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Autore: kishal    15/05/2005    1 recensioni
La vita dei Malandrini, ora che un importante membro del loro gruppo li ha dovuti lasciare, anche se per un tempo relativamente breve....
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La vera storia dei Malandrini'
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Era il terzo anno che frequentava Hogworts

Era il terzo anno che frequentava Hogworts. Il terzo anno.

Ed erano due anni ormai che era diventata la migliore amica di Remus Lupin. Due anni.

Tutto sarebbe stato davvero perfetto, se non fosse che durante quei due anni di amicizia aveva dovuto lottare contro quella stronza di sua cugina, che si portava a letto il suo caro Remus.

 

E, se fosse stato per amore, lei non avrebbe avuto assolutamente nulla da dire.

 

MA NON ERA AMORE!

Come faceva a saperlo?! Puro e semplice intuito femminile, unito alla conoscenza della mentalità dei componenti di sangue Black.

Quella donna era una serpe travestita da grifone, ed era riuscita con questo losco travestimento a plagiare la mente troppo buona, troppo fiduciosa, - e sì, anche troppo debole – di Remus Lupin, aiutata anche dal fatto che lui era ancora appassionatamente innamorata di lei…

 

Quindi, come migliore amica, lei aveva l’ASSOLUTO OBBLIGO di aiutare il povero Lunastorta.

Che piano aveva in mente?

Beh… mi pare ovvio:

Siccome da sola non era riuscita a persuaderlo ad abbandonare quella malefica maliarda, avrebbe a sua volta dovuto chiedere soccorso ad una persona che Remus NON avrebbe potuto ignorare.

 

Sì, è vero, questo era un colpo basso. Ma era pronta a fare carte false per il suo migliore amico.

 

Sirius scendeva le scale che lo avevano condotto in soffitta. Dietro di lui faceva altrettanto Albus Silente.

Entrambi erano immersi in complicati pensieri.

 

Silente aveva la strana sensazione, concretizzata in un groppo al cuore, che quella rivelazione avesse messo una marcia in più al destino, obbligandolo a giungere il più in fretta possibile al momento cruciale della vicenda che stavano vivendo.

Proverbi come Chi va piano, va sano e va lontano, o La fretta è una cattiva consigliera continuavano a ronzargli in mente, ed insieme ad essi il brutto presentimento che, anche quella volta, se fossero precipitati i tempi come con Urania, non sarebbe riuscito a salvare colei che teneva nelle sue vene il sangue del suo sangue.

 

Sirius, invece, non faceva altro che ripensare alle parole del preside: alcune di esse l’avevano particolarmente scosso… e voleva a tutti i costi chiedere maggiori informazioni. Ne aveva bisogno… per poter sperare. Per potere sperare ancora di più di poter salvare la vita della persona che... che… che rappresentava Tutto per lui.

No, sbagliato. Non per sperare.

Per potere avere qualche certezza, qualche punto fisso su cui aggrapparsi. Qualcosa che potesse farlo sorridere quando pensava alla sua amata, e al loro futuro.

 

“Preside… lei prima ha parlato di un Anti-Oblivius.” Chiese ad un certo punto, fermandosi in un pianerottolo e voltandosi a guardare con occhi scintillanti il vecchio uomo davanti a lui.

Silente lo fissò un attimo, ben consapevole di dove il giovane volesse andare a parare.

Sospirò, e con la sua voce dolce disse:

“Sirius, un Anti -Oblivius è una pozione molto difficile da creare. Specie se l’Oblivius in questione è di antica data, e ancor più se è stato prodotto da un mago potente quale Merlino era.

In più, il siero usato da Urania non potrebbe comunque essere usato da Solaria, perché esso deve essere prodotto dalla vittima della maledizione, ponendo fra gli ingredienti anche una goccia del proprio sangue.”

“Capisco… ma lei non conosce gli ingredienti?”

“La pergamena che li conteneva è andata perduta. O meglio, non è leggibile.

Mia figlia aveva in sé l’esperienza delle veggenti di Avalon, ed è lì che ha imparato a creare la pozione.”

“Solaria potrebbe impararlo?”

“Solaria non è una sacerdotessa, quindi non ha accesso a queste conoscenze.”

Sirius abbassò lo sguardo, facendo sì col capo. Sì, aveva capito, anche quella strada era impercorribile…

Silente sospirò ancora.

