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Autore: Haidiarn    13/10/2020    0 recensioni
Nella fredda notte del primo Gennaio del 793 A.F. Un popolo sconosciuto approda sulle coste della Terra del Suono, razziando un villaggio di pescatori. Poco tempo dopo navi con teste di drago come polene cominciano ad essere avvistate in tutta la costa della Terra del Fulmine. Nel frattempo, a Konoha, il Clan Hyuga si ritrova al centro di una forte guerra di successione insieme ad altri clan per contendersi il cappello di Hokage, e il capoclan, Hiashi, decide di assoldare un gruppo di mercenari per proteggere le figlie, ignaro delle conseguenze che ciò avrà su una di loro.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sarada Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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PROLOGO

UN VILLAGGIO SULLA COSTA DELLA TERRA DEL SUONO

1 GENNAIO 793 A.F*

***

L’aria era fredda e pregna di umidità. Le poche lanterne di pietra presenti squarciavano a malapena il buio di quella gelida notte del nuovo anno.

Da una delle basse case di legno fuoriuscì una figura, armata con una katana, una lancia e una lanterna.

La figura, tenendo ben alta la lanterna davanti a sé, cominciò a percorrere la strada sterrata che serpeggiava giù lungo i fianchi della collina fino alla costa poco più in basso.

Il suo respiro generava dense nubi di condensa che si persero nell’aria. Le case lo scrutavano con i loro occhi socchiusi, simili a mostri deformi pronti a saltargli addosso alla minima distrazione: mentre la sua fantasia cominciava a generare gli scenari peggiori, Aki aumentò il passo, calpestando qualche pozzanghera qua e là lungo la strada.

 

In poco tempo raggiunse il basso muro di pietra che proteggeva il villaggio e passò il cancello di legno, salutando un paio di suoi colleghi, poi si diresse verso la spiaggia che si trovava alla fine di un sentiero.

Camminò con la fiamma della lanterna che proiettava ombre tremolanti intorno a lui che alle volte sembravano assumere l’aspetto di demoni longilinei pronti a ghermirlo con le loro dita malefiche.

Portò la mano alla katana, pronta a scattare al minimo senso di pericolo: passare per quel bosco lo innervosiva ogni volta, anche in pieno giorno, ma quella notte in particolare lo rendeva noioso.

Era il suo primo turno di guardia in assoluto.

Prese a calmarsi solo quando la vegetazione si fece meno fitta e il terreno sotto di lui cominciò a diventare più morbido, per poi sorridere quando cominciò a udire la melodia delle onde sul bagnasciuga.

 

Si ritrovò in un’ampia spiaggia su qui era stata eretta una torre di pietra grezza e legno: si fermò davanti alla porta realizzata con una manciata di assi inchiodate insieme alla meno peggio e ormai completamente marcite.

In linea d’aria, a circa cento metri, stava una rimessa per le barche.

 

<< Natsu! Sono Aki, è arrivato il momento del cambio! >>

 

La sua voce si disperse nella notte. Subito dopo la testa di un ragazzo a malapena maggiorenne si affacciò dal parapetto e disse.

 

<< Scendo subito! >>

 

La testa ritornò sotto la tettoia di paglia e subito dopo il ragazzo scese i rozzi gradini di pietra all’interno della struttura e una volta all’esterno si avvicinò ad Aki e con un sorriso disse.

 

<< Buonanotte, e buon anno nuovo! >>

 

Aki sorrise e lo ringraziò chinando la testa. Non era mai stato una persona che amava parlare.

I due si separarono, e lui entrò nella torre facendosi luce con la lanterna; i raggi della luna piena penetravano nella torre attraverso delle piccole finestre.

Arrivato in cima appese la lanterna ad un gancio e si sedette ad un tavolo posto vicino ad un braciere acceso dentro qui erano stati appena messi dei ceppi.

Al centro della stanza stava una grossa pira, di legno e paglia con una grossa urna d’olio e una torcia: era il segnale d’allarme.

La pira veniva accesa, e un’altra sentinella in una capanna sul versante della collina, avvistando le fiamme, dava l’allarme per preparare la difesa del villaggio.

