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Autore: Brume    23/11/2020    8 recensioni
Cinque giorni. Questo il tempo a disposizione di Kaori per ritrovare Ryo e riportarlo a Tokyo, dopo quasi due mesi di lontananza forzata, per poter risolvere un problema davvero più grande di loro. Una storia senza una collocazione temporale precisa, un altro tassello che li porterà ad essere ancora più uniti e a liberare sentimenti nascosti .
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ultimo capitolo, questo.
 Piu'  che altro una raccolta di pensieri, scandita dal tempo, dalle sensazioni. Dall' amore e dal dolore.  
Mi fermo qui, non dico altro...ho già detto troppo .
Grazie per avere reistitito fino a qui, grazie davvero. 
Un abbraccio, Barbara

 
 
 
Un uomo passeggiava silenziosamente  per il pontile della piccola isola.
 
Arrivava a piedi più o meno alla stessa ora , dopo pranzo, e si fermava a guardare il mare;  un uomo schivo, solitario e anche  gentile, così pareva.
 
L’ uomo guardava le onde. Le fissava infrangersi, una ad una, ed a ciascuna dedicava un pensiero o un ricordo di chissà quale mondo lontano.
 
 
Ryo Saeba era tornato sull’ isola da circa sei mesi, ormai, dopo avere chiesto all’ amica di sempre, Saeko, la disponibilità della casa di famiglia a Aogashima; aveva affrontato ancora un viaggio in elicottero – il mezzo più veloce per raggiungerla – e si era stabilito li lasciando a Kaori                       l’ appartamento di Tokyo: glie lo doveva. In fondo quello in perenne crisi era da sempre di lui.
 
Si sentiva colpevole.
 
Colpevole  per averla ferita con quella pallottola partita in una frazione di secondo,  quando oramai Fukuma era già riverso a terra dal colpo precedente che gli aveva spappolato letteralmente la testa ed intorno a loro i proiettili sfioravano la pelle senza sosta.
Colpevole perché  non si era accorto subito di quel colpo.
Colpevole per aver colpito la persona che più amava al mondo.
 
Nella sua mente continuava a ripercorrere quel momento, come in un loop; a nulla valsero le parole di Kaori e quelle del Professore , ovvero che non fosse nulla di grave. A nulla valse la parola di un Mick redivivo che si presentò la sera stessa a casa loro, svelandogli il mistero di quel corpo nell’ acqua, lasciandoli sorpresi e senza fiato.
 
Volarono parole, quella sera;  alcune pesanti, altre piene di dolore.
 
“E tutte le promesse fatte, Ryo? Cosa sono, parole al vento?” gli urlò Kaori appena Mick uscì dalla porta, dopo due ore circa.
 
Ryo non rispose.
 
Prese la sua sacca e partì, chiamando poi Saeko.
Giungendo in quella casa dove si era dichiarato, giungendo su quella spiaggia dove avevano fatto l’ amore per la prima volta, con la mente ed il cuore in subbuglio.
Ora… ora era solo il pallido riflesso dello sweeper e dell’ uomo che tutti conoscevano; un uomo solo, senza uno scopo. Beveva, fumava smodatamente , crogiolandosi come una donnicciola per il suo amore perduto, andando avanti così  finchè una sera qualcuno non pensò bene di andarselo a riprendere e dargli una svegliata.
 
 
 
Ryo rientrò a casa dopo la sua solita passeggiata serale. Attraversando il piccolo borgo mischiandosi ai turisti ed ai villeggianti, camminava con il capo chino pensando come  quel luogo potesse essere  tranquillo e quanto potesse rilassarsi senza tenere in continuazione gli occhi puntati davanti a lui e la mano sulla pistola.
Si fermò solo a prendere un pacchetto di sigarette ed una birra, prima di rientrare; erano le 23, il cielo era pieno di stelle e lui non vedeva l’ ora di rintanarsi nel suo guscio di dolore.  Si accese una sigaretta, dunque, poi riprese a camminare  raggiungendo infine la casa; aprì il piccolo cancello in legno , percorse il vialetto pieno di orchidee e arrivò davanti all’ uscio, dove si tolse le scarpe ed entrò in casa.
 
