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Autore: Sebassssss    26/12/2020    1 recensioni
Un Harry diverso dal canon, un combattente, che durante la battaglia di Hogwarts sconfigge Voldemort, ma ad un prezzo troppo alto. Una guerra senza vincitori, di cui lui è il solo sopravvissuto. Deciso a mettere fine alle sue sofferenze, si ritroverà catapultato in un mondo in cui sono ancora tutti vivi, compreso Voldemort, che è all'apice del suo potere, mentre Harry Potter è morto la sera di Halloween del 1981. Una nuova speranza di riavere indietro i suoi amici e la sua famiglia, una nuova speranza per il mondo magico di mettere fine alla tirannia del Signore Oscuro.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Weasley, I Malandrini, Il trio protagonista | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Luna/Neville, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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CAPITOLO X
 
“Oh merda!” Furono le ultime parole di Harry prima che venisse catapultato al di là della stanza, contro il camino in marmo, sbattendo la testa e crollando sul pavimento.
 
 
“Questa l’ho sentita.” Disse Harry massaggiandosi la testa, avvertendo qualcosa di bagnato e caldo tra i capelli. Sangue.
Tentando di mettere a fuoco la camera, vide l’elfo andare verso Regulus. I due si stavano dicendo qualcosa che non riuscì a comprendere, con l’uomo che dimenava il braccio insanguinato. Poi l’elfo schioccò le dita e la mano di Regulus guarì magicamente.
Harry sapeva di dover far qualcosa, e subito.
Per sua fortuna la bacchetta era a portata di mano, vicino alla gamba. Senza perdere tempo l’afferrò e scagliò l’incantesimo più velocemente possibile. Né Kreacher né tanto meno Regulus riuscirono ad impedire che l’incantesimo colpisse quest’ultimo.
 
Ma non accadde nulla. L’uomo era ancora in piedi e illeso, con Kreacher che lo fissava preoccupato. “Padron Regulus, signore si sente bene?” Ma Black non rispondeva, se ne stava lì, immobile. 
 
Kreacher allora si voltò verso Harry: “Voi, voi avete fatto del male al Padron Regulus!?”
Stava per schioccare di nuovo le dita rivolto contro il ragazzo, ma Regulus lo fermò.
“Kreacher basta! Vai via. E non dire a nessuno quello che hai visto adesso in questa stanza. Hai capito?”
L’elfo si bloccò e guardando confuso il suo padrone, che lo guardava con aria assente.
“Si padron Regulus, Kreacher ha capito, signore.” Disse poi.
“Bene, vai ora!” Gli ordinò e l’elfo scomparve nel nulla.
 
Due imperdonabili in una sola mattina. Il Ministero non sarebbe fiero di me.” Pensò Harry mentre si rimetteva in piedi. Si curò la contusione dietro la testa e sciolse la maledizione Imperio dal sig. Black, che si rianimò allarmato.
 
“Purtroppo per te, gli elfi domestici obbediscono sempre agli ordini del loro padrone, anche se questo è sotto gli effetti della maledizione Imperio.” Spiego Harry mentre si avvicinava a Regulus, che lo fissava con odio. “Detto ciò, credo che ora io debba proprio andare. Ma prima…” Gli disse prima di puntargli la bacchetta contro.
 
Regulus spaventato indietreggiò, inciampando e cadendo sul pavimento.
“Vuoi uccidermi?” Gli chiese con il terrore che si impossessava di lui.
Harry inarcò le sopracciglia perplesso.
“Assolutamente no. Solleverei troppi sospetti se ti uccidessi qui, a casa tua. No?”
Regulus appariva confuso più che mai.
“Quindi… se non vuoi uccidermi, che vuoi farmi?”
Harry sorrise malignamente.
“Non preoccuparti. Oblivion!”
 
***
 
In quella che una volta era la variopinta e caotica Diagon Alley, regnava ora il silenzio. Poche persone si arrischiavano ad avventurarsi per le sue vie in degrado, e nessuno osava fermarsi per parlare con un conoscente o amico per strada. Il cielo era perennemente nuvoloso, la temperatura proibitiva, e la felicità aveva da tempo abbandonato questo luogo. Voldemort aveva lasciato che i dissennatori vagassero liberi per il paese quando salì al potere e questi ne erano gli effetti.
Macerie, crateri e ciottoli di porfido erano ammucchiati ai lati della strada tra le cataste di neve congelata. Molti negozi avevano chiuso i battenti e i civili preferivano rimanere rintanati nelle proprie abitazioni, o almeno in quello che ne rimaneva, e uscivano solo se strettamente necessario, per comprare viveri, pozioni o altri beni di prima necessità. La paura era palpabile e molto, molto reale.
 
Harry si smaterializzo in un vicolo buio e stretto della città, a pochi passi da quello che una volta era il negozio di bacchette di Olivander. Aveva duplicato con un incantesimo la divisa da mangiamorte che indossava Regulus compresa della tipica maschera che fortunatamente gli aveva trovato in tasca.
La mania per la teatralità di Voldemort, che includeva far indossare spaventose maschere ai suoi seguaci incappucciati, gli stava tornando utile. Questa e la polisucco lo avrebbero fatto passare inosservato senza troppe difficoltà. Black sarebbe rimasto incosciente per cinque ore prima di svegliarsi nel suo letto senza alcun ricordo della piccola visita che gli aveva fatto, mentre la polissucco sarebbe durata un’ora esatta. Questa è la finestra di tempo di cui disponeva.
Prese la fiala contenente la pozione e la trangugiò in un sol sorso. “Che schifo.” Disse dopo aver ingerito la disgustosa e viscida soluzione fangosa.
 
