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Autore: Airborne    05/12/2020    2 recensioni
In cui Ino descrive il rapporto tra il suo migliore amico e il suo interesse romantico come "tensione sessuale" e fa centro. E in cui c'è un mondo che va ricostruito, ma la cosa è un po' diversa da come Shikamaru l'aveva immaginata.
O anche: documentario sulla vita quotidiana di un veterano di guerra che non ha rinunciato a inseguire il sogno di una tanto agognata vita tranquilla. Oppure no?
***
«In mancanza di Kakashi ti nomino mio consigliere. Congratulazioni». Le parole e in mancanza di tuo padre sono appese nell’aria come una fila di cartabombe.
«Sì, grazie tante».
Lo Tsuchikage borbotta qualcosa a proposito di "giovani" e "rispetto", ma lo ignora.
Dalla parte opposta della tenda c’è Temari. La guarda negli occhi per un lungo istante, e poi decide che non la guarderà più fino alla fine della riunione.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Ino, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Parte 2: Fall Out Boy – HOLD ME TIGHT OR DON'T
 
 
Come aveva pensato fin dall’inizio, le fresche, tranquille stanze di crittologia gli vanno molto più a genio di foreste, ghiacciai, deserti, strani anfratti e chi più ne ha più ne metta dove lo spedivano quando faceva parte della divisione operativa. La sua vita è nettamente migliorata da quando Kakashi lo ha assegnato (e addirittura senza che lui abbia dovuto insistere troppo) a quel reparto sotto l’egida di Ibiki, il quale, deve ammettere non senza un certo fastidio, gli ha insegnato più cose in tre mesi che Asuma in quattro anni. Che poi il suo lavoro principale sia persuadere la gente e che sia la persona più terrificante che abbia mai incrociato il suo cammino è un altro conto.

Meglio come mentore che come nemico, comunque.

Tuttavia capita ancora, di quando in quando, che lo mettano alle calcagna di un brutto ceffo o lo spediscano in ricognizione in qualche luogo dimenticato dagli dèi ai confini più remoti del Paese del Fuoco. Kakashi è addirittura arrivato a pronunciare il suo nome e la parola ANBU nella stessa frase, ma, e per questa cosa dovrebbe rendere grazie sgozzando un bue su un altare sacrificale, non ha mai messo in atto le sue minacce. Per il momento, almeno. E comunque lui ha un senso del dovere troppo forte per cercare di dissuadere quelli del coordinamento missioni dall’appioppargli incarichi.

Non può dirsi insoddisfatto della sua vita dopo la fine della guerra. No, a parte la morte di suo padre, di Inoichi, di Neji, il ritorno di Sasuke (davvero, il suo stomaco stava decisamente meglio quando non c’era il rischio di incrociarlo ogni volta che metteva il naso fuori di casa), la faticaccia di ricostruire Konoha e il mondo da zero, si potrebbe dire che la sua vita sia migliorata.

Se non fosse per Naruto, il suo (e di Kakashi, e suo, mannaggia a lui, e di tutti gli altri) piano di diventare Hokage e tutto ciò che comporta. Perché è stato tirato in mezzo pure lui, il che gli ha fatto pensare, non per la prima volta, che il senso del dovere non sia affatto qualcosa di cui andare fieri, bensì una grandissima seccatura. Ed è la prima volta che definisce seccante la sua stessa personalità. Non bene.

Se per molti versi preferisce Kakashi a Tsunade in qualità di Hokage, non è stato per niente contento quando questi lo ha convocato nel suo ufficio, meno di una settimana dopo aver fatto ritorno dalla guerra, e gli ha detto chiaro e tondo cosa succederà di lì a qualche anno: Naruto diventerà Hokage, lui il suo primo consigliere, e Kakashi stesso e Ibiki si occuperanno della loro preparazione. Lo aveva capito subito che la cosa sputa seccature da tutti i pori, e come volevasi dimostrare aveva fatto centro. Perché Kakashi e Ibiki non solo li sotterrano di lavoro d'ordinanza, ma anche di quelle che chiamano molto carinamente “letture”: tomi alti venti centimetri che rispondono a titoli quali Economia e Geopolitica, Rapporti di Potere nelle Terre Ninja e Storia del Mondo nelle Biografie di 20 Kage. Da studiare. E ovviamente, anche se nessuno glielo ha detto chiaro e tondo, è compito suo assicurarsi che Naruto studi, e in un mondo giusto ed equo la cosa dovrebbe comportare come minimo il raddoppiamento del suo stipendio. Anche se rinuncerebbe volentieri a quell’entrata (sempre che ci fosse, perché non c’è) se quell’incombenza gli fosse risparmiata.

«Il secondo Mizukage» ripete Naruto per quella che sarà la trentesima volta, «il secondo Mizukage ha fatto… ha fatto…»

No, decisamente non lo pagano abbastanza.

«Un accordo segreto con il daimyo del Paese del Vento, che l’Eremita delle Sei Vie sia dannato per aver creato i ninja e il tuo diamine di sogno di diventare Hokage».

«A cosa serve imparare tutta 'sta roba?» strilla Naruto, facendo volare via un passero dall'albero al centro del giardino. «Sarà stato secoli fa!»

«Dovresti saperlo, quando è stato» sbuffa, «è stato cinquant’anni fa e ha dato il via agli avvenimenti che hanno portato a una guerra ninja. Cosa che tu e io non dovremo far succedere quando avremo la responsabilità di tutta la baracca. Quindi fammi un favore e mettiti serio, non voglio invecchiare su questo mattone».

«Ma io sono serio!» Shikamaru inarca un sopracciglio, ma il suo compagno di studi non coglie il rimprovero. «Imparare tutta 'sta roba è impossibile, è troppa perfino per te, Shikamaru!»

«Fammi capire» dice puntellandosi sulle mani, «tu diventi amico del bijuu che ti ha rovinato la vita, salvi il mondo, fai pace con Sasuke e impedisci che si becchi la giusta punizione», e qui Naruto si altera, ma lui va avanti imperterrito come se non fosse successo niente, «cambi la mentalità delle persone con discorsetti di cinque minuti, esci con l’erede del clan Hyuuga senza che suo padre chieda in cambio la tua testa e pensi che studiare sia impossibile?»

«Perché Hiashi dovrebbe volere la mia testa, scusa?»

Si domanda se qualcuno gli abbia mai fatto il disegnino delle api e dei fiori e gliene abbia spiegate le implicazioni.

Ma poi Naruto s’illumina d’immenso, cosa che per quanto lo riguarda non è mai un buon segno. «Potrei creare dei cloni e metterli a studiare, così ci sbrigheremmo più in fretta!»

«Non adesso» geme Shikamaru. «Quando studi per conto tuo, se vuoi. Me ne basta uno, di Naruto, grazie». Sembra un metodo niente male, in realtà. A meno che con la Moltiplicazione del Corpo non si moltiplichi anche la confusione tra date, nomi, luoghi e tutto il resto. «Dai, proviamo a cambiare argomento» propone recuperando Principi di Macroeconomia dal pavimento, consapevole che sta andando a farsi del male. «Mi dicevi di non aver capito una cosa sulle dinamiche dell’occupazione…»

Al che Naruto si getta a terra in preda alla disperazione, e Shikamaru pensa che se c’è un modo per andare a colpo sicuro in uno scontro con lui è mettergli sotto il naso qualche grafico da interpretare.