Subito notò qualcosa di strano.
 Accese la luce.
“Hai intenzione di fermarti qui ancora per molto?” chiese una voce maschile: Mick, seduto a gambe unite sul tatami , con una birra in mano e una espressione alquanto spazzata.
“Dannazione Mick, che cazzo ci fai qui?” rispose Ryo, arrivando davanti a lui e sollevandolo di qualche centimetro per il collo della leggera camicia, rabbioso.
Mick si sganciò dalla presa, senza dire nulla, sistemandosi la camicia appena i piedi toccarono terra.
“Sono venuto a prenderti” disse come se nulla fosse “ …credo che tu abbia giocato abbastanza a fare il bello e dannato, amico mio” rispose serio , fissandolo negli occhi.Ryo non rispose; si voltò,  andando verso la porta ,  aprendola.
“Vattene, Mick” disse cercando di mantenere un tono calmo e pacato “ ti prego, vai via prima che ti prenda a pugni”
Mick sorrise.
“Non sarebbe la prima volta, Ryo” disse  senza scomporsi di un solo millimetro.
 
Ryo sospirò , per calmarsi.
 
“…Mick, ti prego…vai via.”
“Non ci penso nemmeno. Dai Ryo, non vedi come sei ridotto? Perché ti sei lasciato trascinare dai tuoi vecchi schemi? Ma ti vedi? Quando ti alzi la mattina, cosa pensi guardandoti? ” rispose l’ americano, muovendosi in direzione dell’ amico “ …ma non ti rendi conto che avevi la felicità a portata di mano e l’ hai buttata ancora una volta?” gli urlò, chiudendo gli occhi e scuotendo il capo.
 
Ryo si avvicinò ad un palmo dal naso di Mick.
 
“ Fatti gli affari tuoi, Mick. .. sibilò tra i denti, paonazzo.
 
“no, che non me li faccio, Ryo. Credi di essere l unico ad avere avuto una vita di merda? Credi di essere l' unico a soffrire? Le cose si affrontano,  non si fanno promesse al vento…” rispose tenendo fisso lo sguardo su di lui.
 
Ryo gli sferrò un pugno. Ed una altro ancora.
 
“ ..sei solo capace di fare questo “ disse Mick tamponando il sangue che usciva dalla bocca con il dorso della mano, tentando di rialzarsi. “…nel frattempo…sono io a sentire Kaori piangere tutte le sere, sono io che le faccio compagnia , che l’ aiuto nel lavoro, che la porto a fare le visite mediche” rispose cercando di restare calmo “ perché mentre tu sei qui, la vita va avanti, mio caro!!!”
 
Ryo fu preso dall' agitazione. Kaori, Visite mediche. Il respiro gli mancò,
 
“Quali visite mediche, Mick? Kaori sta male?” chiese, pallido, come se gli avessero conficcato una lama nella carne.
 
Mick abbassò lo sguardo.
 
“…a dire la verità sta benissimo, Ryo. E’ in attesa di vostro figlio” rispose abbassando lo sguardo.
 
Ryo rimase impietrito.
 
“Stai scherzando, vero?” chiese con un filo di voce lasciando andare le braccia lungo i fianchi.
“No” fu la risposta secca di Mick; dopo di chè  si avviò fuori, verso la veranda. Si sedette e accese una sigaretta, continuano a tastarsi il labbro gonfio.
 
Ryo rimase in mezzo alla stanza. Chiuse gli occhi.
 
Sei mesi, erano passati da quando se n’era andato.
Sei mesi in cui probabilmente quella che era la sua donna era rimasta sola ad affrontare, oltre che il dolore, anche la sorpresa di una gravidanza non calcolata.
Chissà cosa aveva provato, Kaori, nello scoprire che dentro di lei stava nascendo una vita pensando poi a lui, padre di quella creatura, lontano.
 
Si sentì uno stupido.  
Una miriade di pensieri lo colse.
 Stupido ed insensibile, codardo, fallito furono solo alcune delle parole che riferì a sé stesso.
 
Stronzo sarebbe più adatto, pensò tra sé.
Tirò un pugno fortissimo alla parete in carta di riso, rendendola inservibile ; poi prese a calci tutto  ciò che gli trovò, sfogandosi. Quando finì rialzò la testa, sudata;  vide Mick,  appoggiato con la spalla alla cornice della porta, braccia conserte, serio.
 
