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Autore: Selhin    18/10/2020    1 recensioni
Sequel della mia precedente storia The Passing of Seasons
Pairing [ HopexLight ]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hope, Lightning, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Passing of Time'
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Fandom: Final Fantasy XIII
Pairing: Hope/Lightning
Personaggi: Lightning Farron, Hope Estheim, Snow Villiers, Serah Farron, Claire ( nuovo personaggio ) Rika Lennet ( nuovo personaggio )
Tipologia: One Shot ( 11.163 parole )
Genere: Sentimentale, Romantico, Introspettivo
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final Fantasy XIII", appartengono solo a me.

 

18° Argomento: Momenti della Giornata
5. Notte

 

 

The Passing of Days

Capitolo 6

* Epilogo *

 

 

 

“ You'll be okay.
I'll keep you safe.

I’ll try to watch out for you too ”

 

 

 

  Riuscì appena a formularne il pensiero che subito era già pronta per tuffarsi in acqua sfidando la tempesta che incombeva sopra di lei. Ma prima che potesse farlo due mani che non si sarebbe mai aspettata potessero essere così forti la trattennero per le spalle. Claire che nel frattempo gridava spaventata, la corrente che la portava sempre più lontano dalla riva.
  - Vado io, tu fai il giro. - le disse il ragazzo indicandole un gruppo di scogli più a destra. La loro formazione ricordava un molo e Light rammentò che aveva visto da sempre i ragazzi usarli come trampolino per innumerevoli tuffi. Il mare si era ingrossato e di quelle rocce emergeva solo la parte superiore rendendo il percorso impervio ma non impossibile, sicuramente semplice per lei ed effettivamente la corrente stava trascinando la bambina proprio in quella direzione. Ma la donna era più veloce e più resistente, lo sapevano entrambi che sarebbe stato meglio invertirsi i ruoli.
Guardò Hope. I suoi occhi decisi erano d’un verde intenso e risaltavano ancora di più nell’oscurità minacciosa della tormenta. Senza darle il tempo di rispondere su come la pensasse al riguardo di quell’idea completamente folle e pessima lo vide correre e tuffarsi in mare, scomparendo nell’acqua scura per alcuni secondi.
Trattenne il fiato fino a che non vide i suoi capelli chiari riemergere qualche metro più avanti ed iniziare la sua rapida ascesa verso Claire. Fu allora che si riscosse e, finalmente tornata padrona di sé, si voltò in direzione delle pietre qualche metro più avanti.
Mentre avanzava non perdeva d’occhio il ragazzo che si avvicinava, non senza difficoltà, alla piccola. Era veloce ma non abbastanza, lei si stava allontanando inesorabilmente e a breve sarebbe stato impossibile raggiungerla così. Poteva sentire il suo pianto disperato mescolato al fragore sordo dei tuoni nel cielo rimbombarle nelle orecchie mentre cercava con tutte le sue forze di resistere alla corrente.
Il vento aveva aumentato la sua potenza rendendo i suoi movimenti più difficoltosi, la pioggia si era fatta scrosciante e fitta, tanto che Lightning faceva fatica a distinguere le due figure in mare, e rendeva le rocce estremamente scivolose. Inciampò un paio di volte e si graffiò sia le gambe che le braccia, quelle pietre erano taglienti come rasoi affilati e l’acqua salata le bruciava con forza sulla pelle irritata. Ma non si fermò mai, nemmeno per un secondo, nemmeno per riprendere fiato. Quando fu quasi a metà del suo percorso vide in lontananza la piccola figura di Claire che, con una fatica estrema per una bambina così piccina, era riuscita ad afferrarsi ad uno degli ultimi scogli. Ma la pietra era scivolosa e ricoperta di muschio, non avrebbe resistito ancora a lungo.
Hope se ne accorse, nuotava più veloce di quanto avesse mai fatto in vita sua, persino più di quando era ragazzino e rischiava di morire ogni giorno a causa della maledizione dei l’Cie, del Sanctum o semplicemente per la paura. Ma non aveva tempo per pensarci adesso, non poteva permettersi distrazioni, doveva assolutamente raggiungere quella bambina e metterla in salvo. Era stata tutta colpa sua, era lui ad essere di troppo, non doveva nemmeno essere lì quella sera, se non fosse stato per lui a quest’ora Claire sarebbe stata al sicuro nel suo letto e anche Lightning.
Lightning… non l’aveva mai vista così terrorizzata, nemmeno per Serah.
Per la prima volta aveva temuto di vederla perdere il controllo.
Un’onda spaventosamente alta lo investì portandolo sotto la superficie, la corrente lo trascinò con sé e nell’agitazione mentre cercava disperatamente di risalire urtò qualcosa. Il dolore fu improvviso, una fitta agghiacciante al fianco lo paralizzò per qualche istante facendogli perdere un po' del fiato che stava disperatamente cercando di trattenere. Con una forza di volontà che non sapeva di possedere riuscì a riprendersi e a superare il dolore e, non senza fatica, finalmente riemerse inspirando quanta più aria potesse. Si guardò attorno cercando di capire dove fosse finito mentre le fitte di dolore aumentavano, si sfiorò la pelle e quando guardò la mano notò il sangue che sembrava fuoriuscire copioso dalla ferita. Il fianco gli bruciava terribilmente e ogni respiro era un’agonia ma fortunatamente, come avesse fatto non sapeva spiegarselo, era un po' più vicino a Claire di quanto non lo fosse prima.
Prese un ultimo grosso respiro mentre osservava con timore la tempesta che infuriava tutt’attorno a lui, lampi e fulmini illuminavano quasi a giorno l’oscurità della notte, rombi di tuoni echeggiavano nelle sue orecchie come il ringhio di un qualche mostro selvatico. Con la coda dell’occhio vide Lightning che avanzava rapidamente ma con difficoltà nonostante tutte le sue capacità di soldato super addestrato. Sembrava essere tornata in sé nonostante le si leggesse ancora il terrore negli occhi, ma era pur sempre una combattente ed in qualche modo riusciva ad estraniarsi abbastanza per concentrare tutte le sue energie sull’obiettivo. L’aveva sempre fatto al contrario di lui che si sentiva costantemente troppo coinvolto, che si faceva prendere dal panico sebbene non desse a vederlo e restasse tranquillo e riflessivo. Ma adesso non era il momento di farsi prendere dall’ansia, doveva riuscire a raggiungere quella bambina a qualsiasi costo. Se le fosse capitato qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato, non poteva permetterlo e Lightning, lei non avrebbe sopportato quel peso, sarebbe crollata definitivamente. E Snow e Serah? No, non poteva permettersi di avere certi pensieri, non era quello il momento. Adesso doveva agire e basta.
Con uno scatto dettato unicamente dalla sua forza di volontà si gettò in avanti con la pioggia mischiata all’acqua marina a sferzargli il viso oscurandogli quasi del tutto la vista, doveva affidarsi quasi unicamente al suo istinto ed all’urlo sempre più sottile di Claire. Un lampo illuminò la zona e per una frazione di secondo Hope la vide aggrappata ad una roccia a pochi metri di distanza. Un’altra onda lo investì, poi un’altra e un’altra ancora. Aveva perso il conto ormai di quanti minuti fossero passati in quella sua folle corsa disperata, gli sembrava di nuotare da tutta una vita, il dolore al fianco quasi non lo avvertiva più, solo un formicolio che si estendeva fino alla coscia. Con un ultimo sforzo sovrumano finalmente la raggiunse afferrandola proprio nell’istante in cui, stanca, lasciava la presa mentre con l’altra mano, adesso, era lui ad ancorarsi alla roccia tagliente. L’avvicinò al viso per controllare che non fosse ferita, gli occhioni azzurri erano pieni di lacrime, rossi e spaventati ma, escluso qualche graffio alle mani sembrava che stesse bene. La piccola si aggrappò a lui con forza, le braccia strette attorno al suo collo, mentre iniziava nuovamente a piangere per la paura ma felice di vederlo e sentendosi finalmente un po' più al sicuro. Hope le sorrise incoraggiante e le disse che sarebbe andato tutto bene, che presto sarebbe stata a casa dai suoi genitori. Claire sembrò rassicurata da quelle sue parole e finalmente smise di singhiozzare sebbene le lacrime continuassero ad uscirle impietose dagli occhi, lo strinse forte e si fidò di lui come avrebbe fatto solo con suo padre. Snow le ripeteva ogni giorno sin da quando era nata che l’avrebbe sempre tenuta al sicuro e salvata da qualsiasi pericolo, anche dai mostri che vivevano nell’oscurità dell’armadio nella sua cameretta e lei pendeva dalle sue labbra, il suo papà era il più forte al mondo, il più coraggioso. Ma adesso era Hope il suo eroe, era lui che era arrivato a salvarla come uno dei principi delle fiabe che le leggeva sua madre ogni sera.
L’ennesima onda li investì ma, fortunatamente, Lightning apparve come la salvatrice che era e afferrò al volo la mano del ragazzo. La stretta era salda, forte ma tremava anche un po' a causa dell’adrenalina che le circolava in corpo. Si guardarono solo per un breve momento in cui però si dissero tutto. Gli occhi verde brillante di lui rassicurarono quelli azzurro ghiaccio di lei, le confermarono che la bambina stava bene e che presto si sarebbe sistemata ogni cosa. Lightning gli sorrise brevemente grata che lui fosse lì, probabilmente sarebbe crollata se non l’avesse scossa sulla spiaggia. Questa volta, doveva ammetterlo, era stato lui a sostenerla in un momento di difficoltà e ciò la rendeva anche un po' orgogliosa.
Claire si mosse verso la zia desiderosa di uscire da quell’incubo impregnato di acqua e lacrime al più presto e nel farlo fece gemere leggermente il ragazzo di dolore. Lightning che si era allungata in avanti per prendere la piccola fra le braccia, si voltò a guardarlo nuovamente allarmata. Hope restò immobile ancorato con le braccia attorno alla roccia mentre la corrente cercava di trascinarlo via, la tempesta sembrava non avere la benché minima intenzione di diminuire la sua intensità in tempi brevi. Si guardarono di nuovo e poi lui le fece cenno di non preoccuparsi.
  
