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Autore: Soleil et lune    07/12/2020    1 recensioni
Il ritorno di una guerra e la minaccia di un mostro da sventare, il tutto ambientato in una foresta dai toni fiabeschi. L'avventura e i colpi di scena si susseguono in un tornado di emozioni e strategie, il tutto per recuperare l'unico oggetto in grado di dare speranza al pianeta Terra: Chaos e i suoi servi sono tornati per riportare lo scompiglio nell'universo, ai cui estremi si trova il suo più grande e fatale alleato.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Dragon Shiryu, Pegasus Seiya, Phoenix Ikki
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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In questo capitolo potrebbero esservi scene non adatte ad un pubblico troppo sensibile, anche se non definibili "Not safe for work", ma ad ogni modo sono presenti alcune scene di violenza esplicita. Siete stati avvisati.






Aprii gli occhi, ma nulla accadde, anzi, mi ritrovai in un luogo diverso. Era notte, ero in una stradina isolata, quasi in campagna; il vento smuoveva lentamente i rami degli alberi, faceva freddo, come una di quelle uggiose notti novembrine, eppure non vi era pioggia, ma solo l'odore, forse era passata. Mi misi a sedere, ero su un marciapiede, di quelli irregolari su cui inciampare è più facile che camminarvi, su esso c'erano tre panchine messe in fila, tutte presentavano delle crepe, una addirittura non aveva lo schienale. Mi alzai guardando la luna piena, talvolta coperta dalle nuvole mentre quel gelo mi penetrava fin nelle ossa. Ero solo, passava solo una macchina di tanto in tanto e a luce giallognola dei lampioni illuminava quella strada deserta. Il marciapiede presentava alcune chiazze d'erba alta, alcune piante si attaccavano ai miei pantaloni e solo dopo numerose imprecazioni riuscivo a liberarmene, rendendomi le mani completamente appiccicose. Sbuffai cercando di pulirmele, nessuno pareva stranirsi dell'armatura, o forse non mi vedevano? Alzai lo sguardo e mi resi conto di essere di fronte ad una scuola. Era una scuola superiore, l'unica luce era data da un lampione posto sopra la porta, ad illuminare l'entrata. Osservai l'edificio, era grande e con dei mattoni rossi, le enormi finestre davano su classi ovviamente vuote, cercai un orologio per capire che ore fossero ma l'unico era uno sul marciapiede e segnava le tre e sette minuti, ma era fermo da chissà quanto tempo. Guardai verso l'entrata ma era tutto immobile, anzi, la situazione era inquietante. Come si chiamava quel rituale da fare di fronte all'entrata della scuola? Ah giusto, Ichigo-san, in effetti, mi resi conto, sembrava proprio o scenario perfetto per farlo. Continuai a guardarmi intorno, poi decisi di incamminarmi ma non avevo la benchè minima idea di dove andare. A destra era a malapena illuminato da altri lampioni gialli, anche se erano alquanto rari, e davano su numerose case popolari, mentre a sinistra c'era una zona centrale, ma non sapevo quanto potesse essere sicuro presentarmi per strada con l'armatura. Sempre più convinto di procedere a sinistra feci per attraversare la strada, ma qualcosa attirò la mia attenzione: c'era una ragazza, aveva lunghi capelli biondi, legati in una coda alta, aveva grandi occhi azzurri e lunghe ciglia nere, mentre sulle labbra aveva del rossetto rosso acceso; era vestita in modo provocante, con un abitino bianco molto succinto, aveva le calze a rete, decoltè bianchi molto alti e una rosa rossa sull'elastico che le lagava i capelli e all'unica spallina del vestito. La osservai, mi chiesi se fosse pazza a girare in modo così poco decoroso in strade così. Mi avvicinai a lei, ma quando le fui vicino la riconobbi: era June! Non me lo sarei mai aspettato da lei...di solito era una piuttosto attenta, soprattutto al modo di andare in giro...forse era andata ad una festa, ma perché girare in quel modo così indecoroso e soprattutto in quelle strade, non poteva farsi