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Autore: Ufun    28/11/2020    0 recensioni
[Sky: Children of the Light]
Inizialmente c’era un unico Regno, e la Luce regnava sovrana. Tutto era in armonia con tutto: piante, animali, terra, acqua, aria, fuoco. Poi subentrarono le tenebre. La luce si divise in tanti piccoli pezzi, cadde. Si nascose nei sette Regni. Trovala, figlia della Luce. Raccoglila e riportala quassù, dove mi appartiene.
(...)
Due occhi azzurri correvano lungo tutta la mia figura. Dai capelli bianchi, lunghi e mossi, alle labbra a cuore carnose e leggermente rosate, alle spalle, al seno pieno, alla vita asciutta, fino alle gambe affusolate. Tastavo la mia pelle, il mio viso, e appena premevo un po’ più del solito mi… illuminavo leggermente. Era tutto così nuovo per me, tutto così… eccitante.
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO


 
La prima cosa che ricordai fu una leggera brezza tra i capelli, sulle gambe, sul viso. Dove mi trovavo?
Un forte tepore proveniente dalla pietra su cui ero rannicchiata mi scaldava il cuore, mi faceva sentire… viva.
Aprii piano gli occhi abituandoli alla luce da cui ero circondata e mi guardai attorno. Sembrava tutto così familiare, eppure mi sentivo contemporaneamente estranea. Attestai di trovarmi in una sorta di oasi verde, la pietra su cui mi ero svegliata era rotonda e piatta, e uno strano disegno su di essa pulsava e rappresentava un… cosa? Non riuscivo a capire, era molto stilizzato. Alla mia sinistra trovai delle nicchie, anch’esse leggermente luminose, mentre davanti a me sei portali e alla mia destra ce n’era un settimo, ma diverso dagli altri, quasi mi incuteva timore data la sua altezza e impotenza.
Mi avvicinai a un laghetto poco distante da dove mi trovavo e rimasi sorpresa dalla limpidezza dell’acqua, tanto limpida che riuscivo a vedere il mio riflesso. Passai le dita tra i miei capelli lunghi e candidi come la neve, provando a ricordarmi perché ero lì e come ci ero finita. Era tutto così… paradisiaco.
Ero consapevole di avere un compito, ma quale? Era importante?
-Ah, ecco un’altra piccola tarma- disse una voce maschile alle mie spalle.
Mi voltai, ritrovandomi davanti a un ragazzo poco più alto di me. Pelle chiarissima quasi quanto i capelli, lunghissimi e raccolti in una treccia chilometrica. Due occhi neri come la pece mi scrutavano e un mezzo sorriso che spuntava da due labbra sottili ma molto ben definite mostrava il divertimento nel guardarmi.
-Tarma a chi, scusa?!- sbottai. Tarma a me? Da quel poco che ero riuscita a vedere di me stessa, tutto sembravo tranne che una tarma!
-Izat… hai trovato il tuo nuovo giocattolino?- chiese una terza voce. Un altro ragazzo sbucò alle spalle di… Izat, mettendogli un braccio intorno alle spalle e dandogli un buffetto sul petto. I suoi capelli invece erano leggermente lunghi, quasi a caschetto con una ciocca raccolta da un paio di anellini su un lato del viso, la sua pelle abbronzata lasciava intendere che era abituato ad un clima caldo e soleggiato e faceva apparire ancora più bianchi i suoi denti allineati perfettamente. Aveva due occhi viola che avrebbero attirato l’attenzione di chiunque sia per il colore, sia per l’allegria che facevano trasparire.
-Oh Dio, Vowet, dai! Fammi divertire un po’…- sospirò Izat gonfiando e sgonfiando teatralmente il petto.
Notai che c’erano altri ragazzi intorno a noi, mi osservavano curiosi, non ne conoscevo nessuno però. Più che altro, c'erano sempre stati, ma solo in quel momento mi resi conto del via vai di gente.
Quello stato di confusione iniziava a pesarmi.
