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Autore: Slits    20/08/2009    2 recensioni
Alzò lo sguardo incontrando il viso rilassato del proprio sfidante.
« Le tue spade sono già sguainate. »
« Mi sono sempre chiesto che sapore avesse il sangue di un traditore… » le labbra del biondo si spezzarono in un ghigno insolitamente compiaciuto prima di aprirsi e parlare ancora una volta. Persino l’aria sembrò incrinarsi al suono di quelle ultime parole.
« Puro veleno. Ti andrebbe di morire nel tentativo di spillarne una goccia, spadaccino? »
Persino lei non riuscì a non inchinarsi al richiamo dell’imminente battaglia.

In un mondo in cui l'unico modo per sopraffare l'avversario è usare l'inganno, il Governo avrà a disposizione una nuova arma.
Un mugiwara muore. Dalle sue ceneri nasce la vera minaccia.
[Sanji/Nami; Franky/Robin]
[OOC; !Angst]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Sanji
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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28. Prelude to battle
________

Quando la pioggia incominciò a tamburellare allegramente sul legno della sua barca, un monumento in miniatura costruito per l’occasione, gli occhi scuri del cyborg si erano appena chiusi.
Aveva passato le ultime ventiquattro ore nel vano tentativo di rimettere insieme i frammenti di vita, passata e non, che l’archeologa gli aveva così minuziosamente voluto descrivere nelle sue missive.
Regolari come l’abbonamento ad una delle tante riviste della vecchia Kokoro, ogni settimana piccoli scorci della vita a bordo della Sunny lo raggiungevano puntualmente, facendolo ridere, piangere e sospirare. Non trascurava niente, quella strana donna, ogni particolare era un tassello fondamentale della sua narrazione.
Estranea a tutti e tutti, insondabile per quanto oggettiva e distaccata.
La prima volta che i suoi occhi si erano posati su una di quelle epistole, le labbra del cyborg non avevano mancato a schioccare indisposte, insolitamente stupite da quanto il suo modo di essere fosse rimasto distaccato nonostante tutto. Ancora non sapeva leggere.
Ancora ignorava i segnali lasciati dall’inchiostro dell’archeologa, come briciole per ritrovare la strada.
Ma con il tempo il suo talento si era affinato, il proprio istinto nello scorgere le emozioni spogliato e rivestito nuovamente. Ed allora aveva imparato a leggere nel sorriso di Rufy anche quello silenzioso della donna, nella rabbia di Nami la sua espressione divertita e nello sguardo di Sanji a scorgere il dolore di entrambi.
Le sue descrizioni erano sempre le più difficili, lo capiva lui e lo sapeva lei ad ogni rigo cancellato con poche linee di inchiostro.
Le ultime sapevano di pianto, come quelle increspature d’acqua che inarcavano gli angoli della busta. Gli aveva parlato anche del suo tradimento, con una frustrazione che mai avrebbe creduto di poter leggere direttamente dalle sue mani.
Raccontava di una Nami ferita e di una nave distrutta, di un demone che non aveva più niente a che fare con loro. Erano occhi acerbi quelli che aveva incontrato e che a fatica era riuscito a trasportare su carta, occhi che lasciavano l’odio libero di scorrer attraverso come diamante fuso.
Occhi che, Franky lo sapeva bene oramai, avevano ferito se stessi ancor prima del mondo intero.
Perché avrebbe preferito morire piuttosto che lasciare andare anche soltanto uno dei suoi compagni, persino quello strano incrocio di alce e vitello. Glielo aveva gridato il suo sguardo e se n’erano fatte forti le sue mani su quel treno marino.
Per cadere così in basso, per sfiorare il fango e rialzarsene subito dopo, qualcuno doveva averlo manipolato. Come in passato avevano mosso i fili che tenevano insieme i respiri dell’archeologa e quelli di Tom, come avevano reciso gli stessi fili che tenevano unita la sua, di esistenza.
- Resisti, fratello. Resisti solo un altro po’… - e lui, in quanto costruttore, aveva il preciso dovere di riunire quei frammenti ed edificarci qualcosa di straordinario. - … il tuo super carpentiere sta arrivando per salvarti il culo. -

