Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: DawnLady94    05/11/2020    1 recensioni
E se Jon Snow fosse nato Visenya Targaryen e suo zio Eddard Stark l'avesse presa con sé crescendola come propria e accettando al proprio servizio la sua Spada Giurata? E, soprattutto, se qualcuno che si credeva da tempo morto fosse in realtà vivo e pronto a riprendersi il proprio trono con sangue e fuoco ricostruendo la dinastia spezzata con la morte del padre? Con Daenerys Targaryen a Essos che risveglia draghi dalla pietra e comanda armate e una sorella che non sapeva nemmeno esistesse?
***
Varys soppesò le successive parole, domandandosi se si potesse davvero fidare dell'uomo che aveva di fronte. Lord Tyrion attese e alla fine il Ragno sospirò
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Aegon VI Targaryen, Arya Stark, Daenerys Targaryen, Jon Snow, Oberyn Martell
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest, Triangolo
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ciao a tutti!come promesso ecco che comincio a roaggiornare...e beh, fatemi sapere che ne pensate, iniziamo subito con un capitolo tosto! Fatemi sapere!
Aegon V

«Hai intenzione di rimanere immobile lasciargli minacciare il tuo stesso sangue per
quella... ragazzina?» domandò furiosa i suoi occhi accesi di furia incontenibile. Suo
zio, a suo onore, non sbatté nemmeno le palpebre, non commentò, limitandosi a
fissare sua nipote con uno sguardo degno del peggiore degli assassini.

«Sei ha finito di essere infantile, Nymeria» commentò guardandola di sbieco «sono
disposto a concederti di sederti, ma se preferisci continuare questa disputa con tuo
cugino che è il tuo re, lascerò che ti punisca nel modo che ritiene più consono.» prese
un respiro «Sia lui che sua sorella sono da trattare con il rispetto che meritano e che
il loro rango impone, non siamo Lannister, noi, che uccidono degli innocenti per le
colpe dei padri» le ricordò «se non sei in grado di rispettare Visenya delle casate
Targaryen e Stark, puoi tranquillamente ritirarti, ma sappi che non parli più in mio
nome.»

Da dov'era, stravaccato sul divano, notò che sua cugina stava letteralmente cuocendo
nella propria furia. 

Sapeva bene – lo sapevano tutti a Lancia del Sole – che suo zio aveva tentato, invano,
di combinare un matrimonio per lui con una delle sue cugine, ma entrambi avevano
concluso che la fortuna dei Martell ad Approdo del re non era delle migliori e,
unendo ciò con il fatto che Arianne – l'unica candidata ideale – aveva abbandonato
Lancia del Sole con la madre in aperta protesta col fatto di essere stata promessa a
sua insaputa al principe Viserys Targaryen, indignata del fatto che questo l'avrebbe
derubata del suo posto di diritto come futura principessa regnante di Dorne era
diventato chiaro che aveva ogni diritto di sposare chi meglio gli aggradava;
certamente nello spirito della mente analitica dello zio, con la chiara intenzione di
cementare il proprio posto sul trono con un matrimonio di convenienza; ma Aegon
già sapeva che avrebbe sposato Visenya. Lei era sua. Lo era stata dal primo momento
che le aveva posato gli occhi addosso nel cortile di Grande Inverno, e lo sarebbe
stata per sempre.

Nymeria abbandonò i Giardini dell'Acqua ad ampie falcate e Aegon esalò un respiro.
Nymeria era sempre stata troppo avventata per i suoi gusti, come gran parte delle
sue cugine era più dura dello zoccolo di un cavallo, e troppo cocciuta per essere
diplomatica. 

«Adesso, se hai finito di autocompiacerti del tuo potere, nipote» a quanto pareva dal
suo tono, anche suo zio non era particolarmente impressionato dal suo
comportamento «Ci sono delle notizie che vorrei condividere con te.»

Aegon annuì affrettandosi ad assumere una postura più consona al tono di gelo che
suo zio aveva appena adoperato.

«Tuo zio Oberyn ha trovato i tuoi zii coi Dothraki. Pare che tuo zio, il principe
Viserys avesse deciso di riconquistare i Setti Regni in proprio nome non sapendo la
verità sul tuo fato, e che abbia dato in sposa sua sorella, tua zia Daenerys, a un
signore della guerra Dothraki in cambio del suo khaleesar e del suo aiuto per
riconquistare il Trono di spade.»

«I Dothraki odiano il mare – commentò interdetto – credono che sia velenoso.»

