Era
il terzo anno che frequentava Hogworts. Il terzo anno.
Ed
erano due anni ormai che era diventata la migliore amica di Remus Lupin. Due
anni.
Tutto
sarebbe stato davvero perfetto, se non fosse che durante quei due anni di
amicizia aveva dovuto lottare contro quella stronza di sua cugina, che si
portava a letto il suo caro Remus.
E,
se fosse stato per amore, lei non avrebbe avuto assolutamente nulla da dire.
MA
NON ERA AMORE!
Come
faceva a saperlo?! Puro e semplice intuito femminile, unito alla conoscenza
della mentalità dei componenti di sangue Black.
Quella
donna era una serpe travestita da grifone, ed era riuscita con questo losco
travestimento a plagiare la mente troppo buona, troppo fiduciosa, - e sì, anche
troppo debole – di Remus Lupin, aiutata anche dal fatto che lui era ancora
appassionatamente innamorata di lei…
Quindi,
come migliore amica, lei aveva l’ASSOLUTO OBBLIGO di aiutare il povero
Lunastorta.
Che
piano aveva in mente?
Beh…
mi pare ovvio:
Siccome
da sola non era riuscita a persuaderlo ad abbandonare quella malefica maliarda,
avrebbe a sua volta dovuto chiedere soccorso ad una persona che Remus NON
avrebbe potuto ignorare.
Sì,
è vero, questo era un colpo basso. Ma era pronta a fare carte false per il suo
migliore amico.
Sirius
scendeva le scale che lo avevano condotto in soffitta. Dietro di lui faceva
altrettanto Albus Silente.
Entrambi
erano immersi in complicati pensieri.
Silente
aveva la strana sensazione, concretizzata in un groppo al cuore, che quella
rivelazione avesse messo una marcia in più al destino, obbligandolo a giungere
il più in fretta possibile al momento cruciale della vicenda che stavano
vivendo.
Proverbi
come Chi va piano, va sano e va lontano, o La fretta è una cattiva
consigliera continuavano a ronzargli in mente, ed insieme ad essi il brutto
presentimento che, anche quella volta, se fossero precipitati i tempi come con
Urania, non sarebbe riuscito a salvare colei che teneva nelle sue vene il
sangue del suo sangue.
Sirius,
invece, non faceva altro che ripensare alle parole del preside: alcune di esse
l’avevano particolarmente scosso… e voleva a tutti i costi chiedere maggiori
informazioni. Ne aveva bisogno… per poter sperare. Per potere sperare ancora di
più di poter salvare la vita della persona che... che… che rappresentava Tutto
per lui.
No,
sbagliato. Non per sperare.
Per
potere avere qualche certezza, qualche punto fisso su cui aggrapparsi. Qualcosa
che potesse farlo sorridere quando pensava alla sua amata, e al loro futuro.
“Preside…
lei prima ha parlato di un Anti-Oblivius.” Chiese ad un certo punto, fermandosi
in un pianerottolo e voltandosi a guardare con occhi scintillanti il vecchio
uomo davanti a lui.
Silente
lo fissò un attimo, ben consapevole di dove il giovane volesse andare a parare.
Sospirò,
e con la sua voce dolce disse:
“Sirius,
un Anti -Oblivius è una pozione molto difficile da creare. Specie se l’Oblivius
in questione è di antica data, e ancor più se è stato prodotto da un mago
potente quale Merlino era.
In
più, il siero usato da Urania non potrebbe comunque essere usato da Solaria,
perché esso deve essere prodotto dalla vittima della maledizione, ponendo fra
gli ingredienti anche una goccia del proprio sangue.”
“Capisco…
ma lei non conosce gli ingredienti?”
“La
pergamena che li conteneva è andata perduta. O meglio, non è leggibile.
Mia
figlia aveva in sé l’esperienza delle veggenti di Avalon, ed è lì che ha
imparato a creare la pozione.”
“Solaria
potrebbe impararlo?”
“Solaria
non è una sacerdotessa, quindi non ha accesso a queste conoscenze.”
Sirius
abbassò lo sguardo, facendo sì col capo. Sì, aveva capito, anche quella strada
era impercorribile…
Silente
sospirò ancora.
“La
speranza è l’ultima a morire, Sirius.”
Il
giovane uomo alzò i suoi grigi occhi su di lui. Era triste, profondamente
triste, e pieno di sconforto. “Lo so. Ma sono stufo di vivere di sola speranza.
