Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: bimbarossa    08/11/2020    5 recensioni
Un test di gravidanza positivo e quattro possibili padri.
Tra sospetti, paure e timori di nuove responsabilità, chi di loro avrà la vita sconvolta?
Genere: Commedia, Fluff, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: inu taisho, Inuyasha, Jakotsu, Miroku, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La stazione ferroviaria, a quell'ora della sera, era quasi deserta.

Persone che aspettavano, persone che arrivavano, persone che partivano, per Miroku tutto era sagome grigie, impersonali e fredde.

E sì, sentiva freddo anche lui, in tutto il corpo.

Che razza di persona era?

Seduto su una panca non faceva altro che controllare il cellulare. Sango avrebbe già dovuto essere rientrata, e aver scoperto che immensa delusione lui fosse.

Il maestro Mushin sarebbe stato d'accordo, già immaginava la ramanzina che gli avrebbe impartito una volta saputa la storia. In effetti, dove altro sarebbe potuto andare? Dove altro sarebbe potuto scappare?

“Qui è libero?”

Alzò la testa verso la ragazza piena di bagagli che gli sorrideva. Miroku pensò che dovesse essere poco più che ventenne, e in più era carina, molto carina.

“Certo, certo.” Iniziare a flirtarci fu quasi un istinto naturale. “Piacere, mi chiamo Miroku. Sono un umile servitore del Buddha, di una discreta bravura in verità, faccio esorcismi, disinfesto case e vendo amuleti. Ne vuole per caso uno? Per un ragazza così bella posso fare un buon prezzo,” snocciolò il tutto con un sorriso smagliante. Un sorriso smagliante e finto che non avrebbe convinto neppure la sua adorata Sanguccia.

Di nuovo, dannazione, perché non riusciva a smettere di pensare a lei persino quando imbrogliava la gente?

“Io sono Kin'u.” La ragazza sorrise divertita. “Anche lei è diretto ad Ōsaka ?”

Annuì. Magari il viaggio non sarebbe stato terrificante come pensava.

“Ci potremmo fare compagnia, che ne dice mia cara?”

Fare ricorso a quelle vecchie tecniche di abbordaggio fu quasi una specie di sollievo, come se per un attimo, solo per un attimo, fosse stato possibile ritornare a ciò che era prima di Sango.

“Mamma guarda! Ho preso gli onigiri a forma di nekomata!”

Una bambina di circa otto o nove anni si schiantò contro di loro. Odorava d'infanzia, zucchero e pulcini bagnati.

“Questa è mia figlia Gyokuto. È piuttosto esuberante, ti chiedo scusa.”

Sembrava troppo giovane per essere madre, pensò Miroku, e qualcosa nel suo volto da hōshi dovette raggiungerla perché arrossì, chiaramente a disagio.

“Sto andando ad Osaka per vedere la mia famiglia dopo molto tempo che sono lontana.” Con una scusa fece allontanare la bambina che andò a giocherellare poco lontano. “I miei non hanno preso bene la decisione della loro figlia di diventare madre così presto, ma spero che questa volta, se incontreranno Gyokuto e vedranno quanto è meravigliosa, non mi biasimeranno più per il mio discutibile passato.”

Si era stropicciata l'orlo della gonna rossa per tutto il tempo di quello sfogo.

Stranamente Miroku non si sorprese che lei gli avesse gettato contro tutte quelle confidenze, sia perché ci era abituato con il suo lavoro, sia perché era chiaro che quella ragazza avesse un disperato bisogno di solidarietà e vicinanza dato il passo che stava per compiere.

Gli dei dovevano davvero perseguitarlo.

Tra tutti avevano messo sul suo cammino una persona che come lui doveva affrontare le conseguenze di una giovinezza piena di sbagli ed azioni avventate, ma mentre Kin'u, seppur terrorizzata dal rifiuto di chi l'aveva messa al mondo, era disposta a rischiare, lui non aveva nemmeno questa scusa.

Ultima chiamata per il treno super veloce diretto ad Ōsaka .”

Miroku si alzò, la brezza serale che gli scompigliava i capelli scuri pareva più calda adesso, quasi come il fiato di un bella donna che si accinge a baciarti.

