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Autore: Hanatsu    28/10/2020    2 recensioni
KageHina
Quattro volte in cui Kageyama afferma di non avere una relazione con Hinata, più una in cui invece dice di sì.
(Super cliché, super fluff, super inutile.)
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Warning: la fiera dei cliché più una dose di fluff così nauseante che io stessa ho avuto problemi a rileggere questa one-shot.
Io vi ho avvertito, gentili amici.


Primule



#1


«Hai la scarpa slacciata» esclamò Hinata interrompendo la corsa all'improvviso, additando la punta della sua scarpetta da ginnastica sporca di polvere e terriccio. Kageyama rallentò e guardò in basso, strofinandosi via il sudore dalla guancia. Non appena curvò la schiena, Hinata lo precedette accovacciandosi vicino ai suoi polpacci.
«Avrei potuto farlo da solo» obiettò Kageyama colto alla sprovvista, mentre le guance gli si tingevano di rosso.
Hinata sbuffò nervoso, annodando i lacci colorati. «Ci avresti messo secoli.»
«Non è vero.»
«Sì invece. Sei un bradipo.»
Il rumore delle foglie secche calpestate, tanto simile alla carta velina con cui giocava da bambino, lo costrinse suo malgrado ad alzare lo sguardo. Tanaka li affiancò con una luce negli occhi che luccicava maliziosa come una moneta, e un sorriso da prestigiatore sulle labbra.
«Ma voi due» sussurrò, ostentando un tono compiaciuto che Kageyama non comprese, «per caso state insieme?»
Hinata si alzò di scatto con l'imbarazzo che gli sgorgava a fiotti lungo le orecchie e il collo, e per un pelo non gli rifilò una testata sotto al mento.
«No!» esclamò in risposta, con irruenza. Kageyama scosse vivacemente la testa per appoggiare l'altro.
«Mmh, sarà» disse Tanaka scrollando le spalle, seppur non sembrasse troppo convinto. Infine sollevò le mani in segno di resa e riprese a correre. Kageyama e Hinata s'affrettarono a seguirlo, evitando accuratamente di guardarsi negli occhi.

#2

«Mi sento una spina in gola» borbottò Hinata durante la pausa pranzo a scuola, strizzando gli occhi infastidito.
Kageyama sospirò, sfilandosi il telefono dalla tasca.
«Fammi vedere» disse, accendendo la torcia.
Tsukishima, seduto sul gradino più in basso, s'irrigidì e schioccò la lingua infastidito. Kageyama non comprese cosa ci fosse di così seccante, perciò si limitò a ignorarlo.
Hinata esitò appena, infine annuì e schiuse ubbidiente le labbra.
«Apri di più» ordinò Kageyama. Con un brivido, si ricordò dei pomeriggi trascorsi dal dentista per le carie quando era bambino. «Fai 'aaaah!'.»
Hinata fece 'aaaaah!'.
Kageyama si concentrò assottigliando le palpebre, analizzando attentamente ogni centimetro di pelle alla ricerca di un qualche corpo estraneo.
«Io non vedo nessuna spina, però hai la gola troppo rossa.»
Ripose dunque il telefono in tasca, spegnendo la torcia. Infine gli rifilò uno scappellotto poco gentile dietro la nuca.
«Ahia!» esclamò Hinata, rivolgendogli uno sguardo ferito. «E questo per cos'era?»
«Devi stare attento, razza di scemo. Se pigli freddo poi come ci andiamo ai nazionali?»
Hinata aprì la bocca per controbattere furente, ma poi sgranò gli occhi in un'espressione meravigliata e la richiuse.
«Che ti prende?»
«Credo sia una delle cose più carine che tu mi abbia mai detto.»
Kageyama arrossì, e aggrottò le sopracciglia. «Non era una cosa carina. Era una constatazione. Un dato di fatto per vincere.»
«Stai continuando a dirmi cose belle. Questi sono complimenti, Kageyama. Che diavolo c'era in quegli onigiri?»
Kageyama sospirò esasperato e scelse di ignorarlo. Non gli sfuggì però lo sguardo di intesa che si scambiarono Yachi e Yamaguchi.
«Cosa?» domandò Hinata anticipandolo, guardando incuriosito prima l'uno e poi l'altra.
«Beh...» la voce di Yachi era titubante, come se fosse sperduta e non trovasse le parole adatte. «No, è solo che... Siete proprio sicuri di non stare insieme?»
«No!» sbottarono entrambi, rizzando il pelo come gatti inviperiti.
Kageyama percepì il proprio cuore scalpitare impazzito come un cavallo su un ponte di legno, e sperò che gli altri non se ne accorgessero.
«È che... Insomma, sembrava che lo stessi per baciare» spiegò Yamaguchi. «Cioè, è che ultimamente siete più... intimi, in un certo senso?»
«Sono solo più stupidi» ribatté Tsukishima, arricciando il naso disgustato.
Per una volta, Kageyama gli fu grato. Hinata rispose a tono, e il battibecco concesse l'occasione di spostare l'attenzione da quel discorso spinoso.