“La speranza è l’ultima a morire, Sirius.”

Il giovane uomo alzò i suoi grigi occhi su di lui. Era triste, profondamente triste, e pieno di sconforto. “Lo so. Ma sono stufo di vivere di sola speranza.

La speranza mi sta distruggendo.”

“E’ il dubbio che la tua speranza venga infranta che ti sta distruggendo, Sirius.”

“Ma tale dubbio è una necessaria conseguenza di un sentimento come la speranza… non posso sperare senza avere dubbi, né potrei avere dubbi senza sperare.

Non riesco più a vivere senza certezze, soprattutto… soprattutto ora che lei non c’é…

Mi guardi, preside! Sto diventando patetico!

E pensare che, qualche anno fa, sentimenti come paura, tristezza, dolore… speranza… non avrebbero nemmeno fatto parte del mio vocabolario.”

“Ma nemmeno sentimenti come Amore, fedeltà, felicità. Solaria ti ha dato tutto, Sirius. Ti ha fatto divenire un uomo vero, con tutti i pregi e difetti associati.”

“Già… Solaria è sempre stata una totalità di cose insieme… Se ripenso a come ci siamo conosci, a quello che io ero allora e quello che sono divenuto poi stando al suo fianco… E’ grazie a lei che sono riuscito a liberarmi della mia famiglia…

-Detto questo, rimase un attimo in silenzio. Solaria era tutto per lui in tutti i sensi. Insomma, se non l’avesse mai conosciuta… cosa diamine sarebbe divenuto?!

Era meglio non pensarci. L’ultima volta che l’aveva fatto, si era beccato un bel pugno in faccia da Remus, e aveva litigato a lungo con lui, riuscendo a rappacificare l’animo solamente grazie all’intervento di James.

Ora, doveva continuare con le sue domande. -

Le volevo chiedere anche un’altra cosa, se non le spiace.”

“Affatto.”

“Non teme che Solaria scopra ciò che lei mi ha detto? E’ pur sempre un’empatica.”

Silente lo guardò con un sorrisino malizioso in viso, che per la prima volta Sirius paragonò a quello della sua ragazza. Ecco un altro piccolo elemento in comune fra i due! Ecco da chi lei aveva preso quel sorrisino malizioso!

“Se le cose sono andate come penso, una volta tornata qui Solaria sarà perfettamente in grado di controllare il suo potere, senza dover necessariamente sentire i pensieri e i sentimenti di tutti coloro che la circondano. Tutt’al più, ti basterà l’Occlumantia che conosci.”

“Ho capito.”

 

“Qualcos’altro, Sirius?” Chiese di nuovo Silente, vedendolo ancora indugiare.

Sirius fece sì col capo.

Quella domanda gli premeva molto, forse ancor più delle altre che aveva posto a Silente.

“Perché, nonostante Urania sia morta, gli oggetti che le appartenevano o la ritraevano sono ancora integri? Non sarebbero dovuti scomparire insieme a lei per effetto dell’Oblivius?”

“Basta che anche solo una persona si ricordi di lei, e allora nulla può scomparire.”

“E non è possibile che quegli oggetti, rivisti dalle persone che li conoscevano, facciano ritornare in mente gli avvenimenti nascosti dalla maledizione?” Chiese, con un nodo alla gola.

Silente abbassò lo sguardo, addolorato per ciò che gli stava per dire. Ancora una volta aveva capito i suoi pensieri… voleva sapere se, qualora tutto fosse andato nel peggiore dei modi e Solaria fosse morta, lui, rivedendo qualcosa che le apparteneva, sarebbe riuscito a ricordarla.

“No Sirius. L’Oblivius è troppo potente.

Nemmeno il padre di Solaria, vedendo la figlia, è riuscito a ricordare chi fosse la madre.”

“MA LUI NON L’AMAVA!”

Silente scosse il capo. “Era rimasto a malapena nove mesi con lei, e l’aveva amata più della donna che conosceva da una vita e con cui ben presto si sarebbe sposato.”

“Non…non c’è proprio speranza?”

“In questo caso… no.”

 

Sirius rimase immobile, lo sguardo fisso a terra, le labbra strette e le mani chiuse a pugno.

“La ringrazio Silente.” Disse poi, mentre scendeva le scale.