Sul serio, cos’ha fatto di male nella vita per meritarsi tutto questo?

«Ehi, voi due».

Alza lo sguardo verso il giardino e vede Pakkun e il suo proverbiale muso rincagnato. Sospetta che non gli abbia ancora perdonato tutti i pizzicotti alle guance del giorno che Suna e Oto hanno attaccato Konoha. Il giorno che Orochimaru ha ucciso il Terzo, si corregge. Non gli piace pensare che c’è stato un tempo in cui Suna li ha traditi. Comunque, Pakkun è un cagnaccio pulcioso.

Naruto accoglie il suo arrivo con gioia. Tutto pur di non studiare. Shikamaru, invece, sospira rumorosamente. «C’è un messaggio da parte dell’Hokage?»

«Sì. Vuole che lo raggiungiate a palazzo il prima possibile».

Naruto, che fino a trenta secondi prima sembrava in preda alla depressione più nera, salta in piedi con un sorriso che va da un orecchio all’altro. «Magari ci manda in missione! È un secolo che non esco da Konoha!»

«Magari ti ci mandasse da solo, in missione, e mi risparmiasse per qualche giorno il doverti dare ripetizioni» gli dice mettendo a posto i libri. Almeno può dimenticarsene fino all’indomani. Anzi, fino a dopodomani, ricorda con immenso sollievo, perché domani sarà tutto il giorno a crittologia, grazie agli dèi. Kakashi permettendo. Spera con tutto il cuore che non se ne sia uscito con una trovata delle sue, perché non crede che, arrivato a quel punto della giornata, il suo cuore possa reggere a certi colpi. «Noi andiamo a palazzo, ma'» avverte entrando in cucina.

«Riesci a passare da Kurenai, dopo? Ho fatto i biscotti e me ne è avanzato qualcuno». E, ovviamente senza aspettare la sua risposta, gli ficca un mano un contenitore di plastica.

Shikamaru inarca un sopracciglio. «Qualcuno?» Ma sua madre ne sta già porgendo un secondo a Naruto, che si profonde in sentiti ringraziamenti.

«Tua madre è un angelo» dice quando escono in strada, addentando un biscotto.

«Con tutti tranne che con suo figlio» replica lui, pescando dal contenitore di Naruto. «Però devo ammettere che i biscotti li sa fare».

«Come stanno Kurenai e la piccola?»

«Bene. Oddio, Mirai sta bene, Kurenai un po’ di meno visto che non la fa dormire».

«Io e Hinata abbiamo deciso che avremo tre figli» rivela Naruto.

Shikamaru pensa quattro cose.

Uno, tu non sei normale, a programmare figli a diciassette anni.

Due, tu hai deciso che avrete tre figli, perché non credo proprio che Hinata sia riuscita a mettere insieme una frase di senso compiuto sull’argomento.

Tre, io con tre Naruto in miniatura non ci voglio avere niente a che fare.

Quattro, oh, cazzo, adesso parte.

«Ieri sera l’ho portata sulla montagna degli Hokage…» dice infatti.

«Non mi interessa» sbuffa, ben sapendo che non servirà a niente.

«… e ci siamo rimasti tre ore…»

Sì, qualcosa di male doveva averlo proprio fatto, nella sua vita. Doveva avere involontariamente offeso qualche divinità pagana (e in effetti lo aveva fatto, e tutt'altro che involontariamente) che aveva pensato bene di vendicarsi appioppandogli la causa prima di tutte le seccature del mondo per il resto della sua vita.

Lui dalla vita non avrebbe voluto altro che tranquillità. Una moglie né bella né brutta e due figli, prima una femminuccia e poi un maschietto.

Facile fare i conti senza l’oste.

Mano a mano che si avvicinano al Palazzo dell’Hokage, e Naruto procede imperterrito e inascoltato nel racconto della sua serata con Hinata, le strade si fanno più affollate, gli edifici più vicini. Ancora si meraviglia, a volte, a pensare che nemmeno un anno prima non c’era niente, lì, solo nuda roccia e macerie. Che molte delle persone da cui sono circondati in quel momento sono morte e poi resuscitate, che nessuno di loro si è dato per vinto quando l’unica cosa rimasta al mondo era la prospettiva di ricostruire tutto il villaggio da zero. Che Naruto, Naruto, il pagliaccio, il teppista, il demone, l’incapace, il ragazzo che cammina accanto a lui perso nel suo mondo sia un eroe. Che lui stesso, in un certo senso, sia un eroe. A diciassette anni, senza averlo mai desiderato.

È sicuro che Asuma si stia facendo delle grasse risate.

«Ehi, Naruto! Shikamaru!» C’è Kiba, a un incrocio, con l’onnipresente Akamaru e Shino al seguito. I due casinisti si lanciano in un saluto tribale mentre lui e Shino li guardano storto. Almeno lo hanno salvato dai blateramenti su Hinata. C’è solo da sperare che non la nominino anche loro.

Dèi, più il tempo passa e più quella giornata diventa seccante.

«Menomale che vi abbiamo incontrati» dice Kiba, «ci avete risparmiato la caccia al tesoro per tutta Konoha».

«È successo qualcosa?» chiede Naruto. Poi sbianca. «Hinata…»

«No, a Hinata non è successo niente, razza di zucca vuota» lo anticipa Kiba. «Che cazzo, Naruto, vuoi smetterla di asfissiare la gente? Non ho ancora capito come faccia a stare con te».

«Perché sono bello, forte…»

«Sì, sì, abbiamo capito, chiudi il becco».

«Comunque è stata Ino a dirci… Bè, a dirmi, in realtà…» ghigna Kiba guardandolo negli occhi. Shikamaru aggiunge "irritanti allusioni al fatto che Ino e Kiba si frequentino" alla lista delle cose da dimenticare di quella giornata. Io non capisco come lei faccia a stare con te, gli vorrebbe dire. «… di dirvi che domani c’è una festa al Totem».

«Il Totem?»

«Eddai, Shikamaru» esclama Kiba, «ho capito che sei un asociale del cazzo, ma almeno conoscerli, i posti!»

«È la discoteca sotto la faccia di Tsunade» spiega Shino, «e Kiba ha ragione, tra parentesi. Anche se non credevo che avrei mai detto una cosa del genere».

«Non potevano metterla in un luogo migliore» commenta solo. E pensa che sia a dir poco inopportuno che le discoteche siano già operative e avviate quando tre quarti del villaggio è un cantiere a cielo aperto.

«Che festa?» domanda Naruto.

«Niente di troppo particolare, in realtà, ma c’è l’open bar. Dalle undici e mezza alle quattro, 2500 ryo».
Shikamaru, che non rinuncerebbe a una notte di sonno per lo stipendio di un mese, figurarsi per 2500 ryo in meno nel suo salvadanaio, quasi scoppia a ridere.

«E chi c’è?»