“Quando hai finito possiamo partire, se vuoi” disse; prese infine la giacca e uscì di casa, senza nemmeno guardare Ryo.
 
 
 
 
A Tokyo, nel tardo pomeriggio dello stesso giorno in cuì partì Mick, Kaori si recò all’ ennesima visita. Da sola, seguì le indicazione e raggiunse l’ ospedale, arrivando in perfetto orario.
Tanto per cambiare , pensò ancora a lui.
Avrebbe voluto avere Ryo al suo fianco; chissà cosa avrebbe detto, osservando insieme a lei il movimento di quel piccolo esserino nel monitor. Probabilmente avrebbe fatto una battuta cretina ma, al contempo, le avrebbe stretto forte la mano.
 
Aveva cercato di essere forte.
Fin dal momento in cui il test apparì positivo , cercò di farsi forza prendendo la situazione di petto sperando , in ogni istante, di vederlo comparire da un momento all’altro.
Giorno dopo giorno, tuttavia, il ventre si faceva sempre più grosso e di Ryo nemmeno l' ombra, nemmeno una telefonata.
Imparò a rassegnarsi, accettando l aiuto di Mick.
Ma era dura. Molto dura.
 
 
Uscì  dallo studio medico dopo un’ ora,  felice di avere avuto buone notizie e  una probabile risposta alle sue domande, ovvero il sesso del nascituro; era ormai sera… decise di prendersi un taxi.
 Mick non aveva dato sue notizie, quel giorno, quindi pensò fosse impegnato in qualcosa di personale e non osò disturbarlo.
Arrivata a casa, posò la borsa sul tavolo e si fiondò in cucina cercando qualcosa  di semplice da prepararsi. Guardò il frgio sconsolata e decise di ordinarsi qualcosa…nel frattempo, si sarebbe fatta una doccia e poi avrebbe atteso la consegna parlando piano a quella bambina, sorridendo fra sé e cacciando tutto il resto che non fosse necessario dalla sua testa.  Dopo una ventina di minuti finalmente qualcuno bussò;   Kaori si infilo le ciabatte prendendo gli yen necessari a pagare la consegna  e ritirò il tutto, lasciando una lauta mancia al ragazzo.
Tornò sul divano, lasciandosi cadere mollemente.
Un’ altra giornata, finalmente, era finita.
 
 
 
 
“ siamo quasi arrivati, Ryo" disse Mick, guardando l’ orologio che segnava l’ una.  “ ...ascolta…  ti prego di essere il più delicato possibile con lei".
 
Ryo, steso in tutta la lunghezza di quel sedile, lo fissò.
 
“…grazie, Mick.  Ancora una volta “ disse.
La prima frase sensata dopo mesi.
“… ho fatto ciò che dovevo. Non mi ha costretto nessuno, se non la mia coscienza e l' amicizia che mi lega a te e Kaori.
 
Ryo si mise seduto.
 Guardò ancora quell'uomo e allungò la mano verso di lui.
Lo abbracciò forte, perdendo quasi l’ equilibrio.
“…decisamente poco virile, ragazzo mio, ma apprezzo. Trattala  bene…e non fare altre stronzate…perché un colpo in fronte non te lo leva nessuno" aggiunse  con un mezzo sorriso.
 
 
 
 
Erano circa l’ una di notte,  quando Kaori , non riuscendo a dormire, decise di salire in terrazza.
 
Era il nostro rifugio, questo pensò …alla fine di una giornata ci si ritrovava qui, parlando del più e del meno, dei casi che avevamo affrontato pensò aprendo la porta, stanca per tutti gli scalini. Un elicottero passò in lontananza.
 
Ti prego Ryo,  torna. Non sono capace di odiarti, l'unica cosa che il mio cuore è capace di fare è amarti, solo questo sentimento conosco…siamo ancora in tempo per essere felici, se solo lo vuoi.
 
 
 
Ryo arrivò sotto casa intorno alle 2 e mezzo;  Mick lo accompagnò fino al portone.
 
Non si erano detto granchè durante il viaggio; Ryo era rimasto taciturno, preda delle sue emozioni, pensando a come affrontare l’ incontro con Kaori.
 
