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Autore: sese87    03/12/2020    4 recensioni
Tokyo, Giappone. Bulma e Vegeta si incontrano in una giornata di pioggia. Inizieranno una relazione proibita tra studente e professore?
Storia liberamente ispirata a "Il Giardino Delle Parole" di Makoto Shinkai.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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GdP 5

Il Giardino delle Parole

Capitolo 5 

Prendiamo
Il sentiero paludoso
Per arrivare alle nuvole.

- Kobayashi Issa -
 

Vegeta non aveva mai abbassato la testa. E non l’abbassò neanche quando, dopo l’ultima rampa di scale, gli sguardi degli studenti lo scortarono davanti all’ufficio del rettore Enma.
Erano cambiati gli epiteti con i quali, da una settimana, veniva sussurrato il suo nome. Adesso, al suo, si aggiungeva quello di Bulma.
Quella storia lo aveva reso più ordinario, meno degno di rispetto. Più incline agli impulsi del mondo.
Afferrò la maniglia fredda.
Oltre quel punto sarebbe diventato ufficiale. E forse, dopo la chiacchierata urgente con Enma, sarebbe stato licenziato. Non sarebbe stato più nessuno, ma un uomo qualunque.
Strizzò lo sguardo. Le lettere sul vetro gli si riflettevano in fronte. Entrò. «Avevate chiesto di vedermi?»
 

Da bambina le piaceva guardare il cielo di notte e si chiedeva come l’universo potesse essere così buio, nonostante fosse pieno di stelle. Ai suoi occhi, Vegeta rappresentava l’intero universo.
Così il cuore le cadde nel vuoto, quando il giorno dell’esame la porta dell’aula si aprì e apparve Ginew al suo posto. Le sue occhiate non la lusingarono.
Le consegnò il compito, si leccò il sorriso e disse: «Tch, ha qualche domanda?»
 

Crilin e Bulma si scambiarono uno sguardo.
Poi lei gli tirò un pugno in testa. «Cretino! Non capisci proprio niente.» Erano in corridoio adesso, ma senza la leggerezza tipica del dopo esame, «Non avresti dovuto chiedere gli appunti a Vegeta.»
«Ma se sei stata tu la prima a chiederglieli!»
«Non è la stessa cosa!» Strinse in aria un altro pugno, ma lo scrosciare della pioggia le levigò l’umore. Allora si appoggiò al davanzale della finestra, e pensò a Vegeta. «Si era offerto.» E forse lo avevano licenziato per averla aiutata a passare l’esame.
 

Dall’azumaya si godeva davvero la vista migliore del parco Shinjuku. La corolla di alberi all’orizzonte copriva la città circostante e sarebbe sembrato di essere in campagna, se l’altissimo, ominoso, palazzo della F.C. non avesse disturbato quell’impressione bucolica. Neanche le nuvole più dense riuscivano a cancellare il suo pennacchio luminoso. Dava previsioni sul tempo e ordinava a tutti di prendere o lasciare l’ombrello.
Vegeta si alzò in piedi. Sulla panca di legno rimase l’impronta dei suoi pantaloni bagnati.
«Hai capito che ho detto, Vegeta?» Chiese Bulma. Le guance rosse per lo sforzo, affatto gradito, di aggrapparsi alla ragione, di essersi precipitata lì nonostante il suo divieto. Impellente il dovere di fornirgli, per l’ennesima volta, l’unica accettabile versione dei fatti. La propria. Non voleva finire nei pasticci. «È stato Goku a chiedermi davanti a tutti se anche a me servissero i tuoi appunti, non sapeva se tu mi avessi dato i tuoi libri.»
Tch! Il palazzo della F.C. spiccava come uno spettro.
Bulma batté un piede per terra. «Ma mi stai ascoltando?»
Vegeta si avvicinò alla ringhiera di ferro. «Sono stufo di sentire queste stupidaggini. Ho cose più importanti a cui badare.» L’enorme orologio della facciata ordinava di sbrigarsi.
Bulma avvampò. «Stupidaggini?»
Si voltò verso di lei. «Ti ho dato i libri, hai fatto l’esame, si può sapere perché diamine mi stai ancora tra i piedi?» Si chiese perché dovesse essere lei.
«Perché?!» Bulma trattenne il respiro. Alle sue spalle la pioggia rastrellava il selciato. Espirò. «Come sarebbe perché?» E lo guardò negli occhi neri. Le labbra.
Il viso di Bulma era un fuoco pallido.
Vegeta restituì attenzione al palazzo.
«Se non ti hanno licenziato, mi spieghi perché oggi c’era Ginew a lezione?»
«Se sei intelligente, dovresti saperlo.» Un’idea del rettore, Per calmare le acque, ragazzo!
Se avesse dimostrato di non averne idea, sarebbe parsa una stupida. Cambiò discorso. «Beh, mi auguro che il compito lo correggerai tu, almeno.»
«Di questo ti preoccupi?» Berciò Vegeta, infastidendosi.
«E di cosa dovrei preoccuparmi, alla mia età? Non vorrei prendere un brutto voto a causa tua. Lo stress di questa situazione mi sta rovinando l’incarnato, non vedi?» Si portò le mani al volto.
«Sei proprio una ragazzina.»
Lo afferrò per un braccio. La sua pelle sotto un pezzo di stoffa. Il suo odore tra il muschio bagnato. «Mi avevi promesso anche un bel voto!»
«Avrai ciò che meriti.»
«Sembra una minaccia, se usi quel tono!»
Si liberò. Il sorriso, che avrebbe voluto maligno, diventò fiacco, tristezza. Si spense. «Tu dici?»
Il vento volò tra le foglie. Sulla superficie del lago saltellavano pezzi di cielo.
 

