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Autore: Airborne    28/11/2020    1 recensioni
In cui Ino descrive il rapporto tra il suo migliore amico e il suo interesse romantico come "tensione sessuale" e fa centro. E in cui c'è un mondo che va ricostruito, ma la cosa è un po' diversa da come Shikamaru l'aveva immaginata.
O anche: documentario sulla vita quotidiana di un veterano di guerra che non ha rinunciato a inseguire il sogno di una tanto agognata vita tranquilla. Oppure no?
***
«In mancanza di Kakashi ti nomino mio consigliere. Congratulazioni». Le parole e in mancanza di tuo padre sono appese nell’aria come una fila di cartabombe.
«Sì, grazie tante».
Lo Tsuchikage borbotta qualcosa a proposito di "giovani" e "rispetto", ma lo ignora.
Dalla parte opposta della tenda c’è Temari. La guarda negli occhi per un lungo istante, e poi decide che non la guarderà più fino alla fine della riunione.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Ino, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Comunicazioni di servizio & avvertenze:
1) Questa fanfiction ha quattro tre capitoli, già finiti e self-betati, che pubblicherò a cadenza settimanale.
2) Cercasi revisore disperatamente. Non avrei voluto postare questa storia senza prima sentire un parere a riguardo, ma non ho trovato nessuno e mi sono stufata di rimandare la pubblicazione. Se c'è qualcuno disposto a betare la fic, mi mandi un messaggio privato. Prometto grandi onori e imperitura gratitudine.
3) Per motivi che non sto a spiegare, io non ho ancora mai visto tutta la serie. So come va a finire la guerra (conosco già più dettagli di quanti vorrei, mannaggia mannaggia), ma molto probabilmente ho scritto cose che stridono con il canon, soprattutto nel primo capitolo. E niente, vi chiedo di perdonare queste sviste-non-sviste e di prendere per buono quello che leggerete. (Avrei voluto chiedere al revisore di segnalarmi eventuali avvenimenti non canon, ma come ho già detto non è stato possibile. Mi riservo il diritto di cambiare qualche dettaglio minore in futuro, nel caso in cui la storia venisse - hopefully - revisionata o io stessa ritenga necessario modificarla quando avrò finito il rewatch di Naruto). E ovviamente no spoiler nelle eventuali recensioni, please! Fate come se tutto quello che so sulla fine della guerra sia scritto nella storia.
4) Non fate troppo caso alle canzoni, non hanno una vera utilità per la trama ma io sono geneticamente programmata per produrre fanfiction solo se ci posso infilare dentro dei brani che mi piacciono. Lo stesso titolo è un po' un ripiego, visto che la mia mente proprio non ha voluto saperne di tirarne fuori uno migliore.
 
Ora basta, ché vi ho tediati anche troppo. Buona lettura, ci si sente sabato prossimo con il secondo capitolo!

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I got a lot to say to you
Yeah, I got a lot to say
I notice your eyes are always glued to me
You're keeping them here and it makes no sense at all
[...]
I guess I'm dreaming again
Let's be more than
This
Paramore - crushcrushcrush
 



 

 
Parte 1: Green Day – Give Me Novacaine

 
Non si era aspettato di sopravvivere alla guerra. In realtà non si era nemmeno aspettato il contrario. Non è tipo da pensare troppo alle cose che non può prevedere in nessun modo e che accadranno comunque. Questo non significa che creda nel destino, perché non ci crede, non dopo che Naruto gli ha ripetutamente sbattuto in faccia che sono tutte cazzate, e comunque non crede di averci mai creduto. Semplicemente, ritiene che darsi pena per qualcosa su cui non si ha potere sia un modo molto stupido di perdere tempo e rovinarsi la sanità mentale. Quindi no, non ha mai veramente pensato a come sarebbe finita la guerra, oltre al fatto che l’Akatsuki, Madara Uchiha e compagnia bella andavano eliminati a ogni costo.

Non aveva nemmeno veramente pensato all’eventualità di uscirne orfano di padre. E quello è tutto un altro paio di maniche.

Accanto a lui, Ino piange ancora, stretta tra le braccia di Choji. Sono vivi, la guerra è finita e l’hanno vinta, ma a lei non importa nulla. Come potrebbe importare qualsiasi cosa quando tuo padre è appena morto?

Shikamaru sta bene, tutto sommato, per quanto bene possa stare un soldato che ha visto la morte in faccia e un ragazzo che si è sentito il padre morire dentro la testa. Ha pianto, e Choji ha abbracciato anche lui. Ha cercato di consolare Ino mentre le lacrime ancora gli rigavano il volto. Ha pensato a sua madre, e ha cercato di non pensare alla voce di suo padre, alla sensazione del suo sguardo addosso, al fatto che non sarà più lì a ridere con lui, a crescerlo, a tirarlo fuori dai guai, a salvarlo, mai più. Ma sta bene. La morte di Asuma e tutto quello che è venuto dopo lo hanno temprato. Per quanto si possa essere temprati di fronte alla morte del proprio padre, e non lo si sarà mai abbastanza.

In realtà, pensa, non me ne sono ancora reso conto del tutto.