“Di niente, giovane Black… di niente.”

 

Sirius scese in fretta dai piani superiori, e accelerando ancor più il passo, che alle volte diveniva vera e propria corsa, giunse davanti alla Porta.

La Porta della Stanza d’Oro, il santuario dell’amore tra lui e Solaria.

 

Vi entrò, aprendo la porta lentamente e chiudendola altrettanto lentamente, tenendo però sempre gli occhi fissi davanti a se.

 

Quel luogo era sacro.

Perché era stato il tempio del loro amore, del loro dolore, della loro vita felice e triste. Era stato il tempio di loro due. Il tempio della loro Unione.

 

“Sirius?!”

 

Il flusso di pensieri che la sua mente stava percorrendo si bloccò di colpo.

Cosa?! Da dove proveniva quella voce? Apparteneva ad una ragazza, senza dubbio… e gli era pure familiare.

 

“SIRIUS?!”

 

Ancora. Corrugò la fronte e si guardò intorno, con la bacchetta davanti a se. Si nascondeva qualcuno lì? Se così era, avrebbe pagato davvero molto cara quell’intrusione.

 

“Diamine razza di un c******e rompiballe spara – idiozie, mi vuoi rispondere o vuoi che ti lanci un Cruciatus da qui per farti svegliare?!”

 

Sirius sospirò, facendo ricadere il capo indietro e abbassando il braccio che teneva minacciosamente la bacchetta.

Ecco chi era.

Ninfadora Tonks, quella capra di sua cugina.

Ma perché diamine, prima di partire, le aveva dato quello specchio per ‘tenersi in contatto’? Era del tutto rimbecillito?!

 

Sbuffò un paio di volte mentre prendeva dalla tasca dei pantaloni il piccolo aggeggio rotondo. E, quando se lo portò davanti, una smorfia di disgusto gli comparve in volto.

Davanti a lui, nello specchio, stava un’individua dai tremendi capelli acconciati a rasta di color fucsia brillante, con un piercing nel naso e matita nera intorno agli occhi.

“Ma che diamine ti sei fatta, pazza?! Sei sempre più grezza, non c’è che dire!” Gridò.

Dora sbuffò, voltando gli occhi indietro.

“Mi sembra di sentire la McGranitt…”

“Per la prima volta sono d’accordo con lei. Sembri la versione moderna di una pigmea… certo che ti manca proprio il senso del gusto!”

“Puff, che rottura di balle che sei! Pensa però che io, comunque sia, posso sempre porre rimedio alle mie condizioni… mentre tu sei costretto a tenerti quella brutta faccia da schiaffi per il resto della tua vita!”

“La mia faccia è bellissima!”

“E chi lo dice?!”

Sirius ghignò. “Tutte le ragazze che sono venute a letto con me, ad esempio…”

“Questa gliela dico a Solaria quando torna.”

“Ci sono stato prima che fossi con lei, cretina.”

“Sì sì, certo…”

“Nessuna è in grado di sostituirla, ricordatelo! E non sopporto che le persone insinuino cose del genere.” Gridò, furioso.

Ninfadora, tornata seria, rimase a lungo a fissare i suoi azzurri occhietti su quelli tempestosamente grigi del cugino. Forse era meglio non scherzare su quell’argomento, Sirius diveniva troppo irascibile…

“A proposito di ragazze e di letti… dovrei parlarti di Remus.”

“Lunastorta?”

“Sì, Lunastorta.”

“Perché? E’ libero di portarsi a letto chi vuole! Anzi, è ora che si diverta un po’, quel ragazzo si è privato di troppo divertimento da giovane!”

“Sono d’accordo con te.”

“E allora, cosa c’è che non va?”

“Solo il fatto che da due anni si sta portando a letto nostra cugina Narcissa.”

 

Silenzio.

 

Ancora Silenzio.

 

Sirius finalmente riprese a respirare, e sbatté un paio di volte le palpebre che aveva lasciato immobili e aperte per lo stupore.

“E’ uno scherzo, Tonks?” Chiese con voce piatta.

“No.

Ma prima che tu ti faccia strane idee, voglio spiegarti la situazione.”

“No, aspetta, vengo da te e mi dici tutto dal vivo.”

“Bene, speravo in questa tua reazione. Bisogna che tu aiuti Remus a liberarsi da quella megera.”