«Un po’ tutti, immagino. Noi, Ino e Choji di sicuro, ma conoscendo Ino», e Shikamaru quasi ringhia, «avrà invitato tutti quelli che conosce».

Sbuffa. Quella sera deve vedere Ino e Choji, il che significa che gli scasseranno le palle per convincerlo a venire. Quindi farà finta di accettare e poi tirerà pacco all’ultimo. Ino glielo rinfaccerà per almeno due settimane, ma nella vita bisogna pur sacrificare qualcosa, e, visto che lui è un asociale del cazzo, quindici giorni di Ino che si lamenta con lui gli sembrano il male minore.

«Noi ci siamo» dice Naruto. «Io e Hinata, intendo».

«Magari prima chiedile se vuole venire, eh» suggerisce Shino, in modo fin troppo gentile a suo parere.

«Tu, Shika?» gli domanda Kiba.

«Manco morto».

«Dai, per una volta potresti pure venire, invece di fare lo sfigato come al solito».

«Non questa. La prossima, forse».

«Ma se dici sempre così!»

«Esatto» sbadiglia. Non riesce proprio a concepire perché gli secchino tutti così tanto la vita per trascinarlo in posti dove non fa nessuna differenza che lui ci sia o meno. Andassero in discoteca e lo lasciassero in pace. «Dai, Naruto, muoviamoci». Fa un cenno a Shino, ma non si disturba a salutare Kiba visto che sta sbraitando qualcosa su Ino che ha casa libera.

Shotaro*, meglio conosciuto come il galoppino di Kakashi, li accompagna fino all’ufficio, in cui l’Hokage è sommerso da rapporti e moduli vari. Shikamaru si chiede se Naruto abbia mai pensato al fatto che il lavoro dei suoi sogni è molto più noioso di quello che fa al momento. Probabilmente no, si risponde.

«Tutto bene, ragazzi?»

Come no, gli vorrebbe dire, fare da babysitter al tuo allievo è il modo migliore che mi venga in mente per passare il tempo.

Kakashi intuisce i suoi pensieri, perché il suo occhio destro si chiude, segno che sta sorridendo per prenderlo per il culo, lo stronzo.

«Vi ho mandati a chiamare per dirvi che partiamo per un viaggio».

E già si comincia male. «Partiamo chi?» domanda, mentre Naruto, con un tono completamente diverso, chiede per dove.

«Noi tre e Ibiki» risponde Kakashi, e Shikamaru è certo che nessuna buona notizia sia mai cominciata con quelle parole, «e faremo una serie di visite diplomatiche in tutti i villaggi ninja».

Lui avrebbe solo voluto una vita tranquilla. Una moglie né bella né brutta, due bambini, prima una femminuccia e poi un maschietto, e un posto fisso a crittologia. Non gli sembra poi molto in cambio di ciò che la vita gli ha riservato fino a quel momento.

«Ufficialmente, voi due sarete consiglieri allo stesso livello di Ibiki» continua Kakashi, «ma tu, Naruto, durante gli incontri starai a guardare senza aprire bocca». Non ci crede nemmeno lui. «Invece tu potrai intervenire, se vorrai, Shikamaru. Sempre che Ibiki acconsenta».

«Perché lui sì e io no?»

«Perché lui è stato un consigliere e tu non sei né consigliere, né Hokage». Ha una mezza idea di dire che un consiglio dei Kage di nemmeno due ore, raffazzonato, in una situazione di emergenza e il cui scopo era rispedire tutti a casa non conta come esperienza pregressa in qualità di consigliere, ma Kakashi non gliene lascia il tempo. «Partiamo tra dieci giorni e staremo via un mese». Evviva evviva, un mese senza crittologia e per di più a stretto contatto con Naruto. «Domani o dopodomani vi farò avere il programma completo» Poi si alza e punta dritto alla libreria, e Shikamaru è certo che nessuna buona notizia sia mai arrivata da un gesto del genere. «Dovrete studiare questi per prepararvi».

Morale della favola, tre libri da analizzare, studiare e spiegare a Naruto in dieci giorni. Davvero fantastico.

«Questo ha la precedenza su tutto, perciò tu, Naruto, sei esentato da ogni altro impegno fino al giorno della partenza. E ti chiuderò a chiave nella stanza qui accanto per essere sicuro che non ti distragga» aggiunge soave come un fringuello e, allo stesso tempo, come un pugno di Sakura in dirittura d’arrivo. «Shikamaru, vorrei scambiare due parole a quattr'occhi. Tu puoi andare, Naruto. Ti consiglio di non ciondolare in giro, stasera». Non ci crede nemmeno lui, a maggior ragione se una certa ragazza il cui nome inizia per H e finisce per inata Hyuuga è nei paraggi. Santa donna. Dev’essere proprio brutto essere l’interesse romantico di Naruto.

«Allora, Shikamaru» esordisce Kakashi quando la calamità in arancione si è chiusa la porta alle spalle, «come procede a crittologia?»

Gli lancia una mezza occhiataccia. Sa che può permetterselo, anche se lui è l’Hokage. «Diciamo che le seccature sono altre».

Kakashi ridacchia. «Come dire… Ti è toccato e te lo tieni».

«Eh, grazie al cazzo».

«Sai come si dice, no?» L’occhio destro dell’Hokage si chiude nuovamente nell’espressione ti-sto-prendendo-per-il-culo. «I veri eroi sono quelli che non hanno mai voluto esserlo».

«L’eroe è Naruto, non io». E dubito che non abbia mai voluto esserlo, pensa.

«Poco importa» taglia corto Kakashi. «Stavamo parlando di crittologia».

«Va tutto bene, a crittologia. È difficile, ma mi diverto». E già questo è un fatto straordinario.

«Hai ancora parecchio da imparare» dice fissandolo con tanta intensità da metterlo quasi in soggezione, «ma Ibiki tesse lodi sperticate su di te».

«Davvero?» domanda senza sforzarsi di sembrare sorpreso. Sa cosa Ibiki dice di lui e sa che anche Kakashi lo sa.

«Dice che sei il miglior crittologo che abbia mai incontrato».

«Sembra che abbiamo trovato anche il mio talento, alla fine».

Kakashi tace, ma Shikamaru sa cosa sta pensando. Il suo talento è noto già da anni. L’intelligenza è il suo talento più grande e la sua arma più potente; è un buon crittologo perché sa ragionare.

Shikamaru intuisce ciò che Kakashi sta per dire, e non ne è contento. Perciò ha pronunciato quella frase, pur sapendo che è inutile e che non cambierà niente.

«Prima o poi dovrai lasciare crittologia».

«Spero più poi che prima, sinceramente».

«Chissà perché, ma me lo immaginavo». Ricomincia a scartabellare i fogli sulla scrivania. «Sei un ninja troppo dotato per rimanere tutta la vita rinchiuso in un ufficio a decifrare codici».

«Che seccatura». A che gioco sta giocando, comunque? Lo sta tenendo lì per ribadirgli cose che sa già?

«Ma per nostra fortuna sei anche molto più ligio al dovere della maggioranza dei ninja».