- Cos’hai? - gli chiese la donna urlando, cercando di sovrastare il rombo dei tuoni sopra di loro.
  
- Non è niente, devo solo prendere fiato. - la sua voce era effettivamente affaticata e lei fece quasi fatica a comprendere le sue parole. - Porta Claire al sicuro, fa presto! -
Qualcosa nel suo comportamento non la convinceva del tutto ed esitò mentre si voltava a guardare il tragitto insidioso che avrebbe dovuto ripercorrere con la bimba al seguito.
  
- Resto dietro di te, lo prometto. - aggiunse lui cercando d’imporsi la voce più solida e rassicurante che conoscesse. Le sorrise come se non stesse accadendo niente, come se loro non fossero nel bel mezzo del mare con onde alte più di un metro ed una corrente spaventosamente potente. Light guardò Claire che si aggrappava a lei, così piccola, così spaventata, e sapeva che doveva portarla sulla spiaggia al più presto, che ogni secondo in più che passava era un rischio inutile. Ma abbandonare così Hope in mezzo alla tempesta, non poteva, non poteva proprio. Lui la guardava implorandola con gli occhi di andare e lei si sentì come divisa a metà, doveva scegliere. Era a questo che il suo sogno aveva cercato di prepararla?
  
- Fidati di me. - aggiunse lui ancora una volta. Infine Lightning si concesse un sorriso in risposta, tremò un po' a causa del vento freddo e forse di qualcos’altro. Un presentimento? Non disse altro, non voleva pensare a niente e benché facesse fatica a staccare lo sguardo dal suo, infine riuscì a voltarsi, Claire stretta fra le braccia, diretta verso la spiaggia.
Il ragazzo la seguì con gli occhi e quando gli sembrò che si fosse allontanata a sufficienza provò a issarsi sulla roccia. Fece presa con le mani e mise quanta più forza possedesse per emergere dall’acqua ma il dolore al fianco, che non lo aveva abbandonato un attimo, gli procurò una fitta lancinante che si protese per tutto il corpo. Una scarica che gli mozzò il fiato e successivamente lo fece urlare obbligandolo ad abbandonare l’idea di proseguire nella sua impresa, fortunatamente un rombo di tuono in quell’esatto istante impedì alla sua voce di raggiungere la donna che altrimenti sarebbe sicuramente tornata indietro rischiando così di rendere vana tutta la sua fatica. Riprese fiato e si accorse che non riusciva più a muovere bene entrambe le gambe, si voltò nuovamente a guardare Lightning che avanzava rapida verso la sua destinazione, ormai le mancava davvero poco. Decise che sarebbe tornato indietro a nuoto, fiancheggiando gli scogli e cercando di usarli come appiglio in caso di necessità, la tempesta imperversava e l’idea di sfidare nuovamente la corrente non lo allietava ma non aveva altre alternative. Iniziò la sua ascesa una roccia dopo l’altra, fermandosi sempre per riprendere fiato, il dolore sempre più acuto. Esaminò velocemente le sue condizioni e notò di nuotare immerso nel suo stesso sangue, doveva averne perso parecchio, la ferita sembrava profonda. Avanzò ancora qualche metro, si sentiva tremendamente debole e la vista era annebbiata da un velo di oscurità come se dovesse svenire da un momento all’altro.
Poi un fulmine cadde vicino a lui illuminando la spiaggia come il sole a mezzodì, vide finalmente Lightning raggiungere la riva e... quelli erano Serah e Snow? Fu talmente breve che non seppe dire se fossero veri o un’allucinazione dettata dalla sua situazione ma si ritrovò a sorridere sollevato che finalmente Claire fosse salva e con lei Light. L’avrebbe perdonato per averla messa in quella situazione?
Perse la presa dalla roccia a cui si stava aggrappando tagliandosi la mano per l’ennesima volta e finendo in balia della corrente, un’onda lo investì e infine perse i sensi.
Non emerse più.

 

*~*~*~*~*

 

  Non si era guardata indietro mai, nemmeno una volta.
Come Orfeo che ritorna dagli inferi con l’obbligo di non voltarsi a guardare la sua Euridice si era ripromessa di non cedere alla tentazione e di fidarsi completamente di Hope. Era un modo per auto convincersi e per rassicurare Claire che tutto stesse andando bene, si era solo immaginata che ci fosse qualcosa che non andava in lui, stava benissimo ed era proprio qualche passo dietro di loro. Se si concentrava abbastanza poteva quasi avvertirne i passi anche in mezzo a tutto quel caos.
Dentro di sé però sapeva. Lo conosceva abbastanza bene da capire quando qualcosa lo preoccupava benché in quell’occasione fosse stato assai bravo a nasconderlo. Ma non poteva permettersi di pensarci adesso, per prima cosa avrebbe portato sua nipote al sicuro e poi… e poi cosa? Quella poteva essere stata la decisione più giusta o più sbagliata che avesse preso nell’arco della sua vita.
La pioggia era talmente fitta che a stento vedeva la costa ma per fortuna le luci delle abitazioni che si avvicinavano la rassicuravano che stava veramente arrivando a destinazione.
Dieci metri.
Sette.
Cinque.
Alzò lo sguardo e per un attimo intravide nell’oscurità due ombre dall’aspetto familiare. Serah e Snow? Si ritrovò a sorridere sorpresa e preoccupata al tempo stesso e quando infine riuscì a superare l’ultimo metro che la separava dalla terraferma provò anche un po' di paura al pensiero di cosa potessero pensare. L’uomo così tanto più alto di lei le si avvicinò e quasi le strappò la figlia dalle mani. - Cosa diavolo sta succedendo, Lightning? - il suo tono era furioso ma trattenuto.
La bambina si accoccolò fra le braccia del padre ricominciando a piangere e strillare, lui le accarezzò il viso e si assicurò delle sue condizioni cercando di rassicurarla. Il suo papà era finalmente arrivato e lei non doveva più temere nulla, era al sicuro adesso.
  
- A cosa diavolo stavi pensando per lasciare che accadesse questo a mia figlia? Io mi fidavo di te… - intervenne Serah, la voce tramante di rabbia e particolarmente incisiva. - Hai forse perso il senno? -
  
- Io… - riuscì appena a dire prima che la sorella la colpisse con forza sul viso.
Lightning rimase in silenzio ben conscia della situazione in cui si trovava, si sentiva stanca, infreddolita, e tremendamente in colpa, non osava nemmeno guardarla. La pelle della guancia le bruciava e sentì le lacrime pungerle gli occhi.
Serah si pentì immediatamente di quel gesto, era stato dettato unicamente dalla paura che aveva provato nel tornare a casa e non trovare sua figlia, nel cercarla come impazzita nei dintorni sotto una tempesta e nel trovarla praticamente in mezzo al mare. Cercò di calmarsi e pensare con raziocinio, sua sorella non era certo una sciocca anzi era la persona più responsabile che conoscesse quindi sicuramente c’era una spiegazione logica a tutto ma al momento non voleva ascoltarla. Si voltò verso la figlia che piangeva ancora e la prese tra le braccia. Poi la sentì dire qualcosa ma erano parole sconnesse dai singhiozzi e coperte dal rumore della pioggia. Claire alzò lo sguardo dapprima su di lei poi si voltò verso le onde. - Fratellino? -
Snow si avvicinò proprio nel momento esatto in cui Serah iniziava a capire che forse aveva tratto delle conclusioni un po' troppo affrettate. - Hope? Claire, di cosa stai parlando? -
La bambina si sciolse dalla presa della madre e allungò una mano verso la zia che aveva raggiunto nuovamente la riva e se ne stava immobile mentre le onde si infrangevano con violenza sul suo corpo. I due la raggiunsero e Snow fu svelto ad afferrarla proprio nel momento in cui lei stava per gettarsi in mare. - Che fai, sei impazzita sis? -
L’uomo la stringeva per le braccia mentre lei si divincolava con una foga che non avevano mai visto, era come se una forza soprannaturale avesse preso potere su di lei. - Lasciami! -
  
- Cosa vorresti fare? E’ pericoloso! -
Snow non capiva cosa le fosse preso poi vide che piangeva. Solo una volta aveva intravisto delle lacrime sul volto della donna ma mai si sarebbe immaginato di vederla così sconvolta. Serah intervenne e gli appoggiò una mano sul braccio, il tempo sembrò fermarsi per un momento, poi Lightning con un unico movimento si liberò della sua presa. - Hope non c’è più… - disse guardandolo e il cuore dell’uomo perse un battito. Serah si strinse alla figlia cercando un po' di conforto, non poteva essere vero.
La donna si voltò verso il mare, finalmente la pioggia sembrava aver rallentato la sua folle caduta ed i contorni erano tornati a distinguersi, guardò l’esatto punto in cui aveva visto Hope solo qualche minuto prima e lo trovò vuoto. Il cuore si fermò, non riusciva più a respirare ed improvvisamente si ritrovò paralizzata sul posto. Sentiva che se si fosse mossa sarebbe stato tutto reale.
Poi come in un sogno - un incubo - vide se stessa mentre, preda della follia, si gettava in acqua sfidando nuovamente la tempesta.