accompagnare a casa? Quando le fui affianco cominciai:"June, sei pazza ad andare in girò così, in queste strade e a quest'ora? Non c'era nessuno per accompagnar-", ma lei tirò dritto senza degnarmi della benchè minima attenzione, non voltò nemmeno lo sguardo. Ne rimasi colpito e la seguii con lo sguardo, poi continuai a chiamarla per attirare la sua attenzone, le correvo vicino, le toccavo la spalla ma nulla, era come se non esistessi per lei. Mi fermai osservandola camminare su quel marciapiede irregolare con quei tacchi altissimi, pareva abituata a camminarci su, ma cosa le era successo? Aveva solo diciotto anni ma pareva molto più...grande. Prima che potesse superare la scuola si fermò, di fronte ad essa, una strana macchina grigia. June camminò vicino a quella macchina e si piegò appoggiandosi alla portiera, che aveva abbassato il finestrino. "Hey bellissima", disse una voce maschile all'interno della vettura "oggi con me ho solo cinquanta dollari, non sono potuto passare in banca a cambiarli in yen, ti va bene se per un giretto te li dò e poi tu li vai a cambiare?". Era una voce roca, graffiata, quasi senile. Mi avvicinai per guardare in faccia quella persona, era veramente un mostro: un uomo grasso, sulla sessantina, rozzo e unto d'olio come se fosse appena uscito da una friggitoria e con un forte accento americano. Puzzava ancora di fritto e gli mancavano perfino i denti a causa, forse, del diabete. "June!" la chiamai, ma nè lei e l'uomo parevano vedermi. La mia amica annuì e l'uomo sghignazzò, facendole segno di salire, poi dicendo: "Brava così cara...sei bellissima oggi". June si avvicinò alla portiera del posto del passeggero e la aprì, entrando nella macchina come se fosse un robot
 . "June aspetta!" dissi io andando vicino alla sua portiera, ma i finestrini si erano già chiusi e la macchina partì. "JUNE!!!" urlai io sconvolto. Poco prima che la macchina partisse ero riuscito a vedere sul dispaly dell'auto la data e l'ora: l'una di notte del 29 maggio di quell'anno, poco prima che tornassi da New York. "June...!", continuavo a chiamarla, sconvolto. June...era una escort? Non riuscivo nemmeno a deglutire, cosa diamine era successo in mia assenza? Lentamente mi voltai, non riuscendo a distogliere però lo sguardo da dove era andata la macchina grigia. Inciampai in una imperfezione della strada e caddi a terra, ma quando potei fare meglio la conoscenza del pavimento notai anche una cosa che mi era sfuggita. L'imperfezione della strada in cui ero inciampato si apriva come se fosse un bivio, indicandone due vie che non avevo visto: una in un viattolo assai scarsamente illuminato e stretto e un'altra proprio verso la scuola, il cui cancello ora era aperto. Mi avviai verso il viattolo, come rapito, e quando vi fui dentro mi guardai intorno: poche e piccole finestre, alcune illuminate da una luce giallognola e da altre, aperte, era possibile sentire il notiziario. C'erano solo due porte  entrambe  chiuse, ma la mia attenzione fu catturata da un lieve bagliore vicino ad un cassonetto. La luce di quei pochi lampioni che illuminavano la via si rifletteva sul cane di una piccola pistola. La presi e me la rigirai tra le mani, appena guardai il mio riflesso però accadde qualcosa di strano: vedevo la mia stessa immagine, terrorizata, mentre le puntavo contro la pistola, aveva già una gamba ferita e poi, eccolo, il nero e il suono di uno sparo, poi riaprii gli occhi ritrovandomi sempre nella stradina, con June e Leda che mi fissavano, e caddi come corpo morto cadde

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"Ragazzo, ragazzo svegliati!", mi chiamava Bianconiglio, ma io ero totalmente stordito: "Bianconiglio...?"
"Si, sono io, e ti sei appena ripreso da una brutta caduta"
"Dov'è la Chimera...?"
"Mentre cadevi sei finito in un fiume che ci ha trascinati via, per colpa tua mi si è totalmente bagnato il completo!".
Mi misi seduto tenendomi la testa, mi parve di averla sbattuta contro la roccia maledizione!
