parapetto, ma il corvo era già
sparito nella notte.
Poi,
con la coda dell’occhio, vide qualcosa muoversi in
prossimità di una grotta
poco distante.
Aguzzò
lo sguardo, e quello che vide gli fece gelare il sangue nelle vene.
Una
ventina di figure armate di tutto punto si stavano dirigendo verso di
lui.
Prese
all’istante l’urna d’olio che ruppe sulla
pira, poi allungo la mano verso la
torcia; fu sul punto di afferrarla quando qualcuno lo tirò
con forza per il
cappuccio del mantello, scagliandolo con violenza verso le scale.
Il
mondo intorno a lui vorticò mentre rotolava giù
per i ripidi scalini di legno,
proteggendosi a fatica la testa con le braccia.
La
sua caduta si arrestò dopo un tempo che parve interminabile.
Gli
girava la testa e sentiva dolori in tutto il corpo: ogni respiro
corrispondeva
ad una fitta di dolore, in bocca sentiva il sapore ferroso del sangue.
Sentì
dei passi e alzò la testa, ma non riuscì a vedere
molto poiché la sua vista
sfocata venne ricoperta da numerosi puntini rossi. Si rialzò
a fatica e dopo
aver sputato del sangue e un paio di denti si avvicinò alla
porta nel disperato
tentativo di fuggire.
Venne
afferrato per le spalle e mentre veniva fatto voltare
sfoderò la spada e menò
un fendente ad altezza collo con la sola forza della disperazione. Ma
la sua
spada impatto contro il fianco di un’armatura, invece di
incontrare la carne.
La
sua lama venne bloccata con una presa e gli venne strappata dalle mani
da una gigantesca
figura di oltre un metro e ottanta d’altezza.
Non
fece in tempo a vederla in dettaglio che la figura gli
piazzò una violenta
pedata in petto che lo scagliò contro la porta,
distruggendola. Il suo intero
petto parve urlare dal dolore. Udì un rumore di passi dietro
di lui, e delle
voci che parlavano una lingua a lui sconosciuta che era totalmente
diversa da
qualsiasi altra lingua avesse mai sentito.
Era
con la faccia rivolta al cielo e riusciva a malapena a respirare
figurarsi a
muoversi.
Non
li vedeva, ma sapeva che chiunque fossero, lo fissavano con i loro
occhi
attenti e curiosi, immobili come statue.
Udì
dei passi sulla soffice sabbia.
Nella
sua visuale apparve un uomo con lunghi capelli color
dell’oro. Sotto la tunica
azzurra risaltava quella che sembrava un’armatura a lamine e
portava dei
bracciati di cuoio con sopra incisi due martelli gemelli.
L’uomo
spezzò la spada sulle ginocchia con facilità
disarmante, in mano aveva una
lancia, la sua, e si avvicinò in silenzio.
Aki
tremò quando vide gli occhi color ghiaccio di quel gigante.
Erano così luminosi
che sembravano ardere di vita propria.
Quegli
occhi furono l’ultima cosa che vide, prima di ricevere il
bacio della morte.
***
Eivar
lasciò la lancia nel cadavere della guardia cadesse ai suoi
piedi per poi
avviarsi deciso verso i suoi compagni; erano partiti da Kattegat un
mese fa, e
nonostante le innumerevoli difficoltà erano riusciti ad
approdare in quella
terra del sud di qui tanto si parlava in vecchie storie che ormai solo
lui
prendeva la briga di ascoltare
Suo
fratello Sigmund, un uomo dai corti capelli rossicci e occhi verdi
disse.
<<
Per un attimo avevo pensato che non avresti fatto in tempo.
>>
Eivar
rispose.
<<
Io faccio sempre in tempo. Passami la mia roba comunque!
>>
Sigmund
rise e diede al fratello uno scudo di legno decorato con una svastica**
arancione rinchiusa in un cerchio di rune protettive del medesimo
colore, e un’ascia
da guerra a due mani.