La prima volta che aveva baciato Sango se la ricordava benissimo.

Si erano conosciuti durante una disinfestazione di un castello nella prefettura di Gunma, e subitamente aveva riconosciuto in lui l'anima del provolone, anche prima che ci provasse con la figlia del padrone del maniero.

Nonostante pensasse le peggio cose di lui, avevano per un breve periodo collaborato in vari casi, imparando a conoscere ognuno il modo di lavorare dell'altro, aiutandosi a vicenda e cominciando a provare stima e rispetto reciproco. Ci avevano messo parecchio a diventare altro, perché Sango giustamente non si fidava e perché le pessime abitudini facevano capolino ogni tanto, anche se in modo innocuo.

Voleva davvero buttare tutto questo? E del bambino che ne sarebbe stato? Crescere senza padre sarebbe stato meglio che crescere con uno come lui?

Forse era ancora in tempo, forse Sango non era ancora rientrata e non aveva letto quel biglietto miserabile.

Quando Kin'u lo chiamò per salire sul treno non la sentì neppure.

 

L'appartamento era silenzioso e illuminato solo dalle luci caleidoscopiche del centro nevralgico della capitale quando Sesshōmaru ci mise piede, dopo una giornata infernale di elucubrazioni poco piacevoli.

Evidentemente Rin non era ancora tornata dalla scuola serale.

Ogni volta che entrava in quelle stanze aveva come l'impressione di tornare indietro, ai secoli in cui viaggiava per tutto il Giappone a sfidare demoni ed avversari che trovava in boschi e foreste desolate. Merito tutto della passione di Rin per le piante e per tutto ciò che era verde, rigoglioso e lussureggiante, tanto che non ci voleva molta fatica ad immaginarsi, lì dentro e con le luci spente, in un altro luogo, in altro tempo, in un'altra vita più brutale ma anche molto più semplice.

Trovandosi bene anche al buio, Sesshōmaru si diresse verso il bagno puntando l'armadietto dei medicinali.

Conosceva benissimo l'aspetto della confezione di anticoncezionali, perciò non dovette cercare a lungo.

Allora è proprio vero.

Tutti i blister presenti erano intatti ma non parevano nuovi. Sembrava più che altro che la proprietaria avesse smesso di prenderli.

Con passo più lento del solito tornò nella camera da letto, notando, nonostante la mente vagasse altrove, la presenza di due odori diversi.

Con gesto famigliare prese da sotto il letto la scatola.

Era quasi un gioco, che Rin faceva molto spesso e che lui assecondava quasi con altrettanta felicità, una specie di preliminare alle loro notti appassionate, ma che questa volta quasi gli spezzò il cuore.

Tra le mani gli scivolò una camicia da notte di seta color champagne, leggera e semplice, che odorava di lei. Prima di infilarla lì dentro doveva averla almeno indossata una volta, per lasciare una traccia, per essere sicura che lui la trovasse.

Questa sera me la toglierai tu.

Nonostante il risentimento che provava, non poté fare a meno di annusarla, e tramite l'odore di quella dannata ragazzina ricordare la prima volta che l'aveva vista, ad una festa, con un vestito quasi dello stesso colore di quel pezzo di stoffa che stava cominciando ad odiare.

Di quella sera rammentava la rabbia con cui era uscito di casa, dopo una discussione alterata con suo padre che riguardava ovviamente InuYasha -una delle ultime che avevano avuto, perché si, Rin con gran felicità del Generale aveva ovviamente fatto il miracolo- e poi questa ragazzina dai folti capelli neri che gli veniva contro buttandogli un'intera caraffa d'acqua addosso.

Invece di sbranarla come voleva fare inizialmente, aveva cominciato ad uscirci, frequentarla sempre più spesso, smaniando di conoscere questi umani che aveva disprezzato per secoli ma che invece suo padre sembrava amare tanto, fino a che era diventato indispensabile vederla, passare del tempo assieme, fino a che era diventato impossibile negare di provare dei sentimenti per lei e solo per lei.

E guarda come era stato ripagato.

Con uno scatto tornò nel bagno e stritolò la cosa che emetteva il secondo odore sconosciuto.