---

- Il mio genio salverà i fondoschiena di tutti questa volta! – peccare di orgoglio non era mai stato un limite agli occhi del cecchino di bordo. Non quando si è sicuri, forti di una convinzione apparentemente indistruttibile, che nulla potrà mai essere sufficientemente forte da distruggere un piano ideato in una notte, tre ore e quarantasette minuti.
Ed il suo progetto di evasione era talmente semplice e ben congegnato da rasentare il ridicolo.
Archeologa e capitano si scambiarono uno sguardo fugace, ben lontano dallo sfiorare il complice. Questo perché se una poteva ritenersi titubante quel tanto che fosse sufficiente da sospirare silenziosamente, l’altro invece continuava a scorgere in quell’idea uno dei migliori modi di evasione mai escogitati da mente umana. Ed allora esultava, saltava e, con un tono di voce insolitamente alto per tre futuri evasi ed una renna, continuava ad innalzare il nome del compagno, come quello di un’assurda divinità.
Usop, dal suo canto, sembrava non curarsi eccessivamente della possibilità, per altro imminente, di poter essere scoperti. Troppo impegnato a spogliare i complimenti del capitano e farne un ottimo input per la narrazione di qualche sua nuova avventura.
Robin sospirò appena più forte. Il capitano in risposta lanciò un urlo in grado di risvegliare persino l’anima oramai defunta di Odr.
- Usop sei un mito! Del resto con una ciurma di ottomila uomini alle spalle non sarebbe potuto esser altrimenti! Sei un mito!! – ribadì come se sino a quel momento urlarlo non fosse stato sufficiente.
Il cecchino si strinse nella spalle, forse per non gongolare troppo, e con lo sguardo tornò fisso sugli occhi straniti della renna. La loro unica salvezza in quelle prigioni dimenticate persino da Dio.
Ci aveva pensato a lungo, fatto calcoli con il poco materiale a sua disposizione, qualche molla dipanata ed uno straccio ricavato dal letto, ed alla fine era giunto a ciò che, ai suoi occhi, era parso come il solo modo per poter uscire da quel posto.
- Mi hai capito, Chopper? Devi uscire di qui, prendere quella chiave e portarcela, ok? E, santo cielo, smettila di masticarmi la blusa! Non sono un piatto d’insalata, e che diamine! – lo sguardo dell’animale si assottigliò ancora. Possibile che quelli strani esseri a due zampe non sapessero far nient’altro che urlare per la minima inezia? Quando brucavano, quando dormivano, persino mentre respiravano, non facevano nient’altro che aprire il muso e lanciare quelli assordanti richiami.
Ed adesso gli impedivano persino di finire decentemente un pasto. Avesse avuto la forza si sarebbe messo lui ad urlare fra poco.
Ma qualcosa dentro di se lo faceva sentire continuamente debole, come forse si era sentito una volta soltanto dopo che nel bosco un uomo lo aveva atterrato con un’arma rumorosissima. Tutto ciò che quello stato riuscì ad imporgli fu un bramito di poco superiore alla media.
- Sono lieto che tu abbia capito! Del resto sei un mio fedele discepolo! – ed un altro urlo dopo quel verso, stavolta spezzettato in una serie di – ah - di intensità più o meno uguale. Il suo povero udito aveva raggiunto veramente il limite.
Un altro po’ lì dentro e con ogni probabilità avrebbe rinnegato la sua natura di vegetariano.
Per sua fortuna i tronchi di quell’insolito recinto parvero essere di poco più grandi rispetto alla media. Con appena un accenno di sforzo fu fuori.
- Bravo, Chopper! Ed adesso la chiave, mi hai capito? Portami la chiave! – ma non aveva bisogno di respirare quello lì?
Si guardò intorno confuso alla ricerca di una traccia, qualsiasi odore, in grado di condurlo fuori da quel posto. Ma i suoi sensi erano insolitamente intorpiditi, la vista appannata persino dal semplice movimento delle zampe nel tentativo di camminare. Si accasciò contro una parete dopo pochi passi.
Era l’algamatolite che lo rendeva inerme, ma questo una renna non lo avrebbe potuto sapere di certo.
- Le chiavi! Sopra di te! Guarda sopra di te! – d’altro canto quell’assurda creatura sembrava stare decisamente meglio di lui. Continuava a gesticolare, puntando le zampe verso il cielo ed urlando come forse mai in vita sua. Chopper alzò lo sguardo e l’ultima cosa che vide prima di accasciarsi al suolo fu un mazzo scintillante di lunghe lastre di metallo.
Cadde senza un verso.

---

- Lo spettacolo sta per incominciare. Non vieni, Garp? – seduto dietro il maestoso intarsio della propria scrivania, il viceammiraglio non mancò a sospirare spazientito. Un respiro di poco più forte della media, impercettibile ad orecchio umano.
- Dovresti smetterla di crogiolarti nel tuo disappunto. – ma Tsuru con il tempo aveva dimostrato di avere ben più di una marcia in più. Lo aveva capito dalla prima volta che l’aveva incontrata, anni prima in una missione di ricognizione, e da allora quel pensiero aveva fatto il possibile pur di non abbandonare la sua mente anticonformista. Era terapeutico sapere di non esser solo a voler poratre avanti la vera giustizia.
Karmico quasi.
- Fare uccidere due compagni fra di loro non è spettacolo. È il gioco del massacro. –
- Lo hai detto anche tu, no? Sono pirati, è il loro sport preferito. –
- Sono solo ragazzi poco più sconsiderati di altri. E voi di uno avete preferito farne il vostro burattino personale. – l’anziana storse le labbra in un gesto di disappunto.
Quei canoni non rispecchiavano i suoi ideali, probabilmente non vi si riflettevano neanche cadendo. Ma la giustizia, quella assoluta così fermamente proclamata da Sengoku ed Akainu, era la sola via con cui il mondo potesse continuare a respirare aria limpida, libera da quelle scorie meglio conosciute con il nome di pirati.
Non contava come si potessero mettere a tacere, il bene e la pace erano un diritto del popolo ed un dovere dei marine. Rinnegarli per stupidi sentimentalismi non l’avrebbe portata a nulla.
- Il comandante Trevor è un ottimo capo di divisione. – si limitò a risponder atona.
- Quel comandante è un ragazzo spaurito a cui avete fatto il lavaggio del cervello. Lo state facendo combattere contro i suoi stessi compagni, gli state facendo sporcare le mani di sangue fraterno.
Questa non è giustizia, è ciò che ci rende inferiore alla stessa feccia. –
- E’ un semplice spettacolo per intrattenere il pubblico. -
- E’ la dimostrazione di quanto la marina sia caduta in basso… - l’anziana aprì ancora una volta le labbra.
Boccheggiò per alcuni secondi prima di richiuderle con un sonoro schiocco, incapace di rispondere.
Erano davvero scivolati così tanto?

