Il Giardino delle Parole
Capitolo 5
Prendiamo
Il
sentiero paludoso
Per
arrivare alle nuvole.
- Kobayashi Issa -
Vegeta non aveva mai abbassato la testa. E non l’abbassò
neanche quando, dopo l’ultima rampa di scale, gli sguardi degli studenti lo
scortarono davanti all’ufficio del rettore Enma.
Erano cambiati gli epiteti con i quali, da una
settimana, veniva sussurrato il suo nome. Adesso, al suo, si aggiungeva quello
di Bulma.
Quella storia lo aveva reso più ordinario, meno degno
di rispetto. Più incline agli impulsi del mondo.
Afferrò la maniglia fredda.
Oltre quel punto sarebbe diventato ufficiale. E forse,
dopo la chiacchierata urgente con Enma, sarebbe stato licenziato. Non sarebbe
stato più nessuno, ma un uomo qualunque.
Strizzò lo sguardo. Le lettere sul vetro gli si
riflettevano in fronte. Entrò. «Avevate chiesto di vedermi?»
Da bambina le piaceva guardare il cielo di notte e si
chiedeva come l’universo potesse essere così buio, nonostante fosse pieno di
stelle. Ai suoi occhi, Vegeta
rappresentava l’intero universo.
Così il cuore le cadde nel vuoto, quando il giorno
dell’esame la porta dell’aula si aprì e apparve Ginew al suo posto. Le sue
occhiate non la lusingarono.
Le consegnò il compito, si leccò il sorriso e disse: «Tch, ha qualche
domanda?»
Crilin e Bulma si scambiarono uno sguardo.
Poi lei gli tirò un pugno in testa. «Cretino! Non
capisci proprio niente.» Erano in corridoio adesso, ma senza la leggerezza
tipica del dopo esame, «Non avresti dovuto chiedere gli appunti a Vegeta.»
«Ma se sei stata tu la prima a chiederglieli!»
«Non è la stessa cosa!» Strinse in aria un altro pugno,
ma lo scrosciare della pioggia le levigò l’umore. Allora si appoggiò al
davanzale della finestra, e pensò a Vegeta. «Si era offerto.» E forse lo
avevano licenziato per averla aiutata a passare l’esame.
Dall’azumaya si godeva davvero la vista migliore del parco Shinjuku. La corolla di alberi
all’orizzonte copriva la città circostante e sarebbe sembrato di essere in
campagna, se l’altissimo, ominoso, palazzo della F.C. non avesse disturbato
quell’impressione bucolica. Neanche le nuvole più dense riuscivano a cancellare
il suo pennacchio luminoso. Dava previsioni sul tempo e ordinava a tutti di
prendere o lasciare l’ombrello.
Vegeta si alzò in piedi. Sulla panca di legno rimase
l’impronta dei suoi pantaloni bagnati.
«Hai capito che ho detto, Vegeta?» Chiese Bulma. Le
guance rosse per lo sforzo, affatto gradito, di aggrapparsi alla ragione, di
essersi precipitata lì nonostante il suo divieto. Impellente il dovere di
fornirgli, per l’ennesima volta, l’unica accettabile versione dei fatti. La
propria. Non voleva finire nei pasticci. «È stato Goku a chiedermi davanti a tutti
se anche a me servissero i tuoi appunti, non sapeva se tu mi avessi dato i tuoi
libri.»
Tch! Il palazzo della F.C. spiccava come
uno spettro.
Bulma batté un piede per terra. «Ma mi stai
ascoltando?»
Vegeta si avvicinò alla ringhiera di ferro. «Sono
stufo di sentire queste stupidaggini. Ho cose più importanti a cui badare.»
L’enorme orologio della facciata ordinava di sbrigarsi.
Bulma avvampò. «Stupidaggini?»
Si voltò verso di lei. «Ti ho dato i libri, hai fatto
l’esame, si può sapere perché diamine
mi stai ancora tra i piedi?» Si chiese perché dovesse essere lei.
«Perché?!» Bulma trattenne il respiro. Alle sue spalle
la pioggia rastrellava il selciato. Espirò. «Come sarebbe perché?» E lo guardò
negli occhi neri. Le labbra.
Il viso di Bulma era un fuoco pallido.
Vegeta restituì attenzione al palazzo.
«Se non ti hanno licenziato, mi spieghi perché oggi
c’era Ginew a lezione?»
«Se sei intelligente, dovresti saperlo.» Un’idea del
rettore, Per calmare le acque, ragazzo!