"Stai bene vero?", mi chiese preoccupato, io annuii ma ero ancora inquieto per l'incubo, sembrava così reale...ma in fondo June una escort...era assurdo, semplicemente assurdo e irreale, era solo un sogno...vero?
Scossi la testa, annuendo a Bianconiglio, poi mi alzai. "Hai ancora con te il flauto?"
"Si!" disse convinto brandendolo nella mano destra. Rimasi in silenzio, lui ne parve turbato ma io lo guardai ridacchiando e dissi, con tono gentile: "E' tutto apposto, ho solo fatto un incubo ma non preoccuparti", lui innarcò un sopracciglio fissandomi, onestamente, pareva fin troppo intelligente per essere un coniglio...
Il sorriso sparì dal mio viso e mi avviai, mentre lui mi seguiva. 
Mentre calpestavo quei sentieri erbosi continuavo a chiedermi dove fossero gli altri, il vento soffiava leggero e gentile tra gli alberi, ricordandomi gli alberi del parco di Nuova Luxor. Sentii improvvisamente qualcuno avvicinarsi e, prima che me ne accorgessi, una grossa mano mi afferrò per la vita, sollevandomi da terra. "Shun!!" urlò Bianconiglio, quasi istericamente, mentre vedevo chi mi aveva afferrato...era Pedo!
Mi dimenai ma era fortissimo e strinse la presa, facendomi provare un dolore incredibile al torace. Trattenni un grido di dolore, sentivo che mi sarei rotto tutte le ossa da un momento all'altro, e quello rideva. "Alla fine Orion non ha mantenuto la parola... onestamente non me lo sarei aspettato da lei, ma ora non importa", disse Pedo ridendo e lanciandomi contro un albero, che appena lo urtai si ruppe. Non lo vidi nemmeno arrivare, tanto fu lesto il suo piede che mi schiacciò facendo penetrare numerosi rami nella mia schiena martoriata e facendomi sputare sangue. Dopo che ebbe fatto ciò continuò la frase che aveva interrotto pochi secondi prima:"Finirò io il lavoro". 
"Shun!!" urlò Bianconiglio, ma Pedo si voltò verso di lui. "Bianconi...glio..." cominciai io, ma non riuscivo  parlare, il dolore era atroce. Pedo sorrise e mi sollevò ancora, Bianconiglio sgranò gli occhi vedendo la mia schiena, non oso immaginare quanto sangue perdessi. Vidi in faccia Pedo e mai, giuro, MAI vidi occhi così pieni di sanguinaria follia, era impossibile fissarli senza incorrere in un brivido lungo la schiena, pugnalavano solo rivolgensi alla persona, erano gli occhi di una bestia che di umano non aveva nulla. "Non preoccuparti coniglio", disse poi "appena finirò con lui penserò a te". Poi mi lanciò verso il suolo con la testa rivolta verso esso, dire che ci mancò poco a perdere i sensi è un eufemismo. La terra sotto di me si ruppe e dalla mia fronte sgorgava molto sangue, ma lui non era ancora contento. Mi afferrò e con l'altra mano mi prese le gambe. Cominciò a tirare come per volermele strappare, il dolore mi fece gridare tanto che alcuni uccelli cominciarono a scappare. Potevo sentire i lembi della mia pelle strapparsi in alcuni punti, faceva male e onestamente speravo solo di morire affinchè quella tortura avesse fine. Pedo pareva fare piano apposta, come se volesse sentirmi gridare il più possibile prima di concedermi la pace di Sora Morte, poi lo vidi turbato e smise di tirare...il suono di un flauto si stava diffondendo nell'aria. Pedo si insospettì e mi lasciò cadere a terra. Caddi e non riuscii nemmeno a gemere, ma notai che Bianconiglio stava suonando il faluto di Syria...!
Pedo si voltò verso di lui e lo fissò, poi rise:"Hai davvero intenzione di intimidirmi suonando un flauto? O vuoi forse suonare un requiem per questo sciagurato?". Bianconiglio alzò lo sguardo su di lui...i suoi occhi avevano preso una particolare sfumatura di rosa, alla cui vista sgranai gli occhi. 