Percepì immediatamente la pelle bruciare come se fosse cera calda e dei forti crampi propagarsi su tutto il corpo. I suoi capelli incominciarono ad allungarsi fino a raggiungere le spalle, le sue gambe acquistarono qualche centimetro e la sua vista cominciò a peggiorare.
L’agonia durò qualche minuto, per poi cessare all’istante. Tutto intorno a lui era sfocato e distorto. “Ma certo, gli occhiali.” Disse prima di levarseli e riacquisire la vista. Si tastò i folti capelli mossi e il viso barbuto. Ora era Regulus Arcturus Black, mangiamorte.
Prese la maschera dalla profonda tasca del cappotto di pelle nero. Era d’argento, con fini decorazioni su tutta la superfice. Unica per ogni mangiamorte. “Patetico”. Sospirò Harry prima di indossarla.
 
Si affacciò sulla strada principale per valutare la situazione. C’era un gruppo di ghermidori, dieci per l’esattezza, che perlustrando il viale si stavano avvicinando verso di lui. Due giovani ragazze sulla trentina e dall’aria preoccupata camminavano con la testa china trasportando dei sacchetti di juta, probabilmente contenenti cibo, al di là del marciapiede.
Dopo essersi fatto un’idea di quello che c’era in giro uscì allo scoperto, e con passo deciso si incamminò lungo la via principale verso l’imponente edificio in marmo bianchissimo che troneggiava su tutti gli altri: La banca dei maghi.
Incrociò i ghermidori e la sua mano andò istintivamente a posarsi sulla punta della bacchetta che teneva nascosta all’interno della manica del cappotto. Se avessero provato ad attaccarlo, si sarebbe fatto trovare preparato. Ma questi, al contrario, si limitarono ad abbassare lo sguardo con riverenza. Questo lo tranquillizzò.
Gli arrivò una ventata del fetore che quei luridi individui emanavano, un misto di alcol e sudore che Harry trovava stomachevole. Ma nonostante tutto continuò per la sua strada. Non aveva tempo da perdere.
 
Giunse alla scalinata marmorea della banca. Sugli scalini, con rammarico di Harry, sostavano tre mangiamorte. Doveva immaginarlo che Voldemort avrebbe messo alcuni dei suoi uomini fidati a guardia della banca. Oltre ai mangiamorte, ai lati del portale di ingresso, c’erano inoltre due guardie assoldate dai folletti e con molta probabilità ne avrebbe incontrate altre all’interno. Non facendo trasparire la sua preoccupazione all’esterno, incominciò a salire su per gli scalini.
I tre mangiamorte stavano chiacchierando tra di loro quando si accorsero della sua presenza. Uno inclinò la testa e farfugliò qualcosa ai suoi compagni prima di rivolgere la parola al nuovo arrivato.
“Ehi Black! Sei tu, vero? Che ci fai da queste parti?”
Harry deglutì, dovevano aver riconosciuto la maschera. La voce di quell’uomo comunque, gli era famigliare, ma non era certo di chi fosse. Dove aveva già sentito quella voce? Chi si nascondeva dietro a quella maschera?
“Black?” Chiese l’altro di nuovo.
“Sì. Sono io.” Rispose Harry camuffando il suo tono per farlo risultare più rauco e simile a quello di Regulus.
“Vecchio diavolo! È lui ragazzi! Da quanto tempo, eh? Da quando non ci vediamo?”
Chiese in tono confidenziale appoggiandogli una mano sulla spalla.
Harry dovette trattenere l’istinto di spaccargli le ossa del braccio.
“Troppo.” Rispose vago.
“Che ci fai qui? Non dovresti occuparti assieme agli altri della rivolta a Manchester?”
Di che rivolta parlava? Harry fu colto alla sprovvista, non sapeva di nessuna rivolta.
“S-si. Ma il Signore Oscuro mi ha affidato una commissione qui, alla Gringott.” Tentò si sviare il ragazzo. Stava perdendo troppo tempo.
“Che commissione?” Chiese il mangiamorte dubbioso.
Harry si stava spazientendo. Rischiavano di scoprirlo.
“Non sono affari tuoi.” Rispose brusco.
 
L’altro indietreggiò sullo scalino.
“Scusa. Hai ragione.”
Harry prese un lungo respiro. Doveva controllarsi.
“Ora se non vi dispiace, avrei una certa fretta.” Concluse con calma, continuando a salire le scale, sperando di essere stato abbastanza convincente.
I tre mangiamorte lo guardarono avviarsi verso il portale di ingresso.
“Si comportava in modo strano, non trovate?” Chiese quello che aveva interloquito con Harry.
“Andiamo Yaxley, non fare il solito sospettoso. È Black, è sempre stato strano quello.” Disse l’altro.
“…sarà.” Meditò Yaxley prima di voltarsi di nuovo verso gli altri e riprendendo la loro conversazione.
  
