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Autore: Jane P Noire    28/11/2020    1 recensioni
Rowan Monroe ha sempre fatto di tutto per passare inosservata. Non vuole fare nulla che possa attirare l'attenzione sulle persone che l'hanno cresciuta, i Vigilanti, angeli caduti dal Paradiso e costretti a restare sulla Terra per proteggere la razza umana, e soprattutto su se stessa. La sua vera identità deve restare un segreto perché il sangue che le scorre nelle vene la rende una creatura pericolosa e imprevedibile.
Liam Sterling è l'ultimo ragazzo per cui dovrebbe provare attrazione per una serie infinita di ragioni: perché è un umano, perché a scuola è popolare, perché l'ha sempre ignorata, e soprattutto perché suo fratello è appena stato ucciso in maniera misteriosa e orribile da un demone. Ma quando lui la implorare di aiutarla a scoprire la verità e dare giustizia al fratello, Rowan accetta anche se è consapevole che questa scelta potrebbe essere la fine di tutto ciò per cui ha lavorato negli ultimi diciotto anni della sua vita.
Genere: Horror, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La luce del bagno era gialla e gettava ombre scure sul viso di Liam, deformato in un’espressione di orrore mista a preoccupazione.
Mi guardava attraverso lo specchio di fronte a noi, con la pelle più bianca dell’asciugamano che teneva fra le braccia e gli occhi sgranati. In una mano, stringeva così forte la bottiglietta di acqua santa che la plastica si era accartocciata sotto la pressione delle sue dita.
Deglutii a vuoto e chiusi gli occhi, incapace di sopportare ancora a lungo il suo sguardo. «Devo spogliarmi e liberarmi dei vestiti sporchi di sangue, ma non credo che riuscirò a farlo se mi guardi così.»
«Perché, come ti sto guardando?»
«Come se fossi la cosa più brutta che tu avessi mai visto in vita tua.» Alzai le palpebre e fissai i suoi occhi riflessi nello specchio, poi abbassai lo sguardo sul lavandino. «Avrei dovuto chiedere aiuto ad Adeline…»
Ma Adeline era corsa a cercare Hawke nel momento stesso in cui avevo raccontato quello che era successo con i demoni arpia: voleva accettarsi che non si avvicinasse alla villa fino a che non avessi smesso di sanguinare del tutto.
Pensare a Hawke mi provocò una fitta nel centro del petto. O forse era solo il dolore della ferita che, prima di quel momento, non ero riuscita ad avvertire per colpa dell’adrenalina che mi scorreva nel sangue.
Liam abbandonò l’asciugamano sul piano del lavandino e posò la bottiglietta di acqua santa, poi avvolse i miei fianchi con entrambe le mani e mi costrinse a voltarmi con il viso rivolto verso il suo.
«Rowan», inspirò con forza ed espirò il respiro con altrettanta violenza, «sarò estremamente diretto.»
«Va bene.»
«La tua ferita è la cosa più brutta che abbia mai visto. Tu sei tutto l’opposto.»
«Buono a sapersi.» Sollevai di nuovo gli occhi sui suoi, mordicchiandomi il labbro inferiore. «Allora non ti dispiacerà aiutarmi a togliere il vestito? Non credo di riuscirci da sola.»
«Dispiacermi?» Le sue dita affondarono maggiormente nella pelle dei miei fianchi, mentre i nostri bacini si incollavano. Abbassò il mento e la punta del suo naso sfiorò la mia. Mi mancò il fiato. «Sono settimane che non faccio altro che sognare questo momento.»
«Il momento in cui un’arpia mi avrebbe artigliato la schiena?»
«Quello proprio no.» Scosse la testa e delle ciocche castane gli solleticarono la fronte. «Ma ho sognato ogni notte di toglierti i vestiti.»
Piegai le labbra in un sorriso, mentre il mio cuore spiccava il volo. «Non sarà una situazione molto sexy, però, dal momento che sanguino e ogni volta muovo le braccia sento che la ferita mi tira la pelle.»