Una confezione di un medicinale mai visto, con un nome che non gli diceva niente -come se lui avesse mai avuto bisogno di medicine- ma che tuttavia era certamente nuovissima, appena comprata.

Il clic della porta di casa che si apriva non gli impedì di continuare l'ispezione. Era furente.

“Che stai facendo?”

Rin lo aveva raggiunto in bagno, evidentemente sorpresa che tutte le luci dell'appartamento fossero spente tranne che lì dentro. Sembrava a disagio, desolata quasi, tuttavia non mancò di fissarlo dritto in faccia.

“Credo che tu abbia scoperto tutto.”

 

“Si può sapere cosa ti succede oggi?”

Kagome, dopo aver venduto l'ennesimo amuleto ad un ragazza di un gruppo di liceali venute al tempio, lo redarguì con un sorriso mezzo preoccupato.

“Che cosa ti fa pensare che abbia qualcosa che non va?”

“Guarda che non ci vogliono i miei poteri spirituali per indovinarlo.” Cominciò a preparare il tempio per la chiusura notturna. “Per esempio non tormenti Buyo come fai di solito, e poi hai una faccia pensierosa, come quando...”

“Oh no, non ricominciare! Non sto pensando a Kikyō, lei non c'entra niente.”

Non era la prima volta che Kagome si dimostrava gelosa nei confronti della sua ex ragazza -che cosa inspiegabile! lui non lo era affatto di Kōga, tanto mica stavano più insieme lei e quel dannato lupo spelacchiato- perciò non si prese nemmeno la briga di rassicurarla gentilmente come faceva sempre.

“Sicuro? Di solito avevi proprio quell'espressione quando ti aveva appena mollato.”

Non le aveva mai detto che era stata una separazione voluta da entrambi.

Conosceva Kagome da una vita, fin da quando era piccoli e lui era il mezzodemone e lei la ragazzina strana con il nome di un gioco per monelli dove vinceva con una facilità quasi portentosa, per poi rimanere inseparabili fino al liceo e alla venuta in città di una sua lontana parente, Kikyō appunto, desiderosa di fare pratica come miko al tempio Higurashi. All'inizio ne aveva subìto immancabilmente il fascino, tanto che avevano fatto coppia fissa per qualche tempo, per poi rendersi conto che l'educazione monacale l'aveva resa troppo ortodossa verso alcuni aspetti della sua persona -il fatto che avesse una parte demoniaca dentro di lui tanto per intendersi- senza contare il fatto che non avesse mai, mai dimenticato Kagome.

Anche se veniva considerato da tutti uno sbruffone un po' burbero, si reputava comunque un gentiluomo su certe cose, quindi era stato zitto passando per il lasciato di turno, tanto più che questo lo aveva aiutato quando Kagome si era offerta di risollevargli il morale portandolo in giro per tutta la costa l'estate seguente.

“Allora se è così perché non usciamo a divertirci?” Passando dietro di lui, che era seduto pigramente sul tatami, gli accarezzò dolcemente le orecchie da cane come le piaceva tanto fare. “Non c'è niente come una ciotola di ramen fumante per scacciare la tristezza. Certo, non è come il cibo cucinato da mia madre ma è alle terme con Sōta, torneranno domani, perciò poi abbiamo casa libera. Che ne pensi?”

Dovette constatare come non le desse corda, perché la vide aggrottare le sopracciglia.

“Ma insomma, mi dici che hai?” Con rabbia cominciò a sfilarsi l'hakama, incontrando qualche difficoltà.

“Hai preso qualche chilo.”

Okay, voleva metterla alla prova, ma questo non avrebbe mai dovuto dirlo. Stava già diventando livida.

“Mi stai dando della grassa, per caso? Senti, perché non te ne vai e mi lasci in pace?! Sei stato tetro per tutto il tempo, davvero insopportabile. Vattene via, e torna quando non avrai più quel muso o sarai disposto a parlare.”

A quel punto InuYasha decise che era ora di finirla.

“Perché invece non inizi a parlare tu? Devi spiegarmi parecchie cosette.”

“I-io non so cosa v-vuoi dire.” Era arrossita all'inverosimile, e si toccava nervosamente la pancia, annotò quasi con senso di trionfo.