E intanto la guerra è finita, e loro l’hanno vinta.

Cosa si fa, mezz’ora dopo aver vinto una guerra?

Intorno a loro non ci sono facce conosciute. Ci sono una massa di soldati con divise di sei colori diversi, la maggior parte delle quali coperte di sangue. Ci sono ossa spezzate, facce stordite, grida disperate e risa sguaiate. Un campo di battaglia subito dopo la fine della guerra è una fiera di tipi umani, ognuno di essi con la stessa domanda dipinta sul volto.

E adesso?

E adesso, pensa, vorrei solo riposarmi. Riprendermi fino a quando sarà tutto passato. Il dolore, i ricordi. Sperando che certe scene e certe parole non vadano a popolare i miei incubi insieme ad Asuma che cade faccia a terra col corpo rosso di ustioni. Ma non ci sarà tempo per riposare, non prima che il mondo sia stato ricostruito, e lui sarà in prima fila con chiodi e martello, perché deve e perché vuole.

Choza spunta dal nulla, stritola Choji fra le braccia, che a sua volta stritola Ino, e acciuffa anche Shikamaru. Non dice niente, Choza. Non ce n’è bisogno. Una vita intera trascorsa insieme a Shikaku e Inoichi e a crescere loro tre come se fossero tutti figli suoi parlano per lui.

«Abbiamo del lavoro da fare» dice poi, quando le sue braccia non li stringono più con così tanta forza e Ino si è calmata. «E con questo intendo che voi avete del lavoro da fare, Shikamaru, Ino. L'Hokage mi ha mandato a prendervi, vi vuole alla riunione con gli altri pezzi grossi».

«Cosa le serve?» domanda Shikamaru.

«Un consigliere», e un'ombra passa sui suoi occhi e non c'è bisogno che loro chiedano il perché, «e qualcuno in grado di metterli in contatto con tutto l'esercito».

Cioè di qualcuno che sostituisca i loro padri.

«Andiamo» dice a Choza, «fai strada».

Vorrebbe chiedergli se ha qualche notizia in più. Vorrebbe chiedergli se sa come stanno i loro compagni. Nient'altro, in realtà. Si guarda intorno a ogni passo e non vede nessuno che conosca. Solo persone che sorridono come se fosse il giorno più bello della loro vita, persone che piangono come se volessero strapparsi il cuore, e persone che fanno entrambe le cose. Ma nessuno che conosca. Vorrebbe chiedere informazioni a Choza, ma ha paura. I loro padri. Neji. Loro sono già abbastanza, molto più che abbastanza. E in quel momento non può sentirsi crollare il mondo addosso un'altra volta. Più tardi. Non adesso.

Choji e Choza non entrano nella tenda di fortuna in cui sono radunati i Kage; promettono di tornare con acqua e cibo. Lui preferirebbe un sonnifero.

I Kage sono seduti in circolo vicino ai rispettivi consiglieri, due per ciascuno tranne che per Tsunade, accanto alla quale c’è solo Ibiki. E anche lui, tra qualche secondo. Se fosse stato nominato consigliere dell'Hokage in circostanze diverse, probabilmente (sicuramente) avrebbe cercato con tutta la sua intelligenza una scusa inoppugnabile per sottrarsi al compito. Ma adesso sente che quello è il suo posto, che lo voglia o no, e che non se ne sottrarrà per nessun motivo al mondo.

Poi incrocia lo sguardo di Temari.

Rimane in piedi davanti ai Kage, dritto, freddo. Sotto i loro sguardi, Ino gli si avvicina d’istinto. Tsunade li fissa con occhi pieni di stanchezza e dolore. Spera che a nessuno venga in mente di fare i nomi dei loro padri.

«Sono dei ragazzini» sputa il Raikage. «Sono stufo di avere a che fare con dei ragazzini».

«Hanno la mia età» puntualizza Gaara lanciandogli un’occhiata che gelerebbe un vulcano.

«Sono tra i ninja più affidabili di Konoha» ringhia Tsunade, «e ti giuro che se non la smetti di lamentarti ti spacco la faccia».

Il Raikage inarca un sopracciglio, ma, secondo Shikamaru molto saggiamente, non si azzarda ad aprire bocca.

«Come possiamo esservi d’aiuto?» chiede Ino.

«Dobbiamo discutere tra noi» risponde l'Hokage, «e capire cosa succederà adesso all'Alleanza. Shikamaru, in mancanza di Kakashi ti nomino mio consigliere. Congratulazioni» continua con il tono di qualcuno che vorrebbe solo pace, esattamente come lui. Le parole e in mancanza di tuo padre sono appese nell’aria come una fila di cartabombe.

«Sì, grazie tante».

Lo Tsuchikage borbotta qualcosa a proposito di “giovani” e “rispetto”, ma lo ignora.

«Dov'è Kakashi, comunque?» chiede, e spera di ricevere la risposta giusta.

«Ha da fare» taglia corto Tsunade. Ergo, non ho nessuna intenzione di parlarne, prova solo a insistere e ti affibbierò così tante missioni che ci annegherai in mezzo.