La
speranza mi sta distruggendo.”
“E’
il dubbio che la tua speranza venga infranta che ti sta distruggendo, Sirius.”
“Ma
tale dubbio è una necessaria conseguenza di un sentimento come la speranza… non
posso sperare senza avere dubbi, né potrei avere dubbi senza sperare.
Non
riesco più a vivere senza certezze, soprattutto… soprattutto ora che lei non
c’é…
Mi
guardi, preside! Sto diventando patetico!
E
pensare che, qualche anno fa, sentimenti come paura, tristezza, dolore…
speranza… non avrebbero nemmeno fatto parte del mio vocabolario.”
“Ma
nemmeno sentimenti come Amore, fedeltà, felicità. Solaria ti ha dato tutto,
Sirius. Ti ha fatto divenire un uomo vero, con tutti i pregi e difetti associati.”
“Già…
Solaria è sempre stata una totalità di cose insieme… Se ripenso a come ci siamo
conosci, a quello che io ero allora e quello che sono divenuto poi stando al
suo fianco… E’ grazie a lei che sono riuscito a liberarmi della mia famiglia…
-Detto
questo, rimase un attimo in silenzio. Solaria era tutto per lui in tutti i
sensi. Insomma, se non l’avesse mai conosciuta… cosa diamine sarebbe divenuto?!
Era
meglio non pensarci. L’ultima volta che l’aveva fatto, si era beccato un bel
pugno in faccia da Remus, e aveva litigato a lungo con lui, riuscendo a rappacificare
l’animo solamente grazie all’intervento di James.
Ora,
doveva continuare con le sue domande. -
Le
volevo chiedere anche un’altra cosa, se non le spiace.”
“Affatto.”
“Non
teme che Solaria scopra ciò che lei mi ha detto? E’ pur sempre un’empatica.”
Silente
lo guardò con un sorrisino malizioso in viso, che per la prima volta Sirius
paragonò a quello della sua ragazza. Ecco un altro piccolo elemento in comune
fra i due! Ecco da chi lei aveva preso quel sorrisino malizioso!
“Se
le cose sono andate come penso, una volta tornata qui Solaria sarà
perfettamente in grado di controllare il suo potere, senza dover necessariamente
sentire i pensieri e i sentimenti di tutti coloro che la circondano. Tutt’al
più, ti basterà l’Occlumantia che conosci.”
“Ho
capito.”
“Qualcos’altro,
Sirius?” Chiese di nuovo Silente, vedendolo ancora indugiare.
Sirius
fece sì col capo.
Quella
domanda gli premeva molto, forse ancor più delle altre che aveva posto a
Silente.
“Perché,
nonostante Urania sia morta, gli oggetti che le appartenevano o la ritraevano
sono ancora integri? Non sarebbero dovuti scomparire insieme a lei per effetto
dell’Oblivius?”
“Basta
che anche solo una persona si ricordi di lei, e allora nulla può scomparire.”
“E
non è possibile che quegli oggetti, rivisti dalle persone che li conoscevano,
facciano ritornare in mente gli avvenimenti nascosti dalla maledizione?”
Chiese, con un nodo alla gola.
Silente
abbassò lo sguardo, addolorato per ciò che gli stava per dire. Ancora una volta
aveva capito i suoi pensieri… voleva sapere se, qualora tutto fosse andato nel
peggiore dei modi e Solaria fosse morta, lui, rivedendo qualcosa che le
apparteneva, sarebbe riuscito a ricordarla.
“No
Sirius. L’Oblivius è troppo potente.
Nemmeno
il padre di Solaria, vedendo la figlia, è riuscito a ricordare chi fosse la
madre.”
“MA
LUI NON L’AMAVA!”
Silente
scosse il capo. “Era rimasto a malapena nove mesi con lei, e l’aveva amata più
della donna che conosceva da una vita e con cui ben presto si sarebbe sposato.”
“Non…non
c’è proprio speranza?”
“In
questo caso… no.”
Sirius
rimase immobile, lo sguardo fisso a terra, le labbra strette e le mani chiuse a
pugno.
“La
ringrazio Silente.” Disse poi, mentre scendeva le scale.
“Di niente, giovane Black… di niente.”
