Unholy
ghost
Quel posto era
il più claustrofobico della città: uno stanzone
sotterraneo illuminato da luci rosse e fari psichedelici. E quella sera
era
pieno di persone ondeggianti, simili a sardine appena pescate. La
musica era
assordante, e non si riusciva a sentire altro se non le note
elettroniche e i
bassi, talmente profondi da scuotere fin nelle viscere.
Era un locale
adibito a discoteca, anche se molti lo
scambiavano per un night club, nascosto
com’era: insegna minuscola,
nessun numero da contattare. Ed era, per questo motivo, il luogo
perfetto in
cui rimorchiare la prossima vittima, se si era un assassino a caccia.
John
deglutì, respingendo un conato di bile. Era in momenti
come quelli che desiderava ardentemente non sapere chi fosse suo padre.
Sarebbe
stato di gran lunga meglio un posto vuoto nelle foto di famiglia
rispetto alla
figura massiccia e minacciosa di suo padre, Victor.
Victor, quello
che aveva picchiato moglie e figli per anni
prima di essere arrestato e rinchiuso in galera.
Victor, quello
che avevano rilasciato in anticipo per buona
condotta.
Victor, quello
che si era rivelato essere più di una persona
spregevole: un mostro vero, mezzo demone mezzo scarto
d’umanità.
E ora anche
assassino. Il “fantasma sconsacrato”,
così l’avevano
ribattezzato i cacciatori di demoni.
Aveva deciso di
unirsi al gruppo d’investigazione del
Dipartimento perché si sentiva responsabile delle morti. Tre
famiglie, era disgustoso.
E lui di riflesso si sentiva disgustoso in egual misura
perché per metà era
sangue dello stesso sangue con quel macellaio.
Un tocco leggero
lo fece trasalire. Si era seduto al bancone
del locale per allontanarsi dalla massa strusciante, e oltre la spalla
vide un
paio di occhi attenti che lo scrutavano.
Rebecca.
«Tutto
ok?» gli urlò nell’orecchio.
Il ragazzo
annuì, passandole automaticamente un braccio
intorno alla vita.
«Sì,
ero solo perso nei miei pensieri, tutto qui» le
urlò di
rimando.
La ragazza
indugiò un altro istante, in apprensione.
Era
maledettamente bella quando si preoccupava, le
sopracciglia leggermente corrugate e le labbra piegate
all’ingiù; John avrebbe
voluto baciarla (cosa che gli capitava spesso, da quando si erano
rivisti),
soprattutto con quella canzone in sottofondo che sembrava inibire ogni
parvenza
di autocontrollo, ma abbandonò l’idea, riportando
la mente alla rivoltante
realtà.
Non
c’era più molto tempo.
Avrebbe ucciso
di nuovo.
Angolo dell'autrice:
buonasera! Giorno 22 del #writober2020 indetto da fanwriter.it con il
prompt "night club". Non ho molto da dire: la mia vena sperimentale
è riemersa di nuovo, dando vita ai miei OCs.Ah, e la canzone a cui pensavo mentre scrivevo è questa qui. Spero che
apprezziate e vi ringrazio se avete letto, significa tanto per
me!♥
Alla prossima!
Frix