 

Si avvolse nel mantello di lana e restò lì, a fissare il mare.

Passò un’ora circa a scandagliare i dintorni in cerca di qualsivoglia segnale di pericolo: dopo un’altra ora cominciò a pentirsi di non essersi portato qualcosa da leggere.

Passò il tempo senza che volasse una mosca; era solo lui in compagnia del dolce mormorio delle onde sospinte di tanto in tanto da un lieve filo di vento e l’allegro scoppiettare del fuoco nel braciere che lo teneva al caldo.

 

Poi, dal nulla, un corvo atterrò sul parapetto davanti a lui, svegliandolo dal suo dormiveglia con il suo stridulo gracchiare.

Aki sobbalzò e lo guardò con sguardo curioso e intimorito allo stesso tempo.

Non aveva mai visto un corvo di quelle dimensioni, poco più di settanta centimetri.

L’uccello lo fissò di traverso e gracchiò a lungo, per poi sparire nella notte con un fruscio d’ali.

Aki si affacciò dal parapetto, ma il corvo era già sparito nella notte.

 

Poi, con la coda dell’occhio, vide qualcosa muoversi in prossimità di una grotta poco distante.

Aguzzò lo sguardo, e quello che vide gli fece gelare il sangue nelle vene.

Una ventina di figure armate di tutto punto si stavano dirigendo verso di lui.

Prese all’istante l’urna d’olio che ruppe sulla pira, poi allungo la mano verso la torcia; fu sul punto di afferrarla quando qualcuno lo tirò con forza per il cappuccio del mantello, scagliandolo con violenza verso le scale.

Il mondo intorno a lui vorticò mentre rotolava giù per i ripidi scalini di legno, proteggendosi a fatica la testa con le braccia.

La sua caduta si arrestò dopo un tempo che parve interminabile.

 

Gli girava la testa e sentiva dolori in tutto il corpo: ogni respiro corrispondeva ad una fitta di dolore, in bocca sentiva il sapore ferroso del sangue.

Sentì dei passi e alzò la testa, ma non riuscì a vedere molto poiché la sua vista sfocata venne ricoperta da numerosi puntini rossi. Si rialzò a fatica e dopo aver sputato del sangue e un paio di denti si avvicinò alla porta nel disperato tentativo di fuggire.

Venne afferrato per le spalle e mentre veniva fatto voltare sfoderò la spada e menò un fendente ad altezza collo con la sola forza della disperazione. Ma la sua spada impatto contro il fianco di un’armatura, invece di incontrare la carne.

La sua lama venne bloccata con una presa e gli venne strappata dalle mani da una gigantesca figura di oltre un metro e ottanta d’altezza.

 

Non fece in tempo a vederla in dettaglio che la figura gli piazzò una violenta pedata in petto che lo scagliò contro la porta, distruggendola. Il suo intero petto parve urlare dal dolore. Udì un rumore di passi dietro di lui, e delle voci che parlavano una lingua a lui sconosciuta che era totalmente diversa da qualsiasi altra lingua avesse mai sentito.

Era con la faccia rivolta al cielo e riusciva a malapena a respirare figurarsi a muoversi.

 

Non li vedeva, ma sapeva che chiunque fossero, lo fissavano con i loro occhi attenti e curiosi, immobili come statue.

Udì dei passi sulla soffice sabbia.

Nella sua visuale apparve un uomo con lunghi capelli color dell’oro. Sotto la tunica azzurra risaltava quella che sembrava un’armatura a lamine e portava dei bracciati di cuoio con sopra incisi due martelli gemelli.

L’uomo spezzò la spada sulle ginocchia con facilità disarmante, in mano aveva una lancia, la sua, e si avvicinò in silenzio.

Aki tremò quando vide gli occhi color ghiaccio di quel gigante. Erano così luminosi che sembravano ardere di vita propria.

Quegli occhi furono l’ultima cosa che vide, prima di ricevere il bacio della morte.