Sulla soglia della banca una delle guardie si parò davanti a Harry. Era corpulenta, con enormi baffi rossastri. Gli ricordava vagamente Zio Vernon.
“Buongiorno.” Disse la guardia. “Si identifichi, prego.”
“Sono Regulus Black.” Rispose Harry deciso.
La guardia schiuse la bocca. “Può mostrare il volto, gentilmente.”
Harry obbedì, d’altronde aveva assunto la polisucco proprio per questa evenienza, e quindi si tolse la maschera.
 
La guardia, dopo averlo fissato per qualche istante, prese la bacchetta dalla fodera della cintura. Harry si irrigidì. Ecco. Lo avevano scoperto, pensò. Era pronto a schiantare la guardia, ma quest’ultima non gli puntò contro la bacchetta, ma evocò invece un enorme libro di cuoio che Harry guardò accigliato. L’uomo aprì il libro che lievitava a mezz’aria scorrendo le diverse pagine di pergamena giallastra. In ogni pagina c’erano una foto e una didascalia.
“Ecco.” Disse la guardia una volta giunta alla pagina con la foto proprio di Regulus. Fece scorrere il dito calloso sulla pergamena, leggendone velocemente il contenuto. “Sì.” Aggiunse annuendo con la testa. “Le do il benvenuto alla Gringott, signor Black.” Concluse facendo scomparire il libro con un tocco di bacchetta per poi tornare alla sua postazione. Harry sospirò prima di incamminarsi.
 
L’interno della banca era costituito da un enorme sala altissima, con due lunghe file di banconi in legno sopra i quali i folletti analizzavano, pesavano e contavano pietre preziose e monete. La temperatura all’interno era decisamente più confortevole rispetto all’esterno dovette convenire il ragazzo. In fondo, quasi dall’altra parte della sala, chinato sul suo bancone a scrivere chissà cosa, Harry riconobbe una sua vecchia conoscenza: Unci Unci, il folletto che lo condusse alla sua camera blindata quando aveva scoperto di essere un mago, e che lo aveva aiutare a derubare la banca sette anni dopo.
 
Decise di rivolgersi a lui anche questa volta, e si mise ad attraversare la sala mentre decina di piccole teste con le orecchie a punta lo scrutavano da dietro i banconi.
 
Dovette schiarirsi la voce per farsi notare.
 “Che piacere rivederla signor Black, cosa posso fare per lei?” Chiese il folletto ossequioso.
“Interessante, vedo che non sei più altezzoso come un tempo eh?” pensò Harry.
“Voglio prelevare dalla mia camera blindata” Rispose freddamente.
“Certamente. Prego mi segua.” Disse Unci Unci prima di scendere e girare attorno al bancone per raggiungere l’uomo.
“Da questa parte signor Black.” Gli fece cenno indicando una porta dietro di lui.
 
Il carello che trasportava Harry e il folletto sfrecciava sulle rotaie e scendeva sferragliando rumorosamente. Una piccola lanterna era l’unica fonte di luce nell’oscurità di quei sotterranei. Superò il livello della sua camera blindata, o meglio, dei suoi genitori e scesero ancora e ancora. Passò il punto in cui l’ultima volta vennero sommersi dalla “cascata del ladro” e poco dopo il folletto attivo i freni essendo ormai prossimi a destinazione.
 
Harry a quel punto, da sotto la veste, scagliò di nascosto l’incantesimo Imperius contro Unci Unci, che non rendendosene neanche conto fu presto sotto il controllo del ragazzo.
“Continua, non fermarti. Portami alla camera blindata dei Lestrange.” Gli ordinò nella sua testa.
Il folletto, con lo sguardo inespressivo, mollò i freni e sfrecciò davanti alla camera 711 continuando a scendere ancora più in profondità.
 
Quando il carrello si fermò strigliando, Harry fece scendere il folletto e gli ordinò di fargli strada.
Mentre camminavano Harry si preparò mentalmente al prossimo ostacolo da superare: il fottutissimo Panciasquamato Ucraino posto a guardia di quelle camere blindate. C’era un solo modo per tenerlo a bada: il rumore. Metodo barbaro avrebbe detto Hermione, ma efficace.
 
Dopo una manciata di passi, in una grande stanza circolare, il drago era lì, ad attenderli.
Era molto più imponente di quanto si ricordasse. Lungo circa sedici metri e pesante ad occhio 8 tonnellate, era tenuto fermo da enormi catene di ferro strette attorno a collo e zampe.
 
Harry trovò dei campanacci contenuti in una cassa poco distante, usati dai folletti per produrre rumore e intimorire la bestia, e si mosse rapidamente per afferrarne un paio. Il drago appena notò i due intrusi si erse in tutta la sua possenza, emettendo un profondo ed inquietante verso gutturale, in segno di inequivocabile avvertimento.
 