«Scusami», ma anche no, «potremmo arrivare al dunque?»

Kakashi lo fissa divertito. «Ibiki ritiene che tu sia pronto per… avanzare di livello».

«In crittologia?» chiede, e non ci crede neanche lui.

«No, come consigliere». Appunto. Mai una cosa che vada come dovrebbe. «Da ora in poi sarai la sua ombra in ogni momento del suo incarico da consigliere. Il che vuol dire…»

«Meno tempo per crittologia».

«Sì».

Shikamaru sospira. Avrebbe dovuto saperlo che era troppo bello per durare. «Va bene. Non che abbia molta scelta, comunque».

«Infatti».

«Ma non era proprio possibile esentarmi dal dare ripetizioni a Naruto invece che da crittologia?»

Kakashi ridacchia. «Ti è toccato questo, mi dispiace» dice in un tono per niente dispiaciuto.

«Oh, bè, suppongo di dovermela godere finché posso».

Sente la porta aprirsi alle sue spalle. «Mi scusi, Hokage».

«Sì, Shotaro?»

«È appena arrivata Temari da Suna».

Shikamaru quasi si strozza.

Cosa cazzo ci fa Temari qui?, pensa sperando che Kakashi non si accorga della sua improvvisa, seccantissima confusione. Temari è qui, cazzo, pensa poi, schiarendosi la gola, facendo un respiro profondo e cercando di mantenere il suo solito aspetto quasi annoiato, pregando tutti gli dèi di non arrossire, non mangiarsi le parole, non fare movimenti inconsulti che tradiscano il suo stato d’animo e cercando di non ricordare quello che è successo l’ultima volta che si sono visti.

Ovviamente, non appena s’impone di non pensarci la scena gli irrompe nella mente in tutta la sua forza. Gli occhi verdi di Temari fissi nei suoi, le dita ad asciugargli le lacrime, le loro labbra che si toccano, lei che torna a Suna e lui a Konoha senza una parola a riguardo.

Questa storia delle reazioni chimiche al semplice sentirne il nome non va affatto bene.

«Falla passare» dice Kakashi, e Shikamaru si sente improvvisamente il cuore in gola. Si volta verso la porta giusto in tempo per vederla entrare nell’ufficio.

Lei non lo vede subito. Entra con il suo solito passo deciso, puntando dritto alla scrivania di Kakashi. Sembra provata dal viaggio, col vestito nero stropicciato e il volto stanco, ma il suo sguardo è fermo e attento. La sua semplice presenza gli fa raddrizzare la schiena, togliere le mani dalle tasche e sorridere. Prova a non farlo, ma è difficilissimo. Si era dimenticato, come al solito e inspiegabilmente, di quanto bella sia e quanta influenza abbia su di lui con la sua semplice presenza.

«Buonasera, Hokage» dice, ed è la stessa voce con cui ha sussurrato il suo nome un momento prima che lui la baciasse.

«Bene arrivata, Temari» la saluta Kakashi. «Fatto buon viaggio?»

«Sì, tutto tranquillo». Poi, arrivata quasi al centro della stanza, alza lo sguardo e lo vede.

Calma, calma. È la stessa persona che ti chiama piagnucolone da quattro anni.

Chissà perché, ma il pensiero non lo aiuta.

Il volto di Temari si illumina quando incrocia il suo sguardo. Gli sorride come farebbe la primavera se fosse una persona**. Il sorriso di Temari scalda il cuore. E spazza via le facoltà mentali, per quanto lo riguarda. Ma lo fa anche sentire meglio di qualunque altra cosa. «Come al solito non faccio nemmeno in tempo ad arrivare che ti ho già tra i piedi, Nara».

Tutto sommato, è sempre la solita Temari stronza e tagliente come un kunai appena affilato e cosparso di veleno. La cosa lo mette a suo agio molto di più del pensiero di quanto ne è innamorato, e gli fa anche leggermente passare la voglia di abbracciarla lì davanti a Kakashi. Le sorride di rimando. «Magari sei tu che mi vieni a cercare».

Per un secondo teme di aver esagerato, ma poi vede un guizzo nei suoi occhi, e lei non smette di sorridere. Non smette di sorridere, cazzo. «In realtà avevo urgenza di parlare con l’Hokage».

Colpito e affondato.

«A che proposito?» domanda Kakashi. Shikamaru può quasi vedere la maschera incresparsi sulle labbra, dove molto probabilmente c’è un sorrisetto per lo scambio a cui ha appena assistito.

«È confidenziale».

«Shikamaru è quasi il mio braccio destro, e di certo saprai che si sta preparando a diventare consigliere». Lui è oltremodo compiaciuto dal vedere meraviglia e, soprattutto, una punta d’irritazione nell’espressione di Temari. «Ma se è una richiesta esplicita del Kazekage, ovviamente accondiscenderemo. Avevamo comunque finito».

«Certo» dice Shikamaru recuperando i biscotti per Kurenai dallo scaffale sopra il quale li ha appoggiati. «A domani, Hokage. Temari».

Prima di uscire la guarda negli occhi a lungo. Nessuno dei due ha ancora smesso di sorridere. Nel momento in cui la sfiora passandole accanto, mezzo di proposito e mezzo no, crede di non essere mai stato più felice di vederla. Cosa strana, pensa chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi alla parete lì accanto, visto come sono andate le cose l’ultima volta che si sono visti. Il giorno in cui è finita la guerra, il giorno in cui l’ha baciata.

L’aveva baciata ancora piangendo, quasi (un contrappasso niente male visto come lei lo prende sempre in giro per il suo pianto di quattro anni prima), con il corpo che tremava e il cuore in gola per la paura che lo mandasse all'altro mondo. Ma poi lei aveva dischiuso le labbra e lui aveva pensato che sarebbe morto lo stesso, e comunque a causa sua.

Si era allontanato senza capire nulla di quello che stava succedendo, cosa che nella vita gli era capitata molto raramente. Temari lo aveva guardato con gli occhi spalancati, le gote imporporate e le labbra incurvate in un sorriso e Shikamaru non si sarebbe sorpreso se il cuore gli fosse saltato fuori dal petto. E quello sarebbe stato il momento perfetto per dirle che l’amava, e adesso pensa che avrebbe dovuto farlo, che avrebbe dovuto zittirla e dirglielo in quell’istante in cui non capiva un cazzo e non aveva la forza di pensare alle conseguenze. Ma invece non lo aveva fatto, aveva fissato le sue labbra, quelle che aveva appena baciato, dèi, mentre lei diceva una delle sue delicatissime frasi. «Bè, Nara…»

Aveva passato giorni e giorni a chiedersi cosa stava per dire. Bè, Nara, sei un cretino? Bè, Nara, mi piaci? Bè, Nara, baci da far schifo? Cosa diamine stava per dirgli, Temari, quando Akatsuchi era entrato nella tenda, interrompendola e scusandosi come se non avesse né capito né avuto intenzione di farsi i fatti loro (almeno quello), per recuperare una dannatissima mappa che si era dimenticato? Poi, naturalmente, lui era arrossito tanto che avrebbero potuto friggergli un uovo sulle guance, Temari aveva distolto lo sguardo e aveva mormorato «Andiamo» precedendolo fuori dalla tenda. E allora lui, dèi potentissimi, avrebbe dovuto fermarla e chiederle cos’era stata sul punto dire e baciarla di nuovo, magari, se quello che avesse detto lo avesse giustificato; ma aveva avuto paura, quella era la verità, e poi era spuntato Choji con un sorriso malefico da un orecchio all’altro (e vedere un sorriso malefico sul volto di Choji Akimichi ti fa credere che sia arrivata la fine del mondo), gli aveva teso una borraccia e lo aveva trascinato fuori con un braccio intorno alle spalle, senza dire una parola su Temari o su quello che poteva essere successo nella tenda, ma con uno sguardo che toglieva ogni dubbio riguardo al fatto che avesse capito.