Se avesse dimostrato di non averne idea, sarebbe parsa
una stupida. Cambiò discorso. «Beh, mi auguro che il compito lo correggerai tu,
almeno.»
«Di questo ti preoccupi?» Berciò Vegeta, infastidendosi.
«E di cosa dovrei preoccuparmi, alla mia età? Non vorrei prendere un brutto
voto a causa tua. Lo stress di questa situazione mi sta rovinando l’incarnato,
non vedi?» Si portò le mani al volto.
«Sei proprio una ragazzina.»
Lo afferrò per un braccio. La sua pelle sotto un pezzo
di stoffa. Il suo odore tra il muschio bagnato. «Mi avevi promesso anche un bel voto!»
«Avrai ciò che meriti.»
«Sembra una minaccia, se usi quel tono!»
Si liberò. Il sorriso, che avrebbe voluto maligno,
diventò fiacco, tristezza. Si spense. «Tu dici?»
Il vento volò tra le foglie. Sulla superficie del lago
saltellavano pezzi di cielo.
Sotto l’unica lampada accesa, Vegeta correggeva gli
esami dei suoi studenti. Sedeva alla scrivania del suo appartamento. Era notte fonda.
La pioggia scendeva dorata sui vetri.
Prese il settantatreesimo plico dal mazzo e lo
soppesò. Se lo sentiva: finalmente quello di Bulma!
Strappò il sigillo, infilò la mano nell’involucro,
sfiorò le pagine all’interno con le dita.
Lisce, anonime: non erano state scritte da Bulma.
La sua calligrafia era tattile, solcata con forza, pesante,
piena di incisi. Pensieri geniali afferrabili quanto una fugace intuizione. Una
cruna di intelletto. La sua mente scolpita su un foglio. Nessun’altro la
capiva.
Conoscerla era esiziale.
Tch!
Intanto, con molta noia, iniziò a correggere il
compito che aveva già in mano. Falciava ogni frase con le sue croci rosse, aveva
i crampi per colpa di risposte tanto banali, persino copiate.
«“A” meno?» Bulma sbatté le palpebre, con l’unghia
cercò persino di scrostare dalla bacheca di vetro quel “meno” dal voto. Per
forza una punta di sporco!
Un dispetto di Vegeta, A meno. Non era un errore! E a che percentuale numerica avrebbe
corrisposto?
Incredula, lo lesse più volte, mentre il sangue le
andava alla testa.
«“A” meno?!» Esclamò uno studente alle sue spalle,
«Wow, Ōji-Sensei non mette mai più di “C”!»
«Sul serio?» Che imbranati.
«Devi essere un genio…» Aggiunse un altro studente.
Beh, in effetti lo era. E ne andava piuttosto fiera.
«…a farli!» I due studenti scoppiarono a ridere. «Hai
sbagliato quartiere! Prova a seguire le luci.»
Bulma decise di ucciderli.
E poi avrebbe ucciso Vegeta, per averla ficcata in
quel guaio!
«Entra pure, ragazzo.» Disse il rettore Enma, appena
si accorse di lui sotto la porta del suo ufficio. Finì di sistemare un
fantasmino di cotone alla finestra e tornò a far soffrire la sua sedia.
Vegeta chiuse la porta, rimase in piedi in mezzo alla
stanza.
Il rumore della pioggia, l’ombra dell’acqua sulle
pareti.
«Non ho nulla da dire, rettore.» La situazione era
tale che non sarebbe comunque riuscito a cambiarla. Era precipitato a terra,
aveva scelto di farlo. Bulma meritava il suo voto. «Non ho mai aiutato nessuno.»
Il rettore lo immaginava. Non credeva alle voci di
corridoio per principio, o anche lui avrebbe dovuto considerarsi un cornuto! E
sapeva che Bulma fosse diventata un’amica di Goku. Era ovvio, quindi, che
conoscesse anche Vegeta. Tuttavia, si colse il mento tra la barba, si appoggiò
allo schienale e, voltandosi alla finestra, si concesse una doccia di
quell’ombra marina. Aveva della forfora sulle spalle del gessato.
Vegeta picchiettò le dita sui bicipiti.