Eivar
lo ringraziò mentre infilava il braccio nella corda per
mettere lo scudo in
spalla, afferrò l’ascia e si diresse in testa al
gruppo e insieme si diressero
verso il sentiero che portava al villaggio. Huginn*** si
appollaiò sulla sua
spalla per un breve attimo, per poi spiccare di nuovo il volo.
Si
mossero nella foresta disposti a ventaglio, cercando di fare meno
rumore
possibile, cosa alquanto difficile visto il loro numero. Stavano
inoltre evitando
il sentiero principale per evitare di essere visti dalle sentinelle.
Avevano
anche ordinato di coprire le lame delle loro armi, di sporcare di fango
gli
umboni non coperti da vernice per evitare qualsiasi riflesso e di
indossare la
tunica sopra le armature di metallo e un cappuccio per nascondere gli
elmi
dotati di maschera protettiva per il viso.
Quando
vide le mura di pietra circolari del villaggio diede ordine di fermarsi.
Il
villaggio si trovava in una radura, protetta da mura di pietra e da un
cancello
di legno. Gli occhi esperti di Eivar e dei suoi compagni individuarono
subito i
punti deboli.
Le
mura erano piene di appigli e quindi facilmente scalabili, mentre il
cancello
di legno era in pessime condizioni, quindi sarebbero bastate una
manciata di
colpi d’ascia ben assestate per farlo cadere, ma meglio non
rischiare e aprirlo
dall’interno, decise.
Era
presidiato da due torri che a malapena si reggevano in piedi.
Dopo
un paio di minuti fece radunare i compagni intorno a sé e
disse.
<<
Io, Sigmund, Freja e Eivor… >>
Indicò
lui, suo fratello, una donna dai lunghi boccoli dorati e
un’altra donna con i
capelli scuri raccolti in trecce e rasata ai lati della testa.
<<
…ci arrampicheremo sulle torri, elimineremo le guardie e
apriremo il cancello.
Dopodiché ci dirigeremo in quel tempio laggiù, su
quella piattaforma di pietra.
Uccideremo chiunque ci si metta contro e se necessario entreremo in
berserk****
per fare in fretta. Tutti i tesori sono dentro a quel tempio, dobbiamo
essere
rapidi e veloci. Torniamo alla nave e leviamo le tende prima ancora
dell’alba.
Tutto chiaro? Lasciate integri minimo cinque carri per trasportare il
tutto. Se
riusciremo nella nostra impresa saremo acclamati come eroi, oppure
banchetteremo
nelle sale di Odino. >>
Il
gruppo annuì. Eivar sorrise. Se fossero riusciti a tornare a
casa con tutte le
ricchezze all’interno del tempio molto probabilmente lo Jarl
avrebbe deciso di
invadere quella terra, e se fosse stato così allora tutti
loro avrebbero potuto
iniziare una nuova vita, e il loro popolo avrebbe prosperato. Tutti i
Normanni*****
avrebbero smesso di lottare tra di loro per miseri appezzamenti di
terra. Indossò
l’elmo con tanto di maschera protettiva per il volto che si
attaccavano
all’ampia protezione nasale.
Chiamò
a sé i suoi amici e si avvicinarono alle mura strisciando
nell’erba alta.
Lui,
che aveva lasciato lo scudo a terra, e Freja sulla torre a destra,
Sigmund e
Eivor sulla torre a sinistra. Si arrampicarono con agilità
sulle mura
dissestate e arrivati in cima si affiancarono al parapetto e videro che
le
guardie stavano parlando tra di loro senza degnare la zona davanti a
loro di
uno sguardo. Belle guardie del cazzo si disse Freja.
Si
avvicinarono con le armi in mano e richiamarono la loro attenzione.
I
due sobbalzarono ed avrebbero urlato se Eivar e Freja non fossero
scattati in
avanti; il primo trafisse la guardia alla gola con un affondo di una
delle
punte dell’ascia, mentre Freja aveva infilzato la testa della
seconda con un
affondo dal basso. Accompagnarono i corpi nella caduta, per poi alzare
lo
sguardo, incrociando quello dei loro compagni. Insieme scesero e
aprirono il
cancello rimuovendo le travi che lo bloccavano.