Ma a quanto pare Kakashi è vivo.

«Ino, tu per il momento aspetta fuori».

«Certo».

Si porta accanto a Tsunade. Dalla parte opposta della tenda, dritto davanti a lui, c’è Temari. La guarda negli occhi per un lungo istante, e poi decide che non la guarderà più fino alla fine della riunione.


 
 
Non che la mia presenza fosse necessaria, pensa quando il generale dei samurai dichiara che la riunione è finita. Si è limitato ad ascoltare e a dire la sua su un paio di cose. E per fortuna ci hanno pensato gli altri, a organizzare il gran casino che sarà il rientro di sei eserciti. Lui non ne avrebbe avuto la forza. Spera solo che alla Schiavista o a Kakashi non salti in mente di portarlo con sé al prossimo Consiglio dei Kage, perché si prospetta un casino ben peggiore di quello. Il suo senso del dovere nel ricoprire quel ruolo è già evaporato. Comunque, ora non ha nessuna voglia di pensarci. Ha solo voglia di riprendersi da tutto quello che è successo negli ultimi tre giorni.

Alza lo sguardo col preciso intento di puntarlo negli occhi di Temari. Lei lo sta già guardando, immobile dall’altro lato della tenda. Ino e Tsunade sono già uscite, Gaara e Kankuro lo stanno per fare. Loro aspettano. Aspettano, e quando il lembo della tenda si chiude dietro al Raikage, l'ultimo ad andarsene, si abbracciano.

Non l’aveva mai abbracciata prima. Non aveva mai pensato che potesse essere così piccola tra le sue braccia, e quanto immensa potesse sembrare nello stesso momento. I suoi capelli gli solleticano il volto. Le sue braccia attorno al corpo sono un appiglio a cui aggrapparsi.

«Ho avuto paura, Shikamaru».

«Anch’io». Di perderti.

Si tengono stretti a lungo. È Temari la prima ad allontanarsi.

«Cos’è tutto questo sangue?» gli chiede.

«Me la sono vista brutta. Per fortuna c’era Sakura nei paraggi».

«Ti fa male?»

«Non troppo». Aveva dimenticato quanto verdi fossero i suoi occhi. Non capisce come ha fatto, ma aveva dimenticato. «Tu stai bene?»

«Sì».

«Bene». Ho avuto paura.

Stanno lì, soli nella tenda dei Kage, a guardarsi negli occhi. Guardarla negli occhi non è mai stato così facile. Stare nella stessa stanza in silenzio con lei non è mai stato così facile, forse perché sa, in cuor suo, cosa sta per succedere, e niente gli è mai sembrato più difficile.

Ma poi Temari distoglie lo sguardo. «Mi dispiace per tuo padre».

Sgrana gli occhi, stupito dalle sue parole. Non che pensasse che non gli avrebbe detto niente a riguardo. Il vuoto che ha tenuto a bada per tutto quel tempo si fa largo nello stomaco e nel petto. «È stato davvero un brutto colpo. Davvero, Shikamaru… Mi sono preoccupata per te quando... Ho pensato che avresti perso la lucidità, e che non sarei stata lì per salvarti».

«Smettila, Tem». Le prende una mano. Così, d’istinto, perché lei è lì ed è l’unica cosa a cui si può aggrappare in quel momento, mentre le lacrime gli bagnano il viso. Strofina la manica sugli occhi, ma sa che è inutile. Sente che questa volta le lacrime non si fermeranno tanto in fretta. È davvero stato un brutto colpo. Lo è stato perché suo padre era fondamentale per l’Alleanza, perché anche lei lo conosceva di persona, e perché è la persona a cui lui ha voluto più bene sulla faccia della terra. E non lo rivedrà più, non sentirà più la sua voce. Non avrà nemmeno una tomba a cui rendere omaggio.

È morto. Mio padre è morto.

Temari lo abbraccia. Anche se è più piccola, le sue braccia attorno al corpo sono un appiglio a cui aggrapparsi. Una casa in cui trovare rifugio. «Scusa, io…»

«Ehi». Lo lascia andare, gli sorride. Il sorriso di Temari scalda il cuore. «Non ti devi scusare». Gli porta le mani al volto, gli asciuga le lacrime col pollice. «È morto combattendo per proteggere ciò a cui teneva. E continuerà a vivere in te, e tu continuerai a renderlo fiero come hai sempre fatto».

Si ricorda di quando, tempo prima, in un’altra vita, Temari ha nominato suo padre; di come lui non abbia osato approfondire l’argomento e di come, arrivato a quel punto, conosca comunque tutta quella storia dolorosa. Eppure lei è lì a consolarlo. «Io…» Io ti amo vorrebbe dirle, ma le parole non escono. Non perché sia difficile. Non lo è più. La guarda negli occhi e per la prima volta da quando si è risvegliato dal sogno di Madara sente che la guerra è finita davvero.

«Shikamaru…»

E, incapace di fermarsi, la bacia.

 
Give me a long kiss goodnight and everything will be all right
Tell me that I won’t feel a thing
Green Day – Give Me Novacaine
 
  
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