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Autore: Hoon21    05/11/2020    1 recensioni
Dal giorno in cui Draco Malfoy ricevette il Marchio nero unendosi definitivamente al circolo dei Mangiamorte:
"Mentre arrotolava la manica della camicia sul braccio sinistro e lo porgeva esitante a Voldemort i suoi sensi si acuirono: sentiva l'eccitazione della sala che saliva; sentiva la gioia folle della zia che guardava insistentemente il suo braccio pallido, pulito, bianco, ancora non macchiato dal tatuaggio oscuro; sentiva il dolore di sua madre che fissando gli occhi nei suoi occhi gli diceva tutto ciò che in quei giorni non erano riusciti a dirsi e infine sentì la crudeltà dell'uomo che continuando a sorridere freddamente puntava la bacchetta sul suo braccio e lo marchiava per l'eternità."
[Questa storia partecipa al contest “Missing Moments – Quello che la Rowling non dice” indetto da parsefeni sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Narcissa Malfoy, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Tearing through the ink

 

 

-Questa storia partecipa al contest “Missing Moments – Quello che la Rowling non dice” indetto da parsefeni sul forum di EFP-

 

 

 

<<E’ un Mangiamorte!>> rispose Harry lentamente <> […] <McClan! Lei non l’ha toccato, ma lui ha strillato e ha scostato il braccio quando voleva tirargli su la manica. Era il braccio sinistro. L’hanno segnato con il Marchio Nero>>

Harry Potter e il Principe Mezzosangue- cap. 7

 

 

Se un anno prima (o anche pochi mesi prima) qualcuno avesse fermato Draco Malfoy per strada e gli avesse detto che la sua vita stava per essere completamente e irrimediabilmente stravolta, probabilmente il ragazzo si sarebbe allontanato sdegnato e non avrebbe dato peso alle parole di quel saggio quanto immaginario sconosciuto. Del resto, lui era un Malfoy e quel nome comportava privilegi, opportunità, fama e una certa dose di orgoglio personale. Nessuno mago con un briciolo di intelligenza avrebbe mai osato muovere un dito contro di lui avendo timore di una possibile vendetta messa in atto dal padre.

Si, Lucius Malfoy: da molti criticato, da altri venerato e da quasi tutti temuto. Fin da quando era bambino Draco aveva sempre ammirato la calda confidenza e sicurezza con cui il padre si muoveva nel mondo e che sembrava possedere in qualsiasi circostanza. Accanto a lui, sapeva che niente avrebbe potuto ferirlo. Con l'ingenuità del bambino e poi con la cieca fiducia dell'adolescente, aveva creduto che il padre sarebbe stato sempre presente al suo fianco, una calda e importante presenza e che avrebbe protetto lui e sua madre da tutto e tutti. Vi aveva creduto davvero, fino a quel momento.

 

Ormai tutte le sue certezze erano crollate come un castello di carte costruito davanti una finestra lasciata aperta e trascinato via dal vento. Mai come in quel momento si era sentito così solo, lasciato improvvisamente in balia di un mondo più terribile di quanto avesse mai immaginato, preda e vittima dei più feroci predatori assetati di sangue.

Poche settimane prima il padre era stato arrestato nel cuore del Ministero dopo essere stato riconosciuto come Mangiamorte nel pieno di un’attività criminale ed imprigionato prontamente ad Azkaban senza che a lui o a sua madre fosse concessa la minima possibilità di vederlo, di salutarlo, di ricordargli che avrebbero tentato il tutto e per tutto pur di riportarlo a casa. Per diverse notti Draco era rimasto sveglio nel suo letto matrimoniale, girandosi e rigirandosi alla ricerca di una soluzione che potesse mettere fine ai loro problemi o che – idea folle- gli permettesse di tornare indietro nel tempo per trovare il modo di scagionarlo. Non sopportava sentirsi così inutile, incapace di aiutare il padre; non sopportava intravedere gli occhi cerchiati della madre a colazione. Sapeva che Narcissa Black in Malfoy soffriva non solo per la lontananza dal marito dal quale non si era mai separata fin dalla mattina del loro matrimonio ma anche e soprattutto per la posizione in cui aveva messo loro, la sua famiglia. Gli amici avevano iniziato ad evitarli, a non rispondere ai cortesi inviti di Narcissa e spesso sviavano i loro saluti quando per caso incrociavano il loro sguardo per strada salvo poi bisbigliare tra di loro nello stesso momento in cui li superavano, non possedendo neanche la buona creanza di aspettare che si allontanassero quel tanto che bastava a non udire le loro parole. Merlino, quanto detestava quelle voci rese stridule dall’eccitazione e quei discorsi pressochè identici nel contenuto che sembravano ripetersi in tutti gli angoli di Diagon Alley. Aveva iniziato ad evitare di uscire dal maniero se non strettamente necessario proprio per non incappare in quegli stupidi pettegolezzi che ogni volta avevano la capacità di farlo impallidire dalla collera.