 

*~*~*~*~*

 

  Stava lucidando il suo gunblade mentre, seduta sopra un gruppo di rocce, controllava con lo sguardo il gruppo a qualche metro da lei. Era almeno da una decina di minuti che Fang e Sazh provavano ad appiccare un fuoco, avevano sistemato parecchi rami secchi trovati nei dintorni al centro di un cerchio di pietruzze come consigliato da Vanille – a detta sua esperta massima di accensione di fuochi nei boschi – e, con l’aiuto di un bastoncino, stavano cercando di destare una piccola scintilla. Li aveva osservati per un po' fino a che, sopracciglio alzato, non aveva semplicemente detto qualcosa come “ Perché non usate la magia come sempre?” . Loro l’avevano guardata stupiti di sentirla intervenire, benché con il suo solito tono pungente, e avevano convenuto fosse un’ottima idea ma poi la donna di Pulse agitò una mano e disse - E la sfida dove sarebbe, Sunshine? -
Così erano passati altri minuti e, di quel passo, avrebbero cenato all’alba del giorno seguente. Poco male, Snow era andato a “procacciare” del cibo – da quando erano arrivati su Gran Pulse le sembrava quasi che si sentissero tutti come in un qualche gioco di ruolo – e ancora di lui non c’era traccia, fortunatamente. Dentro di sé ci sperò quasi di non vederlo arrivare poi le venne in mente che sua sorella, se mai si fosse risvegliata dal suo sonno di cristallo, probabilmente non sarebbe stata molto d’accordo sulla questione. Lanciò un’altra occhiata ai piromani della situazione, poi si alzò, rinfoderò la spada minuziosamente pulita da ogni traccia dei combattimenti avvenuti in giornata e se ne andò senza dire una parola. Quel baccano le stava facendo venire il mal di testa e aveva un bisogno disperato di restarsene immersa nel silenzio per qualche minuto. Inoltre non vedeva Hope da parecchi minuti e, anche se non l’avrebbe mai ammesso, iniziava ad essere sempre più apprensiva verso di lui. Quando, infine, le voci dei suoi compagni di viaggio vennero attutite dal fitto degli alberi, trovò una piccola insenatura che si apriva su un precipizio. Il panorama era mozzafiato e si spalancava sull’intera vallata al tramonto.
Neanche avesse seguito le sue tracce come un segugio ecco che trovò il giovane, seduto a godersi la tranquillità di quel luogo.
  
- Però, niente male qua. - disse lei interrompendo il silenzio per andare ad accomodarsi al suo fianco, le gambe a penzoloni nel vuoto. Lui si voltò stupito di trovarsela accanto all’improvviso ed arrossì un poco mentre incontrava il suo sguardo di ghiaccio. Cercò di sorriderle baldanzoso come se non si sentisse tremendamente agitato e il suo cuore non sembrasse impazzito quando gli era vicino. Non disse niente, non c’era bisogno di parlare perché sapeva che quel silenzio per lei significava qualcosa come “mi piace la tua compagnia” e si limitò a osservarla con la coda dell’occhio senza che lei se ne accorgesse. 
Lightning si piegò verso di lui a guardarlo e lo sorprese sorridendogli. Era un sorriso tranquillo, rilassato e in qualche modo rassicurante: lo faceva sentire a casa, al sicuro. Era breve e svaniva in fretta quasi come se lo avesse soltanto immaginato perché lei restava comunque schiva e sfuggente, anche se Hope aveva la sensazione che in qualche modo lo reputasse speciale. Chissà perché si era affezionata a lui, forse lo considerava solo un fratellino, forse era la sua redenzione ma lui non si lamentava anzi, gli piaceva quel rapporto un po' strano e complicato che aveva creato con lei. Riusciva in qualche modo a farlo sentire importante nel gruppo, indispensabile.
Improvvisamente il volto della madre si sovrappose a quello di lei e non riuscì ad impedire alle lacrime di far capolino dai suoi occhi di giada. L’altra se ne accorse e, sempre senza dire una parola, tese le braccia nella sua direzione. Il ragazzino la guardò sorpreso e scelse di accettare alla svelta quell’invito, che gli sembrava quasi un miracolo, prima che lei si ritraesse. Si accoccolò nel suo abbraccio inspirando forte il profumo che emanava il suo corpo, cuoio e rose, e finalmente al sicuro, si lasciò andare al pianto. Non emise nemmeno un singhiozzo, né un lamento, solo lacrime.
Lei lo strinse con trasporto mentre gli sfiorava delicatamente i capelli chiari con dita sottili, cercando d’infondergli un po' della sua forza, provando a consolarlo. Ma sapeva bene che nulla al mondo avrebbe mai potuto addolcire quel dolore che stava provando, solo con il tempo avrebbe imparato a conviverci e al momento ne era trascorso ancora troppo poco, e troppe cose erano accadute. Era così giovane, com’era stata lei un tempo.
  
- Perdonami, è stato solo un momento… - disse il ragazzo asciugandosi gli occhi senza però sciogliere l’abbraccio, avrebbe voluto rimanere così per sempre. Rise sommessamente. - … credevo di essere diventato un po' più forte. Mi dispiace, sono ancora un peso… -
Fu lei ad allontanarlo per prima trattenendolo per le spalle ed obbligandolo a guardarla, i suoi occhi erano seri e non ammettevano repliche. - Non devi chiedere scusa per questo, mai. - fu particolarmente incisiva su quell’ultima parola. - Se inizi a farlo adesso perderai una parte di te ogni volta ed io… - si fermò per un momento mordendosi leggermente il labbro come se volesse trattenersi ma ci ripensò e proseguì. -… io non voglio perdere nemmeno il più piccolo pezzetto di ciò che sei. Capito? -
Lui avvertì il viso andargli in fiamme, si sentiva incatenato a quello sguardo ed era così vicino che poteva sentire il suo respiro, riusciva a distinguere la perfezione della sua pelle. Desiderò esserle vicino molto di più che in senso fisico, quasi spirituale, sapeva che i loro caratteri e le loro vite erano affini e che anche lei aveva passato lo stesso dolore che stava affrontando lui.
  
- E’ quello che è successo a te, Light? - le rispose infine sorprendendo se stesso per la sua audacia. Lei era sempre stata schiva e silenziosa sulla questione e forse proprio perché in quel particolare momento della sua vita era stata sola. Lui poteva contare su di lei, sul resto del gruppo ma Lightning aveva affrontato tutto facendo affidamento solo su se stessa.
La vide annuire piano con la testa rilasciando un leggero sospiro.
  
- Sì, è faticoso e non puoi più tornare indietro. -
Hope le restituì lo sguardo serio, il volto sempre arrossato dall’emozione dell’averla così vicina. Chissà cosa avrebbe pensato di lui se avesse saputo cosa stava iniziando a provare per lei, qualcosa che andava oltre alla pura e semplice ammirazione. - Sei così buona Light… - iniziò a dire cercando le parole adatte. Voleva essere incisivo, voleva che non pensasse a lui come ad un ragazzino impaurito almeno per una volta. - … sei una persona buona e gentile, io lo so. -
Lightning si ritrovò ad arrossire appena sotto quegli occhi verdi che la scrutavano con decisione, non disse niente e lui continuò coraggioso.
  
- A volte però mi capita di pensare che tu abbia nascosto una parte di te, come se non volessi che qualcuno sappia quanto puoi essere gentile. Come se l’avessi rinchiusa sottochiave. Mi chiedo solo se qualcuno, un giorno… riuscirà a farla uscire? - aveva parlato tutto d’un fiato senza mai abbassare lo sguardo dal suo, l’aveva vista arrossire leggermente ne era sicuro. Forse aveva esagerato e aveva detto troppo, probabilmente non avrebbe dovuto parlarle in modo così diretto.
Inaspettatamente lei annuì sorridendo un poco, sembrava leggermente a disagio. - E’ proprio così ed è per questo che non voglio accada anche a te. - gli toccò la fronte con l’indice spingendolo appena cercando di nascondere l’imbarazzo.
Rimasero immobili a fissarsi ancora per qualche istante poi la donna si alzò tendendogli una mano per aiutarlo intimandogli di fare altrettanto. - Forza, torniamo dagli altri prima che diano fuoco a tutta Gran Pulse. - Hope le strinse la mano come se fosse la cosa più naturale del mondo e insieme si avviarono verso l’accampamento.
Mentre camminava al suo fianco poteva sentire la morbidezza delle dita di lei, il loro calore e giurò a se stesso che l’avrebbe trovata lui, prima o poi, la chiave per aprire il suo cuore.