 

***

 

Eivar lasciò la lancia nel cadavere della guardia cadesse ai suoi piedi per poi avviarsi deciso verso i suoi compagni; erano partiti da Kattegat un mese fa, e nonostante le innumerevoli difficoltà erano riusciti ad approdare in quella terra del sud di qui tanto si parlava in vecchie storie che ormai solo lui prendeva la briga di ascoltare

Suo fratello Sigmund, un uomo dai corti capelli rossicci e occhi verdi disse.

 

<< Per un attimo avevo pensato che non avresti fatto in tempo. >>

Eivar rispose.

 

<< Io faccio sempre in tempo. Passami la mia roba comunque! >>

 

Sigmund rise e diede al fratello uno scudo di legno decorato con una svastica** arancione rinchiusa in un cerchio di rune protettive del medesimo colore, e un’ascia da guerra a due mani.

Eivar lo ringraziò mentre infilava il braccio nella corda per mettere lo scudo in spalla, afferrò l’ascia e si diresse in testa al gruppo e insieme si diressero verso il sentiero che portava al villaggio. Huginn*** si appollaiò sulla sua spalla per un breve attimo, per poi spiccare di nuovo il volo.

 

Si mossero nella foresta disposti a ventaglio, cercando di fare meno rumore possibile, cosa alquanto difficile visto il loro numero. Stavano inoltre evitando il sentiero principale per evitare di essere visti dalle sentinelle. Avevano anche ordinato di coprire le lame delle loro armi, di sporcare di fango gli umboni non coperti da vernice per evitare qualsiasi riflesso e di indossare la tunica sopra le armature di metallo e un cappuccio per nascondere gli elmi dotati di maschera protettiva per il viso.

Quando vide le mura di pietra circolari del villaggio diede ordine di fermarsi.

 

Il villaggio si trovava in una radura, protetta da mura di pietra e da un cancello di legno. Gli occhi esperti di Eivar e dei suoi compagni individuarono subito i punti deboli.

Le mura erano piene di appigli e quindi facilmente scalabili, mentre il cancello di legno era in pessime condizioni, quindi sarebbero bastate una manciata di colpi d’ascia ben assestate per farlo cadere, ma meglio non rischiare e aprirlo dall’interno, decise.

Era presidiato da due torri che a malapena si reggevano in piedi.

 

Dopo un paio di minuti fece radunare i compagni intorno a sé e disse.

 

<< Io, Sigmund, Freja e Eivor… >>

 

Indicò lui, suo fratello, una donna dai lunghi boccoli dorati e un’altra donna con i capelli scuri raccolti in trecce e rasata ai lati della testa.

<< …ci arrampicheremo sulle torri, elimineremo le guardie e apriremo il cancello. Dopodiché ci dirigeremo in quel tempio laggiù, su quella piattaforma di pietra. Uccideremo chiunque ci si metta contro e se necessario entreremo in berserk**** per fare in fretta. Tutti i tesori sono dentro a quel tempio, dobbiamo essere rapidi e veloci. Torniamo alla nave e leviamo le tende prima ancora dell’alba. Tutto chiaro? Lasciate integri minimo cinque carri per trasportare il tutto. Se riusciremo nella nostra impresa saremo acclamati come eroi, oppure banchetteremo nelle sale di Odino. >>

 

Il gruppo annuì. Eivar sorrise. Se fossero riusciti a tornare a casa con tutte le ricchezze all’interno del tempio molto probabilmente lo Jarl avrebbe deciso di invadere quella terra, e se fosse stato così allora tutti loro avrebbero potuto iniziare una nuova vita, e il loro popolo avrebbe prosperato. Tutti i Normanni***** avrebbero smesso di lottare tra di loro per miseri appezzamenti di terra. Indossò l’elmo con tanto di maschera protettiva per il volto che si attaccavano all’ampia protezione nasale.

Chiamò a sé i suoi amici e si avvicinarono alle mura strisciando nell’erba alta.

 

Lui, che aveva lasciato lo scudo a terra, e Freja sulla torre a destra, Sigmund e Eivor sulla torre a sinistra. Si arrampicarono con agilità sulle mura dissestate e arrivati in cima si affiancarono al parapetto e videro che le guardie stavano parlando tra di loro senza degnare la zona davanti a loro di uno sguardo. Belle guardie del cazzo si disse Freja.