E poi tutti erano tornati ai rispettivi villaggi e loro non si erano più visti.

Erano passati quasi sei mesi, lui aveva ricevuto notizie di Temari per vie traverse e aveva dedicato una parte imbarazzante del suo tempo a riflettere su cosa era stata sul punto di dirgli. No, diciamoci la verità: a fantasticare che fosse stata sul punto di dirgli di essere innamorata di lui. Eventualità che non era del tutto da escludere se ragionava razionalmente sul suo comportamento (il baciarlo con la lingua; l’accarezzargli il collo; il sorridergli), ma vai a sapere cosa pensa veramente Temari. Conoscendola, avrebbe potuto benissimo essere sul punto di prenderlo in giro. O, magari, di averlo lasciato fare per confortarlo, perché stava male per suo padre. Il che sarebbe stato una vera bastardata da parte sua.

Bè, pensa sperando che il colloquio con Kakashi non duri tanto, ora che è a Konoha sarebbe cosa buona e giusta chiederglielo.

Sarebbe.

Gli tremano le ginocchia al solo pensiero.

Si è quasi stufato di aspettare quando Temari esce dall’ufficio di Kakashi. Forse, pensa appena la porta si apre e per un momento (o due, tre, quattro) gli si attorcigliano le viscere, sarebbe stato meglio se me ne fossi andato. Non sta scritto da nessuna parte che deve aspettarla. Forse, inorridisce, ha fatto addirittura male ad aspettarla, perché non sono niente, loro, sono solo due colleghi di lunga data che si sono baciati in un momento di sconforto e adrenalina. Ma in ogni caso ormai è troppo tardi.

Shikamaru si stacca dal muro mentre Temari si guarda intorno chiudendo la porta. No, non è corretto: non si guarda intorno, volta la testa verso di lui come se sapesse già che lo troverà lì. «Era ora» le dice strascicando le parole. «Stavate componendo un poema epico?»

«Sì, su un eroe che ti taglia la lingua perché tu la smetta di lamentarti». Gli sorride come faceva fino a sei mesi prima, quando non si erano ancora baciati. Buon segno? Brutto segno? Boh. Non che abbia molto senso cercare di capire la mente di una (quella) donna. Poi cambia tono di voce, completamente. «Ciao, Nara» gli dice andandogli incontro, e sembra quasi una carezza (una carezza? Temari?). Un momento dopo, quasi senza rendersene conto, si ritrova tra le sue braccia. A casa.

I suoi capelli gli solleticano il volto. Lei è piccola e immensa allo stesso tempo. Le sue mani sulla schiena sembrano così familiari, come se fossero state fatte apposta per abbracciarlo e non per uccidere nemici. Non si aggrappa a lei come il giorno in cui la guerra è finita, ma la tiene stretta, come se non volesse più lasciarla andare.

Non vuole, in realtà.

«Sono contenta di vederti».

«Anch’io».

Sa che non la bacerà, non in quel momento. Probabilmente lo sa anche lei ed è per questo che è così rilassata, che lo abbraccia così a lungo. Fosse per lui, starebbero lì tutta la notte.

Ma poi si allontanano, Shikamaru incrocia il suo sguardo, capisce che anche lei sta pensando le sue stesse cose e s’impone di non arrossire.

«Sono stanchissima» dice.

«Non mi avevi detto che saresti venuta». Lo ha detto tanto per parlare, ma dall’espressione che compare sul volto di Temari capisce che, per qualche strano motivo, avrebbe fatto meglio a tacere.

«Da quando in qua ti devo informare dei miei spostamenti?»

A quel punto non ha il coraggio di risponderle a voce, così la guarda negli occhi e spera che il messaggio passi lo stesso. Pensavo che avessimo raggiunto un punto per cui ci avvertiamo, quando siamo nei paraggi. Lui l’avrebbe fatto, se l'avessero spedito a Suna. Ma forse non è la stessa cosa, visto che è innamorato di lei e non riesce a togliersela dalla testa nemmeno per mezza giornata, mentre lei... non si sa.

La segue lungo il corridoio. «Non mi pare che tu mi abbia detto che stai per diventare veramente consigliere».

Oh, bè, quando ha ragione, ha ragione. «Non sto per diventare consigliere. Lo diventerò prima o poi. Purtroppo».

«Purtroppo?»

«È solo…»

«… una grandissima seccatura, lo so, risparmiami». Adesso completa anche le sue frasi. Buon segno? Brutto segno? Boh. Chi lo sa.

«Quanto rimani?» È la cosa che gli preme di più sapere.

Ok, la seconda cosa che gli preme di più sapere.

«Due settimane. Gaara mi ha mandata a negoziare alcuni accordi internazionali. E l’Hokage mi ha preso per un ninja aggiuntivo da sfruttare, a quanto pare» aggiunge non senza irritazione.

«Io ho iniziato a chiamarlo il Sadico».

Temari ridacchia. Lui non può trattenersi dal sorridere. «Cosa c’è lì dentro?» dice ammiccando al contenitore.

«Biscotti».

«Non ti vergogni a non offrirmene neanche uno quando ti ho appena detto che sono stanchissima per il viaggio?»

«Sono per Kurenai» spiega, ed è divertito dalla sua espressione quando capisce di aver parlato a sproposito, «ma puoi prenderne uno se vuoi».

Gli edifici del villaggio risplendono nella calda luce pomeridiana. Dove nemmeno un anno prima c’era un deserto, Konoha trabocca di gente e di vita. Temari sembra pensare la stessa cosa, perché lo guarda da sotto in su vagamente preoccupata. «Immagino che il mio appartamento non sia dov’era il vecchio».

«No».

«Cazzo».

«Quanta finezza per un problema così triviale» commenta con un piano diabolico già bello che definito in mente.
Temari sbuffa. «Non ho né il tempo né la voglia di mettermi a cercarlo. Portamici tu».

Appunto.

«Guarda che non sono più il tuo accompagnatore».

«Dai, Nara, stai zitto e fai strada» ordina, ordina, pescando un biscotto dal contenitore che Shikamaru le porge.

«Ti avverto, non so di preciso dove sia. Non ho più avuto occasione di andare ai complessi dei diplomatici». Sottinteso: ci vado solo se ci sei tu.

«Sono sicura che riuscirai a farmici arrivare». Poi addenta un biscotto. «Bè, se non riesci a diventare consigliere puoi sempre aprire una pasticceria».