«Hai ragione.» Abbassò lo sguardo sulle mie labbra per un secondo, poi tornò a guardarmi con i suoi intensi occhi color caramello. «Curiamo la ferita e poi pensiamo a tutto il resto.»
«Mi sembra un’ottima idea.» Mi appoggiai al bordo del lavandino e mi morsi ancora una volta il labbro. «Solo… non farmi male.»
«Lo prometto.»
Il suo pomo d’Adamo danzò sulla gola seguendo il movimento della saliva quando deglutì in maniera rumorosa e lenta. Poi strinse le dita attorno i lembi dell’abito all’altezza delle mie spalle lasciate scoperte e, attento a non farmi male, lo abbassò fino a che non scivolò oltre il mio reggiseno e si arrotolò sui miei fianchi.
Mi maledissi per non aver scelto di indossare biancheria intima più accattivante, magari qualche pizzo o trasparenza, invece di quello in cotone nero che avevo comprato al supermercato qualcosa come un secolo prima.
Trattenni il respiro, in attesa di leggere disgusto o delusione nei suoi occhi.
In fondo, in me non c’erano curve piene e generose in cui affondare le dita; sebbene i miei muscoli fossero forti e affilati, ero sempre stata magra e con le ossa che premevano contro la pelle bianca e segnata da cicatrici argentate e rosa che mi ero procurata nel duro allenamento con lame affilate e nei miei primi tentativi di saltare da grandissime altezze.
Non ero di certo un bel vedere.
Eppure gli occhi di Liam si scurirono di un desiderio forte e violento che si infranse sulle mie membra come un’onda. Le sue iridi quasi del tutto inglobate dal nero delle pupille percorsero ogni centimetro di pelle lasciata nuda ed esposta e la lambirono con una passione e un desiderio tali che mi fecero rabbrividire.
«Dio», gemette lui, passandosi la lingua sulla bocca.
Il mio sangue prese fuoco e un formicolio piacevole nel basso ventre mi fece arricciare le dita dei piedi. Mi ritrovai a sospirare, come se mi stesse toccando con le mani invece che limitarsi ad accarezzarmi con lo sguardo.
«Sei davvero stupenda…» sussurrò, alzando gli occhi nei miei.
Mi sentii in fiamme e credevo che mi sarei sciolta sotto di lui come gelato nel microonde.
Mi accarezzò le costole sporgenti con la punta dei polpastrelli e ogni mia terminazione nervosa si elettrizzò. Quando le sue unghie mi solleticarono una cicatrice appena sotto il ferretto del reggiseno fui costretta a mordermi il labbro per non urlare di piacere.
Chiusi gli occhi. «La ferita?»
«Giusto.» Liam indietreggiò appena e, facendomi nuovamente voltare verso lo specchio, spostò le dita sulla parte bassa della mia schiena, provocandomi un forte brivido che mi serpeggiò lungo l’intera colonna vertebrale.
Si schiarì la gola una e poi una seconda volta. Non disse niente.
«È tanto male?» mi agitai. Cercai di sbirciare oltre la mia spalla destra, ma non riuscivo a vedere il punto esatto in cui l’artiglio mi aveva lacerato la pelle.
Liam inspirò. «Lo ribadisco: è la cosa più brutta che abbia mai visto. Sembra profonda. Deve fare un male assurdo.» Mi lanciò un’occhiata sbieca e rapida, poi aggiunse subito: «E non provare a mentirmi dicendo che stai bene. Sarai forte quanto ti pare, ma lo vedo quanto deve far male…»
«Brucia un pochino», ammisi con un sorriso appena accennato.
«Che devo fare?»
«Devi controllare che sia pulita: il veleno demoniaco mi impedisce di guarire.»
«Non…» Strinse la mascella. «Non vedo un accidente. C’è un sacco di sangue.» Bagnò l’asciugamano che aveva lasciato sul piano del lavandino e mi pulì il taglio con movimenti lenti e delicati.
Se non fosse stato per il dolore che sentivo ogni volta che le fibre dell’asciugamano sfregavano contro la pelle, sarei impazzita per il desiderio e il piacere che mi provocava la sensazione della sua pelle sulla mia.
