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Autore: Brume    21/11/2020    7 recensioni
Cinque giorni. Questo il tempo a disposizione di Kaori per ritrovare Ryo e riportarlo a Tokyo, dopo quasi due mesi di lontananza forzata, per poter risolvere un problema davvero più grande di loro. Una storia senza una collocazione temporale precisa, un altro tassello che li porterà ad essere ancora più uniti e a liberare sentimenti nascosti .
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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“Mi sembra tutto così strano.”
 
Ryo passeggiava avanti indietro sulla lunga banchina del molo 9 mentre  Kaori, dietro di lui di qualche passo, osservava all’ orizzonte alcuni cargo che aspettavano il loro turno per avvicinarsi alle banchine. Un discreto via vai di addetti ai lavori, nelle loro divise , correvano veloci come formiche occupati nei più disparati lavori.
 
“cosa intendi?” chiese Kaori distogliendo lo sguardo dalla nave e girandosi verso il profilo dell’ uomo , osservando la  sigaretta che si consumava lenta tra  labbra senza nemmeno essere aspirata.
Ryo si voltò verso di lei, avvicinandosi di qualche passo; prese gli occhiali dalle tasche della giacca e li infilò. Dietro le lenti  gli occhi, cupi, cercavano di sbrogliare una matassa che si era creata ingarbugliando i pensieri.
 
“Fukuma. Ancora non si è visto” rispose, riportando alla mente di Kaori la telefonata di qualche ora prima che indicava allo sweeper il luogo dello scontro.
“Una trappola?” domandò lei, seria, togliendosi il giubbino di jeans per restare con una semplice t shirt bianca che lasciava intravedere un lembo di pelle e la pistola infilata nella cintura dei pantaloni scuri.
 
Ryo scosse la testa.
 
“Non lo so, Kaori. Non so più cosa pensare di quell’ uomo…  mi pare tutto  troppo semplice. Sicuramente non sarà una faccenda facile….”
La donna ascoltò le parole di Ryo,  sorpresa : raramente il compagno non riusciva a prevedere le mosse del nemico.
“Credi sia uno dei suoi soliti scherzi?” chiese, dunque.
Ryo gettò, con un movimento rapido, la sigaretta. 
“Quello che so è che abbiamo tenuto gli occhi aperti per tutto il tempo ed il tragitto” rispose spostandosi per far passare un energumeno con una cassa a spalle , che lo squadrò da cima a fondo “
 
 Una folata di vento improvvisa mosse i loro capelli, sbattendo loro in faccia aria tiepida e facendo arrivare alle narici l’ odore salmastro del mare,  un mix di sa latopetrolio, pesce avanzato, alghe… e sangue.
 
Ryo si bloccò.  
Sotto lo sguardo spalancato di Kaori si sporse dalla  banchina, piegandosi sulle ginocchia e osservando l’ acqua; allungò la mano fino a sfiorarla bagnandosi le dita , smuovendola.
 Nulla.
 Non vi era nulla; eppure quell’ odore a lui così famigliare doveva pur  significare qualcosa.
“Lo senti?” chiese l’ uomo
Kaori negò. Scosse la testa, incrociò le braccia.  Ryo mosse altri passi osservando ciò che pareva una boa ;  lei continuò a seguire  i suoi occhi fino a trovare ciò che stava guardando e dallo spavento  fece un passo indietro inciampando in una corda rovinando a terra. Non era una boa: era un uomo, ciò che si palesò davanti a loro, ad una ventina di metri.
Si rialzò, quindi; raggiunse Ryo giusto in tempo per vederlo lanciarsi in mare e , con poche e vigorose bracciate, raggiungere  il corpo per  poi fermarsi di colpo ed  urlare: un suono disumano e quasi feralerichiamò
 l’ attenzione di tecnici ed operari e di tutti i presenti.
 
Kaori   sentì il suo cuore mancare un battito; lo stomaco, ancora una volta, le diede chiari segnali della sua tensione. S inginocchiò, urlando a sua volta vedendolo arrivare con l’ uomo appeso ad una giacca chiara.
 