Sirius
scese in fretta dai piani superiori, e accelerando ancor più il passo, che alle
volte diveniva vera e propria corsa, giunse davanti alla Porta.
La
Porta della Stanza d’Oro, il santuario dell’amore tra lui e Solaria.
Vi
entrò, aprendo la porta lentamente e chiudendola altrettanto lentamente,
tenendo però sempre gli occhi fissi davanti a se.
Quel
luogo era sacro.
Perché
era stato il tempio del loro amore, del loro dolore, della loro vita felice e
triste. Era stato il tempio di loro due. Il tempio della loro Unione.
“Sirius?!”
Il
flusso di pensieri che la sua mente stava percorrendo si bloccò di colpo.
Cosa?!
Da dove proveniva quella voce? Apparteneva ad una ragazza, senza dubbio… e gli
era pure familiare.
“SIRIUS?!”
Ancora.
Corrugò la fronte e si guardò intorno, con la bacchetta davanti a se. Si
nascondeva qualcuno lì? Se così era, avrebbe pagato davvero molto cara
quell’intrusione.
“Diamine
razza di un c******e rompiballe spara – idiozie, mi vuoi rispondere o vuoi che
ti lanci un Cruciatus da qui per farti svegliare?!”
Sirius
sospirò, facendo ricadere il capo indietro e abbassando il braccio che teneva
minacciosamente la bacchetta.
Ecco
chi era.
Ninfadora
Tonks, quella capra di sua cugina.
Ma
perché diamine, prima di partire, le aveva dato quello specchio per ‘tenersi in
contatto’? Era del tutto rimbecillito?!
Sbuffò
un paio di volte mentre prendeva dalla tasca dei pantaloni il piccolo aggeggio
rotondo. E, quando se lo portò davanti, una smorfia di disgusto gli comparve in
volto.
Davanti
a lui, nello specchio, stava un’individua dai tremendi capelli acconciati a
rasta di color fucsia brillante, con un piercing nel naso e matita nera intorno
agli occhi.
“Ma
che diamine ti sei fatta, pazza?! Sei sempre più grezza, non c’è che dire!”
Gridò.
Dora
sbuffò, voltando gli occhi indietro.
“Mi sembra di sentire la McGranitt…”
“Per
la prima volta sono d’accordo con lei. Sembri la versione moderna di una
pigmea… certo che ti manca proprio il senso del gusto!”
“Puff, che rottura di balle che sei! Pensa però che io, comunque sia, posso sempre porre rimedio alle mie condizioni… mentre tu sei costretto a tenerti quella brutta faccia da schiaffi per il resto della tua vita!”
“La
mia faccia è bellissima!”
“E chi lo dice?!”
Sirius
ghignò. “Tutte le ragazze che sono venute a letto con me, ad esempio…”
“Questa gliela dico a Solaria quando torna.”
“Ci
sono stato prima che fossi con lei, cretina.”
“Sì sì, certo…”
“Nessuna
è in grado di sostituirla, ricordatelo! E non sopporto che le persone insinuino
cose del genere.” Gridò, furioso.
Ninfadora,
tornata seria, rimase a lungo a fissare i suoi azzurri occhietti su quelli
tempestosamente grigi del cugino. Forse era meglio non scherzare su
quell’argomento, Sirius diveniva troppo irascibile…
“A proposito di ragazze e di letti… dovrei parlarti di Remus.”
“Lunastorta?”
“Sì, Lunastorta.”
“Perché?
E’ libero di portarsi a letto chi vuole! Anzi, è ora che si diverta un po’,
quel ragazzo si è privato di troppo divertimento da giovane!”
“Sono d’accordo con te.”
“E
allora, cosa c’è che non va?”
“Solo il fatto che da due anni si sta portando a letto nostra cugina Narcissa.”
Silenzio.
Ancora
Silenzio.
Sirius
finalmente riprese a respirare, e sbatté un paio di volte le palpebre che aveva
lasciato immobili e aperte per lo stupore.
“E’
uno scherzo, Tonks?” Chiese con voce piatta.
“No.
Ma prima che tu ti faccia strane idee, voglio spiegarti la situazione.”
“No,
aspetta, vengo da te e mi dici tutto dal vivo.”
“Bene, speravo in questa tua reazione. Bisogna che tu aiuti Remus a liberarsi da quella megera.”