#3

«Hai una maglia da prestarmi?» domandò Hinata, affacciandosi nella sua stanza e stringendosi al corpo tremante l'accappatoio verde. «Si gela, in questa casa.»
«Sei tu che ti sei autoinvitato» precisò Kageyama indispettito, prima di iniziare a rovistare nell'armadio.
«Non dirlo come se fosse una cosa brutta. Lo so che sei contento, in fondo. Molto in fondo.»
''Certo che lo sono'', pensò Kageyama, arrabbiato. ''Ma col cavolo che te lo dico.''
«Tieni» borbottò allora, appallottolando una felpa per poi centrarlo in pieno viso.
«Ahia» soffiò Hinata, lanciandogli un'occhiataccia rancorosa. «Non c'è bisogno di essere così... grezzi.»
«Grezzi?! Sei tu l'idiota che si è scordato il cambio a casa.»
«Sì, ma ti ho chiesto un pigiama, mica un polmone. Hai anche un paio di mutande?»
Hinata si richiuse svelto la porta alle spalle soffocando una risata, prima che Kageyama potesse colpirlo in faccia con qualche altro oggetto.
Kageyama, nel frattempo, tentò di riorganizzare e soffocare l'euforia che gli scoppiettava nella pancia. Si sentiva incandescente, e provava un'irrefrenabile voglia di sorridere, fino a stirarsi i muscoli della faccia. Era un'eccitazione del tutto diversa da quella che precedeva una partita, che gli faceva formicolare la punta delle dita.
Non appena Hinata entrò nuovamente nella sua camera con i capelli ancora umidi, indossando la felpa di cotone che gli arrivava fino alle ginocchia ossute, Kageyama credette sul serio che si sarebbe sciolto come un tocco di burro.
«Che c'è?» domandò allora l'altro circospetto, mettendosi subito sulla difensiva.
«Niente. Sei così stupido» rispose Kageyama meccanicamente, alzando gli occhi al cielo.
«Non è vero. Sono uno splendore» ribatté Hinata. Poi si guardò allo specchio e sorrise gradasso al proprio riflesso.
Miwa, sua sorella, entrò senza bussare, con i capelli gonfi a causa del vapore e la punta del naso sudata.
«Io ci ho provato a cucinare, ma non credo che... Oh» Miwa s'interruppe, scrutando Hinata con attenzione, che si limitò a restituirle un'occhiata un po' perplessa.  Poi sua sorella arricciò le labbra in quel mezzo sorriso che Kageyama detestava.
«Non sapevo che voi due stesse insieme» soffiò divertita, spostandosi una ciocca dalla guancia.
Kageyama sbottò: «Non stiamo insieme!»
Hinata fissò il pavimento, le gote e le orecchie in fiamme, mentre Miwa si scusò fra una risata e l'altra.
''Anche se vorrei'', pensò Kageyama, mordendosi le labbra.