Gli
altri entrarono subito dopo. Eivar si mise in testa al gruppo con suo
fratello
affianco: il suono di un corno echeggiò nella notte, seguite
poi da urla e
passi concitati.
Mise
l’ascia sul fodero dietro la schiena, impugnò lo
scudo e sfoderò la spada.
In
poco tempo trovarono davanti a loro una linea di circa venti uomini.
Nessun
problema, avevano visto come si combattevano e si allenavano. Eivar
concentrò
l’aria nei polmoni, poi levò la spada al cielo e
con un singolo e possente
grido urlò.
<<
Valhalla! >>
Il
suo grido venne imitato dai suoi compagni, che intimorirono le guardie,
che
nonostante ciò si unirono, formando una linea compatta. I
Normanni caricarono;
Eivar poté sentire il suo sangue ribollire mentre si
preparava all’impatto. Le
due linee si scontrarono in un misto di urla e metallo che urta altro
metallo.
Eivar sentì il proprio braccio vibrare quando respinse la
carica di un ragazzo
a qui piazzò un fendente alla testa di un ragazzo, per poi
colpire il viso di
un altro con un fendente di rovescio.
Del
sangue schizzò sul suo elmo. Eivar udì delle urla
provenire dalla sua sinistra
e si voltò appena in tempo per parare con lo scudo un
fendente di quelle spade
ricurve chiamate katana. La lama urtò la guarnizione di
metallo dello scudo,
generando una marea di scintille che accecò Eivar per un
secondo scarso. In
risposta, il giovane capo Normanno spinse lo scudo verso
l’avversario con tutte
le sue forze, riuscendo a scaraventarlo a terra e quindi a finirlo con
un
affondo al petto.
Improvvisamente
si ritrovò a terra, spinto da una guardia armata di lancia
che tentò di
ucciderlo conficcandogliela nei fori per gli occhi dell’elmo.
Eivar fu
abbastanza svelto da alzare lo scudo e salvarsi, sebbene il bordo gli
urtò in
testa a causa del contraccolpo. Bloccò altri due o tre
colpi, poi contrattaccò
con una pedata in mezzo alle gambe della guardia, che si
allontanò dolorante e
con la faccia paonazza. Eivar si alzò e spedì a
terra il giovane con una
scudata alla testa che gli scalzò l’elmo;
notò che aveva fatto cadere la lancia
per reggersi le parti intime colpite.
Eivar
la raccolse e con essa uccise la guardia, trafiggendola al collo. Vide
tre
guardie avvicinarsi timorose a lui. Erano giovani, forse troppo. Fu lui
ad
attaccare per primo: caricò la prima guardia con un urlo
selvaggio e la
trapassò al costato, uccidendola, poi estrasse la lancia e
la scagliò verso la
seconda, mancando il bersaglio e centrando in pieno la porta di una
casa. Eivar
bestemmiò e estrasse la spada.
Parò
il primo fendente ponendo la spada di traverso, per poi deviarla con un
gioco
di polso potendo così rifilare al suo avversario una
violenta testata che gli
rovinò completamente il viso scoperto e spedirlo a terra con
un montante della
mano armata di scudo. Il colpo era di una forza tale che
sollevò il corpo del
giovane, facendogli volare via anche parecchi denti, che
atterrò con un tonfo
sordo.
Si
voltò pronto ad affrontare anche la terza guardia, ma tutto
ciò che vide fu
Freja che lo trapassava con la lancia.
<<
Stava scappando, il codardo. >>
Eivar
annuì, ringraziandola. Sentirono un clamore provenire alla
loro destra; si
voltarono.
I
Normanni si erano chiusi a cerchio intorno a due persone. Eivar
riconobbe la
figura del fratello e quella di una guardia adulta girarsi attorno.
Incuriositi, i due si avvicinarono, alcune facce si affacciarono dalle
finestre
per vedere lo scontro.
Il
vecchio fece ondeggiare la katana verso il braccio scoperto del rosso,
che parò
l’attacco con lo scudo che inclinò verso il basso
per menare un fendente
orizzontale che la guardia evitò spostando il collo. Sigmund
dunque lo caricò
con lo scudo, colpendolo al mento e stordendolo quel tanto che bastava
per
aprirgli una ferita al petto con un rapido fendente trasversale.