 

*~*~*~*~*

 

  Acqua, fredda, profonda.
Sentiva il suo corpo sempre più leggero fluttuare nel blu scuro dell’oceano, era come cadere nel vuoto ma più dolcemente. La sensazione di addormentarsi e sognare profondamente, un’illusione appartenente ad un ricordo lontano della sua infanzia, mentre dita morbide e sottili gli accarezzavano i capelli. Una voce distante echeggiava nella sua mente, cantava una litania sussurrata e poi invocava il suo nome. Si sentiva finalmente al sicuro, protetto, amato.
Poi la percezione cambiò ed improvvisamente il suo corpo divenne freddo, rigido, pesante. Non riusciva a respirare, non poteva urlare, non vedeva niente, era immerso nell’oscurità più fitta. Muoversi era difficile, quasi impossibile, fino a che perse conoscenza ancora una volta.
Ricordi confusi di braccia forti che lo sollevavano, lo trascinavano, capelli d’un rosa pallido scendevano sul suo viso solleticandogli la pelle, voci confuse che lo chiamavano e lo imploravano. Qualcuno poco distante piangeva disperatamente e lui se ne dispiacque, non voleva che nessuno soffrisse, non per lui. E poi più niente.
Si svegliò lentamente aprendo piano gli occhi verdi per abituarli alla luce forte che filtrava dalla finestra semiaperta. Volse lo sguardo ed osservò la stanza nella quale si trovava e non la riconobbe, era troppo immacolata e vuota. Poi avvertì la sensazione di qualcosa di fresco e morbido sulla sua mano, mosse appena le dita ed afferrò le maglie di metallo di un braccialetto. D’istinto sorrise quando ruotò la testa a guardarla. Sembrava essersi assopita da poco, i capelli erano leggermente spettinati, le labbra dischiuse ed il respiro leggero. - Light? - disse piano con la voce roca. Si sentiva la gola riarsa e deglutì a fatica.
Subito come avvertì la sua voce lei si destò aprendo gli occhi azzurri di scatto. Lui vide in quello sguardo limpido i segni di una notte, o forse più, passata insonne. La donna gli sorrise non appena capì che era sveglio. - Ehi… - lo salutò sottovoce, come se non volesse spaventarlo. Avvicinò una mano ad accarezzargli il viso ad assicurarsi che fosse veramente sveglio, l’altra mano si strinse su quella di lui, non lo lasciò un momento.
Hope cercò di tirarsi a sedere e lei lo trattenne per le spalle. - Tranquillo. Stavi quasi per affogare… - la voce le si strozzò in gola e dovette prendere un secondo respiro per proseguire. -… ma stai bene adesso. Snow ti ha salvato. -
Dopo un sospiro rassegnato il ragazzo si rilassò sotto il tocco delicato di lei che continuava a passargli le dita fra i capelli, sulla fronte, sulla guancia. Non smisero di guardarsi un istante quasi potessero comunicare l’uno nella mente dell’altra senza bisogno di parlare e lui notò gli occhi gonfi e arrossati della donna. Aveva pianto, probabilmente da sola quando era certa che nessuno potesse vederla.
  
- Perché non me l’hai detto? - gli disse all’improvviso lei riferendosi alla sua brutta ferita al fianco, la voce ridotta ad un sospiro stanco. Nel suo tono autoritario poteva avvertire anche un leggero rimprovero ritrovato chissà dove nei meandri di una se stessa del passato.
  - Claire era in pericolo. - rispose lui, e non c’era davvero bisogno di altra spiegazione. Lightning corrugò le sopracciglia nella sua tipica espressione che precedeva una ramanzina delle sue. Aveva visto quello sguardo così tante volte in passato che si sarebbe messo a ridere se il momento fosse stato diverso.
  
- Dovevi dirmelo, non ti avrei lasciato solo. -
  
- Questa volta eri tu ad aver bisogno di me, non volevo deluderti. Volevo essere forte. -
Lightning sospirò mentre avvicinava il viso al suo. - Non è agendo da stupido che dimostri di essere forte, credevo l’avessi imparato. - non voleva davvero sgridarlo, non in quel momento almeno, ma era così arrabbiata con lui. Aveva agito da irresponsabile e lei aveva davvero avuto paura di perderlo per sempre.
Hope annuì piano, lo sguardo serio e la fronte di lei premuta contro la sua. - Tu avresti fatto lo stesso al mio posto. -
Era vero, era dannatamente vero, la conosceva meglio di quanto immaginasse. Scosse la testa inalando il profumo della sua pelle, sfregando il naso contro il suo, constatando quanto fosse calda la sua guancia. Rimasero in silenzio qualche minuto, immobili, gli occhi chiusi e le dita delle mani intrecciate assaporando semplicemente la presenza l’uno dell’altra. Quando riaprì gli occhi Hope si accorse che quelli di lei erano lucidi. - Perdonami. - le disse mentre alzava una mano per sentire la consistenza morbida dei suoi capelli in un gesto rassicurante.
Lei nascose l’imbarazzo affondando il viso nell’incavo del suo collo mentre alcune lacrime silenziose le sfuggivano dalle ciglia. - Per colpa tua sarò in debito con quell’idiota per il resto della vita. Come intendi rimediare? -
Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata divertita mentre la stringeva a sé giocando con alcune ciocche della sua chioma rosata. - Posso cucinarti una bistecca di Behemoth, so che l’adori. Anche se tu sei decisamente più brava di me in questo. -
Lei sorrise compiaciuta, il pericolo era passato, poteva rilassarsi. - Non mi sembra sufficiente. Dovrai fare molto di più per me Estheim. -
La costrinse a guardarlo e poi le disse sfiorandole le labbra. - Qualcosa m’inventerò. -
Si baciarono piano, con una lentezza quasi esasperante, assaporando il momento. Sapendolo vivo e al sicuro Lightning si permise di sorridere mentre lui giocava con la lingua sulle sue labbra. Le portò una mano dietro al collo, sull’attaccatura dei capelli e l’attirò a sé, più vicina, inspirando il suo profumo un po' di rose e un po' di cuoio a cui adesso si era aggiunto quello salato del mare. Sorrise mentre la lasciava mordergli il labbro inferiore, piano ma con voluttuosità. - Devi proprio farti una doccia, Light. -
Lei si scostò guardandolo sorpresa, negli occhi un luccichio divertito, afferrò un cuscino e glielo tirò addosso.
  
- Ehi, non puoi prendere a cuscinate un malato! - le disse coprendosi il viso appena in tempo per parare il colpo.
  
- Mi sembra che tu stia decisamente bene se hai trovato il coraggio di dirmi una cosa del genere. - rispose lei, un sopracciglio alzato mentre cercava qualcosa da utilizzare come secondo proiettile. La risata cristallina del ragazzo si levò forte nella stanza mentre la guardava con occhi maliziosi attraverso la fessura delle braccia.
Lightning sentì qualcosa in quel momento, una sensazione che le scaldava il petto, sotto la pelle e fin dentro lo stomaco. Puntò gli occhi in quelli verdi di lui improvvisamente seria mentre acquisiva una nuova consapevolezza, era questa la felicità di cui aveva sempre sentito parlare e alla quale era sempre sfuggita?
Quell’amore che sua sorella le aveva decantato così tante volte nel corso degli anni a cui lei aveva rinunciato. Poteva davvero sperare che durasse per sempre?

Speranza, che buffo gioco di parole era quel nome. Era stata proprio la speranza a salvarla così tante volte e alla fine le si era presentata sotto la forma di un ragazzo con occhi luminosi e un sorriso gentile.
  
- Light? -
Si riscosse al suono della sua voce, lo sguardo in un cipiglio confuso preoccupato per il suo silenzio improvviso. Lei sorrise mentre si chinava nuovamente su di lui, una mano posata delicatamente sulla sua guancia, l’altra sul petto e poteva sentire il battito rilassato del suo cuore sotto il suo tocco. Lo sguardo sereno, in pace. - Ti amo. -
Le uscì così, di getto, sussurrandolo leggermente. Non gliel’aveva ancora mai detto, anzi a dirla tutta era la prima volta che lo diceva a qualcuno nella sua vita escludendo Serah o i suoi genitori quando era bambina. Ma sapeva che l’affetto, l’amore che provava da sempre per quel ragazzo era diverso e simile allo stesso tempo. Lui era riuscito a scalfire il suo cuore indurito, come uno scalpello si era fatto strada dentro di lei, vi aveva trovato un angolino e lì era rimasto aspettando pazientemente che fosse pronta. Hope la guardò sorpreso quasi pietrificato, un lieve rossore salì a colorargli le guance fino alle orecchie e la donna trattenne una risatina nel vederlo così agitato. Se i suoi capelli argentei ne avessero avuto la capacità avrebbero raggiunto sfumature colorate anch’essi fino alle punte. - D-Davvero? -
Lightning sostenne il suo sguardo limpido e un leggero imbarazzo le colorò il viso. Era forse contagioso? Poi notò il lieve luccichio nei suoi occhi di giada dove un velo di lacrime si era accumulato agli angoli. L’assalì un ricordo improvviso laddove aveva visto quello stesso sguardo incredulo tanti anni prima, sulle cime di Cocoon, quando il lui ragazzino aveva deciso di seguirla e lei aveva acconsentito nonostante la sua determinazione nell’allontanare le persone. Era stato quello l’inizio di tutto?
Dannato scalpello.
Gli sorrise ancora avvicinandosi fino a poter sentire il suo respiro sulle labbra annuendo appena. - Ti amo, Hope. - ripeté ancora includendo il suo nome ed era quasi incredula lei stessa, perché non gliel’aveva ancora detto? Era così facile e lui sembrava così felice. - Perdonami se ci ho messo così tanto… -
Il ragazzo scosse la testa e si inarcò leggermente per baciarla ancora, avrebbe potuto farlo tutto il giorno e non se ne sarebbe mai stancato. - Dillo ancora. -
Fece roteare gli occhi rilasciando una risatina divertita, nascose l’imbarazzo nel suo collo sottraendosi ai suoi occhi verdi. - Adesso non ti ci abituare Estheim. - concluse lei mentre giocava con i suoi capelli, il suo respiro caldo sulla pelle che gli procurava brividi piacevoli. Le prese il viso per guardarla ancora completamente assuefatto dai suoi lineamenti perfetti e si allungò per un altro bacio. Purtroppo per lui, come nelle migliori commedie romantiche, qualcuno arrivò dal nulla a rovinare quel momento. O forse a migliorarlo?
  