“-Hai saputo cos'è successo ai Malfoy? Questa volta neanche tutti i soldi che nascondono nel loro bel castello sono riusciti a tenerli al sicuro-“.  Li odiava tutti, profondamente.

Erano in molti a sostenere da anni le colpe di Lucius e come degli avvoltoi avevano atteso pazientemente nell’ombra pronti a cogliere il primo cedimento, il primo errore e poter finalmente dimostrare la loro presunta superiorità come quel babbanofilo di Arthur Weasley e tutta la famiglia al seguito. Draco non aveva mai provato tanta rabbia e umiliazione in vita sua.

 

Alla fine non era stato lui a trovare una soluzione ma questa a trovare lui sotto le vesti di Bellatrix Lestrange dietro, ovviamente, l’ordine emesso da Lord Voldemort in persona. Valutando ora a mente lucida l'offerta della zia Bellatrix, Draco riconobbe con se stesso che quel momento era assolutamente inevitabile. L'Oscuro Signore non ammetteva errori e quando questi erano commessi, i colpevoli dovevano subito essere puniti in maniera esemplare. Suo padre, del resto, era stato lasciato a marcire nella prigione del mondo magico come un monito per tutti i Mangiamorte: non si deludeva in alcun modo la volontà dell'Oscuro Signore. Mai.

Unirsi ai Mangiamorte era un onore, un privilegio e come tale comportava anche dei doveri che non dovevano mai essere disattesi. Suo padre l'aveva sempre ribadito: legarsi a Voldemort era stata la massima espressione del suo orgoglio come mago Purosangue; la crociata stessa di Voldemort aveva come obiettivo quello di eliminare le impurità che negli ultimi anni erano sempre più dilagate sotto l’influenza di Albus Silente e di chi come lui ritenesse necessario accettare la discendenza dei Babbani nel loro mondo. Toccava alle persone come loro, i veri maghi, riportare i Mezzosangue e i Nati Babbani al loro posto.

Fin da quando era bambino Lucius aveva insistito che conoscesse anche lui quei principi per poterli praticare una volta divenuto adulto e trasmetterli a sua volta ai suoi futuri figli. Quando era ancora un bambino, di tanto in tanto, Draco si era chiesto perché il padre avesse fatto di tutto poi per troncare ogni suo rapporto con i Mangiamorte se lui stesso non faceva altro che ribadire l’importanza della causa da lui sostenuta, ma anche a quelle domande insolenti il padre aveva la risposta pronta.

-Spesso, Draco, dobbiamo saper affrontare delle situazioni di emergenza per poter rimanere a galla e non permettere a nessuno di infangare il nome dei Malfoy. In questo momento è fondamentale per noi rompere qualsiasi legame con quelle persone ma nel momento in cui o se mai Colui- che- non-deve-essere-nominato tornerà, noi saremo pronti ad accoglierlo- era questo che rispondeva sempre Lucius in quelle circostanze. A quel tempo lui non comprendeva appieno il significato delle sue parole anche se annuiva entusiasta e concentrato pur di compiacere il padre, ma adesso i contorni di quelle parole si andavano definendo.

Nonostante i genitori lo avessero educato nel culto della loro (e della sua) superiorità, non riusciva ben a definire quel senso di inadeguatezza e disagio che serpeggiava ora in lui, proprio nel momento in cui avrebbe finalmente dato il suo contributo attivo alla causa.