Si concesse un’ ultima sigaretta.
 
“Hai fatto la cosa giusta, Ryo. Ma dimmi la verità: hai deciso per il bambino, o perché sei sinceramente convinto di ciò che stai facendo?” chiese Mick, prima di allontanarsi.
Ryo aspirò , buttando fuori il fumo dalle narici.
“Se mi consoci bene dovresti saperlo” rispose, accennando ad un sorriso.
Mick sorrise a sua volta.
“Bentornato Ryo. Adesso, però, riprenditi la tua vita e concediti di essere felice” rispose Mick “ …ne vale la pena, di essere felici..”.
Ryo fissò a lungo l’ amico, poi aprì la porta, salendo le scale.
 
 
Kaori rimase per un po'  a guardare il panorama  riempiendosi lo sguardo di luci e colori, aspirando l’ aria della sera; pensò agli impegni del giorno dopo, alle commissioni che avrebbe dovuto fare e poi discese le scale, affrontando quella prima sera davvero da sola, senza nemmeno la voce di Mick a spronarla, senza le sue battute cretine; aprì la porta e ridiscese quelle scale.
Una volta nell’ appartamento, andò diretta in camera da letto, addormentandosi, tanto per cambiare, tra le lacrime. Quando finalmente i suoi occhi si chiusero, l’ orologio segnava le due.
 
 
 
Ryo salì le scale, piano. Non sapeva davvero come avrebbe affrontato Kaori; ogni tanto si fermava, appoggiando la schiena al muro, guardando il soffitto. Aveva paura. Paura di una reazione, di un – più che sacrosanto – rifiuto e si insultò, ancora.
Percorse gli ultimi gradini che lo separavano da Kaori con il cuore in gola, nemmeno avesse dovuto affrontare il più terribile dei nemici; aprì la porta con una copia delle chiavi che aveva conservato e sospirò sentendo che la serratura non era stata cambiata.
 
Entrò.
 
La stanza buia profumava di pulito e di fiori freschi; in un angolo del tavolo era posata la borsa di Kaori ed il suo mazzo di chiavi.
Si addentrò piano nell’ appartamento. Lasciò la giacca sulla spalliera del divano, tolse le scarpe ed andò verso la camera della donna, semiaperta; la vide e gli mancò il fiato, letteralmente.
 Stesa su un fianco, il viso disteso poggiava delicatamente sul cuscino, il corpo appena segnato da una coperta leggera attraverso la quale gli sembrò di vedere una mano appoggiata al ventre.
 
Le sue mani, lungo i fianchi, tremarono.
 Si appoggiò al muro e si lasciò scivolare con la schiena lungo la parete, restando fisso su di lei. Cercò di frenare l’emozione che quella visione gli provocò, senza riuscirci molto ed  i suoi occhi riempirono di così tanto amore e dolcezza che gli parve di vederla uscire, sottoforma di lacrime, come mille pietre preziose. Rimase li per ore, senza svegliarla. Era molto presto, forse le tre , tre ed un quarto.  
 
Con il cuore costantemente in gola, assaporò ogni istante di quella visione, ogni angolo di pelle visibile e non della donna che dormiva beata.
 
 
 
Kaori si svegliò toccata dai raggi del sole, già alto che entrarono dalle tende socchiuse. Aprì gli occhi stiracchiandosi piano... Si sarebbe concessa ancora qualche minuto poi si sarebbe alzata, avrebbe fatto colazione e cercato di affrontare ancora quel giorno.
 
“Sei bellissima, Kaori” .
 
La donna ebbe per un istante l’ impressione di aver ascoltato la voce di Ryo. Vicina.
Davvero molto vicina.
 
Adesso anche le allucinazioni disse a sé stessa, con il cuore che voleva uscire dal petto.
Poi un movimento, leggero.
 
Kaori aprì gli occhi.
Ryo.
Ryo era li, vicino a lei, seduto sul parquet. La guardava, intensamente, con un velo di timore nello sguardo. 
 
“….Ryo..sei tu? Sei..davvero tu?” chiese Kaori,  tremando.
 
Lui la fissò, sorrise, chiudendo gli occhi per trattenere le lacrime.
 