“Calma piccolo, calma.” Disse Harry mentre si dirigeva lentamente verso la camera blindata, tenendo d’occhio il drago.
La bestia non sembrava incline ad ascoltare il ragazzo, infatti stava diventando sempre più irrequieto, dimenandosi e ringhiando, fino a quando non inarcò all’indietro la testa prendendo un lungo e profondo respiro.
Harry capì immediatamente quello che si apprestava a fare: incenerirli sul posto.
“Merda!” Imprecò, cominciando a suonare il campanaccio che aveva in mano.
Il drago, appena udito il suono, si agitò ancor di più per la paura, indietreggiando e chinando il capo in segno di sottomissione, mentre Harry e il folletto entravano in un secondo vano, al sicuro dalla bestia.
 
“Muoviti. Camera blindata dei Lestrange, ora!” Ordinò ad Unci Unci una volta posati i campanacci ed essersi lasciati il drago alle spalle.
Il folletto fece strada e poco dopo erano davanti ad una enorme, pesante porta nera in ferro battuto. Una targa d’ottone riportava il numero 805.
Harry ora poteva percepirlo, avvertiva la sua magia. L’horcrux era dietro quella porta.
“È qua dentro. Forza, aprila!” Disse rivolto al folletto.
Al piccolo banchiere bastò appoggiare la mano sulla porta e un forte rumore metallico di serrature che si aprivano e scorrevano preannunciava la sua lenta e cigolante apertura.
“Lumos.”
La candida luce scaturita dalla punta della sua bacchetta illuminò l’interno della camera blindata, o meglio, di quella piccola grotta austera traboccante di monete d’oro, antichi artefatti, quadri, armature e là, sulla parete di fondo, su una piccola mensola di legno, una coppa dorata.
 
Il tempo a sua disposizione non era molto, aveva contato indicativamente 40 minuti da quando aveva assunto la pozione, questo voleva dire che aveva a disposizione poco meno di 20 minuti. “Devo darmi una mossa.” Si disse tra sé. “Accio coppa.” Pronunciò diretto verso l’artefatto, ma questa non si mosse di un millimetro. “E brava Bellatrix.” Esclamò sorridendo, intrigato dalla sfida. “Vediamo cosa hai messo in serbo per gli ospiti.”
Harry incominciò a compiere articolati movimenti con la bacchetta sussurrando parole incomprensibili, mentre la punta si illuminava di diversi colori. Blu, giallo, porpora e così via. Alla fine della procedura, gli incantesimi rivelatori da lui lanciati avevano indicato diverse maledizioni. Come l’ultima volta, sugli oggetti erano state scagliate le maledizioni Geminio e Flagrante, alle quali si aggiungevano la maledizione asfissiante e quella paralizzante. Un mix a dir poco letale per chiunque avesse sfiorato uno qualunque di quei tesori. Tra lui e la coppa erano stati disseminati pile di oggetti ed era impossibile raggiungerla senza prima disabilitare quelle maledizioni.
 
Dovette sprecare dieci minuti del prezioso tempo che gli rimaneva per annullarle, e una volta riuscitosi prese a scavalcare quei cumoli di preziose cianfrusaglie per prendere il vero tesoro custodito la dentro, la coppa di Tosca Tassorosso.
Era piccola, dorata e finemente cesellata con il simbolo di un tasso.
Harry, mentre pianificava il furto in Sala Comune, aveva pensato al miglior modo per non suscitare sospetti, e la soluzione gli arrivò pensando ad un’altra reliquia di uno dei quattro fondatori: la spada di Godric Grifondoro, o meglio alla sua copia. Se Bellatrix fosse per qualche motivo venuta nella sua camera blindata, avrebbe trovato una fedele copia della preziosissima coppa affidatole dal suo padrone.
 
Perciò, una volta presa in mano, Harry la duplicò e constatato che fosse identica in tutto per tutto, ripose il falso, mise quella autentica in tasca e lasciò la camera.
“Chiudi la porta e riportami in superfice.” Ordinò al folletto che lo aveva atteso sulla soglia.
 
Quando il carretto giunse alla fermata adiacente al grande salone principale, Harry calcolò che gli rimanevano pressappoco cinque minuti prima che l’effetto della polissucco terminasse. Doveva far presto. Accompagnò il folletto al suo posto da lavoro dietro al bancone, levando di nascosto l’Imperius per sostituirlo con l’incantesimo Confundus non verbale. Volse il suo sguardo sul resto della sala dove i folletti stavano svolgendo le proprie attività. Per fortuna sembravano non essersi accorti di nulla. Molto bene. Mancava poco. Si diresse verso l’uscita lasciando un confuso Unci Unci alle sue faccende, avvertendo tanti piccoli occhi su di lui, mentre percorreva a ritroso il salone tra le due lunghe file di banconi lignei, ma nessuno lo fermò o diede l’allarme.
 
Giunto all’esterno tirò un sospiro di sollievo. Era andata bene. Ora però si doveva allontanare al più presto. Delle urla in lontananza attirarono però la sua attenzione. Vide i ghermidori strattonare alcune persone in mezzo alla strada, mentre queste urlavano e piangevano. C’erano anche due bambini tra di loro, e riconobbe anche quella che doveva essere la loro madre dimenarsi mentre li separavano.
 