-Ragazzi, ragazzi… qualcuno può spiegarmi per favore cosa ci faccio qui?- mormorai continuando a guardarmi attorno. Una cosa avevo capito: a differenza di tutti gli altri, io non avevo un mantello. Ce n’erano di tutti i tipi e colori: quello di Izat era rosso fuoco, mentre Vowet ne aveva uno talmente bianco che guardarlo a lungo faceva male agli occhi. Entrambi indossavano pantaloni neri fermati in vita da una cintura larga e avvolgente, da cui spuntava una maglietta bianca, la stessa che avevo anch’io e che avevano tutti gli altri. Sulle spalle portavano rispettivamente una piccola arpa e un tamburo.
-Ah guarda, dovresti prendere una luce per capire- disse Izat roteando gli occhi. Una luce? Quale luce?
-Izat!- cantilenò Vowet –non essere scortese con i nuovi arrivati! Senti…- disse riferendosi questa volta a me –se vuoi ti spiego io un po’ di cose, è normale essere confusi all’inizio, lo siamo stati tutti la nostra prima volta qui-
-Per favore, sì! Non sto capendo molto, mi sento strana, e non capisco delle cose… perché abbiamo tutti i capelli bianchi?-
-Ma perché siamo fatti di luce, per Dio! Non la senti?- sbuffò Izat prendendo la mia mano e portandola sul mio petto. Imbarazzata da quel gesto improvviso, sentii le guance colorarsi e… un tepore provenire dal cuore.
-Sono fatta di luce? Scusa ma… in che senso?- dissi corrugando le sopracciglia. Più quel ragazzo albino mi diceva, meno capivo.
-Vieni con noi all’Isola dell’Alba, ti accompagnamo. È da lì che capisci tutto- disse Vowet facendomi segno di seguirli. Ci avviammo verso il primo dei sette portali che avevo visto appena mi ero svegliata. Appena ci avvicinammo, questo si illuminò e più passi avanti facevo, più quella luce mi accecava. Chiusi temporaneamente gli occhi per il bagliore e quando li riaprii mi ritrovai in una distesa di sabbia infinita, con qualche roccia qua e là.
Vowet e Izat erano davanti a me e parlocchiavano mentre io mi sentivo sempre più parte di quel mondo che inizialmente mi sembrava talmente sconosciuto ed estraneo. Era come se fossi a casa. Camminando dietro i due ragazzi, notai i loro passi fermi e decisi, le spalle robuste ricoperte da quei mantelli a dir poco stupendi e le loro acconciature. Sembravano… angeli. Più che la luce, riuscivo a percepire la loro aura, ed era forse anche quella che mi faceva sentire al sicuro. Si fermarono di colpo e io, assorta nei miei pensieri, mi scontrai sulla schiena di Izat, che gemette di dolore. Un frammento di luce si staccò dal mantello e finì sulla sabbia. Izat si accasciò sulla sabbia tossendo e Vowet si abbassò immediatamente soccorrendolo.
-Iz, per l’amor del cielo, stai bene? Tutto ok?- gli chiese sollevandogli piano il collo.
-Oh Dio! Ti ho fatto male?! Mi dispiace! Non so come…- sbiascicai allarmata tendendo le mani verso di lui.
-Se magari stessi più attenta a dove metti i piedi, te ne sarei davvero grato.- Izat mi rivolse lo sguardo più cupo che potessi ricevere. Lo guardai mortificata e poi guardai quel frammento di luce, che ancora giaceva tra noi 3 tra i granelli di sabbia. Avvicinai piano la mano, quasi lo sentivo chiamarmi, attirarmi, e guardandolo più intensamente capii tutto.
Inizialmente c’era un unico regno, la luce regnava sovrana. Tutto era in armonia con tutto, piante, animali, terra, acqua, aria, fuoco. Poi subentrarono le tenebre. Iniziai ad ansimare. Mi mancava l’aria. Una serie di immagini si susseguirono nella mia testa. La luce si divise in tanti piccoli pezzi, cadde. Si nascose nei sette RegniTrovala, figlia della luce. Raccoglila e riportala quassù, dove mi appartiene.