Sirius, che si stava già dirigendo verso la porta per uscire dalla stanza e andare ad avvertire Silente che doveva a tutti i costi tornare ad Hogworts, si bloccò.
Narcissa
una megera? Cosa?!
“Cosa?!” Gridò quasi.
“La nostra cara cuginetta si è rivelata una perfetta Black, mio caro. Una degna figlia della nostra nobile casata.”
“Arrivo.”
Fu tutto quello che riuscì a dire, prima di riporre lo specchietto in tasca e
uscire di corsa dalla stanza, dirigendosi verso la cucina dove sicuramente
avrebbe incontrato Silente.
Allora…
quello che Solaria gli aveva detto… sul fatto che solo momentaneamente Narcissa
era riuscita a liberarsi dall’influenza della malvagità del suo sangue… era
vero?
Possibile
che quello ad essere davvero in pericolo fosse Remus?
Possibile
che… Narcissa…
No.
La sua cara Narcissa.
L’aveva
considerata come una sorella. Anzi, la considerava come una sorella, tant’è che
non aveva voluto dare ascolto agli avvertimenti di Solaria e ai sospetti di
Lily.
Possibile
che si fosse sbagliato?
Ma
allora, se così fosse stato, chi gli sarebbe rimasto della sua famiglia se…
Solaria se ne fosse andata via per sempre? Chi avrebbe occupato il suo cuore?
Tonks?!
Sì… Tonks. Quella bimbetta rompipalle che tanto gli
ricordava Solaria da piccola. Ninfadora Tonks.
Remus
attraversò, come suo solito, i corridoi bui col solo ausilio della luce della
bacchetta.
Era
stata una serata bellissima, come tutte quelle che trascorreva con lei, del
resto.
Avevano
passeggiato per i prati di Malfoy Manor, erano andati nel White Garden, il
giardino di Narcissa, ed infine avevano fatto più volte l’amore nella sua
stanza da letto…
Perfetto…
era tutto così perfetto…
Un
sorriso amaro però gli comparve in volto. L’ultima volta che aveva pensato una
cosa del genere, la sua vita era stata improvvisamente sconvolta da un imprevisto.
Sarebbe
stato così anche quella volta?
Arrivò
davanti alla porta della sua stanza. Era dischiusa.
Sospirò:
quella piccola pazza di Tonks probabilmente si era rifugiata nel suo letto e lo
attendeva per fargli una delle sue solite e insensate ramanzine.
Entrò
in stanza, pronto a ridere nel vederla col solito buffo broncio che aveva
quando tornava a scuola dopo essere stato con Narcissa.
Ma
ciò che trovò gli fece gelare il sangue nelle vene.
Seduto
sul suo letto, le braccia incrociate e lo sguardo torvo, c’era Sirius.
Sa
tutto fu il
primo pensiero che gli passò per la mente, mentre chiudeva la porta alle sue
spalle.
“Salve
Sirius.” Disse, freddo.
“Ciao
Remus.”
“Cosa
ci fai qui?”
“Non
lo immagini?”
“Tonks.”
“Sì,
Tonks.” Confermò Felpato.
Sempre
più inquieto, Remus andò a poggiare il suo mantello sulla sua scrivania.
Perché, se Sirius sapeva tutto, non era incavolato con lui? Perché era così
calmo? O perlomeno, perché tratteneva la sua rabbia?
Possibile
che Tonks fosse riuscita a convincerlo con le sue pazze idee?
“Lasciala
Lunastorta, ha qualcosa in mente.” Gli disse Sirius, ancora seduto sul letto.
Remus
sospirò. Sì, Tonks era riuscita a convincere Felpato con le sue pazze idee.
“Lei mi ama e io la amo, Sirius. Non può avere nulla di malvagio in mente.”
“Non
ho dubbi che tu la ami, e sono sicuro che anche lei ti ami. Ma c’è un altro
fattore di cui tu non hai tenuto il conto.”
“E
cosa, Sirius?”
“La
vendetta. Narcissa è pronta a tutto pur di vendicarsi del male che le è stato
fatto. E sai che, quando imbocca una strada, la percorre fino a giungere alla
sua meta, a qualunque costo…”
“Mi
stai dicendo che, pur di vendicarsi, lei passerebbe sopra il mio cuore?”
“Sì
Remus, ti sto dicendo esattamente questo.”
Remus,
un sorriso amaro in volto, scosse la testa, e mugugnò un no.