Harry aveva completato la sua missione, non poteva perdere altro tempo o sarebbe stato scoperto, questo lo sapeva, ma quelle urla… Cosa stava succedendo?
Si mise la maschera e si avviò giù per i gradini. “Ah Black! Appena in tempo!” Lo chiamò uno dei tre mangiamorte che nel frattempo non avevano abbandonato la loro posizione ed assistevano come spettatori al cinema quello che stava avvenendo in fondo alla strada.  Harry si avvicinò cauto ai tre.
“Cosa succede?” Azzardò a chiedere. Tic Tac.
“Hanno scovato dei luridi sangue-sporco nella cantina del Ghirigoro. Una bella famigliola. Guarda come si disperano. Ahahahah.” Rise assieme agli altri.
Harry disgustato dalle loro risate dovette compiere dei respiri profondi per calmarsi. Tic tac.
Erano un uomo e una donna, con loro figlia che doveva avere pressappoco l’età di Harry. Erano vestiti con abiti babbani consunti e avevano il viso sporco di fuliggine che faceva risaltare i loro occhi azzurri e i capelli biondi. Dove si erano dovuti nascondere... pensò dispiaciuto.
D’un tratto la figlia riuscì a sfuggire alle grinfie dei perseguitori. “Scappa Sophia, scappa!” La incitò il padre, mentre lei correva in direzione proprio della Gringott. Diversi incantesimi si mossero verso di lei mancandola di poco mentre alcuni ghermidori la inseguirono gridando. Harry non poteva fare nulla per lei, una sola mossa e sarebbe stato scoperto.
“Che incapaci.” Esclamò uno dei mangiamorte che deluso estrasse la bacchetta puntandola contro la ragazza distante una ventina di metri. L’incantesimo che ne scaturì esplose davanti a lei scagliandola all’indietro violentemente. Harry lo fulminò con uno sguardo ricolmo d’odio, che venne celato però dalla maschera.
“Bel colpo Yaxley.” Si congratulò il suo compagno. Yaxley. Ecco perché gli risuonava famigliare la sua voce. Era Yaxley, quel figlio di puttana.
“Guarda si sta rialzando. Tenace la ragazzina.” Aggiunse l’altro.
 
Harry ricolmo di rabbia volse lo sguardo verso la strada. La ragazza barcollante sulle gambe malferme, si guardava attorno disorientata tenendosi la testa con la mano. I ghermidori l’avevano ormai raggiunta. Era finita. Lei tentò quindi di smaterializzarsi ma una forza invisibile sembrò gettarla a terra con violenza.
 
“Non dirmi che ha tentato veramente di smaterializzarsi… Pensava veramente che non avessimo alzato le barriere anti-smaterializzazione quella sciocca?” La schernì Yaxley.
Questo era un problema anche per Harry. Se avevano alzato veramente le barriere, neanche lui se ne sarebbe potuto andare… doveva trovare un altro modo quindi.
Mentre vedeva la ragazza venire afferrata con forza dai ghermidori che l’avevano raggiunta, una dolorosa fitta lo colpì allo stomaco. No dai, non ora. E poi fu la volta della pelle, che cominciò a bruciare come se fosse cera calda. Cazzo, no! E poi la vista che cominciava ad offuscarsi e il respiro che diventava affannoso. Purtroppo il tempo era scaduto. L’effetto della polisucco era giunto al termine.
“Black? Cosa ti prende?” Gli chiesero allarmati gli altri, mentre Harry si allontanava di fretta. “Black?!” Gli urlarono dietro.
Scesi i gradini, entrò in uno dei tanti vicoli bui di Diagon Alley. La vista senza gli occhiali era praticamente nulla e la maschera non gli permetteva di respirare correttamente, perciò stizzito se la levò scagliandola con forza contro la parete di pietra del vicolo. Inforcati gli occhiali, infilò la mano nella tasca del cappotto e si tranquillizzò al tocco con la gelida superficie dorata della coppa.  Ma la tranquillità non durò molto, visto che un rumore di passi si stava avvicinando alle sue spalle, dalla strada.
 
“Black sei qua?” Chiese Yaxley raggiunta l’entrata del vicolo assieme agli altri due suoi compagni. Harry rimase di spalle, mentre i suoi occhi indugiarono sulla maschera a terra distante pochi passi. “Si può sapere cosa ti sia pre-“ Ma Yaxley si bloccò non appena fu vicino abbastanza da riscontrare che quello che aveva davanti nella penombra, benché fosse voltato, non era Regulus Black. “Ma tu non sei… Chi sei tu?!” Chiese intimidatorio estraendo la bacchetta seguito dai suoi due compagni.
 
Harry valutò le sue alternative, che a dirla tutta non erano tante. Era in trappola, si trovava in un fottuto vicolo cieco in territorio ostile e non poteva smaterializzarsi. Ma non c’era tempo per farsi prendere dal panico, infondo si poteva dire che lui fosse abituato a trovarsi in queste situazioni. Accennò un sorriso mentre coglieva l’ilarità della situazione.
“Mi hai sentito? Voltati! Chi sei? Perché ti spacciavi per Black?” Intervenne Yaxley visibilmente irritato. Per Harry c’era un unico modo per uscire da lì: darsela a gambe combattendo e tentare di raggiungere in fretta il Paiolo Magico, da lì avrebbe potuto trovare un punto nascosto nella Londra babbana da cui smaterializzarsi.
 