- Fratellino! -
Una vocina sottile irruppe nella stanza e d’istinto Lightning si allontanò da lui appena in tempo prima che la bambina con i codini biondi trovasse il modo e si arrampicasse sul letto per abbracciarlo con tutta la sua esuberanza. Esuberanza ereditata ovviamente dal ramo paterno dei suoi geni. - Ehi piccola. -
La bimba si staccò da lui per guardarlo mentre sul viso le passavano una miriade di sentimenti diversi ed estremamente confusi. Felicità, tristezza, dolore, rabbia, gioia. - Come stai fratellino? -
Hope le sorrise. - Splendidamente, e tu? -
Claire aprì le braccia in un gesto plateale mentre Lightning si alzava dal suo posto e, premurosamente, la sistemava meglio sul letto in modo che non riaprisse i punti sul fianco del ragazzo. - Sto benissimo grazie a te! -
Hope le restituì uno sguardo dolce e carico di affetto poi i suoi occhi si spostarono sulla donna che gli sorrideva e lentamente lasciava la stanza, sulla soglia Serah e Snow li stavano osservando affettuosamente.
  
- Sembravi un principe delle favole! - continuò Claire mentre aggiungeva qualcosa sul fatto che nemmeno il suo adorato papà poteva raggiungere quel rango nobiliare. Lightning si voltò per incontrare lo sguardo di sua sorella mentre usciva dalla stanza, alle sue spalle Hope pazientemente rispondeva alla bambina. - Perché tu sei una principessa ed io ho giurato a tuo padre di prendermi cura di te. Ti terrò al sicuro, sempre. -
Serah restituì gli occhi alla maggiore, stesso colore solo leggermente più brillante, mentre un sorriso gentile le incurvava le labbra. I tre si allontanarono nel corridoio lasciando la piccola peste alle cure del ragazzo, si fidavano ciecamente ormai. Rimasero in silenzio mentre procedevano lentamente per il passaggio del piccolo ospedale, poi la voce di Snow gli uscì in fretta dalla bocca. - Come sta, sis? -
Lightning lo guardò per un momento notando il braccio che avvolgeva dolcemente la vita della sorella. - Un po' indolenzito ma starà bene… - poi abbassò gli occhi incapace di sostenere quelli blu dell’uomo. - … grazie, Snow. - aggiunse con la voce tremante mentre si stringeva nelle spalle. L’orgoglio le bloccava le parole in gola anche se sapeva avrebbe dovuto aggiungere qualcosa in più ma l’uomo al suo fianco capì nonostante tutto. Non disse niente, non c’era bisogno di aggiungere altro. Gentilmente s’invertì di posto con Serah avvicinandola alla sorella, si voltò e tornò nella stanza del ragazzo, probabilmente ad assicurarsi che sua figlia non stesse facendo stancare troppo l’amico convalescente. E poi le due donne avevano bisogno di un momento per loro, ne era sicuro.
Continuarono a camminare ancora per qualche minuto, nessuna che riusciva a trovare le parole giuste da dire. Lightning sapeva di aver sbagliato, aveva messo in pericolo la nipote, era stato un solo momento di distrazione ed aveva rischiato di perdere ogni cosa. - Mi disp… -
  
- Perdonami, Claire.- la interruppe Serah rievocando il suo vero nome attraverso una voce sottile ma determinata e con gli occhi lucidi.
La maggiore si fermò voltandosi a guardarla sorpresa.
  
- Ero così spaventata… - aggiunse la più giovane mentre giocherellava nervosamente con il ciondolo che Snow le aveva regalato tanti anni prima. Anche Lightning si ritrovò inconsciamente ad accarezzare il braccialetto che portava al polso, forse era più simile alla sorella di quanto immaginasse. - … non dovevo colpirti. Perdonami. -
Scosse la testa. - No Serah, è stata colpa mia, me lo sono meritato. -
  
- No io… - la più giovane le afferrò le mani e le strinse. -… non pensavo davvero quel che ho detto. Mi fido di te, lo giuro! -
Lightning le restituì lo sguardo e rispose alla sua stretta e seppe che non c’era da aggiungere altro sulla questione o sarebbero andate avanti tutto il giorno chiedendosi scusa a vicenda. Però…
  
- Ho un altro motivo per cui devo scusarmi con te… - aggiunse mentre la sorella inclinava il capo incuriosita dalla sua confessione improvvisa. -… c’è una cosa che non ti ho detto. - s’inumidì le labbra ed abbassò lo sguardo mentre cercava un coraggio che sembrava venirle meno. Stai tranquilla, Serah capirà, non ti criticherà.
Diglielo!
  
- Tu ed Hope, eh? -
Lightning la guardò negli occhi colta di sorpresa. Lo sapeva? - Te l’ha detto Snow? -
  
- Snow? - la giovane le restituì uno sguardo confuso, poi scosse la testa accompagnando una risatina. - No, lo sospettavo da un po'… chiamalo intuito femminile Farron se vuoi. -
  
- Ti avevo promesso che saresti stata la prima a sapere… questo genere di cose e invece non riuscivo a dirtelo. Avevo paura che… -
  
- Che ti giudicassi? Sorellina se tu sei felice, lo sono anche io. -
Le sorrise dolcemente mentre le accarezzava una guancia e poi i capelli, sistemandole le ciocche della frangia un po' troppo lunga e, con quei semplici gesti, Lightning notò l’enorme somiglianza che sua sorella aveva ereditato dalla loro madre. - Lo sei? - aggiunse guardandola dritto negli occhi.
  
- Cosa? -
  
- Felice. Lui... ti rende felice? - insistette Serah.
Lightning si bloccò, il tempo sospeso mentre nella sua mente passavano immagini della sua vita da quando lui era entrato a farne parte. C’era stato tutto, dalla tristezza all’incertezza, le insicurezze, la rabbia e la gelosia. E più di ogni cosa c’era stato l’amore.
  
- Sì… - annuì una volta, leggera, e sorrise. - Molto. - rispose infine mentre il suo viso si tingeva di un’adorabile tonalità rosata. Serah notò il luccichio negli occhi azzurri della sorella e capì che sì, stava dicendo la verità, era felice. L’abbracciò di slancio cingendola forte con le braccia e Lightning sentì esploderle il cuore mentre le restituiva la stretta. L’aveva capita, sua sorella l’aveva sempre compresa.
Insieme s’incamminarono nuovamente verso il resto del gruppo, mano nella mano, e Lightning si sentì quasi come se fosse lei la più piccola mentre Serah la precedeva di un passo all’interno della stanza. Tutte le emozioni che provava erano nuove per lei ed aveva bisogno della sua guida. Alzò lo sguardo sulla sua famiglia. La piccola Claire stringeva Hope in un abbraccio esuberante mentre Snow gli scompigliava i capelli chiari affettuosamente dicendo qualcosa sul fatto che il suo eroe lo aveva salvato. Serah li raggiunse trascinando dietro di sé la sorella senza mai lasciarle la mano e lei si ritrovò ad un passo dal ragazzo. Lui alzò lo sguardo ad incontrare i suoi occhi azzurri, sorrideva e rideva felice mentre la guardava.
Lightning dapprima gli spinse la fronte con l’indice della mano come faceva sempre quando era imbarazzata in seguito gli prese una mano intrecciando le dita alle sue. Poi si chinò sul suo viso e lo baciò sulle labbra sotto lo sguardo festante della sorella e quello incredulo di Snow. Fronte contro fronte continuarono a scambiarsi sguardi complici mentre ridevano compiaciuti delle espressioni assai divertenti che gli lanciavano gli altri occupanti della stanza.
Completi.
Erano insieme.

 


*~*~*~*~*

Due anni dopo

 

 

  Il giovane uomo guardò l’orologio per la milionesima volta da quando era uscito dall’ufficio. Come al solito lo avevano trattenuto fino a tardi, oltre il suo orario di lavoro, nonostante i suoi buoni propositi di non fare tardi almeno quella sera. Invece si rese conto dell’ora solo quando, uscendo, aveva visto il sole tramontare oltre l’orizzonte. Lightning solitamente era comprensiva sulla questione sebbene continuasse a ripetergli che gli serviva davvero qualche ora di sonno in più, ma non insisteva mai troppo ben consapevole di essere lei stessa responsabile dello stesso problema alternando turni su turni come tenente – finalmente – responsabile della protezione di Nuova Bodhum. Ma forse questa volta si sarebbe arrabbiata anche lei vista l’occasione.
Finalmente erano riusciti a liberarsi tutti, era tempo di una riunione tra ex l’Cie come non ne facevano da parecchio, troppo tempo a dire il vero ed inoltre era anche il suo compleanno. Ormai era diventata una specie di tradizione festeggiarlo tutti insieme come una grande e felice famiglia, anche se lei non sapeva che ci sarebbe stata una festa anche questa volta. L’anno precedente gli aveva fatto promettere che non ne avrebbero più organizzate ed in effetti lui continuava a mantenere quella promessa, era Snow il colpevole questa volta.
  