“Kagome, piantala di mentirmi. So tutto, e non me ne andrò di qui se prima non mi dirai tutta la verità.”

 

“Desideri ordinare altro?”

Ayame emise un sospiro soddisfatto per poi annuire. “Magari un altro dolce di riso. Ho mangiato come poche volte in vita mia, ed era tutto divino.”

Il fatto che fosse così felice solo per una cena fuori -nel miglior ristorante di Tōkyō beninteso- valse la pena di essere l'uomo più potente del Giappone e potersi permettere di darle tutti quei lussi a cui non era abituata.

“Nonno inorridirebbe se mi vedesse in un posto del genere, per lui il rigore e l'austerità sono tutto.”

Sì, il Generale sapeva benissimo quanto austero fosse Chōrō; cionondimeno pensare al rigido patriarca del nord non era nelle sue intenzioni quella sera.

Osservò la ragazza di fronte a lui, ricordando le terribili parole di Bokusenō.

“Tu non hai mangiato molto invece. Non è che ti sto facendo spendere troppo e hai paura di trovarti con un conto stratosferico da pagare, vero?”

Le sorrise con calore.

Il loro tavolo si trovava in una zona del ristorante appartata e poco illuminata, cosicché nelle prime ombre azzurre della sera, con il suo audace abito rosa addosso -aveva il sospetto che sapesse del suo debole per quell'indumento- il rame dei suoi capelli brillava di un'incredibile e ricca aureola rosata.

“Puoi ordinare ciò che vuoi, non farti di questi crucci.” Allungò la mano e allacciò le dita alle sue. “Se posso fare qualcosa per te, devi solo chiedere.”

Era la stessa identica frase che le aveva sussurrato tanti mesi prima quando, dopo una riunione del concilio particolarmente agitata e funesta per un attacco mortale di Paradisee ad un gruppo di vedette Yōrō nelle aspre montagne settentrionali, l'aveva trovata in disparte, da sola, che tremava spalle al muro cercando di ricacciare le lacrime.

Qualche settimana dopo “quei maledetti uccellacci che l'avevano attaccata da piccola” erano stati decimati e messi al bando dal concilio stesso, mentre lui e Ayame avevano preso a cercarsi con lo sguardo sempre più spesso, per poi iniziare a condividere pasti tra una riunione e l'altra, abbracci ed effusioni tra una votazione ed una seduta serale.

Ancora non aveva ben inquadrato i sentimenti che provava, di certo però Ayame esercitava su di lui un fascino esotico, per i suoi colori ed odori così diversi da quelli a cui era abituato, misto ad un senso di protezione quasi tenero che gli scaldava il cuore continuamente, strenuamente, dopo secoli di gelo.

Pur tuttavia, questo si sarebbe rivelato sufficiente per crescere un bambino insieme?

Forse, si disse, era arrivato il momento di scoprirlo, con tutta la cura e la circospezione del caso senza farle troppa pressione. Ma come iniziare?

“Hai per caso visto il libro con i crisantemi sulla copertina? Lo sto cercando da qualche giorno ma non riesco a trovarlo.” Se si fosse trattato di pianificare guerre o frenare la tracotanza di Kirinmaru non avrebbe avuto bisogno di prenderla così alla larga.

“No, non mi pare. L'ultima volta che l'ho visto ce l'aveva Kagome.”

Aveva appena finito il terzo tortino quando improvvisamente la vide diventare gialla e poi paonazza.

“Forse è meglio tornare a casa, che ne dici? Non mi sento molto bene, devo aver esagerato davvero questa volta.”

Fu silenziosa per tutto il tragitto, e si sentiva chiaramente che l'atmosfera era cambiata.

“Okay, non ce la faccio più.” Una volta arrivati, mentre si spogliavano nervosi in camera, la sentì prendere qualcosa dal suo zainetto. “Devo confessarti una cosa.”


Grazie a tutte le persone che hanno messo questa storia tra le preferite e le seguite, ed in particolare a quelle che l'hanno recensita, sappiate che fate tutta la differenza. Ovviamente per quanto riguarda Kagome e il significato del suo nome riferito ad un gioco per bambini faccio riferimento alla puntata di Final Act La barriera di Hitomiko.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: bimbarossa