“No ti prego, lasciala stare!” Si sentì urlare in lontananza.
E si ricordò di quella famiglia che stavano perseguitando al di là del villaggio! Ora che la copertura era saltata poteva e doveva provare a portarli in salvo, Silente le avrebbe poi trovato una collocazione sicura.
 
Si voltò verso i tre mangiamorte rivelandosi a Yaxley, che inclinò la testa. Era un ragazzino, un maledettissimo ragazzino!
“Non sai in che guai ti sei cacciato ragazzo! Ahahaha” Lo schernì con tono derisorio. Harry rimase calmo, non facendo trasparire nessuna emozione sul suo volto.
“Fingersi un mangiamorte è un reato molto grave.” Aggiunse l’altro. “Oh sì. Il Signore Oscuro non approva un tale sacrilegio.”
Harry non rispose, non dando l’idea di essere intimorito.
“Guardatelo. Si crede un duro. Be’ vedremo se farai ancora il duro adesso.” Disse Yaxley puntandogli contro la bacchetta. “Crucio.” E la maledizione colpì Harry che non tentò nemmeno di difendersi. E fu dolore. Puro e semplice dolore. E cadde in ginocchio mentre la sensazione di migliaia di lame roventi che gli trafiggevano la carne si diffondeva su tutto il corpo. E i mangiamorte ridevano.
In questi momenti Harry si trovava spesso a pensare alla sua sanità mentale visto che si riduceva sempre a sfornare queste tattiche masochistiche. Quale sano di mente si farebbe cruciare per far abbassare la guardia al suo nemico? In ogni modo, la sua tattica per quanto astrusa, per quanto demenziale stava funzionando. Pensando di aver reso innocuo il ragazzo infatti i tre non si aspettarono minimamente un contrattacco.
 
E fu così che fingendo uno spasmo di dolore, Harry fece scivolare la bacchetta dalle pieghe della manica e la puntò rapidamente in direzione di Yaxley.
L’ultima cosa che il mangiamorte vide fu un lampo di luce verde colpirlo al petto, mentre gli altri due fissarono scioccati l’uomo cadere all’indietro privo di vita. Il dolore che prima stava attanagliando Harry cessò all’istante, lasciandolo libero di ingaggiare i due seguaci di Voldemort rimanenti. Evocò delle catene che guizzarono rapide verso il collo del mangiamorte di destra, che colto alla sprovvista si lasciò cadere la bacchetta a terra mentre veniva alzato da terra. Gorgoglii sommessi risuonarono per lo stretto vicolo mentre l’uomo moriva soffocato tentando disperatamente di levarsi le catene a mani nude, inutilmente. Il suo compagno, l’ultimo rimasto, tentò di salvarlo ma Harry glielo impedì ingaggiandolo in duello.
Avada Kedavra!” Invocò adirato il mangiamorte, ma l’anatema venne schivato dal ragazzo con relativa facilità. “Muori!” Sputò, mentre la paura si faceva largo dentro di lui. E così scagliò un altro anatema, e un altro ancora ma il ragazzo li schivò tutti quanti.
Harry stava per contrattaccare per porre fine alla vita del nemico, ma quest’ultimo in un ultimo disperato tentativo gli fece esplodere il muro affianco sbattendolo a terra tra calcinacci e polvere. “Cazzo…” Esclamò Harry con le orecchie che gli fischiavano tremendamente, mentre tentava di rialzarsi scostandosi i detriti da addosso.
Davanti a sé, il mangiamorte era fuggito.
 
“Venite. Aiutatemi! Siamo stati attaccati, muovetevi idioti!” Lo sentì urlare in lontananza probabilmente rivolto ai ghermidori in fondo alla strada.
La situazione stava peggiorando. I ghermidori non erano abili quanto i mangiamorte in combattimento, ma sapevano essere una vera spina nel fianco.
 
Si sporse sulla strada e li vide correre verso di lui con a capo il mangiamorte.
“Eccolo!” Urlò uno e diversi incantesimi volarono verso Harry che fulmineo si ritrasse poco prima di essere colpito, proteggendosi dietro il muro di una casa.
Doveva spostarsi assolutamente da quel vicolo o avrebbe fatto una brutta fine. Si accorse allora del buco lasciato nella parete dell’edificio adiacente dall’incantesimo esplosivo scagliatogli poco prima. Era sufficientemente grande da farci passare un uomo e i passi sempre più vicini convinsero Harry ad attraversarlo senza pensarci due volte. “Reparo”. Disse una volta dentro l’edificio e i vari frammenti si ricomposero sigillando l’apertura. Fu così travolto da un fortissimo odore di naftalina, e nella penombra della stanza poco illuminata numerose figure slanciate sembravano averlo circondato. Harry di istinto ne schiantò una, ma avvenne qualcosa di insolito: questa infatti nel volare all’indietro sembrò spezzarsi in diverse parti. Busto, braccia, gambe volarono qui e là sul pavimento di legno impolverato. “Che cosa…” esclamò Harry confuso. E quando la poca luce che filtrava dall’esterno illuminò i restanti individui vide che quelli non erano uomini, ma bensì dei semplici manichini vestiti con abiti tra i più disparati, sia femminili che maschili. Abiti da maghi.
File e file di vestiti riempivano il resto della stanza, tra qui numerose uniformi di Hogwarts. Lesse a fatica un’etichetta che pendeva da uno di essi, che recitava:
 
Madame McClan: Abiti per tutte le occasioni.
 