Faticava a concepire che suo zio avesse potuto anche solo pensare di vendere in
sposa sua sorella, una figlia della dinastia più importante del mondo, una Targaryen
purosangue, per guadagnarsi la fedeltà di un'armata che gli sarebbe stata del tutto
inutile.

«Pare che non gli interessasse. Ad ogni modo, Oberyn ha riferito la notizia della tua
sopravvivenza al sacco di Approdo del re e pare che tua zia, Daenerys, fosse molto
felice di ricevere questa notizia, tuo zio, d'altra parte...» sospirò «pare che abbia
ereditato la pazzia di tuo nonno poiché continuava a dichiarare di essere il vero re
dei Sette regni sulla base del fatto che non eri un Targaryen nato da un matrimonio
incestuoso e quindi non eri un Targaryen “puro”.»

A questa notizia Aegon inarcò un sopracciglio. Non lo sorprendeva che suo zio, dopo
anni in cui aveva creduto di essere l'unico erede maschio della loro dinastia, fosse
stato incapace di lasciare andare quel potere labile a cui si era aggrappato, non era
sorprendente, anche se deludente; certo che la ragione che adduceva come
giustificazione aveva di poco sensato. Pur non essendo nato dalla pratica dei
matrimoni incestuosi, Aegon era l'unico figlio maschio in vita di suo padre, il
principe Rhaegar Targaryen, l'unico vero erede al Trono di Spade. 

«Ciò che ti sto per dire» continuò suo zio «Oberyn giura essere vero sulla tomba di
tua madre. Conosco Oberyn e può prendere davvero poche cose sul serio, ma di
sicuro non fa a cuor leggero un giuramento sulla tomba di tua madre, e questo
significa una sola cosa, per quanto incredibile sia quello che racconta deve essere la
verità.»

Aegon annuì. Sapeva bene che suo zio faticava a guardarlo in faccia perché
nonostante lui fosse profondamente il figlio di Rhaegar e ne avesse ereditato i colori
e le fattezze, gli ricordava altrettanto profondamente anche sua madre, Elia. 
«Viserys è stato colto in flagrante mentre minacciava Daenerys, disarmata, con la
propria spada. Khal Drogo, furioso che tuo zio avesse osato alzare la propria spada
contro Daenerys e il suo ventre, lo ha sfidato a duello. Pare che, Viserys stesse
perdendo e che fosse sul punto di morire.» raccontò «e così Daenerys, in un ultimo
tentativo disperato di salvare il fratello ha dato fuoco alla tenda in cui l'alterco stava
consumandosi.»

Aegon inarcò un sopracciglio. Era un detto della sua famiglia, il fuoco non uccide il drago, ma questo non significava che solo perché un gruppo maleassortito di persone
dichiarava che i Targaryen non bruciavano a contatto col fuoco che fosse vero.
Lui si scottava come qualunque altra persona.

«Quando il fuoco si è estinto» continuò suo zio «sia Viserys che Khal Drogo non
erano altro che cenere, ma Daenerys» aggiunse «lei era viva e vegeta, reale e non
bruciata, nuda e accoccolata fra le ceneri» raccontò «E, Oberyn giura di dire il vero,
cullava e allattava tre cuccioli di drago al proprio seno.»

A questa notizia spalancò la bocca sorpreso. Suo zio annuì e certo che non
scherzasse Aegon sollevò lo sguardo sulla cometa dalla coda rossa nel cielo, indica il
ritorno dei draghi, aveva detto a Visenya, ma quando aveva pronunciato quelle parole
non poteva immaginare quanto profetiche fossero.

«Pare che Magistro Illyrio le avesse fatto dono di tre uova di drago pietrificate per il
suo matrimonio che sembrano essersi schiuse durante l'incendio della tenda e come
dice Oberyn i draghi sono tornati» 

Suo zio prese un altro momento per respirare poi aggiunse «Daenerys Nata dalla
Tempesta, di Casa Targaryen, Khaleesi del Grande Khaleesar e Madre dei Draghi ti
ha giurato fedeltà» disse, offrendogli per una lettura la lettera di Oberyn «Sono
partiti alla volta di Astapor con l'intenzione di assicurarsi degli Immacolati per tua
riconquista del Trono di spade.» aggiunse mentre Aegon scandagliava la lettera con
occhi affamati.

In una scrittura aggraziata, femminile e molto chiara sulla pergamena era riportata
la lettera di sua zia.