«Non li ho fatti io» dice, perché le parole di Temari potrebbero pure sembrare un complimento, ma lui sa che lo sta prendendo in giro. «Li ha fatti mia madre, ovviamente».

«Come sta?» chiede. Non fa nessun accenno a suo padre, ma ci stanno pensando entrambi.

«Rompe i coglioni come al solito».

«Bè…» Temari esita. «È un bene, no?»

«Sì, credo». Non le dice quanto è stata male e quanto spesso pianga ancora adesso, perché non sono fatti suoi e sua madre non vuole farsi vedere nemmeno da lui. Non le dice quanto lui senta la mancanza di suo padre, perché è superfluo. «Mi ha detto che le hai scritto una lettera, dopo che sei tornata dalla guerra».

«Mi sembrava il minimo. Anch’io conoscevo tuo padre, e conosco lei».

«L’ho letta» rivela. Sta guardando verso di lei, ma Temari ha gli occhi fissi davanti a sé. All’improvviso è tutto più silenzioso, e non solo perché hanno lasciato la via principale. «È una bella lettera. Ha pianto tantissimo, ma poi è stata meglio». Sembra che tu abbia saputo consolare più di un Nara, vorrebbe dirgli.

«Bene, sono contenta».

«A dire il vero ci sono rimasto un po’ male che tu non abbia scritto anche a me».

Vede un’ombra passarle negli occhi e la guarda scegliere con cura le parole. Un passo falso in quel momento potrebbe creare problemi che non vuole affrontare. Forse. «Non mi è sembrato che ce ne fosse bisogno».

«No, non ce n’era» sospira.

Cala il silenzio, e improvvisamente il bacio che si sono scambiati è più reale che mai. Non sono più i colleghi-amici-nemici di sempre, sono Shikamaru e Temari che si sono baciati, hanno lasciato in sospeso cose non dette e sono tornati a casa prima di rendersene conto. Sono Shikamaru che è innamorato fino al midollo e Temari che…

Che cos’è, Temari? Che cosa prova nei suoi confronti?

«E Kurenai? Come sta?» gli chiede. Per allontanare il pensiero che occupa la mente di entrambi, probabilmente.

«Bene».

«E il bambino?»

«La bambina. Si chiama Mirai ed è un terremoto».

Temari non trova niente da commentare. Cala di nuovo il silenzio mentre si addentrano in un quartiere residenziale pieno di impalcature, pile di mattoni e sacchi di sabbia. Shikamaru pensa che prima o poi dovrà mettere mano al suo coraggio e tirare in ballo la questione in un momento in cui lei deve per forza starlo a sentire. Non possono fare finta di niente. Lui non può fare finta di niente, non ci riuscirà per sempre. Anche in quel momento pieno di tensione non vorrebbe fare altro che abbracciarla e premere le labbra sulle sue.

Non adesso. Non quando ha tre giorni di cammino alle spalle e pochissima voglia di affrontare l’argomento.

Nemmeno lui ne ha voglia. Ha solo voglia di abbracciarla, e ha paura.

«Ti aspetto da me per le sette e mezza?»

Temari non è a suo agio con quella cosa, Shikamaru lo vede chiaramente. Esita a rispondere, atteggiamento strano rispetto al suo solito ma non così tanto alla luce di ciò che è successo l’ultima volta che si sono visti.

È una specie di tradizione, per loro, cenare insieme la prima sera di Temari a Konoha. All’inizio non era stata una loro iniziativa. La prima volta che lei si era recata al villaggio in veste di ambasciatrice, il ricordo delle selezioni dei chuunin era ancora troppo fresco, ai suoi occhi Shikamaru era un ragazzino petulante, il sentimento era ampiamente ricambiato e nessuno dei due sopportava l'altro, né l'idea di dover lavorare a così stretto contatto per un arco di tempo ben più lungo di quanto sarebbero riusciti a resistere. Ma Temari era l’ambasciatrice di Suna e Shikamaru aveva avuto la colossale sfortuna di essere designato dalla Schiavista come suo accompagnatore, con la gentile richiesta che la portasse fuori a cena per darle il benvenuto che si conviene a un diplomatico straniero in visita ufficiale. Almeno mangio gratis nel ristorante migliore di Konoha, si era ripetuto per tutta la sera. Era comunque tornato a casa pensando che nemmeno dieci cene pagate valessero la seccatura di passare tutto quel tempo con Temari.

A volte si chiede cosa sia successo dopo, come sia stato possibile che fossero diventati così… intimi. Non propriamente amici. E come sia stato possibile che lui si sia innamorato di lei.

«Ci sono anche Choji e Ino, ero già d’accordo per trovarmi con loro» dice.

«E io dovrei passare la serata con la Yamanaka?»

«Non mi sarei organizzato con loro se mi avessi detto che saresti venuta». Questa volta a maggior ragione, vorrebbe aggiungere.

Temari sorride. «Touché. Le sette e mezza va bene». Shikamaru si ferma davanti a quello che crede sia il nuovo complesso per gli ospiti in visita ufficiale. «Ma non starò molto, sono distrutta e voglio solo buttarmi a letto». Si volta verso di lui. Il vento le smuove i capelli, il suo sguardo è limpido, le sue labbra incurvate in un sorriso. «Grazie per avermi accompagnata».

«Inizia a pensare a come sdebitarti».

«Se dovessi essere tu a sdebitarti con me, Nara…» ride.

È così bella quando ride.

Cazzate, è bella sempre.

«Temari».

«Cosa?»

Adesso è lui a esitare. Sa che Temari non ha voglia di parlarne, perché se così non fosse avrebbe preso il toro per le corna con la sua proverbiale delicatezza da elefante, e lui stesso ha paura di affrontare l’argomento. Ma non possono fare finta di niente.

E lei capisce cosa gli sta passando per la mente, perché il suo sorriso si congela e gli occhi guizzano di una certa qual ansia. Shikamaru non crede di averle mai visto addosso un’espressione del genere.

«Ci vediamo dopo».


 
 
La sveglia suona, spietata come un Aburame. O come Ibiki con una spia nemica tra le grinfie. O come sua madre in un momento qualsiasi della giornata. O come un ninja di Suna.

Al quarto paragone, Shikamaru si rende conto di essere sveglio da vari minuti (lo scorrere del tempo la mattina presto è un mistero che nessuno, e di certo non lui, sarà mai in grado di dipanare) e che i suoi pensieri sono pericolosamente vicini a una certa persona che gli procura un sacco di grane e a cui vorrebbe non pensare a quelle ore improbabili.

Vorrebbe.

Si alza lentamente, sbadigliando e stiracchiandosi e sfregandosi gli occhi un numero esagerato di volte ancora prima di aver pescato i vestiti dall’armadio. Non per la prima volta, e sicuramente non per l’ultima, pensa che chiacchierare con Ino e Choji fino alle due di notte è stata un’idea per niente furba. Vero è che avevano argomenti di primaria importanza su cui confrontarsi, riassumibili in problemi-di-cuore seccature secondo la sua visione delle cose e la-tensione-sessuale-tra-te-e-Temari secondo Ino. Chissà come mai gli riesce naturale non pensare agli utili consigli dell’amica mentre si lava la faccia, ma quando prova a riservare lo stesso trattamento ai pensieri su Temari non ha il minimo successo.