Si avvicinarono con le armi in mano e richiamarono la loro attenzione.

 

I due sobbalzarono ed avrebbero urlato se Eivar e Freja non fossero scattati in avanti; il primo trafisse la guardia alla gola con un affondo di una delle punte dell’ascia, mentre Freja aveva infilzato la testa della seconda con un affondo dal basso. Accompagnarono i corpi nella caduta, per poi alzare lo sguardo, incrociando quello dei loro compagni. Insieme scesero e aprirono il cancello rimuovendo le travi che lo bloccavano.

Gli altri entrarono subito dopo. Eivar si mise in testa al gruppo con suo fratello affianco: il suono di un corno echeggiò nella notte, seguite poi da urla e passi concitati.

Mise l’ascia sul fodero dietro la schiena, impugnò lo scudo e sfoderò la spada.

In poco tempo trovarono davanti a loro una linea di circa venti uomini. Nessun problema, avevano visto come si combattevano e si allenavano. Eivar concentrò l’aria nei polmoni, poi levò la spada al cielo e con un singolo e possente grido urlò.

 

<< Valhalla! >>

 

Il suo grido venne imitato dai suoi compagni, che intimorirono le guardie, che nonostante ciò si unirono, formando una linea compatta. I Normanni caricarono; Eivar poté sentire il suo sangue ribollire mentre si preparava all’impatto. Le due linee si scontrarono in un misto di urla e metallo che urta altro metallo. Eivar sentì il proprio braccio vibrare quando respinse la carica di un ragazzo a qui piazzò un fendente alla testa di un ragazzo, per poi colpire il viso di un altro con un fendente di rovescio.

 

Del sangue schizzò sul suo elmo. Eivar udì delle urla provenire dalla sua sinistra e si voltò appena in tempo per parare con lo scudo un fendente di quelle spade ricurve chiamate katana. La lama urtò la guarnizione di metallo dello scudo, generando una marea di scintille che accecò Eivar per un secondo scarso. In risposta, il giovane capo Normanno spinse lo scudo verso l’avversario con tutte le sue forze, riuscendo a scaraventarlo a terra e quindi a finirlo con un affondo al petto.

 

Improvvisamente si ritrovò a terra, spinto da una guardia armata di lancia che tentò di ucciderlo conficcandogliela nei fori per gli occhi dell’elmo. Eivar fu abbastanza svelto da alzare lo scudo e salvarsi, sebbene il bordo gli urtò in testa a causa del contraccolpo. Bloccò altri due o tre colpi, poi contrattaccò con una pedata in mezzo alle gambe della guardia, che si allontanò dolorante e con la faccia paonazza. Eivar si alzò e spedì a terra il giovane con una scudata alla testa che gli scalzò l’elmo; notò che aveva fatto cadere la lancia per reggersi le parti intime colpite.

 

Eivar la raccolse e con essa uccise la guardia, trafiggendola al collo. Vide tre guardie avvicinarsi timorose a lui. Erano giovani, forse troppo. Fu lui ad attaccare per primo: caricò la prima guardia con un urlo selvaggio e la trapassò al costato, uccidendola, poi estrasse la lancia e la scagliò verso la seconda, mancando il bersaglio e centrando in pieno la porta di una casa. Eivar bestemmiò e estrasse la spada.

 

Parò il primo fendente ponendo la spada di traverso, per poi deviarla con un gioco di polso potendo così rifilare al suo avversario una violenta testata che gli rovinò completamente il viso scoperto e spedirlo a terra con un montante della mano armata di scudo. Il colpo era di una forza tale che sollevò il corpo del giovane, facendogli volare via anche parecchi denti, che atterrò con un tonfo sordo.

Si voltò pronto ad affrontare anche la terza guardia, ma tutto ciò che vide fu Freja che lo trapassava con la lancia.

 

<< Stava scappando, il codardo. >>

 

Eivar annuì, ringraziandola. Sentirono un clamore provenire alla loro destra; si voltarono.