Daenerys Nata dalla Tempesta di Casa Targaryen, Khaleesi del Grande Khaleesar e Madre
dei Draghi ti saluta, nipote, riconoscendoti come Aegon, sesto del tuo nome, delle nobili casate
Targaryen e Martell, legittimo re del Trono di Spade, re degli Andali, Rhoynar e dei Primi
Uomini e Protettore del Reame e con la medesima ti invita ad attendere il nostro arrivo con
i nostri figli che abbiamo chiamato Drogon – per il nostro marito – , Rhaegal – per il nostro
splendido fratello e vostro padre, Rhaegar della Casa Targaryen – e Viserion – per il nostro
altro fratello, il nobile Viserys Targaryen – nella speranza che la presente vi trovi in salute e
forze. Partiremo immediatamente alla volta di Astapor con l'intenzione di comprare in
nostro e vostro nome, un'armata di Immacolati grazie alla quale fornire supporto nella
riconquista dei vostri regni e nella reistallazione della nostra grande dinastia al potere.

Poteva sentire il sorriso incredulo sulle sue labbra, draghi di nuovo vivi e solo grazie
a sua zia. Era sconcertante.

«Se il re accetta un suggerimento» considerò suo zio «non sarei tanto avventato nel
dichiarare che Visenya sarà la tua regina, poiché qualcuno di tanto eccezionale
quanto Daenerys Targaryen certamente vorrà un riconoscimento per il suo aiuto ed esso sarà diventare la tua regina e...»

«Il drago deve avere tre teste, zio!» lo interruppe entusiasta «questo è quanto mio
padre aveva previsto. Io, Visenya e Daenerys siamo i Conquistatori tornati per il
nostro regno, e insieme ci riprenderemo quanto ci è stato rubato. E, in caso dovesse
andare così, le sposerò entrambe se Daenerys desidera essere regina e Visenya sarà
sempre la mia regina.»

Si alzò in piedi «Ti sono grato, sei foriere di incredibili notizie, zio» disse «e non sto
nella pelle nell'attesa di conoscere mia zia, la Madre dei Draghi e i suoi figli.»
mentre parlava notò l'arrivo di ser Arthur Dayne con la coda dell'occhio e gli annuì.

«Zio, posso ammettere alla tua presenza un figlio creduto perduto di Dorne?»
domandò retorico indicando ser Arthur «è rimasto il nostro più fedele servitore e
protettore, in questi sedici anni ha protetto mia sorella mentre ella si nascondeva
dall'Usurpatore.» disse «Ser Arthur Dayne, la Spada dell'Alba, è tornato al nostro
fianco ancora una volta.»

Ser Arthur fece un profondo inchino prima di inginocchiarsi davanti a suo zio «Mio
principe» 

Suo zio aveva un'espressione contorta tra l'incredulo e l'accigliato mentre l'altro
porgeva le sue scuse formali «Non potrò mai fare nulla per ripulire la mia coscienza
della parte che recitato nella morte della principessa Elia e della principessa
Rheanys» ammise «mi fu affidata dal mio principe la sicurezza della sua seconda
moglie e del figlio che portava in grembo e... ero davvero sicuro che sarebbe stata al
sicuro.» 

Aegon non aveva mai visto suo zio in piedi, ma in quel momento l'uomo si tirò in
piedi a forza, tremando per lo sforzo, con il viso distorto dalla furia e gli occhi che
bruciavano come carboni ardenti; non avrebbe mai immaginato che suo zio fosse
tanto alto, né poteva fare altro se non restare colpito dalla cruda forza della sua
volontà mentre si strattonava dalla presa della sua guardia che voleva sorreggerlo.

«Eri un figlio di Dorne» esclamò furibondo «sei cresciuto qui, a Lancia del Sole,
addestrandoti con Oberyn e conoscendo Elia bene quanto noi! Hai preso il bianco
quando lei si sposò con il principe Rhaegar! La proteggerò sempre, lo prometto, queste
furono le parole con cui ti congedasti da me e io sciocco che ero ti credetti, credetti
davvero che tu l'amassi.» 

Non aveva mai visto un rammarico tanto grande sul viso di un uomo che in quel
momento sul viso sia di suo zio che di ser Arthur che abbassò il capo contrito. 

«Sarei morto per proteggerla – replicò – la credevo al sicuro o non mi sarei mai
allontanato da lei. Quando ricevemmo la notizia...»