Mick.
Il  viso scuro dalle botte e dalla mancanza di ossigeno.
Perché? Cosa aveva fatto, ancora, quel pazzo?
E gli altri…gli altri, che fine avevano fatto?
 
Kaori osservò Ryo arrivare , stanco e trasfigurato dal dolore e dallo sforzo;   l’ energumeno che pochi attimi prima era passato a lui lo aiutò a sollevare Mick, adagiandolo con una delicatezza impensabile per quelle grandi mani. Qualcuno dietro di lei urlò, chiedendo di un medico.
“Mick…” sussurrò Kaori  prendendo le mani fredde e bluastre.
Ryo, risalito dall’ acqua, la raggiunse.
“ Mick!!! Ryo… che sta succedendo?” chiese lei con le  lacrime agli occhi.
Ryo la guardò, fradicio e stanco, senza rispondere.
Allungò una mano sul viso di Mick e con la stessa mano colpì, un secondo dopo, il cemento della banchina.
Tutto si fermò per un attimo.
Ancora.
Ryo chinò il capo, si prese la mano dolente e chiuse gli occhi poi, alzandosi di scattò parlò verso la donna.
“Resta qui, Kaori. Io vado a cercarlo.”
“Non sai nemmeno dove trovarlo!!! “ esclamò lei mentre il panico cominciava ad insinuarsi in ogni fibra del suo corpo.
“Vuole giocare. Vuole una mia reazione….e l’ avrà. Vedrai. Non tarderà a mandare un altro…segnale ” rispose lo sweeper abbassando il suo viso all’ altezza della donna, guardandola negli occhi. Avvicinò dunque le labbra alle sue, sfiorandole,  poi scosse la testa e girò sui tacchi andando verso la macchina parcheggiata ad un centinaio di metri più in là.
 Salì e per prima cosa controllò la pistola, prese i caricatori di riserva dal cassetto appoggiando poi tutto sul sedile accanto cercando di non pensare a Mick, respirando forte per trovare la lucidità necessaria che era venuta a mancare:  accese il mezzo  e partì, come se avesse il diavolo ad inseguirlo.
 
Cazzo, non so nemmeno dove andare!!! Urlò, picchiando le mani sul volante devo essere proprio pazzo…ma non posso aspettare oltre. Se mi vuole, mi avrà.
 
Uscì dal parcheggio, dunque.
 
Ok. Dove vado?
 
Il bar…no, troppo ovvio.
 
Casa …
 
L’ eliporto….
 
Già, l’ eliporto.
 
Probabilmente dove gli altri erano rientrati , non vedendoli più in casa quella mattina.  Tutto aveva un nesso. Tutto fatto secondo il suo gioco.
Ma… Mick?
 Come aveva fatto a finire li?
Senza pensare oltre, imboccò la via principale e poi  alcune strade secondarie lanciandosi  da subito in sorpassi azzardati; con il gioco veloce ed abile di mani e piedi scalò le marce una dopo l’ altra,  spinse il motore al limite scartando nel frattempo  alcune auto che  lo intralciavano.
L’acqua continuò a colargli giù per la schiena ; i capelli attaccati al viso cominciavano ad asciugare leggermente solo ora, sotto l’ aria tiepida che entrava dal finestrino abbassato.
 
 
Un’ ora dopo  arrivò poco fuori l’ eliporto.
Pensò a Kaori. Al suo sorriso.  A quella mattina, a quei giorni…a loro due, insieme.
 
Fa che vada tutto bene disse, mentre girò le chiavi per spegnere la macchina.
 
 
 
Nel frattempo, alla baia, Kaori prese tutto il coraggio e la forza che aveva in corpo e salì sull’ ambulanza insieme a Mick ed ai sanitari , nel frattempo giunti sul posto. Lungo il viso rivoli di sudore e lacrime scendevano mischiandosi e raggiungendo le labbra alle quali regalarono un sapore amaro.  Una  mano a stringere quella dell’ amico e l’ altra fissata al bordo metallico di una maniglia del mezzo che partì  con uno scossone,  lacerando l’aria con le sue urla sgraziate. Guardò Mick. Respirava a malapena, nonostante avesse l’ ossigeno e gli fosse stato praticato il massaggio cardiaco.  Secondo dopo secondo i suoi  respiri sembravano farsi più lenti, mentre il torace si alzava ed abbassava a ritmo, scandendo in modo lugubre l’ avvicinarsi della morte.
 