Sirius, che si stava già dirigendo verso la porta per uscire dalla stanza e andare ad avvertire Silente che doveva a tutti i costi tornare ad Hogworts, si bloccò.

Narcissa una megera? Cosa?!

Cosa?!” Gridò quasi.

“La nostra cara cuginetta si è rivelata una perfetta Black, mio caro. Una degna figlia della nostra nobile casata.”

“Arrivo.” Fu tutto quello che riuscì a dire, prima di riporre lo specchietto in tasca e uscire di corsa dalla stanza, dirigendosi verso la cucina dove sicuramente avrebbe incontrato Silente.

 

Allora… quello che Solaria gli aveva detto… sul fatto che solo momentaneamente Narcissa era riuscita a liberarsi dall’influenza della malvagità del suo sangue… era vero?

Possibile che quello ad essere davvero in pericolo fosse Remus?

Possibile che… Narcissa…

No. La sua cara Narcissa.

L’aveva considerata come una sorella. Anzi, la considerava come una sorella, tant’è che non aveva voluto dare ascolto agli avvertimenti di Solaria e ai sospetti di Lily.

 

Possibile che si fosse sbagliato?

Ma allora, se così fosse stato, chi gli sarebbe rimasto della sua famiglia se… Solaria se ne fosse andata via per sempre? Chi avrebbe occupato il suo cuore?

 

Tonks?!

Sì… Tonks. Quella bimbetta rompipalle che tanto gli ricordava Solaria da piccola. Ninfadora Tonks.

 

 

 

 

Remus attraversò, come suo solito, i corridoi bui col solo ausilio della luce della bacchetta.

Era stata una serata bellissima, come tutte quelle che trascorreva con lei, del resto.

Avevano passeggiato per i prati di Malfoy Manor, erano andati nel White Garden, il giardino di Narcissa, ed infine avevano fatto più volte l’amore nella sua stanza da letto…

 

Perfetto… era tutto così perfetto…

 

Un sorriso amaro però gli comparve in volto. L’ultima volta che aveva pensato una cosa del genere, la sua vita era stata improvvisamente sconvolta da un imprevisto.

Sarebbe stato così anche quella volta?

 

Arrivò davanti alla porta della sua stanza. Era dischiusa.

Sospirò: quella piccola pazza di Tonks probabilmente si era rifugiata nel suo letto e lo attendeva per fargli una delle sue solite e insensate ramanzine.

Entrò in stanza, pronto a ridere nel vederla col solito buffo broncio che aveva quando tornava a scuola dopo essere stato con Narcissa.

Ma ciò che trovò gli fece gelare il sangue nelle vene.

 

Seduto sul suo letto, le braccia incrociate e lo sguardo torvo, c’era Sirius.

 

Sa tutto fu il primo pensiero che gli passò per la mente, mentre chiudeva la porta alle sue spalle.

“Salve Sirius.” Disse, freddo.

“Ciao Remus.”

“Cosa ci fai qui?”

“Non lo immagini?”

“Tonks.”

“Sì, Tonks.” Confermò Felpato.

Sempre più inquieto, Remus andò a poggiare il suo mantello sulla sua scrivania. Perché, se Sirius sapeva tutto, non era incavolato con lui? Perché era così calmo? O perlomeno, perché tratteneva la sua rabbia?

Possibile che Tonks fosse riuscita a convincerlo con le sue pazze idee?

 

“Lasciala Lunastorta, ha qualcosa in mente.” Gli disse Sirius, ancora seduto sul letto.

Remus sospirò. Sì, Tonks era riuscita a convincere Felpato con le sue pazze idee. “Lei mi ama e io la amo, Sirius. Non può avere nulla di malvagio in mente.”

“Non ho dubbi che tu la ami, e sono sicuro che anche lei ti ami. Ma c’è un altro fattore di cui tu non hai tenuto il conto.”

“E cosa, Sirius?”

“La vendetta. Narcissa è pronta a tutto pur di vendicarsi del male che le è stato fatto. E sai che, quando imbocca una strada, la percorre fino a giungere alla sua meta, a qualunque costo…”

“Mi stai dicendo che, pur di vendicarsi, lei passerebbe sopra il mio cuore?”

“Sì Remus, ti sto dicendo esattamente questo.”