Ieri sera Temari è arrivata a casa sua puntuale come gli strilli di Mirai alle ore dei pasti, ha chiacchierato amabilmente con sua madre (il che è molto preoccupante sotto molti punti di vista) facendo finta che lui, Choji e Ino non ci fossero (probabilmente per evitare che quest’ultima attaccasse bottone), gli si è seduta davanti e, stando a quello che i suoi amici gli hanno riferito più tardi sorseggiando birra di nascosto e senza orecchie indiscrete ad ascoltare, non gli aveva staccato gli occhi di dosso per tutta la cena. Cosa assolutamente ricambiata, aveva anche aggiunto Ino con un ghigno che lo aveva fatto rabbrividire.

Senza dubbio è vero, pensa indossando i pantaloncini. Però cosa significhi è un mistero.

In ogni caso è troppo presto e la giornata davanti a lui è fin troppo piena di impegni per aver voglia di rimuginare sulla cosa. Anche perché la sua opinione a riguardo conta probabilmente meno di zero nella realtà delle cose.

Come al solito, a quell’innominabile ora del mattino Konoha è poco più che appena sveglia. Il sole è relativamente basso a est, le ombre sono lunghe, la temperatura è ancora sopportabile. Iniziando a corricchiare verso il campo di allenamento, Shikamaru pensa che sarebbe stato molto meglio nascere più a nord, ma non troppo, dalle parti di Iwa per intenderci, in modo da risparmiarsi il caldo estivo. Magari non in una delle Grandi Terre Ninja. E in una città di civili e non di soldati. Sarebbe stato bellissimo: avrebbe avuto una vita tranquilla, avrebbe sposato una donna né bella né brutta, avrebbe avuto due figli, prima una femminuccia e poi un maschietto. E invece è nato in un cazzo di villaggio ninja e per giunta in una delle più antiche famiglie di combattenti. Gli è toccato nascere a Konoha, crescere a suon di sudore e sangue (letteralmente), finire incastrato a lavorare per tutta la vita a stretto contatto con una delle persone più seccanti che abbiano mai camminato sulla faccia della Terra e doversi pure alzare tutti i giorni a orari indecenti per allenarsi.

E, come se non bastasse, trovare il campo di allenamento già occupato.

Temari indossa pantaloncini, canottiera e scarpe da ginnastica ed è coperta di sudore. Come faccia a essere così sudata a) quando il sole è ancora basso, b) quando la giornata deve ancora iniziare e c) pur essendo abituata alla vita in un deserto infernale è un mistero. Ma non sono questi i primi pensieri che passano per la testa di Shikamaru quando vede la sua pelle nuda. La guarda da lontano per vari secondi prima che si accorga di lui e si blocchi a metà di una serie di flessioni. «Che cosa ci fai qui?» gli domanda sgranando gli occhi dalla sorpresa.

«Buongiorno anche a te» gracchia lui con la voce ancora impastata dal sonno. «La stessa cosa che fai tu, immagino».

«Sono sorpresa da cotanta voglia di fare».

Shikamaru non replica. Non ha né la voglia né l’intenzione di pensare a una risposta. I suoi piani non prevedevano di aprire bocca prima delle otto, soprattutto per parlare con la seccatura incarnata. Le si avvicina e dedica un paio di minuti allo stretching, prima di iniziare gli esercizi. Non la guarda, non ne ha bisogno per sentire la sua presenza e il suo sguardo fisso su di lui.

«Che ora avete tirato stanotte?»

«Le due».

«Sono sempre più sorpresa della tua levataccia».

«Sei tu che pensi che io sia uno sfaticato».

«Non lo sei?»

Sbadiglia senza preoccuparsi di coprirsi la bocca. Lei lo guarda con disapprovazione. «Sì, lo sono».

«Allora vedi che ho ragione, come al solito».

Temari comincia una nuova serie di flessioni. Si chiede se si lascerebbe guardare, in caso lui alzasse la testa. Potrebbe essere un modo per indurla ad affrontare l’argomento tensione-sessuale-tra-me-e-Temari, altresì detto (a ragione) seccature. Ma il rischio che finisca male è troppo alto. Ci sono molte probabilità che porti più seccature di quelle che vale. «Sei quasi più sottotono del solito».

«È un periodo estremamente stressante».

«Sì, immagino» commenta lei, senza nemmeno provare a nascondere lo scetticismo. «Come l’ultima volta che ci siamo visti, e quella prima, e quella prima ancora».

Sfacciata, pensa Shikamaru. Nominare così l’ultima volta che ci siamo visti senza neanche battere ciglio.

Forse è lui che ne è ossessionato. Non potrebbe essere altrimenti, però. Ed è un fottutissimo problema.

«Questa volta è davvero stressante». Rotola su se stesso, incurante della polvere che gli sporca i vestiti, e inizia a contare mentalmente le flessioni. «Devo studiare un sacco di cose noiose, fare da baby sitter a Naruto, seguire Ibiki come un’ombra dappertutto tranne che alle carceri, grazie agli dèi, fare la mia parte nella ricostruzione del villaggio e vivere con mia madre». Dalla posizione in cui si trova potrebbe fissare Temari dritta negli occhi, ma non alza lo sguardo dalla terra sotto di lui. «Se non avessi iniziato a lavorare a crittologia, probabilmente mi sarei già dato alla macchia».

«Crittologia?»

«Sì».

«Non sapevo che avessi iniziato a lavorare lì. Ti piace?»

«È meglio di tutti gli altri incarichi che ho avuto finora».

«Sembra una noia mortale».

Shikamaru non replica. Dopo la ventesima flessione rimane giù e conta i secondi di recupero. Sente Temari mettersi a sedere davanti a lui. «Mi sa che mi toccherà sopportarti parecchio, queste due settimane». Ma magari. Non chiede altro che passare con lei più tempo possibile. Anche se probabilmente si pentirebbe di averlo desiderato dopo un’ora al massimo. «Morino dovrà presenziare alle negoziazioni». Pensa, non per la prima volta, a quanto sia strano che cenino e si allenino insieme poche ore prima di sedere ai lati opposti di un tavolo diplomatico. Pensa che in passato ha avuto a che fare con parecchi ambasciatori, e Temari è l’unica con cui parla anche al di fuori del lavoro. E ci parla anche troppo, a dirla tutta. «Come dicevo ieri, sempre tra i piedi, Nara».

«Non lamentarti» dice cominciando la seconda serie, «potrebbe andarti molto peggio».

«Non dire a me di non lamentarmi».

«Com’è che ogni volta che ti vedo sei sempre più seccante?»

Temari esita. Shikamaru crede di sapere che tipo di pensieri le stanno attraversando la mente. Perché mi hai baciato se sono così seccante?. Sa anche che non ne vuole parlare. Sa che probabilmente conosce già la risposta.