#4

Kageyama sbuffò, stringendo fra le mani un vaso arancione, ornato da ghirigori argentati che s'arricciavano lungo i bordi. Aveva appena acquistato dal fioraio una pianta di gerani, una delle poche specie che avesse ancora i boccioli in fiore nonostante fosse inverno. S'affacciavano timidi dalla busta di carta, come se provassero agitazione all'idea di raggiungere una nuova casa.
Hinata lo aspettava vicino al cortile della scuola, le dita fasciate dai guanti verde brillante che spuntavano da sotto le maniche del cappotto. Non appena lo vide, sventolò le braccia in aria con un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro. Kageyama non ricambiò, ma percepì la propria andatura accelerare, e polvere di adrenalina circolare nel sangue.
«Tie'» borbottò imbarazzato, ficcandogli l'ingombrante vaso fra le braccia. Hinata avvampò, borbottò un 'grazie' e se lo strinse al petto.
«Natsu sarà suuuper felicissima.»
Rimasero a osservarsi in silenzio, indecisi su cosa fare e su cosa dire. Una folata di vento gelido li travolse, e Hinata rabbrividì. Per uno stupido istante, Kageyama pensò che sarebbe stato bellissimo baciarlo proprio lì, proprio in quel momento, con il paraorecchie blu spumeggiante che faceva a pugni con il colore ramato dei suoi riccioli, e la pianta di gerani a solleticar loro il mento. E forse l'avrebbe fatto, perché il viso di Hinata era d'improvviso tanto vicino, e nonostante il buio, Kageyama poteva contargli le lentiggini spruzzate sulle guance, le ciglia che sfarfallavano infreddolite.
«Kageyama, Hinata!»
La voce squillante di Nishinoya li fece sobbalzare. L'incanto si spezzò come lo schiocco improvviso d'un ramo calpestato che riecheggia nel silenzio. A quel punto, l'unica cosa che gli rimaneva da fare era quella di convergere tutte le proprie energie tentando di soffocare il rossore sulle guance, e rallentare il battito cardiaco decisamente fuori controllo.
Nishinoya s'avvicinò sorridente.
«Ho interrotto qualcosa di importante?» domandò, facendo loro l'occhiolino.
«No!» esclamarono all'unisono. Kageyama sperò che l'emozione non gli avesse spezzato la voce in maniera inequivocabile.
«Come no?» domandò Nishinoya, scettico. Pareva quasi offeso. «Ancora con questa storia che non state insieme? Non potrei mai giudicarvi, lo sapete!»
«Ma non stiamo insieme!» ribatté Hinata, la voce più acuta di un'ottava.
Nishinoya aggrottò le sopracciglia, poi indicò la pianta. «Ma Kageyama ti ha appena regalato un fiore
«Non è per lui!» s'affrettò a spiegare Kageyama, agitato. «È per sua sorella! È un regalo!»
Nishinoya s'imbronciò, ma poi annuì e diede loro due incoraggianti pacche sulla schiena.
«Non prendete freddo, eh!» si raccomandò, prima di allontanarsi.
Soltanto allora si concessero di esalare quel sospiro trattenuto nell'esofago per tutto il tempo, che si trasformò in una nuvoletta densa e argentata che galleggiò nella notte.
«Vuoi venire?» domandò allora Hinata di punto in bianco, con un sussurro appena udibile. «Cioè, uhm, intendo a casa. A darglielo di persona. Cioè, il regalo. A Natsu.»
Fissava il selciato come se qualcosa di estremamente interessante fosse celato fra i sassolini. Anche nell'oscurità, Kageyama riuscì a distinguere il cremisi che gli imbrattava le guance come due grossi papaveri.
Kageyama avvampò a sua volta, puntò gli occhi verso il basso e borbottò un assenso.

# +1

«Fammi spazio.»
Kageyama non disse nulla, limitandosi a stringersi alla parete. Hinata si infilò sotto le coperte, con le mani che tremolavano, e gli si rannicchiò a fianco.
La luce dei lampioni che trapassava dalla finestra, illuminava appena la camera. Hinata non poté fare altro che fissare la faccia di Kageyama a pochi centimetri dalla sua, con il panico crescente che gli inzuppava gli occhi blu. D'improvviso, gli parve di trovarsi nel bel mezzo dell'oceano.
Il colore profondo delle sue iridi gli faceva pensare all'acqua alta dove non si toccava, quella che incuriosiva e che terrorizzava. Era un po' come un tuffo tentatore nell'ignoto. Kageyama gli ricordava un mare agitato, fatto per lo più da onde alte e cavalloni, che s'innalzavano spaventosi e inarrestabili. E se da una parte Hinata desiderava sentire lo scroscio dell'acqua contro la pelle e il sapore salato dell'oceano sulle labbra, dall'altra temeva di affogare.
Però Kageyama sapeva anche essere gentile, e più di una volta l'aveva aiutato a galleggiare. Hinata doveva imparare a lasciarsi andare, permettere al sale marino di bruciargli le ferite, e poi di disinfettargliele. Doveva permettere alle correnti di intrufolarsi fra le ciglia, infradiciargli capelli e vestiti, e infine portarlo lontano, lontanissimo. Al largo.
Kageyama lo fissava immobile. Hinata sollevò piano una mano, e gli accarezzò le ciocche lisce che gli fecero pensare alla sensazione setosa della sabbia quando scorre fra le dita.
Si accorse che respiravano allo stesso ritmo. Nel silenzio della notte, a Hinata quel rumore ricordò un po' quello della schiuma di mare mentre sfrigola dolcemente sulla battigia. Hinata gli circondò poi le guance a coppa, e spinse più forte, comprimendogli gli zigomi fra i palmi gelati.
''Così sembra proprio un pesce'', pensò, divertito.
«Kageyama» sussurrò allora, in un soffio che rimbalzò sulla punta del suo naso. «Ma io e te, stiamo insieme?»
Kageyama sussultò, gli occhi blu sgranati e profondi, le ciglia corte tremolanti. Poi gonfiò le guance.
«Se significa che ti posso baciare, allora sì.»
Hinata soffocò una risata felice, poi avvicinò il viso e finalmente, finalmente, le loro labbra si trovarono sotto le coperte.


Note
C i a o. Sarebbe dovuta essere una '5 + 1' (il trope famoso, non so se avete presente), ma come avrete notato manca un paragrafo. Però sono giustificata, io detesto il fluff e quindi dopo cinquecento parole mi ero praticamente già armata di riti satanici e andavo vagando per casa a mo' di spirito errante invocando sangue e dramma, però oramai l'avevo iniziata e insomma ecco dovevo finirla.
Grazie per essere arrivati sin qui, alla prossima! (Spero che stiate tutti bene.) ♥
   
 
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