“Perdonami, Kaori. So che le mie parole non valgono  nulla …dopo quello che ti ho fatto….” disse l’ uomo senza togliere gli occhi dalla donna.
 
Kaori non potè credere ai suoi occhi ed alle sue orecchie; non riuscì a parlare, non un alito di voce uscì da quelle labbra. Era bloccata, quasi sotto shock. Felice, confusa.
 
“Ti prego…ti prego …Kaori dimmi qualcosa” disse Ryo, alzandosi ed andando verso di lei. Attimi infiniti e continui sguardi passarono, prima che lei gli desse una risposta.
 
“… io..  ti ho aspettato tanto, Ryo… “ riuscì a dire  “ …io … ma sei tu?Sei relae?  Cosa ci fai qui?” disse, senza dare un senso alle parole, come se fossero tutte sfuggite , volate via come petali di una margherita con il vento.
 
“…amore mio…si…sono io… sono…sono qui “ rispose lui, sedendosi sul letto.
 
Kaori lo fissò.Pensò e ripensò a quei mesi.
Felicità e rabbia continuavano a scontrarsi dentro lei. Guardò Ryo, ma non riuscì a sostenerne lo sguardo.
Paura, tensione.  Confusione, rabbia. Gioia. Pianto.Voglia di toccarlo.
 
“Perché non mi hai detto nulla, Kaori?” chiese lui dopo un attimo di esitazione.
“….perchè…non volevo obbligarti a tornare…” rispose lei “ …non volevo che tu tornassi solo perché…solo per lei” rispose la donna.
 
Ryo sorrise.
 
“…è una bambina?” chiese, allungando la mano per toccare il ventre della sua Kaori che istintivamente, fermò quella mano mortificandolo. Ryo lasciò la mano di Kaori come se scottasse.  
I loro sguardi si incontrarono, ancora, leggendo le loro anime.
 
“….Non buttiamo via tutto. Smettiamola di farci del male… Kaori”.
 
 
 
“Si, è una bambina, Ryo…tua figlia“ disse lei   lasciando cadere finalmente ogni barriera, accogliendo tutto ciò che quel momento seppe regalarle. Tutto ciò che voleva, tutto ciò che aveva sognato, era li. A portata di mano.  Riprese la mano di Ryo e la portò a lei.
Non dimenticò il dolore, ma lo trasformò; la vita era una sola, non l’ avrebbe gettata via. Sorrise, si lasciò andare.
Era ciò che voleva.
 
E’ tutto ciò che voglio.
 
Ryo appoggiò anche l’ altra mano sul ventre, sorridendo. Poi si avvicinò, appoggiando il volto, baciando la pelle oltre la leggera maglietta.
 
Kaori tremò.
 
L’ uomo alzò lo sguardo, la vide piangere; le sue mani si spostarono raggiungendo il viso e, stando attendo, si inginocchiò davanti a lei, su quel materasso.
Toccò quelle labbra, le sfiorò prima con le dita e poi con le labbra, riassaporando la dolcezza, l’ amore, la vita.
 
“Ti amo Kaori. Se me lo concedi, vorrei restare con te…con voi” mormorò piano all’ orecchio della donna.
 
Kaori abbassò il capo, mentre Ryo aspettava una risposta. Mentre i cuori di entrambi battevano forte. Mentre il sole scaldava ancora di più quella stanza, mentre la vita si fermò per un attimo.
 
“…Ryo…io ti accetto nella mia vita. Dimenticando il passato. Ti accetto ancora, e lo farò anche il giorno seguente e quello dopo ancora. Finchè la morte non ci separì.Ti amo, Saeba. ” rispose lei, in un soffio. Alzando gli occhi pieni di lacrime.
 
Ryo si spostò, alzandosi in piedi ed aiutandola a fare lo stesso; poi si inginocchiò davanti agli occhi increduli della sua donna.
 
“… Kaori, mi hai reso un uomo migliore. Ti amo. Voglio dividere la mia vita con te, finchè morte non ci separi. Sposami. Te lo chiedo ancora una volta. Sposami, Kaori, sposami ogni giorno per il resto della nostra vita.”
 
 
Il sole arrivò ad avvolgerli, finalmente.
 
Stretto l’ uno all’ altra, fondendosi fino a diventare una persona sola.
   
 
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