- Ohi! - qualcuno lo spinse all’improvviso mentre se ne stava fermo come un baccalà a guardare l’orologio ancora una volta intanto che aspettava l’arrivo del treno. Si voltò in fretta per trovare una ragazza minuta e graziosa con lo sguardo caldo e vivace. Gli sorrise arricciando il naso ben proporzionato tirando poi fuori la lingua dalle labbra rosse facendogli una smorfia affettuosa. - Che stai combinando ancora qui? -
Lui alzò le spalle ed inclinò lo sguardo. - Potrei farti la stessa domanda, Rika. -
La ragazza gonfiò le guance in un broncio infantile. - Il mio capo è un tiranno e mi fa fare gli straordinari anche quando sa benissimo che ho una festa importante questa sera. -
  
- E’ proprio una carogna accidenti… - le disse alzando un sopracciglio - … perché non ti licenzi e la fai finita? Potresti andare a lavorare al bar sulla spiaggia del tuo ragazzo. -
Lei sorrise all’idea e per un attimo s’immaginò a vendere gelati e preparare drink perennemente in costume da bagno, la pelle abbronzata… fece una smorfia. - Nah, non fa per me… innanzitutto il bar è di Lebreau, non credo che lo lascerebbe mai gestire a Maqui. E poi credo che il suddetto tiranno sarebbe perso senza l’assistente migliore che possa esistere. - disse con un sorrisetto provocante mentre indicava se stessa con un gesto plateale.
  
- Effettivamente non credo che sarebbe un buon affare... soprattutto per Lebreau. - concordò Hope con lo sguardo un po' troppo serio mentre lei lo colpiva divertita sul braccio.
  
- Mi stai forse prendendo in giro, eh Direttore? -
Lui alzò le mani. - Non oserei mai! - rimase in silenzio per qualche secondo poi aggiunse cercando di nascondere una risatina. -… ammettilo però, non è che sei proprio portata a fare la barista. -
Rika assunse uno sguardo esageratamente sconvolto e lo colpì nuovamente. - Non me lo perdonerai mai quel cocktail vero? E’ successo secoli fa! -
Risero entrambi al ricordo fugace di uno dei peggiori esperimenti alcolici che la ragazza avesse mai eseguito durante una riunione fra vecchi compagni di scuola qualche anno prima, quando avevano appena iniziato ad uscire insieme. Tutti i partecipanti avevano finito per sentirsi male ed il ricordo non era proprio piacevole ma Hope provò la solita scossa di affetto per la ragazza. In quel periodo lui aveva costantemente un’aura scura di depressione addosso e lei era stata fondamentale per la sua ripresa. - Assolutamente, sarà una storia che mi sentirai ripetere fino alla vecchiaia. -
La giovane sbuffò fingendosi offesa mentre si sistemava una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio, adesso li portava più corti ed Hope constatò quando la facessero apparire ancora più giovane. Poi, come contagiata dai suoi movimenti, anche lei diede uno sguardo veloce all’orologio esposto sopra ai binari. - Sarà meglio che vada adesso, devo farmi bella per la festa! -
Hope alzò un sopracciglio perplesso. - Allora sei in ritardo, devi sbrigarti. -
Lei rise di gusto coprendosi la bocca con la mano. - Come ti permetti? Non sei per niente gentile, dovevi dirmi che sono bellissima anche così, dopo una luuunga giornata di lavoro! -
  
- Ah lo farei… ma non so come potrebbe prenderla Light. -
  
- Sarebbe così terribile? -
Lui alzò le spalle e Rika rimase in silenzio soffermandosi su quello che lui intendeva. In effetti, Lightning arrabbiata era davvero spaventosa, molto più di un Behemoth sulle zampe posteriori sottoposto a una Berserk. Convenne con lui e rise di nuovo. - In effetti hai ragione, sarà meglio che anche tu ti muova ad arrivare a casa. Non costringermi a chiamarla e dirle che ti ho trovato ancora qui a bighellonare. -
  
- Da quando siete diventate amiche, devo dire che insieme fate un po' paura. -
Alzò gli occhi al cielo sfoggiando un sorrisetto malefico. - Oh, non hai idea delle cattiverie che abbiamo in serbo per la serata. -
Un fischio alle loro spalle annunciò l’arrivo del treno ed entrambi si voltarono a guardare il veicolo mentre raggiungeva la stazione lentamente, le luci al neon che proiettavano ombre sul muro. Si sentì toccare il braccio e si voltò ad osservare nuovamente la sua compagna di attesa non appena la sentì parlare.
  
- Temo però di non potermi definire sua amica. Non ancora. -
  
- Certo che sì. - le rispose lui in fretta. - Light non parla molto di quello che prova per gli altri, credimi lo so bene. Ma so anche che ti considera un’amica preziosa. -
Rika alzò gli occhi dorati ad incontrare il suo sguardo, un lieve rossore le tinse il viso di rosa e sorrise impacciata. - Lo pensi sul serio? Perché io, in effetti, mi sono molto affezionata a lei. -
  
- Ne sono sicuro. - la rassicurò infine. Lei sembrò soddisfatta e fece un brevissimo saltello sul posto rimanendo in equilibrio sui tacchi alti mentre univa le mani come in una preghiera silenziosa.
Si salutarono con la promessa di vedersi solo qualche ora più tardi e lui salì sul treno trovando in fretta un posto accanto al finestrino. Lei era ancora lì e lo salutò di nuovo con un cenno della mano prima di voltarsi e iniziare a correre lontano dalla stazione. Hope sorrise mentre il treno finalmente lasciava i freni e iniziava ad allontanarsi, la stazione sempre più distante. Si appoggiò al sedile rilassato, prese in mano il telefono e compose un breve messaggio avvisando che, finalmente, era sulla via di casa. Chiuse gli occhi mentre nella sua mente visualizzava l’immagine di Lightning poi i suoi pensieri vagarono su Rika e rifletté sulle due donne che, lentamente, avevano stretto un’amicizia tanto profonda quanto bizzarra. La più giovane aveva iniziato piano piano, tempestandola di messaggi e chiamate, raccontandole ogni cosa le capitasse e sebbene all’inizio Lightning potesse essere sembrata infastidita alla fine aveva iniziato a risponderle sempre più spesso. Ormai, constatò lui, si sentivano tutti i giorni e avevano la loro serata settimanale fra donne alla quale spesso e volentieri si aggregavano anche Serah e Lebreau. A volte gli riusciva difficile credere che Light fosse cambiata così tanto, insomma era sempre lei e manteneva sempre quella sua aria scontrosa e fredda, soprattutto con Snow e compagnia a dirla tutta, ma adesso sorrideva spesso e aveva addirittura delle amiche. Hope si chiese se avesse dovuto sentirsi forse un po' geloso o solo triste all’idea che adesso tutti potevano vedere quanto fosse bella quando rideva davvero, e non quando si limitava ad un ghigno o una smorfia altezzosa, che non era più un qualcosa di intimo ed esclusivamente riservato a lui o a Serah. Aveva però imparato a convivere con quello stato d’animo, piano piano doveva condividerla anche con gli altri, un pezzetto alla volta. Le ultime parole della conversazione avuta con Rika poco prima gli passarono per la mente improvvise.
  
- Credi che avrebbe potuto funzionare fra noi, se lei non fosse mai tornata?- Aveva chiesto guardandola, non sapeva perché le aveva fatto quella domanda, forse era semplicemente un bisogno intrinseco in lui dato dal suo essere uno studioso, sempre curioso e sempre alla ricerca della verità. La ragazza gli aveva sorriso ancora e aveva scosso la testa. - Non lo sapremo mai, ma io adesso sono felice. Ho un ragazzo che adoro, un lavoro che mi piace e il mio capo è anche il mio migliore amico. Non posso pensare ad una vita migliore per me. E tu? - Aveva esitato prima di chiederglielo ancora - Tu sei felice? -
Hope si ritrovò a sorridere mentre il treno cullava il suo riposo, aprì gli occhi e vide Accademia illuminata che lentamente svaniva all’orizzonte per lasciare posto ad un paesaggio decisamente più selvaggio, presto sarebbe arrivato a casa. Poteva già sentire il profumo familiare del mare e le risate degli sconosciuti compagni di viaggio si trasformarono in quelle dei suoi migliori amici, della sua famiglia, poteva quasi sentire lei sgridarlo per essersi addormentato ed aver fatto tardi. E c’era una risata nascosta nella sua voce. Non vedeva l’ora di ascoltarla ancora e ancora.