Lui si accorse, come sempre, della mia tensione e mi guardò in viso attraverso lo specchio. «Parlami, così non penserai al dolore mentre sistemo questo schifo.»
Serrai le mani attorno al bordo del lavandino e strinsi così forte la mascella da sentire i denti scricchiolare sotto tanta pressione. «Di cosa vorresti che parlassi?»
Lui ci pensò per qualche istante. «Parlami dei fantasmi. Non mi hai mai detto come mai riesci a vederli.»
«Be’…» Feci un vago cenno del mento. «In quanto metà umana e metà angelo, la mia intera esistenza è una specie di ponte tra il mondo dei mortali e quello degli spiriti. Sono come una porta aperta tra le due realtà.»
Ignorai con tutte le mie forze il bruciore che mi attraversò la carne che era entrata in contatto con l’artiglio del demone quando lui la bagnò con l’acqua santa. Digrignai i denti per impedirmi di urlare.
«Continua a parlare con me, bellissima», mi disse, accarezzandomi un fianco con dolcezza. La sua voce profonda mi fece attorcigliare le pareti dello stomaco. «Parlami.»
«Non so che dire… Non riesco a concentrarmi…»
«Quel giorno che eravamo in quella tavola calda a Downtown, hai detto che il vecchio proprietario torna spesso lì per osservare la nipote», mi ricordò lui, senza distogliere l’attenzione dalla mia schiena. «Immagino che significhi che gli spiriti possono tornare in questo mondo anche dopo aver oltrepassato il Velo.»
Il bruciore alla ferita non si era attenuato, ma mi sforzai di parlare con voce calma e controllata. «Possono farlo, sì. Ma non è una cosa semplice. Come per tutto il resto, ci sono delle regole molto severe.»
Inspirai a pieni polmoni quando avvertii una pressione dolorosa nel punto della scapola dove l’artiglio era affondato nella mia carne. Non riuscivo a capire cosa stava facendo Liam, ma vedevo dal riflesso del suo viso nello specchio che era completamente concentrato: la linea della sua mascella era dura e testa e le sue mani si muovevano sulla mia pelle in modo che oscillavano dall’insopportabile all’eccitante.
«Liam, che stai…»
«Ci sono quasi. Tu continua a parlare con me.»
«Okay.» Presi un respiro profondo. «Quindi… dicevo che non è così facile tornare qui. Ogni passaggio è strettamente controllato dal Triste Mietitore e quello è uno tosto da convincere.»
«Il Triste Mietitore? Chi sarebbe?» domandò. Continuava a tenere gli occhi fissi sulla mia schiena.
«Ha avuto un sacco di nomi e rappresentazioni nei secoli. Alcuni li conosci, grazie ai racconti della mitologia greca e romana e anche al poema di Dante. C’è chi se lo immagina come un anziano signore che traghetta le anime oltre il Velo, altri come uno scheletro vestito di nero con in mano una falce. Alcuni pensano che sia un dio, altri credono che sia un angelo.»
«E qual è la vertà?»
«E chi lo sa…»
Un dolore pungente mi sconquassò le membra e mi morsi il labbro fino a tagliarlo per non urlare. Il sangue mi invase le papille gustative nel momento in cui il bruciore cessò di colpo.
«Porca merda», gemetti.
«Scusa», mormorò lui con tono dolce. Tolse le mani dalla mia schiena e notai che erano completamente sporche del mio sangue. «Avevi un pezzo di artiglio nella ferita. Ecco perché non stavi guarendo.»
Sgranai gli occhi. «Porca merda», ripetei.
«Già», rise. «Ma ora l’ho tolto.»
«Grazie», mormorai, incontrando i suoi occhi nello specchio.
«Non c’è di che.»
Ancora una volta, cercai di sbirciare la ferita oltre la spalla e ancora una volta non riuscii a vedere niente di più di alcuni lembi di pelle macchiati di rosso sangue. «Immagino che avrò un’altra cicatrice… Guarisco in fretta, è vero, ma il mio corpo è sempre un corpo umano.»