 
 
 Ryo scese dall’auto.
 
 Un grosso camion ostruiva il passaggio;  gli si affiancò e, con rapide occhiate,  verificò la mancata  presenza di ordigni e di uomini.
Salì in cabina.
 Tutto a posto.
Ridiscese , quindi, avviandosi verso gli uffici dello stabile ed entrando con sguardo vigile e le mani pronte; spalle al muro strisciò lungo il corridoio  alla sua destra osservando le porte accanto a lui, al di la delle quali tutto era silenzioso tranne che per il sibilo dei server e dei  personal computer.
 Con movimenti lentì le  aprì., sincerandosi dell’ eventualità di bombe o congegni.
Non un respiro nel buio, non un movimento.
 
Proseguì allora  fino alla fine del corridoio, raggiungendo l’ ennesima grossa porta metallica; appoggiò l’ orecchio, le mani. Via libera: con una spallata veloce aprì, trovandosi su un ballatoio.  Ciò che vide confermò i suoi sospetti: al piano di sotto, sul cemento, i corpi legati di un Umi rabbioso e livido e quello di Miki si mossero, alzando all’unisono  il loro viso verso la fonte del rumore. Ryo, incurante dell’ altezza, con un balzo li raggiunse, cadendo a pochi metri da loro; le recenti ferite non ancora guarite cominciarono a farsi sentire, sempre di più, provocandogli fitte di dolore ai fianchi ed al torace che tuttavia non gli impedirono di rialzarsi e raggiungere gli amici.
 Sudato, dolorante, Ryo  posò a terra la pistola e strappò il nastro adesivo dalle loro bocche; questi, silenziosi e cupi, pronunciarono un solo nome.
“Fukuma. Ryo, è una trappola. “ disse Umi toccandosi il collo e avvicinandosi a Miki per sostenerla.
“… maledetto…lo sapevo…ma…cosa è successo?” chiese Ryo, pur conoscendo in parte la risposta.
“Ci ha presi alla sprovvista, stamattina. Quando Mick si è svegliato e non vi ha visti, ha pensato subito male. Ha chiamato Saeko…” rispose la donna, concitata , bloccandosi all’ improvviso. Ryo , il viso tirato, prese per le spalle l’amica.
“Miki, dannazione, continua…cosa è successo a Mick? Lo abbiamo trovato..al porto…io e Kaori” disse.
  Il suo viso  tirato cominciò a tradire un velo di terrore.
Umi  fermò le mani di Ryo.
“Dove è ora?” chiese il gigante “Dove è Kaori?”
“Credo stia andando all’ ospedale, avranno chiamato una ambulanza.” rispose Ryo, soffermandosi nel frattempo a pensare…finchè il sangue non gli gelò nelle vene ed il terrore si presentò in tutta la sua forza.
Ryo lo maledisse, ancora una volta…e maledisse sé stesso…ma cosa avrebbe potuto fare?   Quell’ uomo era imprevedibile…non aveva regole, non aveva dignità: Fukuma cambiava idea con la velocità della luce: non aveva  mai avuto   un piano  quel bastardo. Avrebbe giocato  in estemporanea, facendo leva sui suoi punti deboli e beandosi della sensazione di sentirsi invincibile. La mossa di rapire Mick… farlo andare via dal porto…Kaori.
 
Ryo corse fuori da li, zoppicando; ancora una volta salì in macchina e l’ accese,  pensando nel frattempo a quale poteva essere l’ ospedale più vicino al molo 9; partì dunque , facendo  mente locale ma non trovando risposta l’ unica cosa che gli venne in mente per ovviare il problema  fu fermarsi a comprarsi una lattina di birra al primo bar disponibile e  chiedere un elenco del telefono.
Doveva correre, fare in fretta.
 