 

*~*~


 

  Era un anno che la sua società si era definitivamente trasferita su Pulse, nella città eretta attorno al pilastro di cristallo e da cui aveva preso il nome, Accademia. Distava solo ad un’ora e mezza di treno super veloce da New Bodhum il che era decisamente meglio rispetto al tempo che aveva impiegato e sprecato negli anni passati per raggiungerla. Inizialmente aveva preso un appartamento in città ma poi, senza che accadesse dall’oggi al domani, aveva iniziato a lasciare le sue cose da Lightning che nel frattempo aveva trovato una casa non lontana da quella di Serah e Snow. Era piccola e immersa nel verde, un po' difficile da raggiungere visto che era costruita sulla cima di una scogliera ma lui convenne quanto le assomigliasse e si adattasse a lei. Intima e solitaria che sovrastava e controllava la cittadina ma allo stesso tempo piccola e confortevole, certo Serah passava spesso a riordinarla e a dare una sistemata – stando con lei aveva scoperto che in realtà era una persona piuttosto disordinata e caotica ma la cosa non lo aveva sorpreso nemmeno troppo – mentre lei era impegnata in qualche missione lì nei dintorni.
Inevitabilmente aveva infine deciso di fermarsi in modo definitivo e che le ore di viaggio quotidiane passate sul treno valevano la pena dell’attesa se alla fine della giornata varcava la porta e la trovava ad accoglierlo in mille modi diversi; davanti al televisore avvolta in una coperta in pieno inverno con una tazza fumante fra le mani, ai fornelli sebbene cucinare non fosse proprio il suo talento principale e lui dovesse intervenire per prevenire qualche disastro o semplicemente addormentata sul tavolo distrutta dal lavoro quando faceva troppo tardi. Ma quando incontrava i suoi occhi azzurri e gli sorrideva sapeva di essere finalmente a casa, che era quello il suo posto.
E lui non desiderava altro.
Sospirò appena prendendo le chiavi dalla tasca ed inserendole nella serratura della porta in legno scuro, il sorriso che gli solleticava il volto solo all’idea di vederla. Quando l’aprì e fece un passo all’interno tutto si aspettava meno che trovare la piccola Claire intenta a scarabocchiare con pastelli colorati sul muro del suo soggiorno. Chiuse la porta dietro si sé, si tolse la giacca e si avvicinò alla bambina che adesso aveva sette anni e si stava sviluppando molto in altezza constatando la sua sempre più insistente somiglianza con il padre. Aveva i capelli pettinati in due trecce bionde decorate da perline colorate e un vestitino bianco che minacciava di macchiarsi di colore ad ogni movimento.
Incuriosito le si avvicinò appoggiandole una mano sui capelli. - Cosa stai combinando, Claire? -
Lei si voltò a guardarlo sorpresa, non sembrava averlo sentito rientrare. - Disegno. -
Hope alzò un sopracciglio mentre lei tornava a concentrarsi sui suoi disegni. - Tua zia lo sa di questa… nuova forma di passatempo che hai escogitato? -
La vide alzare le spalle. - Certo, ha detto che questo è il mio muro e posso disenarci quel che voglio purché io non mi sporchi il vestito! - ripeté con un tono inespressivo come se avesse dovuto imparare a memoria quella frase. Lui sorrise immaginando Lightning mentre le faceva ripetere quelle parole terrorizzata soprattutto all’idea di sporcare il vestito candido sicuramente confezionato da Serah. - Capisco… -
Le scompigliò leggermente la frangetta facendola ridere e cercando di attirare la sua attenzione convincendola infine a dedicargli almeno un abbraccio lasciando perdere la sua opera d’arte per qualche minuto. - Lightning dov’è? - le chiese alla fine mentre raccoglieva una sua camicia abbandonata sul divano dalla sera prima e gliela metteva per evitare il misfatto del vestito irrimediabilmente rovinato da pastelli arcobaleno.
Claire fece una piroetta per constatare quanto fosse grande su di lei poi gli sorrise ancora abbassando un po' il tono della voce, ricordandosi improvvisamente di qualcosa d’importante che doveva assolutamente eseguire. Lightning era una zia perfetta con lei ma restava pur sempre un soldato e quando diceva qualcosa era come se stesse dando un ordine ad un sottoposto e non a sua nipote di sette anni. - Hero piangeva e così mi ha detto di fare piano. Credo sia in camera con lui. -
Hope alzò lo sguardo cercando di captare qualsiasi rumore proveniente dal piano di sopra ma tutto sembrava tranquillo. Sorrise a Claire esortandola a riprendere il suo disegno fatto di fiori, arcobaleni e stelline dorate e salì le scale lentamente, il legno che scricchiolava sotto i suoi passi. Ecco un’altra cosa che Light gli aveva confidato di aver amato da subito in quella casa, gli scricchiolii. Li trovava rassicuranti perché le ricordavano la casa dei suoi genitori ed inoltre, aveva aggiunto dopo un istante tornando immediatamente la regina della praticità, era più facile individuare un intruso nel cuore della notte.
Una volta in cima si avvicinò con cautela alla porta della loro camera socchiusa e sentì la sua voce bassa e sospirata attraverso il legno sottile. Aprì appena rivelando uno spiraglio di luce soffusa proveniente dalla lampada accanto all’armadio e la vide in piedi davanti alla finestra, il suo profilo sinuoso in evidenza contro lo sfondo candido delle tende mentre, constatò, era calata la sera. Indossava dei pantaloni scuri, aderenti, abbastanza eleganti e decorati con un pizzo sobrio mentre sopra portava un suo vecchio maglione azzurro leggermente infeltrito e che le stava un po' troppo grande. Le aveva consigliato di buttarlo così tante volte che aveva perso il conto ma lei rispondeva sempre che le piaceva perché pratico e caldo, e gli ricordava lui. Era un look bizzarro persino per lei e dava l’impressione che fosse stata interrotta proprio nel mezzo della preparazione per la festa. I capelli più lunghi leggermente arricciati e acconciati in una treccia morbida posata sulla solita spalla sinistra, stretti in un nastro scuro decorato con le stesse perline che portava Claire. Infine l’attenzione di Hope si spostò sul bambino che teneva fra le braccia. Si agitava verso di lei allungando le piccole mani paffute per giocare con le perle nei suoi capelli rosa, lo sguardo affascinato sul suo viso ipnotizzato da quello che lei stava dicendo.
  
-… e così alla fine gli ho dato un pugno, dritto sul naso. Insomma, converrai con me che se lo è più che meritato, giusto? -
Gli arruffò i capelli corti di un colore così simile al suo, solo leggermente più chiaro e spostò il peso sull’altra spalla tentando di fargli dimenticare quelle maledette perline colorate. In quel momento alzò lo sguardo e lo vide fermo sulla porta intento ad osservarla, un sorriso dolce sul volto mentre incontrava i suoi occhi luminosi. - Hope, non ti ho sentito arrivare. -
Sorpreso le si avvicinò per circondarla con le braccia mentre si chinava per un bacio veloce ad entrambi. - Mi piace essere furtivo. -
  
- Ah-ha divertente. Sei in ritardo mister Furtivo… -
Si voltò e gli passò velocemente il bambino mettendoglielo fra le braccia allungandosi poi per stiracchiarsi la schiena. Il piccolo si agitò per l’improvviso cambio di gestione e lui iniziò a cullarlo un po'. - Scusa, straordinari. - non aggiunse altro, non ce n’era bisogno. Lightning lo guardò alzando un sopracciglio e lui si preparò alla ramanzina in arrivo, poi lei sospirò decidendo che non ne valeva la pena e scosse il capo mentre usciva dalla stanza per andare al bagno.
  
- Sono salvo per oggi. - disse sottovoce verso il bambino che lo stava osservando con i suoi occhi grandi e intensamente azzurri. La voce di Lightning arrivò forte e imperativa a contraddirlo. - Non sperarci! -
Rise e poi la raggiunse nella stanza accanto osservandola mentre finiva di stendere un sottile strato di trucco sul viso. Aveva iniziato a farlo ogni tanto, forse sotto il consiglio – no obbligo più probabilmente – di Rika o Serah, o entrambe.
  
- Mi stavo preparando quando Claire ha iniziato a fare i capricci e di conseguenza ha svegliato Hero che, per inciso, ero riuscita a far addormentare dopo due ore intense di sproloqui su Snow dato che è l’unica cosa che riesce a farlo addormentare. -
Ad Hope scappò una risatina mentre con la mano accarezzava dolcemente la testa del piccolo che teneva inquieto fra le braccia. - Sai non credo che a Snow farà piacere scoprire in che modo riesci a far addormentare suo figlio. -
Lei si voltò a guardarlo, un sorriso provocante sulle labbra, lo stesso che aveva prima di scagliarsi contro un nemico. - Non aspetto altro. -
Tornò a concentrarsi sullo specchio mentre lui continuava ad osservarla incantato attraverso il suo riflesso. - Come mai i bambini sono qui? -
Lei disfò la treccia ormai irrecuperabile guardandosi scocciata, tentò di ravvivare i riccioli usando l’acqua del rubinetto rimediando al danno ormai inevitabile. - Serah è stata trattenuta al lavoro, una qualche riunione fra insegnanti e Snow… non ho idea di cosa stia facendo ma spero per lui che sia qualcosa d’importante visto che non mi ha risposto alle prime due chiamate. -
Hope si morse l’interno della guancia per evitare di iniziare a ridere vista la comicità della scena, poiché probabilmente Snow stava sistemando il locale di Lebreau assieme ai ragazzi del NORA in perfetto tema festa a sorpresa. Rabbrividì al pensiero della serata che lo aspettava e pregò intensamente Etro che lei non decidesse di fare definitivamente una carneficina di massa.
Quando finì si voltò per riprendere il piccolo in braccio come fosse il gesto più naturale del mondo e tornò in camera per sistemarlo nel centro del loro letto mentre lei finiva di vestirsi. Si tolse il maglione e lo sostituì con una camicia chiara senza maniche e mentre si allacciava i bottoni notò che lui l’aveva seguita e non smetteva di fissarla. Arrossì leggermente. - Che cosa c’è? -
Scosse la testa e le si avvicinò posandole un delicato bacio sulle labbra poi le accarezzò la pelle del viso. - Sei bellissima. -
Le guance si tinsero di un rosso più intenso mentre abbassava lo sguardo. Le riusciva ancora difficile abituarsi alle sue dimostrazioni di affetto così intense e ai complimenti inaspettati. Non che non li apprezzasse, anzi, però non sapeva mai come avrebbe dovuto reagire inconsapevole che lui adorava proprio quel lato così timido e riservato del suo carattere. Quella parte di lei che non si era ancora convinta di essere una donna, una donna di una bellezza incredibile, sotto la divisa da soldato. Alzò nuovamente lo sguardo su di lui e si allungò sulle punte dei piedi per baciarlo di nuovo, delicatamente, le mani premute sul suo petto. Hope le circondò la vita con un braccio attirandola più vicina mentre con l’altra mano giocava con le ciocche di capelli attorno all’orecchio. Intensificò il bacio nel momento in cui lei spostò le braccia dietro al suo collo spingendolo verso il basso, le sue labbra erano morbide, calde e dal gusto leggermente fruttato per via del rossetto che aveva appena applicato e che sarebbe stata costretta a ritoccare. Non fece resistenza quando la sua lingua le leccò e rispose con un piccolo morso al labbro inferiore succhiandolo appena. Si sentiva il viso in fiamme e furono costretti a separarsi quando Hero protestò con un lamento perfettamente udibile da praticamente tutta la città per la mancanza di attenzione che stava ricevendo. Si scambiarono uno sguardo d’intesa prima che Lightning si voltasse per curvarsi sul bambino a controllarlo ancora. Iniziò a parlare con lui come se potesse capirla nonostante i suoi due brevi mesi d’età poi decise di passare ai versetti incomprensibili che Serah le aveva insegnato. Il bambino sembrò soddisfatto delle nuove attenzioni che la donna gli riservava ed iniziò a ridere gemendo allegro mentre agitava gambe e braccia avvolti in una tutina verde pallido.
Hope ebbe un fremito, un qualcosa di forte si mosse nel suo petto quando la vide chinarsi ancora per riempirlo di baci e pernacchie affettuose appoggiando la fronte contro la sua. Si sedette sul letto accanto a lei ipnotizzato dalla scena che si stava svolgendo sotto i suoi occhi increduli. Questa era la vera Lightning. Eccoti finalmente.
  