Cercai di fare respiri più calmi e profondi.
Inspira.
Espira.
-Ragazzi però io sono uno solo, non posso sdoppiarmi e soccorrere entrambi!- esclamò Vowet impanicato.
-Io sto meglio, tranquillo, è stato solo improvviso, non ero pronto al distacco- lo calmò Izat alzandosi e stendendosi il mantello.
-Ti chiedo scusa se ti ho ferito, non era mia intenzione…- mi scusai portando i palmi sul viso e cercando ancora di calmarmi per quello che avevo sentito e visto fino a due secondi fa.
-Tranquilla, non potevi saperlo, dopotutto sei ancora una piccola tarma- mi rispose facendomi l’occhiolino e sorridendomi. Vowet mi guardò sorridendo anche lui.
-Ascolta, potresti non chiamarmi tarma? Mi fa un po’ schifo sinceramente, poi non ho ancora capito perché lo fai…- e così dicendo mi chinai per prendere quel frammento di luce e ridarglielo. Vowet fece una risatina nervosa e Izat impallidì.
-Non prenderlo!- intimò Vowet.
-Ma tranquilli, non ci perdo nient…- iniziai, ma appena le mie dita sfiorarono quel pezzo di luce abbagliante, questo venne inglobato dalla mia mano e sentii caldo. Lo sentivo nel petto. Eravamo un tutt’uno. Quel calore che mi aveva fatto sentire viva fino a poco fa quando ero ancora rannicchiata. Quel calore che era lo stesso provenire dalla pietra su cui mi ero svegliata. Mi sollevò da terra di pochi centimetri e quella luce si riversò sulle mie spalle, formando una leggera patina luminosa e di un colore freddo e abbagliante. Mi voltai cercando di guardare la mia schiena e avere una visuale completa di ciò che mi era appena apparso sulla schiena, ottenendo però risatine di entrambi i ragazzi perché mi ritrovai a girare su me stessa come un cagnolino che rincorre la sua coda.
-E niente, ormai è fatta…- disse poi lagnandosi Izat nascondendo il viso tra le mani.
-Eh già, amico-
-Dov’è finito?! È dentro di me?!- chiesi allarmata girando su me stessa e osservando il mio mantello.
-Perché il mio è celeste? E perché i vostri sono più luminosi?- continuai.
-Sei una tarma- esordì Vowet –all’inizio tutti ce l’hanno così… spento, poi trovando frammenti di luce diventa più potente e magari smetteremo di chiamarti così quando ti vedremo volare in alto. Speravo solo che il tuo primo frammento di luce non fosse quello di Izat…- concluse ridacchiando.
-Già, quello che adesso hai era il mio frammento, non dovevi prenderlo! Ci ho messo un’infinità a trovarlo- si lamentò l’altro.
-Non era mia intenzione, ti giuro! Te lo restituisco!- risposi rivolgendogli uno sguardo di scuse.
-No, non farlo, mi piace più pensare che da ora in poi mi devi un favore- ribattè lui facendomi l’occhiolino.
-Ahia ahia, parti male, ragazzina… sei stata mandata da poco e già ti trovi in debito con uno di noi!- scoppiò a ridere Vowet.
-Come vuoi! Vedrò di saldare il debito il prima possibile- dissi incrociando le braccia.
-Tempo al tempo, Ekoful- Izat aveva appena detto il mio… nome.
-Come fai a sapere…-
-Lo sappiamo tutti, avvicinandomi a te l’ho letto nella tua aura-
E aveva ragione. All’inizio non ci avevo fatto caso perché troppo presa dalle novità che mi trovavo intorno, ma era successo anche a me con i loro nomi: li conoscevo, ma non nitidamente come loro conoscevano il mio, quando si sono chiamati per nome è stato come vedere affiorare un ricordo. Era come se ci conoscessimo già tutti. Dopotutto, come Izat stesso mi aveva detto all’inizio, eravamo tutti fatti di luce.