 

 

Il lieve bussare alla porta della sua camera da letto lo riscosse e si accorse di essere rimasto per diversi minuti con gli occhi grigi puntati verso il suo riflesso allo specchio posto nel suo bagno personale. Nonostante stesse cercando in tutti i modi di tenere a freno la paura e quel tremolio sospetto alle gambe il viso era più pallido del solito. Un secondo bussare alla porta lo riportò definitivamente alla realtà. Chiuse il rubinetto dell'acqua, asciugò senza fretta le mani e si diresse verso la porta. Sulla soglia lo attendeva la madre, pallida e stretta nel suo abito color petrolio. Le labbra serrate indicavano la sua agitazione ma quando sollevò una mano per sfiorargli brevemente la guancia il suo tocco era caldo e amorevole come sempre.

-Sei pronto Draco? - gli chiese con la voce ferma e la schiena dritta. Lo sguardo eloquente con cui accompagnò le sue parole gli fecero immediatamente raddrizzare la schiena e nascondere le sue emozioni dietro una maschera di freddezza. Erano dei Malfoy, loro, non potevano in alcun modo mostrare la loro debolezza di fronte agli ospiti raccolti al piano inferiore che, lo sapeva perfettamente, aspettavano solo di vederlo vacillare per rimarcare la sua incapacità a prendere il posto rimasto vacante dall’arresto di Lucius e a servire la causa. Quale fosse di preciso quella causa, Draco ormai non lo sapeva più con sicurezza. Si era sempre limitato a sbeffeggiare le persone al di sotto del suo ceto sociale o del suo stato di sangue; si era fatto forza dei principi inculcategli dai genitori muovendosi per i corridoi del castello di Hogwarts come se ne fosse il padrone ma solo lui sapeva come invece quell’arroganza nascondesse dietro una forte mancanza. Soltanto attorniato dai suoi scagnozzi, riusciva ad essere qualcuno. Come avrebbe potuto dimostrare di valere qualcosa in quello che da gioco si era trasformato improvvisamente in realtà? In quel momento della guerra mossa da Voldemort o del suo odio feroce verso Harry Potter non gli importava proprio niente.

Sapeva solo che doveva accettare il Marchio Nero o suo padre non avrebbe mai potuto far ritorno a casa: Voldemort non l'avrebbe permesso.

Insieme alla madre scese le scale dirigendosi verso una delle sale adibite a salotto e di quando in quando anche a sala riunioni. Tutt'intorno erano radunati diversi Mangiamorte, ognuno dei quali celava il proprio viso dietro la classica maschera (gesto futile visto che conosceva benissimo ognuno di loro) che da più di vent'anni popolava gli incubi della comunità magica inglese. L'unica a mostrarsi a viso scoperto era la zia da poco tornata all'ovile e che ormai con sommo disappunto dei genitori nell'ultimo anno camminava per i corridoi del maniero da padrona. Quando udì i suoi passi si voltò a guardarlo con quello che interpretò come uno sguardo di cupa e famelica soddisfazione come se l'ingresso di Draco nel circolo ristretto di Voldemort la compiacesse in qualche modo a lui sconosciuto.

Da quando era rientrato a casa per le vacanze estive i due avevano trascorso più tempo di quanto Draco avesse mai voluto dedicare alla zia folle; Bellatrix aveva preteso di insegnargli l'arte dell'Occlumanzia in modo che, se avesse dovuto affrontare i loro nemici, sarebbe stato protetto e così i loro segreti. Draco sospettava tuttavia che volesse conoscere i suoi segreti più che proteggerli ma la madre gli aveva perfettamente chiarito che non si trovava nella condizione in grado di rifiutare un’offerta del genere anche se aveva cercato di mitigare i tratti duri della sorella.

Al centro della sala, accomodato su uno dei costosi divani che il padre aveva regalato a Narcissa dopo un loro viaggio in Francia, si trovava Colui-che-non-deve-essere-nominato.

No, si corresse Draco, da questo momento sarà il tuo Padrone, l'Oscuro Signore.

Lui che aveva sempre mal sopportato dover lasciarsi comandare dagli altri ora si trovava davanti un bullo più grande e forte di lui e no, non poteva aspettarsi alcun aiuto. Neanche dai suoi genitori questa volta.