Sotto l’unica lampada accesa, Vegeta correggeva gli esami dei suoi studenti. Sedeva alla scrivania del suo appartamento. Era notte fonda. La pioggia scendeva dorata sui vetri.
Prese il settantatreesimo plico dal mazzo e lo soppesò. Se lo sentiva: finalmente quello di Bulma!
Strappò il sigillo, infilò la mano nell’involucro, sfiorò le pagine all’interno con le dita.
Lisce, anonime: non erano state scritte da Bulma.
La sua calligrafia era tattile, solcata con forza, pesante, piena di incisi. Pensieri geniali afferrabili quanto una fugace intuizione. Una cruna di intelletto. La sua mente scolpita su un foglio. Nessun’altro la capiva.
Conoscerla era esiziale.
Tch!
Intanto, con molta noia, iniziò a correggere il compito che aveva già in mano. Falciava ogni frase con le sue croci rosse, aveva i crampi per colpa di risposte tanto banali, persino copiate.
 

«“A” meno?» Bulma sbatté le palpebre, con l’unghia cercò persino di scrostare dalla bacheca di vetro quel “meno” dal voto. Per forza una punta di sporco!
Un dispetto di Vegeta, A meno. Non era un errore! E a che percentuale numerica avrebbe corrisposto?
Incredula, lo lesse più volte, mentre il sangue le andava alla testa.
«“A” meno?!» Esclamò uno studente alle sue spalle, «Wow, Ōji-Sensei non mette mai più di “C”!»
«Sul serio?» Che imbranati.
«Devi essere un genio…» Aggiunse un altro studente.
Beh, in effetti lo era. E ne andava piuttosto fiera.
«…a farli!» I due studenti scoppiarono a ridere. «Hai sbagliato quartiere! Prova a seguire le luci.»
Bulma decise di ucciderli.
E poi avrebbe ucciso Vegeta, per averla ficcata in quel guaio!
 

«Entra pure, ragazzo.» Disse il rettore Enma, appena si accorse di lui sotto la porta del suo ufficio. Finì di sistemare un fantasmino di cotone alla finestra e tornò a far soffrire la sua sedia.
Vegeta chiuse la porta, rimase in piedi in mezzo alla stanza.
Il rumore della pioggia, l’ombra dell’acqua sulle pareti.
«Non ho nulla da dire, rettore.» La situazione era tale che non sarebbe comunque riuscito a cambiarla. Era precipitato a terra, aveva scelto di farlo. Bulma meritava il suo voto. «Non ho mai aiutato nessuno.»
Il rettore lo immaginava. Non credeva alle voci di corridoio per principio, o anche lui avrebbe dovuto considerarsi un cornuto! E sapeva che Bulma fosse diventata un’amica di Goku. Era ovvio, quindi, che conoscesse anche Vegeta. Tuttavia, si colse il mento tra la barba, si appoggiò allo schienale e, voltandosi alla finestra, si concesse una doccia di quell’ombra marina. Aveva della forfora sulle spalle del gessato.
Vegeta picchiettò le dita sui bicipiti.
«Alla fine hai fatto la cosa giusta, ragazzo.» Aveva persino concluso il programma. «Tuttavia…» Enma scattò verso Vegeta, urtò il portapenne e si spalmò sulla scrivania, «Sei stato tu a rendere il tuo gesto necessario!» Il danno all’immagine era ormai stato fatto. Una scelta onorevole non avrebbe salvato nessuno. «Mi vedo costretto ad assegnare la cattedra ad un altro.» L’esterno, il quale non era ancora arrivato. Tirò fuori un’agendina dalla giaccia. Si umettò un dito e scorse le pagine fino alla data del giorno. «Son Gohan. Tuo fratello lo conosce.» 