"Baba Yaga mi ha detto di non suonarlo se non in caso di estrema necessità, e credo che questo sia il caso", poi riprese a suonare ed intorno a lui il vento prese a girare vorticosamente, non potevo credere ai miei occhi. Di colpo il grassoccio coniglio vestito riccamente divenne più alto, snello, le orecchie sparirono e divennero capelli mentre la sagoma di un prestante giovane con indosso un'armatura munita di ali prendeva il posto del mio compagno. Incredulo, osservai il vento dirdarsi e mostrare la forma di Syria. "Syria...!", lo chiamai, ma lui disse, quasi deridendomi:"Shun, scusa se te lo dico, ma nemmeno il vero Bianconiglio sarebbe cascato ad una bugia come quella dell'orologio". Una lacrima mi attraversò la guancia, ero così felice...
Pedo lo osservò e aggrottò la fronte, poi disse:"Un belloccio con un flauto non mi spaventa affatto, vieni e lotta cavaliere!". 
Syria sorrise vedendolo allontanarsi da me correndo verso di lui. Schivò un suo pugno senza troppi problemi e poi un altro, poi saltò e atterrò sulla sua schiena, tirando un calcio che lo fece cadere. Elegante come una farfalla saltò sul ramo di un albero e avvicinò il flauto alle labbra, poi mi vide e saltò giù, afferrandomi e stringendomi a sè con un braccio per cercare di tenermi in piedi, anche se le mie ginocchia erano piegate a causa dello sforzo e non riuscivo a reggermi. Pedo si alzò e mi guardò silenzioso, poi sghignazzò e caricò Syria, che appena se lo vide arrivare contro mi caricò sulle sue spalle e saltò sul ramo, appoggiandomi poi con la schiena rivolta verso il tronco, ma appena alzai la testa per guardarlo l'alberò tremò e alcune foglie caddero, Pedo si era deciso ad arrampicarsi per arrivare a noi e stava scalando il tronco. "Maledetto scimmione...", lo insultò Syria, poi mi guardò e sorrise:"Ti piace la Sinfonia numero 40 in g minore di Mozart?", io lo guardai interrogandolo con tutta la faccia, lui sorrise avvicinandosi il flauto alle labbra e guardandomi, poi cominciò a suonare.
Appena cominciò Pedo cercò di tapparsi le orecchie e cadde a terra, sull'erba morbida, urlando. La melodia era qualcosa di impressionante, le dita di Syria si muovevano veloci sul suo strumento, come tante  farfalle in un prato fiorito. Pedo urlava e si dannava su quel prato, mentre io sentivo il mio corpo riacquisire vigore, le ferite si rimarginarono e io mi sentii come un leone. Pedo lo malediceva tenendosi le orecchie:"Sporco pifferaio! Argh, maledetto infame! Figlio di una meretrice! Smetti subito di suonare quell'oggetto infernale!", si girò supino e affondò la testa nell'erba, afferrando la terra e infilandosela nelle orecchie pur di non sentire, ma a poco serviva. Gli occhi erano quasi spiritati, era un misto di agonia e dolore, cominciò a vomitare, in mezzo a quel vomito potei notare il corpo di un povero agnellino, ingoiato per intero. Dopo un po' Pedo, con le orecchie ancora sporche di terra, cadde prono ansimando, pareva che stesse cercando di soffocarsi con la faccia nel terriccio, come a preferire il suicidio a una fine tanto indegna. Pareva uno di que' cani, e tale era, di quei cani che distruggono raccolti e pretendono che nulla sia fatto al loro, e così lui, stanco e ancora sporco della sua stessa bile, si agitava sul prato. Una volta finita la sinfonia Syria mi guardò facendomi segno di andare via velocemente, perché quella era la nostra occasione di fuggire.



NOTE AUTRICE: Hoiiiiii! Sono tornata! Scusate la lunga assenza, ma spero che questo capitolo sia di vostra gradimento e soprattutto non troppo breve! Spero che vi sia piaciuto, in caso ditemelo in una recensione oppure ditemi cosa non vi è piaciuto e mi correggerò! Boiiiiii dalla vostra Soleil!


 
   
 
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