I Normanni si erano chiusi a cerchio intorno a due persone. Eivar riconobbe la figura del fratello e quella di una guardia adulta girarsi attorno. Incuriositi, i due si avvicinarono, alcune facce si affacciarono dalle finestre per vedere lo scontro.

 

Il vecchio fece ondeggiare la katana verso il braccio scoperto del rosso, che parò l’attacco con lo scudo che inclinò verso il basso per menare un fendente orizzontale che la guardia evitò spostando il collo. Sigmund dunque lo caricò con lo scudo, colpendolo al mento e stordendolo quel tanto che bastava per aprirgli una ferita al petto con un rapido fendente trasversale.

La guardia urlò, ignorando il taglio sottile e poco profondo, per contrattaccare con un affondo al cuore, convinto che il Norreno non avesse alcun tipo di armatura sotto la tunica grigia. Un rumore metallico echeggiò limpido e cristallino nell’aria invernale appena la spada colpì il corpo di Sigmund, che bloccò la spada tra il fianco, assicurandosi che il filo si trovasse proprio sugli anelli d’acciaio della cotta di maglia, rispondendo poi con un affondo alla spalla dell’avversario, che lasciò cadere l’arma per tamponarsi la ferita.

 

Sigmund lasciò lo scudo, afferrò la katana e la lanciò ai piedi di Freja, che la raccolse. La guardia si guardò attorno, gli occhi pieni di paura e tensione, il respiro affannato generava nuvole di condensa.

 

<< Hai perso, ma ti sei rivelato un buon avversario. Ultimo desiderio? >>

 

La guardia osservò Sigmund con sguardo confuso. Il Normanno ripeté la domanda un paio di volte, poi la guardia sembrò capire. Gli mostrò i polsi come un prigioniero, per poi scuotere la testa con vigore. Fu una questione di istanti; Sigmund si avvicinò all’uomo e annuì, poi gli prese il polso e lo tagliò con la spada.

Accompagnò il corpo a terra, mentre la pelle diventava più pallida col passare del tempo.

Freja capì cosa Sigmund volesse fare, quindi gli lanciò la katana.

Il Normanno gliela mise sul petto e sistemò le mani dell’avversario sull’elsa e disse.

 

<< Andiamo al tempio. >>

 

Si alzò, la folla si disperse, dirigendosi nel tempio in cima, calpestando quell’ammasso di fango, sangue e viscere che era diventata la strada principale. Portarono con sé sacchi, carriole e carretti. Mentre facevano ciò Eivar si avvicinò al fratello, intento a liberare un carretto, e disse.

 

<< Quel tizio era davvero un così bravo combattente? >>

 

Sigmund annuì mentre buttava a terra l’ultimo sacco di iuta. Gli abitanti della casa a qui appartenevano li fissavano con terrore. Eivar si ritrovò il cuore stretto da una morsa quando vide dei bambini guardarli con orrore. La voce di suo fratello lo riportò alla realtà.

 

<< Ha ucciso Finna mentre era in berserk. L’ha tagliuzzata come mamma tagliuzza un salmone. Ha continuato a combattere finché la guardia non le ha piantato una lancia in petto. >>

 

Detto ciò indicò il corpo di una donna castana poco distante che veniva portata via da due Normanni.

Eivar sorrise nonostante la tristezza che provava, e disse.

 

<< Ci ha preceduti nel Valhalla come sua sorella prima di lei. Andiamo, abbiamo un tempio da razziare. >>

 

Detto ciò prese anche lui un carretto e insieme si diressero verso il tempio di legno. Arrivati in cima eliminarono senza troppa difficoltà le poche guardie presenti.

Eivar si fece avanti e spalancò le porte di legno con poderoso calcio e entrò senza tante cerimonie, lasciando tracce di fango e sangue al suo passaggio. Un monaco che passava di lì sbiancò e si mise a pregare in preda al terrore.

Eivar lo ignorò e fece cenno agli altri di entrare.

Presero tutto quello che potevano tra campane di bronzo, casse piene di monete e alcune provviste.

In molti volevano portare con loro alcuni rotoli di pergamena dipinti per esporli in casa, e Eivar li accontentò, a patto di tenerne qualcuno per lo Jarl. Non acconsentì invece a portare i pannelli di legno dipinti o le statue di pietra, poiché occupavano troppo spazio sulla nave e pesavano troppo e non voleva di certo finire tra le fauci del Serpente del Mondo******.

