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Autore: Sebassssss    04/01/2021    4 recensioni
Un Harry diverso dal canon, un combattente, che durante la battaglia di Hogwarts sconfigge Voldemort, ma ad un prezzo troppo alto. Una guerra senza vincitori, di cui lui è il solo sopravvissuto. Deciso a mettere fine alle sue sofferenze, si ritroverà catapultato in un mondo in cui sono ancora tutti vivi, compreso Voldemort, che è all'apice del suo potere, mentre Harry Potter è morto la sera di Halloween del 1981. Una nuova speranza di riavere indietro i suoi amici e la sua famiglia, una nuova speranza per il mondo magico di mettere fine alla tirannia del Signore Oscuro.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Weasley, I Malandrini, Il trio protagonista | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Luna/Neville, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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CAPITOLO XI
 
Lumus.” La punta della bacchetta illuminò l’interno del sudicio locale una volta chiusosi la porta alle spalle. Il ghiaccio avanzava sulle pareti, sul pavimento e sul soffitto.
“Dobbiamo attraversare la sala. La porta è laggiù. Prendete le bacchette di questi ghermidori, ne avrete bisogno.” Disse perentorio Harry facendo strada agli altri. Dovevano esserci parecchi dissenatori all’esterno visto che persino lui, nonostante facesse uso dell’occlumanzia, stava subendo la loro spregevole influenza.
Avanzarono velocemente ma cauti attraverso i tavoli della locanda, quando di colpo la porta alle loro spalle si spalancò rivelando un essere oscuro, incappucciato, con lunghi e scheletrici arti in putrefazione.
 
“Non fermatevi!” Ordinò agli altri visibilmente terrorizzati, mentre i dissenatori calarono su di loro all’inseguimento. Il padre raggiunse per primo la porta di ingresso e la spalancò per permettere a tutti di uscire da quella trappola mortale, mentre altri dissenatori giungevano dalle scale dei piani superiori. Troppi per essere contati. I tre figli con loro madre riuscirono a raggiungere l’uscita ma Harry, che era rimasto indietro, venne afferrato alla gamba da uno dei dissenatori che lo fece cadere a terra.
Sentì i più terribili ricordi del suo passato abbattere quel muro che con difficoltà li teneva arginati, e travolgerlo come un fiume in piena.
“Non voltarmi le spalle Harry Potter, voglio che tu mi guardi quando ti ucciderò, voglio vedere la luce lasciare i tuoi occhi”
“Così debole, così... vulnerabile... guardami.
Sei uno sciocco Harry Potter... e perderai... ogni cosa.”
Harry combatteva per rimanere nel presente mentre i dissenatori gli sradicavano ogni ricordo felice lasciando solo tormento e dolore.
Vide sulla soglia di ingresso i due genitori mentre proteggevano i propri figli dalle grinfie delle oscure presenze, scagliandoli contro inutili incantesimi. L’unico in grado di allontanare quegli esseri era il patronus, Harry lo sapeva. Si accorse però di tenere stretta nella mano ancora la sua fidata bacchetta. “Concentrati Harry. Basta un ricordo felice. Un ricordo…”
Scavò a fondo nella sua memoria, ma fu come cercare una pagliuzza d’oro sotto uno spesso strato di fango e merda che ti impastava le dita e ti trascinava sempre più giù. Harry aveva vissuto le peggior esperienze, aveva vissuto traumi di quelli che ti marchiano a vita, e di cui i dissenatori amano saziarsi e fagocitarsi.
Mentre annegava nei suoi incubi, un dissennatore afferrò il padre della famiglia e lo sollevò in aria tra le grida di sua moglie e dei suoi figli.  Harry quasi incosciente intravide l’essere levarsi il cappuccio dal capo e sapeva fin troppo bene cosa stava per accadere: il bacio, l’arma più letale a disposizione dei dissenatori, con la quale ti sradicavano l’anima dal corpo.
“N-no.” Sussurrò Harry. Era suo compito salvarli tutti, e non poteva fallire un’altra volta. No, non lo avrebbe permesso. E vederli in vita, vedere i suoi cari, i suoi amici felici e liberi dalla guerra, vedere Ron ed Hermione sposati, lui e Ginny con i loro figli, e soprattutto la possibilità di rivedere i suoi genitori e Sirius... gli diedero la forza di cui necessitava. Era questa la sua felicità, e nessuno gliela avrebbe negata.
Stese il braccio con la bacchetta tremante sopra la sua testa.
 