Prendendomi completamente di sorpresa, Liam abbassò la testa per depositare un dolce e lieve bacio sulla mia spalla nuda. Le sue labbra erano calde e morbide e io persi completamente la testa quando toccarono la mia pelle. Chiusi gli occhi, abbandonando la testa sulla sua spalla.
«Perché lo hai fatto?» domandai.
«Perché lo volevo.» La sua bocca era umida e mentre parlava mi solleticava la pelle delicata dell’incavo del collo. «Perché voglio te
Schiuse le labbra e la sua lingua bollente mi accarezzò la carne della spalla e del collo. Ancora una volta, non riuscii a controllarmi e diedi voce ad un lungo mugolio estasiato.
Lui sorrise e sentii la sua bocca che si muoveva sulla mia pelle. «Dio, non fare questi suoni così eccitanti, o non usciremo tanto presto da questo bagno.»
Schiusi le palpebre e incontrai i suoi occhi, scuri di desiderio. «Allora smetti di… fare quello che stai facendo.»
«Non riesco a resistere.»
Abbassai lo sguardo sulle sue mani macchiate di rosso. «Sei sporco del mio sangue fino ai gomiti eppure non sai resistere? Non sei disgustato?»
«Disgustato? Quella è proprio l’ultima delle emozioni che potrei mai provare in tua presenza, Rowan.» Fece strusciare la punta del naso nell’incavo del mio collo. «Hai un odore pazzesco, lo sai, vero?»
«Il mio sangue…» Un altro gemito mi sfuggì dalla bocca quando mi baciò un punto delicato dietro l’orecchio e lui rise, «ha lo stesso odore del Paradiso. È l’odore di ciò che più amiamo al mondo.»
Liam spostò le labbra sulla mia mandibola e con la punta delle dita mi accarezzò lo stomaco nudo. La mia schiena adesso era incollata al suo petto, e la stoffa del suo maglione mi solleticava la pelle.
«Interessante.»
«Perché è interessante? Che cosa senti?»
Mi fece voltare verso di lui e mi intrappolò, poggiando i palmi ancora sporchi di sangue sul lavandino ai lati dei miei fianchi. «Non te lo voglio dire.»
«Oh, ma dai.» Gettai la testa all’indietro, quando Liam tuffò il viso sulla mia gola per depositare una lunga e bollente scia di baci umidi che andavano dall’orecchio alla clavicola. Non riuscii ad impedirmelo e avvolsi le dita attorno ai riccioli castani dei suoi capelli, attirandolo sempre di più verso di me. «Sono mezza nuda di fronte a te. Non sono mai stata così esposta di fronte a qualcuno. Il minimo che potresti fare è dirmi questa cosa su di te.»
Liam strinse nuovamente le mani attorno alla mia vita e, incollando i nostri bacini e spingendomi sempre di più contro il piano del lavandino, adagiò la fronte alla mia. A quel punto, ignorare il rigonfiamento nei suoi pantaloni che premeva contro la mia coscia fu impossibile.
«Oppure», disse, «potrei togliermi anche io la maglietta. Così saremo pari.»
Abbassai lo sguardo sulla stoffa del suo maglione che sfiorava il mio busto nudo. Mi morsi il labbro, mentre il desiderio mi travolgeva come un’onda. Volevo vederlo, e soprattutto volevo toccarlo.
Alzai gli occhi nei suoi. «Potresti.»
Non se lo fece ripetere. Portò una mano sulla nuca e si sfilò il maglione e la maglietta dalla testa con un unico movimento fluido delle braccia. E in quel momento non mi importava più niente di scoprire quale fosse il profumo che sentiva in questo momento. Non mi importava del mio sangue che aveva impregnato l’aria di quella minuscola stanza. Non mi importava niente di demoni e angeli. Tutto ciò che contava era il ragazzo a petto nudo che avevo di fronte agli occhi.
I suoi muscoli erano perfetti sotto lo strato di pelle liscia che li fasciava. Erano sodi e duri sotto le mie dita che li percorrevano con avida ed eccitata curiosità. Erano acciaio rivestiti di seta e…
Dio. Era possibile desiderare così tanto una persona?
«Rowan», mi chiamò.