Era finito nel negozio di sartoria dove tutti gli studenti di Hogwarts compreso lui, andavano a comprare le proprie uniformi. O almeno… una volta. Sembrava in effetti tutto abbandonato da tempo ormai con la polvere e le assi di legno inchiodate alle vetrine.
 
“È sparito!”
“Dove è andato?”
“Yaxley è morto… “
“Anche Selwyn.”
“Dove diavolo è sparito?”
“Questa parete era esplosa durante lo scontro… Deve essere fuggito da questa parte.”
 
Merda. Le voci provenienti dall’esterno allarmarono Harry che si mise a correre tra le file di abiti.
Ci fu un’esplosione che produsse un nuovo varco nella parete.
“Forza muovetevi!” Senti urlare dietro di sé. Harry animò alcuni manichini che si trovò a tiro ordinandogli di attaccare i nuovi ospiti. Giunto dall’altra parte della stanza sfondò una porta ritrovandosi nel vano scale dell’edificio.
 
“Toglietemelo di dosso!”
“Aiuto!”
Sentì urlare, con una certa dose di soddisfazione, i suoi inseguitori, mentre lui saliva ad ampie falcate su per le scale. Aveva quattro rampe da percorrere. Passato il primo pianerottolo però, un incantesimo fece esplodere una porzione della ringhiera in legno poco davanti.
“Sta salendo!” Urlarono da giù.
Harry, non lasciandosi scoraggiare, rispose al fuoco mentre continuava a salire, lanciando un incantesimo verso i piani inferiori che esplodendo mise fuori gioco tre ghermidori.  
 
Riuscì infine a raggiungere l’ultimo pianerottolo, su cui si affacciava un’unica porta di legno.
La aprì richiudendosela alle spalle. “Colloportus.” E questa venne bloccata. Almeno li avrebbe ostacolati. Si guardò attorno. Era nel sottotetto polveroso dell’edificio. Avanzò verso l’abbaino a pochi passi, da lì avrebbe avuto accesso al tetto. Così fece, mentre le voci dietro di lui si facevano sempre più vicine.
Faticò a mantenere l’equilibrio sullo strado di neve ghiacciata che ricopriva le tegole, ma riuscì comunque a muoversi lungo la falda e saltare sul tetto della casa attigua. Gettando uno sguardò sulla strada avvistò i due genitori con i loro tre figli. Erano ancora tutti vivi fortunatamente, inginocchiati al centro della via principale e cosa molto importante, con due soli uomini a tenerli d’occhio. Era la sua occasione per poterli salvare!
 
Dalla sua posizione elevata non gli fu difficile schiantare i due ghermidori.
“Correte verso il Paiolo Magico!” Urlò alla famiglia indicando la fine della strada distante solamente quattro case. “Vi copro io! Forza!”
Dopo un attimo di titubanza i due adulti, con un cenno di assenso, presero i propri figli e corsero più veloci che poterono verso la via di fuga.
Poco più indietro gli inseguitori erano riusciti a giungere sui tetti e lo stavano raggiungendo a fatica. Agitando la bacchetta scagliò diverse tegole verso di loro mentre lui scappava nella direzione opposta.
 
Saltò dall’ennesimo edificio all’altro.
“Ok. Basta correre sui tetti come un idiota.” Si disse affannato. Dietro vide che erano rimasti 4 ghermidori e il mangiamorte ad inseguirlo a due tetti di distanza. 
“Non puoi scappare per sempre!” Gli disse quest’ultimo scagliandogli contro un raggio rossastro. Harry mosse fiaccamente la bacchetta e questo si dissolse nel nulla.
“E chi sta scappando?” Rispose guardando in alto il cielo plumbeo e nervoso.
Alzò la bacchetta in aria e compiendo lenti movimenti circolari disse: “Fulminem Persecutio” e saette impetuose si formarono tra le nuvole. “Proviamo questo.” Disse Harry abbassando di scatto il braccio in direzione dei nemici, e una pioggia di fulmini si abbatté su di loro.
Uno morì folgorato all’istante, il suo corpo carbonizzato scagliato lontano, gli altri riuscirono a resistere come poterono con scudi magici improvvisati, ma quelle erano folgori intrise di magia oscura, praticamente ineluttabili, come scoprirono a loro spese mentre le loro barriere cedevano come castelli di carta. Uno venne trapassato da parte a parte e cadde giù dal tetto, un altro ancora tento di scappare ma venne colpito alla schiena e scagliato via.
 