“Expecto… Expecto Patronum!” Urlò facendo scaturire un maestoso e regale cervo di luce argentea, la cui aurea infuse calore e serenità nel cuore dei presenti, facendo riacquisire lucidità al ragazzo.  
“Avanti bello.” Il patrono caricò furente i dissenatori allontanandoli dalla loro vittima e cacciandoli fuori dalle finestre. L’uomo ricadde a terra privo di sensi. Harry si rialzò con fatica e raggiunse gli altri.
“William, William!” Lo chiamava la moglie disperata nella speranza di farlo tornare cosciente. Harry si fece spazio tra la cerchia dei famigliari e si inginocchiò per sincerarsi delle sue condizioni. L’uomo, William, aveva gli occhi chiusi e il viso cinereo. Il dissennatore non aveva completato il bacio, ma erano stati comunque a stretto contatto, e questo sugli animi più deboli poteva essere ugualmente devastante.
Reinerva.” Disse Harry, sperando che l’incantesimo guaritivo facesse effetto ma non successe nulla. Scosse la testa, imprecando sotto voce.
“E’ m-morto?” Gli chiese la ragazza in lacrime, come i suoi fratellini.
“No… ma deve essere curato immediatamente.”
“Tu sai come?” Domandò la madre della ragazza impaziente.
Harry scosse la testa. “Io no, ma conosco qualcuno che potrebbe, ad Hogwarts.”
Si rialzò in piedi. “Usciamo da questo posto, così potremmo smaterializzarci.” E senza aspettare risposta afferrò l’uomo, se lo caricò in spalla e aprì la porta che dava sulla Londra babbana.
 
Charing Cross Road che ricordava bella trafficata, ora era sgombra.
Come a Diagon Alley anche qui la situazione non sembrava andare per il meglio, con molte saracinesche abbassate, pochi pedoni sui marciapiedi e altrettante poche vetture per la strada. Perlomeno gli alti palazzi che si affacciavano sulla via erano ancora in piedi e non c’erano cumoli di rovine. La guerra sembrava una cosa lontana ma ugualmente palpabile nel mondo babbano.
Dall’altra parte della strada c’era un piccolo parco giochi che Harry trovò perfetto per potersi smaterializzare.
“Attraversiamo qui. Presto, nel parco.”
 
Harry stava dietro di loro e lanciava continue occhiate verso l’ingresso del Paiolo Magico. Aveva un brutto presentimento. Si nascosero dietro ad alti cespugli innevati, e posarono William per terra.
“Qui va bene. Allora…”
Ma si interruppe quando sentì dal Paiolo riversarsi in strada diverse persone. Si accucciò quindi tentando di vedere chi fossero attraverso l’intreccio di rami, e da uno spiraglio intravide degli uomini incappucciati.
La madre e la ragazza seguirono il suo sguardo allarmato fino alla compagine di mangiamorte che prendeva posizione su Charing Cross Road, sussultando dallo spavento. Ma quello che ad Harry preoccupava di più non erano i mangiamorte, ma la donna che aveva appena fatto la sua comparsa tra le loro file.
Magra, lunghi e folti capelli neri e occhi indemoniati. Bellatrix Lastrange guidava la compagine elargendo ordini di cercare e trovare i ribelli. In un qualche modo erano riusciti a chiamare rinforzi.
 
In quell’istante, Harry si dimenticò della famiglia che stava proteggendo, dei mangiamorte e di tutto il resto come se fosse calata una folta nebbia nella sua mente lasciando come unico spiraglio il volto di Bellatrix Lastrange. Lei che aveva torturato a morte Hermione, lei che aveva sterminato innocenti studenti del primo anno durante la battaglia, lei che aveva ucciso… Sirius. No, non poteva lasciarla in vita. E fanculo l’occlumanzia, sentiva l’odio e la rabbia crescere dentro di lui, e lui voleva sentire tutto questo. Voleva vendetta, la pretendeva.
 