«Devi fare le addominali?» le chiede, alzando finalmente gli occhi verso di lei. Lo sta guardando, ovviamente; ha continuato a guardarlo per tutto il tempo, e non è contenta che lui l’abbia colta in flagrante. Gli riesce difficile non far scorrere lo sguardo sulle gambe nude e sul seno.

«Sì».

«Possiamo farle insieme, se vuoi».

«D’accordo». Gli si avvicina, incastra i piedi ai suoi. Ieri si sono abbracciati, ma per qualche strano motivo quel contatto gli sembra appena meno intimo di quello tra le loro labbra. «Tre serie da trenta».

«Schiavista peggio di Tsunade» le dice.

«Adesso non esagerare». Gli sorride prima di spingersi all’indietro con le mani dietro la testa, e Shikamaru, manco a dirlo, sente attorcigliarsi le viscere. «Uno». Lui sbuffa e si lascia cadere. «Due, e sei già indietro».

«Non seccare». Incrocia il suo sguardo per un attimo prima che il volto scompaia dietro le sue ginocchia, e lo sta ancora prendendo in giro solamente guardandolo.

«Tre».

E poi, al «Dodici», si trovano faccia a faccia, occhi negli occhi, i volti vicini. Di colpo, tutto quello che c’è tra loro è più tangibile che mai. Temari non si lascia cadere nella tredicesima ripetizione, figurarsi lui. Potrebbe chinarsi qualche centimetro in più e posare le labbra sulle sue. Sarebbe così facile, da un punto di vista puramente logistico. Sotto tutti gli altri punti di vista, gli sembra che non ci sia niente di più difficile.

«Tred…»

«Cosa mi stavi per dire prima che Akatsuchi entrasse in quella tenda?»

Esita. I suoi occhi sono enormi in quel momento. La fronte è imperlata di sudore e lei è più rigida che mai. «Come faccio a ricordarmi, Nara?»

«Non ci credo che non te lo ricordi».

«Sono passati sei mesi».

«Io mi ricordo quello che avrei voluto dirti». Lo sguardo di Temari lo trapassa da parte a parte. È sempre più vicina. No, io sono sempre più vicino, si corregge. Vorrebbe solo stringerla a sé. Vorrebbe protendersi un po’ di più e baciarla. Si chiede come reagirebbe se lo facesse. Risponderebbe come ha fatto sei mesi prima? Gli tirerebbe un calcio nelle palle?

«Niente di intelligente o umile, probabilmente».

«Questo è poco ma sicuro». Innamorarsi di lei non è stata una mossa né intelligente né umile. Nemmeno baciarla lo sarebbe, ma davvero non pensa ad altro mentre lei gli prende una mano e gli si avvicina ancora di più. Completamente irrazionale. «Non vuoi sapere cos'avrei voluto dirti?»

«Non credo che sarebbe una buona idea».

Non si stanno più guardando negli occhi. La fronte di Temari è appoggiata alla sua e lui fissa le sue labbra che si muovono. Gli respira addosso mentre i loro visi si sfiorano. Quello che hai detto non ha senso, pensa portandole la mano libera alla nuca. Puoi ripeterlo quanto vuoi, ma ogni parte di te sta urlando l’opposto.

«Nara, non…»

«Lo sai già cos’avrei voluto dirti, e ti va bene».

La bacia, e lei è lì che lo aspetta a labbra aperte e cuore in mano. La parte razionale della sua mente sente che c’è qualcosa che non va, ma l’altra, quella che lo fa pensare a lei mentre dovrebbe ascoltare Ibiki e che fa sobbalzare il suo cuore ogni volta che sente la parola “Suna”, non riesce a pensare ad altro che non sia il corpo di Temari così vicino al suo, le loro bocche che si toccano, quanto ama quella dannata, spietata, ruvida, pungente donna che per cinque anni non ha fatto altro che prenderlo in giro e salvargli la vita, più di una volta e in più di un modo. La bacia e si sente morire da come Temari lo bacia a sua volta, da quanto cerca di farglisi vicino e da cosa significa tutto ciò. E poi non pensa più a niente e non sente più niente per quelli che sembrano giorni interi trascorsi in un battito di ciglia.

«Non dovremmo, Shikamaru».

«Forse no» dice respirando forte.

«Non possiamo».

Allontana il volto dal suo e la guarda negli occhi. Sta male da quante sensazioni e sentimenti lo attraversano quando ci si specchia. «Perché no?»

«Siamo di due Paesi diversi».

«Importa davvero?»

«Io ho degli obblighi nei confronti di Suna e tu ce li hai nei confronti di Konoha».

«Non riguardavano le… le persone amate, l’ultima volta che ho controllato».

«Potremmo essere nemici».

È con quella frase, con quell’immane cazzata che Shikamaru inizia a sentirsi male sul serio, e non perché è innamorato di lei fino al midollo e l’ha appena baciata.

«Non abbiamo mai fatto altro che litigare». Non lo guarda negli occhi. Ha anche allentato la presa sulla sua mano. «Soffriremmo e basta».

Non sa cosa rispondere. Si sente intontito, come se qualcuno lo avesse colpito in testa. Tutto intorno a lui gira e le gambe di Temari sono ancora contro le sue, ma lei non è mai stata così lontana, dopo nemmeno un minuto dopo essere stata più vicina di quanto abbia mai osato sognare.

«Scusami, Shikamaru». La guarda in viso mentre si alza, sudata, scarmigliata, con gli occhi bassi. «Non avrei dovuto».

«Perché non mi hai spinto via, allora?» le chiede mentre qualcosa dalle parti del cuore sanguina come una ferita da katana.

«Ci vediamo in giro». Temari gli volta le spalle e attraversa il campo di allenamento quasi correndo. Il cuore di Shikamaru martella contro la cassa toracica mentre la guarda scomparire dalla sua vista, e le sue parti razionale e irrazionale gli dicono la stessa cosa. Che fa malissimo come ha sempre sospettato che sarebbe successo.

 
Realized I can’t not be with you or be just your friend
I love you to death but I just can’t, I just can’t pretend
We were lovers first, confidants but never friends
Were we ever friends?
Fall Out Boy – HOLD ME TIGHT OR DON’T
 
 
 
Note:
* Informazione superflua di cui probabilmente non vi frega nulla: qualche giorno fa ho scoperto per caso che il doppiatore giapponese di Shikamaru si chiama Shotaro. Coincidenze? Io non credo.
** Frase liberamente ispirata a Drops Of Jupiter dei Train. Spero che suoni meno cringe di quanto non faccia nella mia testa.
 
Salve a tutti, bella gente!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia spezzato il cuore, muahahaha! È parecchio lungo, lo so, ma mi piaceva l’idea di descrivere la situazione dopo la guerra per aggiungere dettagli alla storia e alla caratterizzazione di Shikamaru. E mi serviva un pretesto per sparare a zero su Sasuke en passant (lo odio, non c’è niente da fare).
Ultimissimissima informazione: diversamente da quanto avevo in programma, ho deciso di unire gli ultimi due capitoli. Ergo, la storia si concluderà con la Parte 3, che pubblicherò sabato prossimo.
Statemi bene!
Airborne
  
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