La
guardia urlò, ignorando il taglio sottile e poco profondo,
per contrattaccare
con un affondo al cuore, convinto che il Norreno non avesse alcun tipo
di armatura
sotto la tunica grigia. Un rumore metallico echeggiò limpido
e cristallino
nell’aria invernale appena la spada colpì il corpo
di Sigmund, che bloccò la
spada tra il fianco, assicurandosi che il filo si trovasse proprio
sugli anelli
d’acciaio della cotta di maglia, rispondendo poi con un
affondo alla spalla
dell’avversario, che lasciò cadere
l’arma per tamponarsi la ferita.
Sigmund
lasciò lo scudo, afferrò la katana e la
lanciò ai piedi di Freja, che la
raccolse. La guardia si guardò attorno, gli occhi pieni di
paura e tensione, il
respiro affannato generava nuvole di condensa.
<<
Hai perso, ma ti sei rivelato un buon avversario. Ultimo desiderio?
>>
La
guardia osservò Sigmund con sguardo confuso. Il Normanno
ripeté la domanda un
paio di volte, poi la guardia sembrò capire. Gli
mostrò i polsi come un
prigioniero, per poi scuotere la testa con vigore. Fu una questione di
istanti;
Sigmund si avvicinò all’uomo e annuì,
poi gli prese il polso e lo tagliò con la
spada.
Accompagnò
il corpo a terra, mentre la pelle diventava più pallida col
passare del tempo.
Freja
capì cosa Sigmund volesse fare, quindi gli lanciò
la katana.
Il
Normanno gliela mise sul petto e sistemò le mani
dell’avversario sull’elsa e
disse.
<<
Andiamo al tempio. >>
Si
alzò, la folla si disperse, dirigendosi nel tempio in cima,
calpestando
quell’ammasso di fango, sangue e viscere che era diventata la
strada
principale. Portarono con sé sacchi, carriole e carretti.
Mentre facevano ciò
Eivar si avvicinò al fratello, intento a liberare un
carretto, e disse.
<<
Quel tizio era davvero un così bravo combattente?
>>
Sigmund
annuì mentre buttava a terra l’ultimo sacco di
iuta. Gli abitanti della casa a
qui appartenevano li fissavano con terrore. Eivar si ritrovò
il cuore stretto
da una morsa quando vide dei bambini guardarli con orrore. La voce di
suo
fratello lo riportò alla realtà.
<<
Ha ucciso Finna mentre era in berserk. L’ha tagliuzzata come
mamma tagliuzza un
salmone. Ha continuato a combattere finché la guardia non le
ha piantato una
lancia in petto. >>
Detto
ciò indicò il corpo di una donna castana poco
distante che veniva portata via
da due Normanni.
Eivar
sorrise nonostante la tristezza che provava, e disse.
<<
Ci ha preceduti nel Valhalla come sua sorella prima di lei. Andiamo,
abbiamo un
tempio da razziare. >>
Detto
ciò prese anche lui un carretto e insieme si diressero verso
il tempio di
legno. Arrivati in cima eliminarono senza troppa difficoltà
le poche guardie
presenti.
Eivar
si fece avanti e spalancò le porte di legno con poderoso
calcio e entrò senza
tante cerimonie, lasciando tracce di fango e sangue al suo passaggio.
Un monaco
che passava di lì sbiancò e si mise a pregare in
preda al terrore.
Eivar
lo ignorò e fece cenno agli altri di entrare.
Presero
tutto quello che potevano tra campane di bronzo, casse piene di monete
e alcune
provviste.
In
molti volevano portare con loro alcuni rotoli di pergamena dipinti per
esporli
in casa, e Eivar li accontentò, a patto di tenerne qualcuno
per lo Jarl. Non
acconsentì invece a portare i pannelli di legno dipinti o le
statue di pietra,
poiché occupavano troppo spazio sulla nave e pesavano troppo
e non voleva di
certo finire tra le fauci del Serpente del Mondo******.