«E quale diavolo dei sette inferi ti ha posseduto a nasconderti per sedici anni, invece
che tornare qui e affrontare le conseguenze dei tuoi peccati?!» pretese di sapere
urlando suo zio.
Questa volta fu Aegon a prendere la parola e rispondere «Fu incaricato dal suo
principe, mio padre, a proteggere la principessa Lyanna e il figlio che lei portava in
grembo.» disse «è la Spada giurata di mia sorella, una Spada giurata di Casa
Targaryen, zio, comprendo il tuo dolore, lo faccio, ma ha ripagato il suo debito
proteggendo il mio sangue per tutto questo tempo.»
Osservò entrambi gli uomini prima di tornare a fissare lo zio «Non ti sto dicendo di
perdonarlo, il perdono dei suoi crimini non spetta a te, bensì a me. E io lo perdono
per aver adempiuto al dovere che il suo principe gli affidò, - disse freddamente allo
zio – non sei costretto né a parlargli né a riallacciare la vostra amicizia passata, ma
lo tratterai con il rispetto che merita in quanto Spada giurata di sua altezza la
principessa Visenya. Intesi?» domandò, il suo tono un tripudio di acciaio e fuoco.
Gli occhi di suo zio passarono sul suo viso per un momento «Molto bene, ma non
sarà riammesso a Stelle al Tramonto – aggiunse come condizione – né sarà accettato
come vassallo di Casa Martell. Gli si porterà il rispetto che il suo legame con la tua
famiglia impone, nipote, ma non sarà mai accettato a Dorne.» 
Aegon annuì sapendo di aver ottenuto più dell'insperabile «In piedi, ser Arthur, sei
un ospite di Casa Targaryen e nessuno oserà alzare la propria mano contro di te
finché i Targaryen respirano. Sei la nostra protezione e sotto la nostra protezione.»
Ser Arthur annuì obbedendo e sebbene fosse chiaro quanto la morte di sua madre
l'avesse toccato profondamente, altrettanto dispiaciuto non era del fatto di aver
dedicato la sua vita da allora alla protezione di sua sorella. Era chiaro ai suoi occhi
che l'uomo amava Visenya come se fosse nata dal suo stesso seme, qualcosa di
prezioso da proteggere ad ogni costo e non poteva che esserne grato al grande
cavaliere.

Congedò poi il cavaliere, ordinandogli di raggiungere sua sorella.
 

Non si scomodò a bussare arrivato alla porta delle stanze che avrebbero ospitato sua
sorella ancora concentrato sul suo incontro con suo zio, sulle sue parole e sui grandi
avvenimenti che avevano sconvolto l'est grazie a sua zia.

Tre draghi, pensò, sua zia aveva messo al mondo tre draghi per loro, uno per
ciascuna delle tre teste di drago che insieme avrebbero riconquistato quanto era
stato loro tolto, insieme come Aegon il Drago e le sue sorelle, lo avrebbero
riconquistato con il fuoco e con il sangue.

Ser Arthur era all'interno una muta sentinella nell'anticamera agli alloggi privati di
sua sorella, i suoi occhi viola scintillavano nell'aere soleggiato di Lancia del Sole.

«La principessa è dentro – lo informò – sta bene anche se è evidentemente scossa.»

Annuì ed entrò. Sua sorella era seduta abbarbicata su di una sedia accanto al tavolo,
i suoi capelli neri, come l'inchiostro, erano raccolti in una treccia molle e il suo abito
rosso accoglieva tutte le sue forme come un guanto anche seduta raccolta su se
stessa con le ginocchia strette al petto e i piedi nascosti sotto le impressionanti
gonne. Spettro sedeva altrettanto composta ai piedi della sedia della sua padrona, i
suoi occhi cremisi lo trovarono immediatamente e sembrarono fargli notare che
l'aveva protetta come promesso.

Lady Arya, invece, era in piedi di lato e provava alcune delle combinazioni che ser
Arthur le aveva mostrato, Ago stretta fermamente in pugno e sembrava non essersi
nemmeno resa conto del suo arrivo.

«Kirimves» chiamò e i suoi occhi scattarono sui suoi; grigioviola e luccicanti di
lacrime ancora non versate «o, piccola... - mormorò – vieni.» la incoraggiò
allungandole una mano e allargando le braccia pronte per accoglierla, ma lei non
rispose voltandosi verso la cugina.