Harry sarebbe volentieri rimasto ad assistere allo spettacolo, ma il Paiolo Magico lo attendeva. Dando un ultimo sguardo al mangiamorte, che doveva ammettere essere particolarmente ostinato a non morire, e all’ultimo ghermidore rimasto intenti a schivare le folgori maledette, saltò giù su un piccolo balcone e da lì atterrò sul ciottolato della strada iniziando a correre verso il Paiolo Magico.
La famiglia era ferma davanti al muro di mattoni che dava al retro del pub, il padre sembrava inveire contro parete. Harry li raggiunse in poco tempo.
“Papà, papà. Arriva l’uomo nero!” Urlò uno dei due bambini che lo avvistò per primo. Il padre smise di imprecare e con fare protettivo si parò davanti a lui.
“Che succede? Perché non lo avete ancora attraversato?” Chiese Harry indicando il muro dietro di loro.
L’uomo lo guardò serio, come per capire se si poteva fidare di quello strano ragazzo, un mangiamorte per giunta…
“Chi sei tu?” Gli chiese con una punta di paura nella voce osservando i fulmini alle spalle di Harry. 
Ma perché tutti gli facevano quella domanda quel giorno?
“Non ha importanza. Dobbiamo andarcene prima che ne arrivino altri.”
“Sei un mangiamorte! Perché dovremmo fidarci di te? Chi ci dice che non vuoi consegnarci a Tu-sai-chi?” Intervenne velenosa la figlia. Harry la fissò negli occhi. Emanavano quasi la stessa energia di quelli della sua Ginny. Sì. Loro sue andrebbero d’accordo, pensò.
Harry le sorrise per poi scostarsi per mostrargli l’ultimo ghermidore rimanere folgorato proprio in quel momento. “Credi che se fossi veramente un mangiamorte attaccherei i miei compagni? Credi che mi sarei scomodato per farvi scappare?”
Lo sguardo della ragazza vacillò.
“Appunto. Dobbiamo andare, ora. Coraggio.” Continuò Harry avvicinandosi alla parete.
L’uomo, che ora appariva meno diffidente, disse con tono deluso: “Non si apre. Abbiamo tentato, ma è bloccato e non abbiamo le bacchette...”
“Va bene. State indietro, farò saltare il muro.” Gli ordinò. Loro eseguirono retrocedendo di qualche passo.
Bombarda.” Disse facendo esplodere la parete in migliaia di pezzi.
“Fate attenzione. Potrebbero esserci nemici all’interno.” Disse prima di avanzare sui mattoni frantumanti disseminati per terra.
Il retro del pub appariva più lurido ed abbandonato che mai, con rifiuti, ratti e un odore di avanzi avariati da far accapponare la pelle.
Harry si fermò davanti alla porta che dava acceso al locale. “Rimanete dietro di me. E voi bambini…” disse rivolto ai più piccoli “rimanete vicino a mamma e papà. Intesi?” Un po' spaventati e un po' intimoriti dal suo tono autoritario i due annuirono fermamente stringendosi ai genitori.
Con la bacchetta spianata aprì la porta che fece un cigolio sinistro.
Le logore toghe del pavimento scricchiolarono sotto il peso dello stivale di Harry.
Stupeficium!” Urlò d’un tratto una voce all’interno del buio locale, che si illuminò di un rosso acceso mentre l’incantesimo viaggiava contro di loro. Ma il ragazzo non si fece cogliere impreparato e lo rispedì al mittente, capendo di essere andato a segno quando sentì un gemito di dolore e il tonfo di qualcuno cadere pesantemente a terra.
 
Alzò immediatamente una barriera magica per difendersi da eventuali ulteriori attacchi che purtroppo non tardarono ad arrivare. Diverse voci dall’interno evocarono una moltitudine di incantesimi e maledizioni che si infransero contro la barriera di Harry, producendo lampi variopinti che illuminarono il bancone, i tavolini e i tre uomini riparati dietro ad essi che lo stavano attaccando.
Non gli ci volle molto per schiantarli tutti.
“Erano solo dei ghermidori.” Disse rivolto alla famiglia spaventata.
“Solo?” Replicò sarcastica la giovane ragazza spaventata.
 
Uno dei bambini alle sue spalle incominciò a singhiozzare terrorizzato, guadagnandosi un’occhiata apprensiva da parte di Harry. Quel posto non faceva per i bambini, pensò mentre la madre pendeva il piccolo in braccio per tranquillizzarlo.
Doveva ammettere che un po' lo invidiava. Lui non ha mai goduto dell’effetto rassicurante che solo un abbraccio materno poteva dare. Ha passato la sua infanzia in solitudine, a contare sulle proprie forze in quel fottuto sottoscala. Abbandonato e privo di affetto, perché i suoi genitori erano morti. Assassinati. Poteva sentire ancora sua madre implorare Voldemort di risparmiare la vita di Harry, offrendo la propria in cambio. Poteva sentire le sue urla, chiare e nitide. Urla…
“Mamma, mamma ho freddo…” La voce del bambino ridestò Harry dai suoi cupi pensieri. In effetti, la temperatura era scesa di parecchio rispetto a prima. Perplesso abbassò lo sguardo su una bottiglia di Sherry abbandonata lì sul pavimento, dove sulla superfice di vetro verdastro si stava formando una leggera patina di ghiaccio biancastra. E allora capì.
 
“Tutti dentro! Veloci!” Gridò perentorio agli altri.
“Cosa succede?” Chiese il padre.
“Dissenatori. Entrate!”   
  
   
 
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