«Alla fine hai fatto la cosa giusta, ragazzo.» Aveva
persino concluso il programma. «Tuttavia…» Enma scattò verso Vegeta, urtò il
portapenne e si spalmò sulla scrivania, «Sei stato tu a rendere il tuo gesto
necessario!» Il danno all’immagine era ormai stato fatto. Una scelta onorevole
non avrebbe salvato nessuno. «Mi vedo costretto ad assegnare la cattedra ad un
altro.» L’esterno, il quale non era ancora arrivato. Tirò fuori un’agendina
dalla giaccia. Si umettò un dito e scorse le pagine fino alla data del giorno. «Son
Gohan. Tuo fratello lo conosce.»
Continua…
Ciao! :D Questa volta non sono stata super velocissima
con gli aggiornamenti, perdonatemi! Ho avuto parecchio lavoro e in più non sono
stata benissimo. Comunque, vorrei spendere qualche parola riguardo la
caratterizzazione di Enma, stavolta. Spero stia uscendo bene e che risulti
credibile, perché dico questo? Perché ovviamente i tanti richiami di questo
capitolo, sono ai favolosi, celeberrimi momenti di Majin Vegeta. La scena
finale, infatti, è un mix tra la decisione di Enma di rispedirlo sulla Terra e
quanto a Vegeta viene detto da Piccolo prima del suo sacrificio: Vegeta
nonostante il suo nobile atto andrà all’inferno per via dei suoi gesti passati.
E giacché Vegeta finirà davvero all’inferno, lo stesso ragionamento di Piccolo
è attribuibile ad Enma. L’ho sempre trovato piuttosto ingiusto! Suvvia, Dante
salvò gente dall’Inferno per molto meno xD
Ma tornando alla caratterizzazione di Enma. Nella
scena in cui chiede a Vegeta se vuole tornare sulla Terra, c’è una leggera
discrepanza tra la versione della Mediaset e quella giapponese. Non si tratta
soltanto di sfumature, ma il dialogo tra Enma e Vegeta appare diverso. In
quello italiano, Enma pare spaventato da Vegeta e cerca di tergiversare, mentre
Vegeta, spazientito, lo sprona a concludere il discorso. Nella versione
originale, invece, Enma è piuttosto calmo e riesce a convincere Vegeta
semplicemente dicendogli che il suo sacrificio era stato invano. Questo fa
arrabbiare Vegeta che accetta di tornare a combattere.
E dunque, per non scontentare nessuno, ho cercato, sia
in questa scena, che nei capitoli precedenti, di creare un Enma che racchiuda
entrambe le versioni: un omone a cui piace “ponderare”, spazientendo Vegeta,
finché non sputa l’osso. Spero che alla fine l’esperimento sia riuscito che il
personaggio sia comunque rimasto IC. Così come spero che siano IC tutti quanti,
soprattutto quella rompiballe di Bulma! :D Infatti, sono abituata a scrivere di
una Bulma meno immatura, quella del periodo appena pre-cyborg fino alla fine di
Dragon Ball, anche se le sberle non le risparmia proprio mai!
Note e citazioni:
In questo capitolo viene citata una frase del film il
Giardino Delle Parole: “ai suoi occhi rappresentava
l’intero universo”. La frase originale è “Ai miei occhi rappresentava
l’intero universo” ed è detta da Takao, il protagonista, nonché voce narrante,
a proposito di Yukari, la professoressa di cui si innamora.
Il fantasmino appeso alla finestra dal rettore Enma è
un teru teru bōzu, un amuleto per scacciare la pioggia. Se appeso a testa in
giù, invece, porta mal tempo. Trattandosi di Enma, mi è sembrato appropriato che
nei suoi paraggi ci fosse almeno un fantasmino “da sistemare”! Comunque, ci
sono altri collegamenti, spero li abbiate colti tutti. ;)
I voti universitari in Giappone! Facendo delle
ricerche ho scoperto che oltre al (forse più conosciuto) sistema numerico
(massimo voto 100), viene adottato anche il sistema A, B, C, ed F (?) senza la
“D”. In alcuni casi, la “A” corrisponde ad una “S”. Quando viene usato il
sistema letterale, la media viene poi convertita in una media numerica. E
quindi, Vegeta a Bulma metterà una “A-”. Inoltre, pare che le votazioni possono
cambiare a seconda che si tratti di un esame finale, di una domanda in classe,
o di un parziale. E pare che alcuni professori usino questo o quell’altro
sistema per non far sapere agli studenti il peso di quel voto sulla votazione
totale. Un bel casino insomma! xD
Ora vi lascio perché le note stanno diventando più
lunghe del capitolo!
Alla prossima :*
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