Sto arrivando, maledetto. Sto arrivando, Sugar.
 
Dopo un tempo che pareva infinito,  dopo mille pensieri e altrettante sigarette l’uomo alla guida di quella macchina rossa ed un po' retrò giunse finalmente nel parcheggio del grande ospedale lasciando la macchina fuori  dall’ entrata principale. Senza dare ascolto i commenti del ligio guardiano che lo  pregava di spostare il mezzo entrò nella hall. Si guardò in giro:
gente normale, camici bianchi, persone in attesa: tutto pareva volgersi tranquillamente seguendo una routine che pareva consolidata. Come se niente fosse, andò alla reception .
“Vorrei informazioni riguardo ad un paziente, Mick Angel, nazionalità americana. Sono un parente. “ chiese alla donna davanti a sé; lei, dopo averlo squadrato da capo a piedi, rilasciò le informazioni richieste e al contempo schiacciò un bottone  a fianco della tastiera del pc  avvertendo, probabilmente, la sicurezza per l’ arrivo di quella strana persona mezza fradicia.  Ryo si accorse del movimento ed in una frazione di secondo si lanciò in una folle corsa, imboccando la prima porta disponibile e bloccandola con il manico di una scopa che trovò qualche metro più avanti appoggiata alla parete. Infine,  riprese poi la sua corsa cercando il piano ed il corridoio indicati.
 
E’ iniziata così bene, questa giornata….
Prega di non averle fatto del male, fukuma….
 
Finalmente,  salendo due scalini alla volta, l’ uomo arrivò al piano.
 
Silenzio.
 
Spinse la porta e con l’ arma in pugno pronta ad ogni evenienza, percorse l’ ennesimo corridoio dove la vita sembrava continuare tranquilla, tra gente in vestaglia ed infermiere zelanti che, al suo passaggio, si rintanarono in fretta e furia nelle varie stanze.
Camminò; camminò ancora, tenendo a bada la paura cercando quel nome sulla porta finchè non comparve davanti a lui.  Dalla piccola finestra potè osservare il corpo dell’ amico, disteso e attaccato a mille tubicini e macchia. Un infermiere fisso su alcuni fogli controllava i parametri scuotendo il capo.
 
Mentre gli occhi di Ryo cominciarono a velarsi, un medico uscì dalla stanza più avanti, arretrando nel momento in cui vide la pistola.
“Sto cercando una donna, è arrivata qui con quest’ uomo” chiese Ryo, infilando la pistola in tasca con un rapido gesto.
Il medico, pallido, non profferì una parola, forse terrorizzato.
“Mi dica dove è!!!” urlò allora Ryo, sempre più impaziente, rabbioso.
 
“E’ salita all’ ultimo pian insieme ad un uomo dall’ aria distinta ; mi ha mostrato il distintivo…io non ho potuto far altro che indicargli la via” rispose d’ un fiato.
Ryo corse, ancora una volta. Poco distante, l’ ascensore e si infilò al suo interno.
 
Kaori, resisti, sto arrivando mormorò al nulla, al vuoto.
Pochi attimi.
Un rumore.
Le porte dell’ ascensore si aprirono.
Sul tetto piatto dell’ edificio,  alla sua destra  ed a circa dieci metri da lui un uomo lo attendeva comodamente seduto su una sedia, pistola alla mano e doppiopetto di ottima fattura.
 
“Finalmente” disse Fukuma, alzandosi in piedi senza muoversi da lì, sistemandosi il doppiopetto leggero.
 
“Kaori. Voglio vedere lei. Non mi avrai, se prima non mi assicuro che stia bene” disse Ryo, sentendo il viso avvampare dalla rabbia, mentre i suoi occhi cercavano senza sosta la figura esile della donna e le mani si chiudevano a pugno.
 
Fukuma rise.
 
“Oh, mio caro, sta benissimo; non avrei mai sprecato una simile bellezza”
 
Ryo dovette trattenersi da mosse avventante. Bloccò la rabbia, cercò di essere razionale ed obiettivo.  L’ uomo in doppiopetto si girò e posò la pistola sulla seduta della sedia accanto.
 