«Per favore, lasciateci soli.» chiese, e, nonostante il per favore, era chiaro alle sue
orecchie che si trattava di un ordine preciso e sia lady Arya che lord Samwell – che
era nella camera a fianco – si congedarono senza nemmeno attendere che
confermasse l'ordine di sua sorella «e porta Spettro con te, Arya – aggiunse sua
sorella – la voglio vicina alla Stark in questo castello» proferì. Aegon lesse negli
occhi di Lady Arya la chiara volontà di opporsi, di ricordarle che anche lei era una
Stark, ma Spettro obbedì alla sua padrona, tirandosi sulle zampe e avvicinandosi
silenziosa come un fantasma a lady Arya. Uscirono dalla stanza e Aegon lasciò
ricadere le braccia lungo i fianchi.

Si avvicinò mentre lei sospirava «Ti supplico, kirimves» mormorò «parlami.» si
inginocchiò di fronte a lei, lei che lo guardava impassibile anche mentre posava il
palmo della propria mano su una delle sue ginocchia.

«Hai detto che saremo state al sicuro» disse «non mi aspettavo che filasse tutto liscio
come l'olio, sarebbe stato da sciocchi, ma questo... tua cugina ha provato ad
uccidermi, ad ammazzarmi a sangue freddo; non mi aveva mai vista prima ma mi
odia abbastanza da provare ad uccidermi e ferire te.»

«Kirimves» tentò.

«Non ho finito!» sbottò lei «adesso starai in silenzio e ascolterai.» ordinò e Aegon
comprese il suo bisogno di sfogarsi e di essere compresa così ingoiò il proprio
orgoglio e annuì.

«Dovrei sentirmi al sicuro qui dopo che ha tentato di uccidermi?» continuò «non
posso certo stare con te ogni singolo istante giorno e notte per tutta la nostra
permanenza e io.. - si umettò le labbra – desideravo così tanto sentirmi a mio agio
qui, dove anche i bastardi sono trattati meglio che nel resto del continente
occidentale...»

«Tu non sei una bastarda!» si affrettò a correggerla «tu sei la figlia legittima del
principe Rhaegar Targaryen e della sua seconda moglie, Lyanna Stark. Tu sei mia
sorella e la mia gioia e sarò dannato se non ti farò sentire a tuo agio circondata dalla
mia famiglia!» esclamò, promettendole in tono ricco di pathos tutta la sua
protezione.

«Non capisci.» interloquì lei «non puoi farci niente. Mi accetteranno perché tu lo
ordini? Forse, ma non mi sentirei comunque al sicuro finché fosse necessaria la tua
pretesa a far sì che mi accettino» aggiunse, piangendo lacrime amare «ti amo e ti
rispetto, fratello, ma i Martell non mi accetteranno mai come una dei loro e questo
mi spaventa. E il resto del reame? Forse sarebbe stato meglio rimanere ignoranti
della verità e...»

Incapace di trattenersi le premette le labbra contro le sue, facendo perno sul
bracciolo della sedia, con le sue ginocchia in mezzo. Le sue labbra erano secche e
sapevano di sale – sia a causa della salsedine sia a causa delle sue lacrime – ma erano
anche soffici, calde e malleabili contro le sue. 

Per essere un primo bacio questo fu particolarmente casto e veloce, ma sufficiente a
zittirla per un istante, lasciò andare le sue labbra, ma rimase vicino abbastanza da
poterle ancora respirare sulle labbra; naso contro naso «Non dire mai più una cosa
del genere – disse, incitandola a guardarlo negli occhi con un buffetto da sotto il
mento – va bene? Io ti amo, tu sei mia e io sono tuo dal momento che sei venuta al
mondo. Non dire mai più che sarebbe stato meglio non incontrarci e non scoprire la
verità perché trovarti è stata una benedizione da parte degli Dèi.»

«Non avresti dovuto farlo» mormorò lei sebbene il suo corpo seguisse le sue labbra
pur negandolo «non è... non è giusto... è un peccato una septa ci...»

La baciò di nuovo, questa volta con tutta la fame di lei che aveva, riversando nel
bacio tutte le emozioni di quel giorno. La paura per la sua vita, la sua fierezza di
fronte al modo in cui si era difesa, l'amore che provava per lei, la speranza che le
notizie di loro zia aveva portato nel suo cuore. Rispose al suo bacio, ma troppo
presto si distanziò da lui tirandosi in piedi dalla sedia che stridette contro il
pavimento mentre lei si alzava, la imitò e le rimase di fronte, alto abbastanza da
torreggiare su di lei. 

Le sfiorò il viso – il suo bellissimo viso – con una mano e lei si beò di quel contatto
chiudendo gli occhi.