- Non mi hai mai detto cosa ne pensi. - disse lei all’improvviso. Lui la guardò sorpreso e vagamente confuso.
  
- A che proposito? -
Lightning alzò le spalle ed inclinò la testa. - Bambini. -
Il suo sorriso era disarmante e non disse altro aspettando che lui comprendesse ciò che quella semplice parola significasse, ciò che gli stava realmente chiedendo. Tornò a guardare Hero che nel frattempo aveva iniziato a sbadigliare e sembrava intenzionato a farsi un sonnellino. Gli accarezzò piano la pelle morbida e liscia delle guance paffute, sorrise. - Perché vuoi saperlo? -
  
- Curiosità. -
Hope le prese una mano intrecciando le dita con le sue. - Te lo dirò solo se mi prometti una cosa. -
  
- Ossia? - si allungò e la baciò di nuovo. Poi con il pollice le tracciò una linea invisibile sul sopracciglio, sul naso e sulla linea delle labbra. Guardò i suoi occhi azzurri con sfumature di un blu così intenso da far impallidire il cielo di Pulse. - Rispondi positivamente alla prossima domanda che ti farò e ti dirò tutto quello che vorrai. -
Lei sorrise guardinga. - E’ un ordine, Estheim? -
Scosse la testa mentre la baciava ancora. - Solo un suggerimento, Farron. -
  
- Lo prenderò in considerazione. -
Adorava questo di lei, amava la sua vita adesso e desiderava ardentemente che lei ne facesse parte per sempre. Erano passati dieci anni dal loro primo incontro e non si poteva certo dire che il caso li avesse uniti in circostanze fortuite. Ma lui non credeva più al destino, lei gli aveva insegnato che erano loro stessi i fautori della storia che vivevano. Qualsiasi cosa sarebbe accaduta.
Non era questione di potere o no.
Appoggiò la fronte alla sua senza mai staccare lo sguardo dai suoi occhi mentre un piccolo fremito d’inquietudine gli formicolò nel petto. In un lampo rivide ogni cosa dal loro incontro in avanti; la vide allontanarsi scocciata da lui lasciando indietro il ragazzino impaurito che era stato, la vide mentre si frapponeva fra lui e Odino per proteggerlo, la vide mentre gli porgeva il coltello regalatole da Serah. Poteva ancora sentire il suo abbraccio caldo e forte a Palumpolum, carico di affetto, quando gli aveva promesso di tenerlo al sicuro. Il suo sorriso rassicurante quando aveva perso la speranza arrivati su Pulse e la fiducia che gli aveva dimostrato in ogni combattimento, sempre, anche in quello finale. E poi tutti gli anni dopo quando lui misurava i centimetri che lo separavano dal superarla in altezza ogni volta che s’incontravano, lui che cercava di mantenersi in allenamento nonostante gli studi perché voleva apparire forte abbastanza. La felicità che gli aveva per poco fermato in cuore quando era quasi riuscito a baciarla e la disperazione in cui era sprofondato negli anni a seguire per tutta la durata della sua assenza.
Ma ora era lì con lui, ferma in attesa fra le sue braccia, i suoi occhi chiarissimi che iniziavano a spazientirsi incuriositi per l’attesa. Sapeva che era lei il suo destino, lo era sempre stata, ogni scelta che aveva fatto nella sua vita da quando l’aveva conosciuta era stata solo per potersi avvicinare di più a lei. Perché glielo aveva promesso. Le avrebbe guardato le spalle o, almeno, ci avrebbe provato. Sempre.
Certe cose si fanno e basta.
Sorrise.
  
- Light, vuoi sposarmi? -

 

 

 

Fine

 

 

 

Note ( saranno molto lunghe ): Non riesco ancora a credere di essere riuscita dopo così tanto tempo finalmente a dare una fine a questa storia. Mi sentivo come se avessi lasciato una scatola aperta sopra il mio armadio ma era troppo in alto per raggiungerla. Finalmente mi sono decisa a prendere la scala e dopo troppe ricerche ho trovato il coperchio giusto. E adesso è finita.

Che ci crediate o no ero in lacrime a conclusione effettuata perché per me, essere riuscita a concluderla dopo che avevo perso la speranza dopo così tanti anni, è stato anche una sorta di scacco matto con me stessa, con la me troppo pigra o svogliata o depressa o spaventata che prima non si azzardava nemmeno ad accendere il pc. In questi anni me ne sono successe tante, sono andata a vivere in un’altra casa con il mio ragazzo che amo tantissimo ( nonostante mi prenda sempre in giro fin troppo per il mio essere così innamorata di Hope… secondo me gli ho fatto salire un complesso poverino, forse è solo gelosia ) ho fatto cambiato due lavori, uno dei quali mi ha portato via letteralmente la vita. Quest’anno, pandemia a parte, per me è stato una svolta. Ho preso in mano la mia vita ed ho deciso che certe cose che mi facevano soffrire andavano tagliate via, così mi sono licenziata con il buon proposito di cambiare città per trovare un futuro migliore. Purtroppo appunto la pandemia ha bloccato ogni mio piano ed inoltre ho anche avuto un incidente ad inizio estate che mi ha bloccata all’immobilità per mesi. Così ho deciso di riprendere in mano almeno una delle cose che mi rendevano felice, la scrittura.

Questo pairing resta il mio preferito in assoluto e mi sentivo in obbligo a dargli un lieto fine, non poteva finire diversamente. Che poi, siamo davvero sicuri che Light gli abbia detto di sì? (< - < ) Soprattutto dopo la bellissima sorpresa della festa, immagino che forse ci sia passata sopra visto la lieta novella, o forse no. Ne sarebbe capace in effetti.

E il piccolo Hero? Lo so, sono stata un po' cattivella perché vi sarete tutti immaginati fosse figlio loro, e invece no! Perché insomma, non ce lo vedevo come finale visto tutte le paturnie mentali che si fa quella ragazza, sarebbe stato troppo presto. Non trovate inoltre il nome sia azzeccatissimo per il figlio di Snow? Oddio un piccolo Snow che si chiama Hero e urla in giro facendo impazzire la povera Lightning… in effetti è un’immagine piuttosto divertente.

Ed ho voluto dare un piccolo spazio anche a Rika, personaggio che sebbene appaia poco mi è sempre piaciuto molto ispirandomi tantissima simpatia e forza. E mi sono messa a ridere all’immaginarmi lei che corre dietro a Lightning urlando qualcosa come “siamo amiche siii!” mentre la soldatessa scappa imbarazzata. Alzi la mano chi vorrebbe una scena su di loro? Io sì… tra l’altro avevo già promesso una sorta di extra su Rika, chissà…

Meglio che mi fermo perché queste note stanno durando più della storia stessa e avrei ancora tante cose da dire ma… meglio di no, me le tengo per la prossima volta.

So solo che non voglio smettere di scrivere su di loro ( non si tratta di potere o no, giusto? Certe cose si fanno e basta ) anche se qui ormai è il deserto, ma se tu sei arrivato fino alla fine di questo mio sproloquio sappi che te ne sono davvero grata!

Domo arigatou!

E spero tanto che questa storia ti sia piaciuta, l’importante è questo alla fine e come mi sono sentita bene io nel raccontartela. Perché per rispondere alla domanda di Rika sì, adesso mi sento molto felice!

Quindi grazie, davvero grazie.

Un ringraziamento speciale va a Cinzia, perché mi è sempre stata vicina in questi anni, è un’amica preziosa che mi ha regalato EFP. Non hai mai smesso di credere in me ed io non smetterò mai di credere in te, sappilo!

 

GRAZIE!

 

GRAZIE!


GRAZIE!

 

Love, Selhin

   
 
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