---

Fu il rumore assordante di quelle urla a farlo risvegliare.
Gridavano. Gridavano sempre.
Eppure in quelle voci per la prima volta riuscì a cogliere una nota diversa, quasi come di sommessa disperazione. Aprì lentamente gli occhi e venne investito dalla luce del giorno.
Quanto aveva dormito?
Attorno a lui il terreno era rimasto immutato, le chiavi pigramente penzolavano lungo la sua pelliccia ed il pavimento si era ricoperto di un’impercettibile peluria. Doveva aver riposato davvero tanto.
Da oltre la staccionata quelli strani esseri continuavano ad urlare, chiamandolo per nome. O almeno per ciò che lui ormai credeva che fosse.
- Chopper! Chopper, stai bene?! – scosse il muso, ondeggiando di poco verso sinistra. Il senso di nausea lo aveva abbandonato almeno in parte e le urla di quelli umani sembravano essersi misteriosamente attenuate.
Si riportò in piedi, stringendo la presa dei denti contro il mazzo.
- Portale qui! Per favore… - il cecchino parve volerlo supplicare con lo sguardo. Dietro di lui, nascosta dalla penombra, la terza due gambe si limitava a fissarlo con quelli occhi profondi. Non gli erano mai piaciuti.
Si ricordò di quando una volta fra le lande gli capitò di incontrare un lupo ferito a morte da una pallottola. Inerme si era limitato ad osservarlo mentre esalava l’ultimo respiro.
Quella donna non assomigliava ad un lupo, non aveva la pelliccia e non puzzava di sangue, eppure quello sguardo gli faceva rivedere la sofferenza del predatore. Sembrava quasi che potesse stramazzare al suolo da un momento all’altro.
Possibile che nessuno del branco fosse forte a sufficienza da sostenerla? Eppure i due maschi gli sembravano possenti.
Nella sua ingenuità di animale, di certo più sviluppato della media grazie ai poteri del frutto ingerito, non gli era dato di distinguere la differenza fra sofferenza fisica ed distruzione interiore. Vedeva un unico volto e si limitava ad orientarsi su quello. E quel viso implorava sostegno.
Senza neanche rendersene conto si ritrovò nuovamente dentro la cella, spinto da passi che mai avrebbe creduto di poter muovere verso un umano. Un assassino forse.
Le diede una testata impercettibile, lasciando libero un ultimo bramito insolitamente colmo di pacata preoccupazione.
Robin sorrise e prendendo il mazzo dalla sua bocca si limitò a strofinargli la testa, come una madre sin troppo premurosa nei confronti dell’ultimo arrivato in famiglia.
- Possiamo andare. – aggiunse infine.
- Ma come? Di già? – sussultarono tutti, nessuno escluso, quando il viso sorridente del comandante in seconda si presentò vivido nell’oscurità di quei corridoi.
- Hige… - sussurrò il cecchino.
- Per servirvi, miei condannati a morte. –

---

L’erba secca crepitò impercettibilmente sotto i suoi piedi.
Persino la natura doveva aver smesso di curarsi di quel luogo, lasciando al sangue il compito di bagnare la terra arida dell’arena. Ed avvelenarne ogni respiro, rendendolo inerme come la brezza che ora stava sfiorando impaziente i loro corpi.
Alzò lo sguardo incontrando il viso rilassato del proprio sfidante.
- Le tue spade sono già sguainate. -
- Mi sono sempre chiesto che sapore avesse il sangue di un traditore... - le labbra del biondo si spezzarono in un ghigno insolitamente compiaciuto prima di aprirsi e parlare ancora una volta. Persino l’aria sembrò incrinarsi al suono di quelle ultime parole.
- Puro veleno. Ti andrebbe di morire nel tentativo di spillarne una goccia, spadaccino? –
Persino lei non riuscì a non inchinarsi al richiamo dell’imminente battaglia…


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Ho ritenuto necessario fare un piccolo riepilogo della situazione prima di avviarmi allo scontro finale. Ho quindi dato la posizione di Franky, degli altri prigionieri e persino di Garp, levandomi così uno bello sfizio personale ù____ù

Come molti di voi avranno già potuto notare ho voluto fare alcune modifiche alla storia, cambiando la struttura dei capitoli. Oltretutto ho ritenuto giusto riunire tutte le cover in un unico post, al primo capitolo.
   
 
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