Fu difficile staccare gli occhi da tutta quella meraviglia, ma lo feci. Liam mi guardava con il desiderio che gli infuocava le iridi e con le labbra umide a pochi centimetri dalle mie.
«Sì?»
«Non voglio fare il presuntuoso, okay? Ma se mi guardi così, io devo baciarti.» Sfiorò il mio naso con la punta del suo e sentii la bocca pizzicarmi dalla voglia che avevo di assaporare la sua. «Devo. Lo capisci?»
«Sì.»
E mi baciò.
All’inizio fu dolcissimo e delicato, come una carezza le sue labbra sfioravano appena le mie. La morbidezza della sua bocca carnose che prendeva confidenza con la mia. Una lunga serie di piccoli baci e delicati morsi.
Con un gemito, schiusi le labbra e lasciai che la mia lingua incontrasse la sue. Calda e bagnata. Si intrecciarono in un secondo, dando inizio ad una danza eccitante che seguiva il ritmo dei nostri respiri affannati e dei sospiri di piacere.
Immerse le mani nella pelle dei miei fianchi e incollò ogni centimetro quadrato del suo petto al mio. La sensazione della sua pelle liscia e dura contro la mia ruvida mi fece rabbrividire con così tanta forza che mi cedettero le ginocchia.
Le sue braccia si strinsero con maggiore forza attorno alla mia vita e mi sollevò da terra per depositarmi sul piano del lavandino. Spalancai le gambe e avvinghiai le cosce all’altezza delle sue anche.
La sua lingua continua a rincorrere la mia, le sue labbra restavano incollate alle mie.
Le sue mani mi accarezzavano la schiena, attente al punto in cui la ferita aveva cominciato a rimarginarsi, e poi si immersero nei miei capelli, stringendo nel pugno una ciocca sulla nuca. Alcune dita scivolarono sotto la spallina del reggiseno, poi oltre la coppa per potermi accarezzare un lato del seno.
Gettai la testa all’indietro, mentre sentivo i capezzoli premere contro la stoffa della mia biancheria e desiderare ardentemente di essere toccati da quelle mani così meravigliose.
Le mie esploravano la carne setosa delle sue braccia forti, delle sue spalle ampie, delle curve dure dei suoi addominali. Quando il suo bacino si scontrò con il mio, affondai le unghie nella sua schiena e mugolai un gemito estasiato.
Il suo odore di menta mi avvolgeva e mi inebriava.
Il suo calore mi infuocava la pelle.
Non avevo mai provato sensazioni di questo genere.
Lui si allontanò di qualche millimetro per riprendere fiato. «Cazzo, dobbiamo rallentare.»
Mi aggrappai alla cintura dei suoi jeans, attirandolo di nuovo verso di me. «Perché?»
«Non dire così, maledizione.» Nascose il viso nell’incavo del mio collo e mi baciò la gola. «Dio, sto per prenderti su questo maledetto lavandino. Ma meriti di più.»
Mi inumidì le labbra. Avevano ancora il suo sapore. «C’è di più?»
Sembravo una bambina, ma non potevo farci niente se non avevo nessuna esperienza. Prima di quella sera, non avevo nemmeno mai baciato un ragazzo.
Lui fece un sorriso dolce, mentre mi accarezzava con le nocche la guancia sicuramente più rossa di un pomodoro. «C’è molto di più.» I suoi occhi erano così scuri di desiderio che mi sentii fremere ogni cellula. «E voglio dartelo. Voglio esplorare ogni centimetro del tuo corpo favoloso, voglio toccarti fino a farti gridare e voglio assaggiare il tuo sapore per scoprire se è buono come l’odore che sento in questo momento. Voglio vederti godere per ore e ore.»
Ero sul punto di esplodere e le sue parole mi stavano facendo impazzire, mentre lo immaginavo fare tutto quello che diceva di volermi fare.
«Oddio.»  
Lui rise con la bocca ancora sulla mia gola. «Ma adesso non abbiamo tempo. E io voglio tempo, Rowan. Ho bisogno di tempo per fare tutte le cose che desidero farti da quel maledetto giorno nel parcheggio.»
 
   
 
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