“La donna mi serve, senza di lei… il mio personale divertimento non ha senso” rispose, osservandosi poi  le unghie della mano sinistra, libera dalla pistola.
 
“Lasciala perdere. Questa faccenda è tra me e te”.
 
Immobile, Ryo mise le mani sulla pistola, in tasca, estraendola e puntandola all’ uomo. 
 
“Stai calmo, Saeba. Stai sbagliando bersaglio: non dovrai uccidere me. Dovrai uccidere lei. E’ questa la mia personale vendetta. Toglierti ciò che di più caro hai al mondo. Poi, magari  - sempre che tu non sia abbastanza distrutto – potremo anche sfidarci.  Posso capire le tue emozioni in questo momento”.
 
Ryo lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
 
“no, non puoi capirle perché tu non hai emozioni” rispose a denti stretti.
 
Smettila di giocare, ridammi Kaori.
 
Un altro rumore giunse alle orecchie dello sweeper.
Un gruppetto di uomini spuntò da un piccolo cubo di cemento alla sua sinistra spingendo avanti Kaori, verso Fukuma.  La donna, occhi bassi, aveva in mano una pistola.
 
“Eccoci, dunque. Su, ragazzina, non essere timida “ disse avvicinandosi a lei e alzandole il viso con il movimento delicato delle dita “ il tuo amore è arrivato. Non vuoi salutarlo?”
 
Kaori alzò lo sguardo verso l’ uomo.
“Non ti daremo mai questa soddisfazione” disse lei, quasi sibilando.
Poi i suoi occhi andarono a prendersi quelli di Ryo, penetrandoli quasi fino ad arrivare all’ anima dell’ uomo sudato e teso che stava osservando.
Ryo lasciò la pistola; piegò le ginocchia lasciandola a terra.
 
“Io non sparerò mai alla mia compagna. Quindi, se vuoi ucciderci, fai pure. Moriremo entrambi ma non sarà per nostra mano” disse senza mai togliere gli occhi da lei.
 
Abbi fiducia, Kaori.
Ce la faremo, riusciremo in qualche modo a tirare a casa la pelle e poi…poi..devi ancora rispondermi…voglio sentire la risposta da quelle labbra…
 
Fukuma bollì di rabbia.
 
Con un gesto rapido  e senza dire altro si piazzò dietro la schiena di Kaori prendendole a forza le braccia ed alzandole.
 Le sue mani raggiunsero quelle della donna e si strinsero forte intorno alla pistola. Lei rabbrividì, schifata da quel contatto.
 
“Vedi, mia cara, il dito indice deve premere sul grilletto appena dopo            l’ inizio dell’ ultima falange; le dita che tengono l’ arma devono essere solo queste: parte del pollice, indice, anulare  “ disse con voce calma e paterna “ in più, la posizione del corpo dovrebbe essere comoda. Ah, non forzare la pressione sul grilletto, potresti sbagliare completamente bersaglio e noi non vogliamo questo, vero cara?”
La donna ebbe un sussulto. Avrebbe voluto fuggire tra le braccia di Ryo.
 
Le dita di Fukuma si strinsero sempre più.
 L’ indice si posò sul grilletto; la donna tremò, mentre la vita le passò davanti ed il respiro si faceva corto.
Fukuma mosse alcuni passi spingendola avanti con i movimenti delle gambe;  le scarpe di cuoio scricchiolarono sotto i suoi passi. A  poca distanza da Ryo fece un cenno con il capo e  gli uomini presenti  caricarono le armi.
Ryo, immobile, li fissò uno ad uno.  
Riprese la pistola.
Fissò gli uomini, fissò il suo nemico.
 
Fissò Kaori.
La sirena dell’ ennesima ambulanza , sempre più vicina, arrivò alle loro orecchie. Il momento adatto, per sparare. Occhi negli occhi con Kaori, mormorò ti amo  alla donna mentre Fukuma, con un movimento impercettibile, spinse sempre più il dito sul grilletto.
   
 
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