«è ingiusto – si lamentò lei, con gli occhi ancora chiusi – non dovresti mostrare il
tuo cuore tanto liberamente a tutti. Ci faremo solo del male... gli Dèi...»

«Se pensi che gli Dèi abbiano alcuna voce nelle nostre vite, allora ti sbagli di grosso,
amore mio – le disse, in tono roco, provato da tutte le emozioni che stavano
sconvolgendo il suo cuore di fronte a quella confessione – e, se davvero conferiscono
il loro favore a coloro che lo meritano e sono giusti, Aegon il Drago e le sue sorelle
mogli conquistarono i sette regni e lanciarono una dinastia che è ancora viva e
vegeta, pronta a combattere e che continuerà con me e con te.» 

«Magari» continuò «Aegon non amava Visenya come si ama passionalmente una
donna, ma Rhaenys... Rhaenys la amava con tutta la passione e il vigore con cui un
uomo ama la sua donna, ed erano entrambe sue sorelle e ancora oggi noi parliamo
della loro storia, ancora oggi la sua leggenda vive in noi.» le disse.

«E, se la memoria non mi inganna» ribadì lei «la regina Rhaenys morì dieci anni
dopo la conquista, proprio qui, a Dorne, quando i dorniani abbatterono il suo drago
schiacciata sotto il suo peso. Se gli Dèi desideravano davvero dare il loro favore ad
Aegon allora perché derubarlo della donna che amava?» domandò.

«Sì, lei morì. Ma moriamo tutti prima o poi» le ricordò gentilmente «e lui aveva
comunque un figlio nato dal suo ventre attraverso cui poterla ricordare, e tutti i
ricordi della loro vita insieme» le disse «e ancora oggi parliamo del loro amore.
Dimmi, se gli Dèi avessero creduto peccaminoso che noi ci amassimo ci avrebbero
permesso di innamorarci?» chiosò.

«Non è così che funzionano gli Dèi.» protestò lei, ma fu una protesta debole e Aegon
poté vedere che la reticenza stava finalmente cedendo il passo alla passione che
provava per lui.

Fece un passo indietro e lei lo seguì sbilanciandosi in avanti talmente tanto che per
mantenere l'equilibrio fu costretta a prendere un passo nella sua direzione. Sorrise,
afferrò uno dei suoi pugnali e praticò un'incisione di sbieco sul palmo della sua mano
sinistra ignorando quanto scossa lei fu e quanto velocemente lei si mise alla ricerca
di bendaggi con cui fermare il sangue che sgorgava in piccole gocce dalla ferita
praticata con maestria.

Ne raccolse un po' sulle sue dita e le premette contro la sua fronte, immobilizzandola
con il suo gesto, le passò sulle sue labbra, trascinandole lasciandosi dietro una scia
cremisi lungo il profilo elegante del suo collo da cigno color alabastro «Io sono tuo»
ripeté di nuovo «e se dovessi affrontare tutti e sette inferi e tutti gli Dèi per averti al
mio fianco lo farò» giurò.

Lei lo fissò sbalordita e a bocca schiusa e Aegon si gettò come un uomo affammato
su un suntuoso banchetto, ricoprendo le sue labbra con le sue, con una voracità e
passione che mai prima nei suoi anni aveva provato mentre sfiorava e si appropriava di quelle labbra gonfie e rosse per i loro baci e per il suo sangue.

Esplorò le sue labbra schiuse e combatté contro la sua lingua per dominarla, poi la carezzò con la
propria e la lasciò andare affinché continuasse a respirare, premendo baci ferventi
contro il suo collo seguendo la scia che le sue dita insanguinate si erano lasciate
dietro.

Quando si allontanò da lei, lei lo stava guardando da sotto palpebre pesanti. Le sue
labbra erano ancora più rosse e gonfie per i loro baci, i suoi capelli corvini erano in
disordine poiché vi si era aggrappato durante il loro appassionato bacio, diede un
buffetto con il suo naso contro quello di lei «Non mi importa cosa succederà d'ora in
poi – le disse – e non mi importa nemmeno se ti ci vorrà tutta la vita per accettarmi.
Sono paziente. Aspetterò. Ci riprenderemo i Sette Regni, siederemo sul trono di
spade e saremo felici. Te lo giuro.»

«E se mi ci volesse l'eternità?» la sua domanda sembrò più per far retorica che
concreta soprattutto per il fatto che aveva ricambiato il suo bacio con eguale fervore.

«Allora avremmo tutte le nostre vite, l'eternità e il resto dopo questa vita per essere
insieme.»


 
   
 
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