Continua…

 

Ciao! :D Questa volta non sono stata super velocissima con gli aggiornamenti, perdonatemi! Ho avuto parecchio lavoro e in più non sono stata benissimo. Comunque, vorrei spendere qualche parola riguardo la caratterizzazione di Enma, stavolta. Spero stia uscendo bene e che risulti credibile, perché dico questo? Perché ovviamente i tanti richiami di questo capitolo, sono ai favolosi, celeberrimi momenti di Majin Vegeta. La scena finale, infatti, è un mix tra la decisione di Enma di rispedirlo sulla Terra e quanto a Vegeta viene detto da Piccolo prima del suo sacrificio: Vegeta nonostante il suo nobile atto andrà all’inferno per via dei suoi gesti passati. E giacché Vegeta finirà davvero all’inferno, lo stesso ragionamento di Piccolo è attribuibile ad Enma. L’ho sempre trovato piuttosto ingiusto! Suvvia, Dante salvò gente dall’Inferno per molto meno xD

Ma tornando alla caratterizzazione di Enma. Nella scena in cui chiede a Vegeta se vuole tornare sulla Terra, c’è una leggera discrepanza tra la versione della Mediaset e quella giapponese. Non si tratta soltanto di sfumature, ma il dialogo tra Enma e Vegeta appare diverso. In quello italiano, Enma pare spaventato da Vegeta e cerca di tergiversare, mentre Vegeta, spazientito, lo sprona a concludere il discorso. Nella versione originale, invece, Enma è piuttosto calmo e riesce a convincere Vegeta semplicemente dicendogli che il suo sacrificio era stato invano. Questo fa arrabbiare Vegeta che accetta di tornare a combattere.

E dunque, per non scontentare nessuno, ho cercato, sia in questa scena, che nei capitoli precedenti, di creare un Enma che racchiuda entrambe le versioni: un omone a cui piace “ponderare”, spazientendo Vegeta, finché non sputa l’osso. Spero che alla fine l’esperimento sia riuscito che il personaggio sia comunque rimasto IC. Così come spero che siano IC tutti quanti, soprattutto quella rompiballe di Bulma! :D Infatti, sono abituata a scrivere di una Bulma meno immatura, quella del periodo appena pre-cyborg fino alla fine di Dragon Ball, anche se le sberle non le risparmia proprio mai!

 

Note e citazioni:

In questo capitolo viene citata una frase del film il Giardino Delle Parole: “ai suoi occhi rappresentava l’intero universo”. La frase originale è “Ai miei occhi rappresentava l’intero universo” ed è detta da Takao, il protagonista, nonché voce narrante, a proposito di Yukari, la professoressa di cui si innamora.

Il fantasmino appeso alla finestra dal rettore Enma è un teru teru bōzu, un amuleto per scacciare la pioggia. Se appeso a testa in giù, invece, porta mal tempo. Trattandosi di Enma, mi è sembrato appropriato che nei suoi paraggi ci fosse almeno un fantasmino “da sistemare”! Comunque, ci sono altri collegamenti, spero li abbiate colti tutti. ;) 

I voti universitari in Giappone! Facendo delle ricerche ho scoperto che oltre al (forse più conosciuto) sistema numerico (massimo voto 100), viene adottato anche il sistema A, B, C, ed F (?) senza la “D”. In alcuni casi, la “A” corrisponde ad una “S”. Quando viene usato il sistema letterale, la media viene poi convertita in una media numerica. E quindi, Vegeta a Bulma metterà una “A-”. Inoltre, pare che le votazioni possono cambiare a seconda che si tratti di un esame finale, di una domanda in classe, o di un parziale. E pare che alcuni professori usino questo o quell’altro sistema per non far sapere agli studenti il peso di quel voto sulla votazione totale. Un bel casino insomma! xD 

Ora vi lascio perché le note stanno diventando più lunghe del capitolo!

Alla prossima :*

 

 

 

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