Mentre i suoi viscidi occhi da serpente si posavano su di lui e ogni cellula del suo corpo gridava per la paura e la voglia di allontanarsi correndo via da quel luogo senza mai voltarsi indietro, sentì l'ormai familiare sensazione di una forza che premeva contro la barriera protettiva posta intorno alla propria mente nel tentativo di penetrarla. Solo che questa volta la pressione esercitata era mille volte peggiore rispetto a quella impiegata da Bellatrix durante le loro sessioni di addestramento. Tentò di resistervi senza successo e avvertì con profondo orrore il preciso istante in cui quella forza maligna entrò dentro di lui scavando negli spazi più reconditi del suo pensiero. Voldemort rise sprezzante.

-Devo dire, Draco, che mi hai molto stupito- disse il mago oscuro- Pochi maghi sono riusciti a provare ad opporsi a me e tutti hanno fallito-.

Draco sapeva bene il significato nascosto di quelle parole. Lucius aveva fallito nel suo compito e ora toccava a lui ristabilire il nome della famiglia davanti ai suoi occhi.

Draco deglutì, incapace di rispondere e sentendosi ancora più umiliato dalla consapevolezza che Voldemort godeva del suo disagio, della sua insicurezza di fronte a lui quasi come se si nutrisse della paura che la sua presenza ispirava, il che era probabilmente vero.

-Avvicinati- ordinò.

Tutti i presenti nella sala ora tenevano lo sguardo puntato su di lui e Draco non faticava ad immaginare le loro facce beffarde mentre scommettevano sul fatto che non sarebbe riuscito a superare la prova, che in fin dei conti non era altro che un pappamolle. Quei pensieri nutrirono quella rabbia mai del tutto sopita e che tentava di affiorare in ogni momento dal giorno in cui suo padre era stato arrestato e ciò lo spinse verso il Signore Oscuro. Ormai di fronte a lui sapeva di non poter più tornare indietro; da quel momento in poi avrebbe dovuto obbedire ad una forza più grande di lui, non avrebbe potuto permettersi il lusso del fallimento. Mentre arrotolava la manica della camicia sul braccio sinistro e lo porgeva esitante a Voldemort i suoi sensi si acuirono: sentiva l'eccitazione della sala che saliva; sentiva la gioia folle della zia che guardava insistentemente il suo braccio pallido, pulito, bianco, ancora non macchiato dal tatuaggio oscuro; sentiva il dolore di sua madre che fissando gli occhi nei suoi occhi gli diceva tutto ciò che in quei giorni non erano riusciti a dirsi e infine sentì la crudeltà dell'uomo che continuando a sorridere freddamente puntava la bacchetta sul suo braccio e lo marchiava per l'eternità.

 

Draco si stupì del dolore. In quei giorni in cui aveva immaginato il momento in cui avrebbe ricevuto il marchio non aveva mai pensato al dolore; i suoi pensieri si erano concentrati sulla paura, sulla sensazione di essere imprigionato, di non poter sottrarsi al suo destino ma mai sul dolore che avrebbe provato nel momento in cui le linee scure del tatuaggio avrebbero iniziato a serpeggiare sul suo avambraccio. Era come se un fuoco gli avesse acceso il sangue nelle vene facendolo ribollire e bruciando via tutto ciò che di buono aveva conservato fino a quel momento. Sembrava che il dolore durasse da un’eternità quando piano piano iniziò a scemare e la forma completa del tatuaggio prese vita.

Un teschio dalla bocca spalancata dal cui interno fuoriusciva un serpente. Decisamente macabro.

Durante il processo non si era reso conto di aver trattenuto il respiro, ma adesso si ritrovava a boccheggiare nel tentativo disperato di far entrare quanto più ossigeno possibile all’interno del corpo. Sentiva il viso infiammato e il cuore che martellava incessantemente nel petto come se avesse appena corso per chilometri e chilometri. Martellava così forte che Draco ebbe paura che potesse rompere la gabbia toracica. Il braccio doleva ancora ma il dolore stava diventando sopportabile. Si ritrovò suo malgrado a fissare il tatuaggio che ora ricopriva gran parte del suo avambraccio come se questo esercitasse su di lui un incantesimo ipnotico. Era come se il Marchio gli stesse offrendo una visione del suo futuro: vide se stesso in luoghi di morte e distruzione mentre cercava di farsi strada tra i cadaveri dispersi sul pavimento della sala da pranzo. Si vide mentre tentava di strappare il padre dalla prigione e fallire. Vide il suo tentativo di fuggire da quella vita ed essere brutalmente ucciso. Nel momento in cui vide quello scenario il panico s’impossessò di lui. Cosa aveva appena fatto? Perché si era reso complice di quella follia?