-Beh io direi che è anche abbastanza tardi qui, l’abbiamo tirata troppo per le lunghe e Iz, ti ricordo che oggi è stata una giornata pesante per entrambi- esordì Vowet. Izat rispose annuendo e rabbuiandosi. Chissà cosa era successo, mi chiesi.
-E’ scontato dirti che da domani ti istruiremo un po’, ormai ti abbiamo preso sotto la nostra ala- continuò sorridendomi. Abbassai il capo in segno di riconoscimento.
Ci avviammo verso quello che loro chiamarono “il dormitorio”. Lungo il tragitto mi parlarono un altro po’ del nostro compito tra quei Regni, del nostro dovere verso chi c’era lassù. Glielo dovevamo, continuava a specificare Vowet, glielo dovevamo perché è stata lei a crearci. Da quel che compresi c’erano effettivamente quei sette Regni, uno più pericoloso dell’altro, e quotidianamente tutti andavano in cerca di questi frammenti di luce, che poi restituivano a lei. Glielo dovevamo, perché era stata lei a darci la possibilità di volare grazie al mantello. Come mi aveva già accennato Vowet, più frammenti raccoglievamo, più forti diventavamo e più in alto e più a lungo riuscivamo a volare. In alcuni Regni, aggiunse a un certo punto Izat, era fondamentale avere una carica ben maggiore rispetto ad altri. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa abbastanza cupo, ma non capii il motivo e per il momento non volevo esagerare con le domande.
Entrammo nel dormitorio e mi aiutarono a trovare la mia camera. Una volta sola, iniziai a curiosare ovunque. Nell’armadio trovai sette magliette tutte uguali, dei pantaloni simili a quelli che già indossavo, qualche gonna corta e svasata e dei pantaloncini. Tutto era in bianco. L’idea di indossare una divisa non mi entusiasmava, ma supposi che era solo l’inizio ad essere così, perché tutti gli altri ragazzi che avevo visto quel giorno erano vestiti in maniera differente, tranne per la maglia che invece era uguale per tutti. Ma Vowet mi aveva promesso che nei giorni seguenti mi avrebbe “istruito”, quindi i miei dubbi avrebbero ricevuto a breve delle risposte. Andai in bagno per rinfrescarmi il volto e mi ritrovai a fissarmi non appena davanti ebbi uno specchio.
Due occhi azzurri correvano lungo tutta la mia figura. Dai capelli bianchi, lunghi e mossi, alle labbra a cuore carnose e leggermente rosate, alle spalle, al seno pieno, alla vita asciutta, fino alle gambe affusolate. Tastavo la mia pelle, il mio viso, e appena premevo un po’ più del solito mi… illuminavo leggermente. Era tutto così nuovo per me, tutto così… eccitante. Volevo iniziare quell'avventura, volevo conoscere tutti gli altri ragazzi del dormitorio.
Ero pronta a vivere quella vita che mi era stata data. Ero pronta a fare nuove amicizie, a scoprire quei Regni e a volare.
Non appena mi stesi a letto, la sottile patina che era il mio mantello si affievolì ancora di più, scomparendo quasi del tutto e permettendomi di rigirarmi senza ostruirmi i movimenti.
È fatto di luce, pensai tra me e me.
La mia prima luce.






Angolo Autrice
Ciao ragazzi! Innanzitutto vi ringrazio per essere arrivati fin qua: avete superato il prologo di questa storia, quindi credo (spero) l'abbiate trovata interessante almeno tanto quanto l'ho trovata io scrivendola. Questa storia mi piace pensarla come un esperimento. E' tratta da un mobile-game che mi ha rapito il cuore: Sky:Children of the Light. Ho pensato che sarebbe stato carino scriverci una storia dando vita al mio personaggio.
Che dire, spero vi sia piaciuta fin qui, e spero continuerete a seguirla! Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate anche voi, man mano!
Un bacio e al prossimo capitolo <3
Cate

 
  
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