 

Prima di tornare alla drakkar******* presero una barca dal molo e vi posero il corpo di Finna, numerose pietre con sopra incise delle rune rosso fuoco erano state poste affianco a lei.

Eivar e Freja si fecero avanti brandendo degli archi. La prima a parlare fu Freja.

 

<< Possa tu riposare nell’immensa sala di Odino insieme ai tuoi fratelli e sorelle, prode guerriera. Il tuo sacrificio non sarà invano. >>

 

Spinsero la barca verso le acque e cominciarono a prendere la mira. Quando la barca fu abbastanza lontana le rune si attivarono, incendiandola.   

Fatto ciò caricarono il bottino sulla nave: quando sorse l’alba la nave giunse in mare aperto.

 

 

Note dell’autore

 

EDIT: Ho corretto alcune cose nel capitolo e contraddizioni che non avevo notato a causa della stanchezza e dalla fretta di pubblicare.

 

Salve, mi presento, sono Haidiarn, e già ho scritto in passato su questo sito, ma con un account diverso e che ora uso solo per scambiare messaggi con gli autori che mi piacciono, quello da lettore diciamo, e questo.

Ho deciso di pubblicare questa storia in primis per esercitarmi; il secondo motivo è che voglio portare qualcosa di originale in questo fandom.

Vago su questo sito come un’anima in pena dal 2015 e non ho mai letto qualcosa di simile, quindi perché no?

Prima di lasciarvi alle annotazioni vorrei dire un ultima cosa.

Questa fic è ispirata ad una serie di eventi storici realmente accaduti, ma la ricostruzione storica di tecniche di scherma, armamenti, tecniche d’assedio ecc. sarà solo parziale. Ora alcune spiegazioni.

 

*: Solo una data per dare una coerenza interna alla storia, non dateci peso, la storia del mondo di Naruto è come lo conoscete. Il 793 è l’anno in qui secondo gli storici cominciò l’epoca vichinga, conclusasi poi nel 1066 d.C.

 

**: La svastica era ed è un simbolo solare appartenente a numerose culture, non solo a quella europea, veniva usata anche dai romani, come testimoniano ritrovamenti di mosaici in alcune ville di età imperiale. Tra i germanici e le popolazioni vichinghe era usato come portafortuna. Poi sono arrivati i nazisti e il simbolo, come le rune, hanno ottenuto la nomea di simboli d’odio. Uno dei tanti motivi per qui odio i nazi.

 

***: Huginn, pensiero in norreno. È uno dei due corvi di Odino, l’altro è Muninn, memoria. Entrambi volano sui Nove Mondi all’alba e tornano da Odino al tramonto, raccontando ciò che hanno visto e sentito. Teme che un giorno entrambi non possano far più ritorno, si preoccupa specialmente per Muninn.

 

****: I Berserker erano guerrieri devoti a Odino che combattevano vestiti con una pelle d’orso e nessuna armatura. Si pensa che utilizzavano una serie di droghe e funghi allucinogeni per ottenere la loro forza distruttiva. Insensibili al dolore, mietevano vittime anche tra i loro compagni a volte. Il Berserker più famoso è quello che ha combattuto a Stamford Bridge, gli Amon Amarth gli hanno anche dedicato una canzone.

 

*****: Il nome deriva dal loro continente, Norma, non sono quelli del nostro mondo, ma gli somigliano parecchio.

 

******: Jormungandr, fratello di Fenrir e di Hel, figlio di Loki. Giace sul fondo del mare, circondando il mondo con le sue spire e chiudendo il cerchio mordendosi la coda. Affronterà Thor nel Ragnarok, la battaglia finale tra il bene e il male della mitologia norrena.

 

*******: La nave usata dai vichinghi, particolarmente temuta poiché in grado di navigare in mare aperto e nei corsi d’acqua. Non particolarmente indicata per gli assalti in mare però.

 

Grazie per la vostra attenzione, a presto.

   
 
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