Remus, un sorriso amaro in volto, scosse la testa, e mugugnò un no.

“Che razza di vendetta dovrebbe essere poi, se ci sono in mezzo anche io?! Oh, forse ho capito! La vendetta è amarmi alle spalle di quel branco di mangiamorte da cui è circondata! Beh, se le cose stanno così, non ho nulla in contrario!” Sbottò alquanto stizzito da quella situazione.

“Se le cose stessero davvero così, non avrei nulla in contrario nemmeno io.

Ma lei è una Black, Remus. E i Black si vendicano in maniera molto più… sofisticata, elegante, complessa… Ho reso l’idea? Sì, penso che tu abbia capito. In fondo, sei sempre stato il più intelligente del gruppo.”

“Stai dicendo solo sciocchezze…”

“Tienile strette le mie sciocchezze Remus, perché potrebbero rivelarsi molto più veritiere dei tuoi pensieri razionali.

Conosco la mia famiglia. So di cosa i suoi membri sono capaci.”

 

Remus prese a camminare nervosamente per la stanza.

“Sirius… io la amo!” Disse poi, quasi come se con queste parole potesse eliminare qualunque dubbio esistente riguardo agli avvenimenti.

“Tu la ami. Lei vuole vendetta. Questi sono i vostri sentimenti più forti.”

“Ma tu non l’hai nemmeno vista… come puoi dire una cosa del genere!”

“Remus, dammi ascolto, sono tuo amico e voglio solo il tuo bene.

Ti dico semplicemente che, quando Tonks mi ha detto che tu e lei stavate andando a letto insieme, e per giunta da due anni, senza che io ne sapessi nulla… sarei voluto venire qua solo per spaccarti la faccia, perché col tuo comportamento idiota stavi mettendo in serio pericolo la vita di Narcissa e anche la tua.

Ma quando lei mi ha raccontato le vicende, a partire da quella lettera che Narcissa ti mandò… l’unico pensiero è stato: Narcissa Black in Malfoy. Come ho potuto pensare che quell’angelo si potesse salvare dalla malvagità dei demoni che la circondano e che possiedono, purtroppo, il suo stesso sangue? L’ho persa… ho perso quella fata che tanto amavo e ammiravo, per la sua dolcezza, per la sua forza, la sua serenità, e il suo coraggio.

E anche tu l’hai persa, Remus. Quella che ami non è la vera Narcissa, la Narcissa che ti ha fatto innamorare da ragazzo.

O, almeno, non è tutta la vera Narcissa.

E la parte che tu non conosci, o non vuoi conoscere, è purtroppo la parte dominante e la più orribile di lei.

Dunque, ora sono qui per un altro motivo: salvare te da lei. E, anche, salvarvi tutti e due dall’eventualità che Malfoy, scoprendo la verità, decida di annientarvi entrambi in maniera molto dolorosa.”

“Sirius… non… io non….io… diamine! L’hai capito che mi puoi dire tutto quello che vuoi, perché l’unica cosa che ho in mente è quanto la amo?!”

“Sì Lunastorta, l’ho capito. In fondo, se qualcuno mi dicesse una cosa del genere sulla mia Solaria, non solo non gli presterei la minima attenzione, ma probabilmente gli spaccherei la bocca per aver osato pronunciare simili blasfemie!

Ma con te è diverso. Tu non sei mai stato reattivo quanto me, per tua fortuna. Dunque, so che terrai a mente le mie parole. Perché io sono un tuo amico, e voglio solo il bene per te.

Sappi dunque che, qualunque cosa succeda, io, e James quando lo verrà a sapere (non sognarti che io non glielo dica), saremo al tuo fianco.

Sta attento, Remus.”

E, così dicendo, si alzò e abbracciò l’amico senza però essere ricambiato. Remus era totalmente perso nei suoi pensieri.

Sirius gli batté una mano sulla spalla, poi si diresse verso la porta.

“Arrivederci Lunasorta, devo tornare alla missione, è già tanto se sono riuscito ad avere il permesso di venire qua per un po’ di tempo… salutami tu Tonks, le avevo detto che sarei passato da lei, ma ormai starà dormendo.”

“Va bene.” Gli disse Remus con voce piatta, sempre immobile in mezzo alla sua stanza.

“Ciao.”

“Ciao.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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