Gli applausi dei Mangiamorte lì riuniti lo distrassero da quella cupa visione e dal suo insensato pensiero di fuggire via e tentò di stamparsi sulle labbra un sorriso convincente come per dire che finalmente aveva realizzato il suo sogno.

Voldemort continuava a tenere lo sguardo puntato su di lui con il capo leggermente inclinato verso destra come se stesse osservando qualcosa di vagamente interessante. O peggio, come se avesse visto anche lui le visioni che gli avevano attraversato la mente. Con un cenno della mano le esultazioni cessarono.

-Bene miei cari amici, come vedete oggi si è aggiunto a noi un altro valido membro- esordì lentamente scandendo le parole- Ormai sei un uomo, Draco, e sei anche responsabile per la tua famiglia- disse rivolgendosi ora direttamente a lui- e come tale mi aspetto che tu mi serva in maniera appropriata-

-Lo farò, m-mio Signore- rispose Draco. Cosa gli era saltato in mente prima? Quelle visioni appartenevano al ragazzino insicuro e impaurito che era stato fino a quel momento.

Voldemort aveva ragione: era un uomo adesso e come tale doveva comportarsi. Erano finiti i giorni degli scherzi e delle serate passate a terrorizzare i ragazzi più piccoli o a ingegnare modi per far espellere quell’idiota di Potter. Erano finiti i tempi in cui gli era concesso il lusso di provare paura. Il padre aveva bisogno di lui; sua madre aveva bisogno di lui. Non poteva deluderli, semplicemente non poteva.

-Ne sono sicuro- replicò- Ora gradirei parlare da solo con lui. Potete andare. No, mie care. Voi due potete rimanere- disse rivolgendosi alle uniche due donne presenti in sala: Narcissa e Bellatrix.

Quando tutti furono usciti dalla stanza e l’eco dei loro passi non venne più avvertito, Voldemort invitò a sedere le padrone di casa nelle poltrone accanto a sé mentre Draco si trovava ancora in piedi di fronte a lui.

Nonostante i suoi buoni propositi era difficile mantenere gli occhi puntati su quelli dell’Oscuro Signore.

-Bene Draco.. – esordì mentre si rigirava pensosamente la bacchetta tra le mani.

-Sono molto felice che ti sia unito a me. Molto felice- ripetè lentamente.

-Grazie m-mio Signore. È un onore per me- replicò atono.

-Oh si, è davvero un onore! Sai Draco, nutro grande fiducia nelle tue capacità. Più che in quelle di tuo padre, a dire il vero. Probabilmente Lucius mi è più utile in prigione ma so quanto tu e la tua splendida madre soffriate la sua mancanza- a quelle parole inclinò leggermente il capo verso Narcissa la quale puntando lo sguardo dritto di fronte a sé annuì brevemente -per questo motivo ti propongo un compito che so riuscirai a portare a termine. Dopo che l’avrai eseguito, tuo padre tornerà a casa- concluse.

Draco sollevò leggermente lo sguardo su di lui incredulo. Tremando, si inginocchiò di fronte a lui e chiese:- Qual è il mio compito?

Voldemort sorrise brevemente come se si aspettasse quella domanda.

 

-Dovrai uccidere Albus Silente-

 

 

 

 

Angolo dell’autrice

Salve a tutti! Questa oneshot partecipa al contest indetto da parsefeni sul forum di efpMissing Moments- Quello che la Rowling non dice”.

La mia idea è stata quella di mostrare il momento in cui Draco Malfoy si è unito ai Mangiamorte e ha ricevuto il marchio nero, oltre alla sua prima (e impossibile) missione. Per quanto riguarda il titolo è una frase tratta dalla canzone di Halsey “Colors” e mi sembrava adatta all’occasione. Spero che sia un’idea apprezzata e che la storia sia di vostro gradimento.

Grazie mille,

Hoon21

 

 

 

 

 

  
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