Prima
di tornare alla drakkar******* presero una barca dal molo e vi posero
il corpo
di Finna, numerose pietre con sopra incise delle rune rosso fuoco erano
state
poste affianco a lei.
Eivar
e Freja si fecero avanti brandendo degli archi. La prima a parlare fu
Freja.
<<
Possa tu riposare nell’immensa sala di Odino insieme ai tuoi
fratelli e
sorelle, prode guerriera. Il tuo sacrificio non sarà invano.
>>
Spinsero
la barca verso le acque e cominciarono a prendere la mira. Quando la
barca fu
abbastanza lontana le rune si attivarono, incendiandola.
Fatto
ciò caricarono il bottino sulla nave: quando sorse
l’alba la nave giunse in
mare aperto.
Note
dell’autore
EDIT:
Ho corretto alcune cose nel
capitolo e contraddizioni che non avevo notato a causa della stanchezza
e dalla
fretta di pubblicare.
Salve,
mi presento, sono Haidiarn, e
già ho scritto in passato su questo sito, ma con un account
diverso e che ora
uso solo per scambiare messaggi con gli autori che mi piacciono, quello
da
lettore diciamo, e questo.
Ho
deciso di pubblicare questa storia
in primis per esercitarmi; il secondo motivo è che voglio
portare qualcosa di
originale in questo fandom.
Vago
su questo sito come un’anima in
pena dal 2015 e non ho mai letto qualcosa di simile, quindi
perché no?
Prima
di lasciarvi alle annotazioni
vorrei dire un ultima cosa.
Questa
fic è ispirata ad una serie di
eventi storici realmente accaduti, ma la ricostruzione storica di
tecniche di
scherma, armamenti, tecniche d’assedio ecc. sarà
solo parziale. Ora alcune
spiegazioni.
*:
Solo una data per dare una
coerenza interna alla storia, non dateci peso, la storia del mondo di
Naruto è
come lo conoscete. Il 793 è l’anno in qui secondo
gli storici cominciò l’epoca
vichinga, conclusasi poi nel 1066 d.C.
**:
La svastica era ed è un simbolo
solare appartenente a numerose culture, non solo a quella europea,
veniva usata
anche dai romani, come testimoniano ritrovamenti di mosaici in alcune
ville di
età imperiale. Tra i germanici e le popolazioni vichinghe
era usato come
portafortuna. Poi sono arrivati i nazisti e il simbolo, come le rune,
hanno
ottenuto la nomea di simboli d’odio. Uno dei tanti motivi per
qui odio i nazi.
***:
Huginn, pensiero in norreno. È
uno dei due corvi di Odino, l’altro è Muninn,
memoria. Entrambi volano sui Nove
Mondi all’alba e tornano da Odino al tramonto, raccontando
ciò che hanno visto
e sentito. Teme che un giorno entrambi non possano far più
ritorno, si
preoccupa specialmente per Muninn.
****:
I Berserker erano guerrieri
devoti a Odino che combattevano vestiti con una pelle d’orso
e nessuna
armatura. Si pensa che utilizzavano una serie di droghe e funghi
allucinogeni
per ottenere la loro forza distruttiva. Insensibili al dolore,
mietevano
vittime anche tra i loro compagni a volte. Il Berserker più
famoso è quello che
ha combattuto a Stamford Bridge, gli Amon Amarth gli hanno anche
dedicato una
canzone.
*****:
Il nome deriva dal loro
continente, Norma, non sono quelli del nostro mondo, ma gli somigliano
parecchio.
******:
Jormungandr, fratello di
Fenrir e di Hel, figlio di Loki. Giace sul fondo del mare, circondando
il mondo
con le sue spire e chiudendo il cerchio mordendosi la coda.
Affronterà Thor nel
Ragnarok, la battaglia finale tra il bene e il male della mitologia
norrena.
*******:
La nave usata dai vichinghi,
particolarmente temuta poiché in grado di navigare in mare
aperto e nei corsi
d’acqua. Non particolarmente indicata per gli assalti in mare
però.
Grazie
per la vostra attenzione, a
presto.