“Che
razza di vendetta dovrebbe essere poi, se ci sono in mezzo anche io?! Oh, forse
ho capito! La vendetta è amarmi alle spalle di quel branco di mangiamorte da
cui è circondata! Beh, se le cose stanno così, non ho nulla in contrario!”
Sbottò alquanto stizzito da quella situazione.
“Se
le cose stessero davvero così, non avrei nulla in contrario nemmeno io.
Ma
lei è una Black, Remus. E i Black si vendicano in maniera molto più…
sofisticata, elegante, complessa… Ho reso l’idea? Sì, penso che tu abbia
capito. In fondo, sei sempre stato il più intelligente del gruppo.”
“Stai
dicendo solo sciocchezze…”
“Tienile
strette le mie sciocchezze Remus, perché potrebbero rivelarsi molto più veritiere
dei tuoi pensieri razionali.
Conosco
la mia famiglia. So di cosa i suoi membri sono capaci.”
Remus
prese a camminare nervosamente per la stanza.
“Sirius…
io la amo!” Disse poi, quasi come se con queste parole potesse eliminare
qualunque dubbio esistente riguardo agli avvenimenti.
“Tu
la ami. Lei vuole vendetta. Questi sono i vostri sentimenti più forti.”
“Ma
tu non l’hai nemmeno vista… come puoi dire una cosa del genere!”
“Remus,
dammi ascolto, sono tuo amico e voglio solo il tuo bene.
Ti
dico semplicemente che, quando Tonks mi ha detto che tu e lei stavate andando a
letto insieme, e per giunta da due anni, senza che io ne sapessi nulla… sarei
voluto venire qua solo per spaccarti la faccia, perché col tuo comportamento
idiota stavi mettendo in serio pericolo la vita di Narcissa e anche la tua.
Ma
quando lei mi ha raccontato le vicende, a partire da quella lettera che
Narcissa ti mandò… l’unico pensiero è stato: Narcissa Black in Malfoy. Come ho
potuto pensare che quell’angelo si potesse salvare dalla malvagità dei demoni che
la circondano e che possiedono, purtroppo, il suo stesso sangue? L’ho persa… ho
perso quella fata che tanto amavo e ammiravo, per la sua dolcezza, per la sua
forza, la sua serenità, e il suo coraggio.
E
anche tu l’hai persa, Remus. Quella che ami non è la vera Narcissa, la Narcissa
che ti ha fatto innamorare da ragazzo.
O,
almeno, non è tutta la vera Narcissa.
E
la parte che tu non conosci, o non vuoi conoscere, è purtroppo la parte
dominante e la più orribile di lei.
Dunque,
ora sono qui per un altro motivo: salvare te da lei. E, anche, salvarvi tutti e
due dall’eventualità che Malfoy, scoprendo la verità, decida di annientarvi
entrambi in maniera molto dolorosa.”
“Sirius…
non… io non….io… diamine! L’hai capito che mi puoi dire tutto quello che vuoi,
perché l’unica cosa che ho in mente è quanto la amo?!”
“Sì
Lunastorta, l’ho capito. In fondo, se qualcuno mi dicesse una cosa del genere
sulla mia Solaria, non solo non gli presterei la minima attenzione, ma
probabilmente gli spaccherei la bocca per aver osato pronunciare simili
blasfemie!
Ma
con te è diverso. Tu non sei mai stato reattivo quanto me, per tua fortuna.
Dunque, so che terrai a mente le mie parole. Perché io sono un tuo amico, e
voglio solo il bene per te.
Sappi
dunque che, qualunque cosa succeda, io, e James quando lo verrà a sapere (non
sognarti che io non glielo dica), saremo al tuo fianco.
Sta
attento, Remus.”
E,
così dicendo, si alzò e abbracciò l’amico senza però essere ricambiato. Remus
era totalmente perso nei suoi pensieri.
Sirius
gli batté una mano sulla spalla, poi si diresse verso la porta.
“Arrivederci
Lunasorta, devo tornare alla missione, è già tanto se sono riuscito ad avere il
permesso di venire qua per un po’ di tempo… salutami tu Tonks, le avevo detto
che sarei passato da lei, ma ormai starà dormendo.”
“Va
bene.” Gli disse Remus con voce piatta, sempre immobile in mezzo alla sua
stanza.
“Ciao.”
“Ciao.”