“Ragazzo! Ragazzo!” Lo chiamò a bassa voce la signora, facendo dissipare la nebbia d’odio. Si accorse di star tremando dalla rabbia.
“Dobbiamo andarcene!” Continuò la donna terrorizzata, stringendo forte i suoi figli.
Harry spostò il suo sguardo da William, a sua moglie e su Bellatrix, che non si era ancora accorta della loro presenza. Sarebbe giunto il momento in cui avrebbe avuto la sua vendetta, ma non era quello.   
“Ha ragione. Mettetevi attorno a me. Faremo una smaterializzazione congiunta. Afferrate le mie braccia. Mi raccomando tenetevi forte, capito bambini?” I due bambini annuirono convinti con la testa e tutti eseguirono disponendosi attorno al lui.
“SONO QUI MIA SIGNORA!” Tuonò una voce poco distante. Un mangiamorte li aveva scoperti, ma prima che potesse fare qualunque cosa, Harry e la famiglia si erano già smaterializzati.
 
Tutto intorno a loro incominciò a girare e girare, come se fossero su una giostra impazzita, facendogli perdere ogni punto di riferimento. Quando si fermarono, gli edifici londinesi erano stati sostituiti dall’enorme cancello in ferro battuto di Hogwarts.
Era la prima volta che Harry traportava così tante persone in una volta sola ed era stato più difficoltoso del previsto mantenere la concentrazione.
“State bene?” Chiese agli altri.
“S-Sì…” Rispose la donna un po' disorientata a nome di tutti.
Harry le sorrise rassicurante, poi osservò prima William, suo marito, disteso svenuto nella neve. Doveva chiamare aiuto, o non ce l’avrebbe fatta. Si diresse verso il cancello, dove un uomo e una donna montavano la guardia. Quando Harry li riconobbe rimase di stucco. Lì aveva già visti anni fa, prima in una vecchia foto e poi al San Mungo, anche se nei suoi ricordi erano dispersi nella propria pazzia, molto diversi dalle due persone che si ritrovava davanti.  
 
Frank e Alice Paciock, i genitori di Neville.
Lui aveva lo stesso aspetto paffuto di suo figlio, leggermente stempiato e con una vistosa cicatrice sulla guancia. Lei invece appariva come una donna sicura di sé, dai capelli corvini portati a caschetto e dal corpo minuto.
E soprattutto parevano più lucidi che mai adesso, visto che gli puntarono addosso, praticamente all’unisono, le bacchette non appena Harry osò compiere un movimento verso di loro.
“Chi siete? Identificatevi!” Urlò Frank.
Da quello che gli avevano detto sui genitori di Neville, loro erano eccellenti auror ai loro tempi, membri dell’Ordine, quindi sperava di poterli convincere delle loro buone intenzioni senza farsi schiantare.
 
“Salve. Il mio nome è Jake Sullivan. Sono uno studente di Hogwarts. Quest’uomo…” Disse indicando l’uomo privo di sensi dietro di lui “è stato attaccato dai dissenatori e ha urgente bisogno di cure. Loro sono sua moglie e i suoi tre figli. Apriteci il cancello per favore.”
I due auror abbassarono lo sguardo sulla famiglia, che pareva più disperata che mai, poi Alice sussurrò qualcosa al marito che Harry non riuscì a comprendere.
“Hai detto che ti chiami Sullivan?” Chiese Alice con una voce delicata e apprensiva.
“Si.” Rispose Harry.
I due abbassarono le bacchette, e Alice mandò un patronus con le sembianze di un delfino verso il castello.
“Ti stavamo cercando tutti a scuola, Sullivan.” Disse lei mentre Frank scioglieva i vari incantesimi difensivi.
“Dovrai rispondere a parecchie domande… ma prima occupiamoci di lui.” Disse indicando l’uomo disteso a terra. Aperto il cancello visitò William.
“Dove è stato attaccato?” Chiese alla moglie che stava lì vicino.
“Diagon Alley…”
“Diagon Alley?” Esclamò Alice sgomenta guardando anche Harry, che stava lanciando un’occhiata ammonitrice all’altra donna. Nessuno doveva sapere della sua missione, stava rischiando troppo. “Per Morgana, cosa ci facevate in quel luogo?”
“Non è importante, salvate lui.” Disse impaziente Harry.
Alice scoccò la bocca in segno di dissenso, ma si concentrò sull’uomo.
“Stann0 arrivando!” Disse Frank dal cancello puntando il dito verso il castello. Harry allungò il collo per vedere di chi si trattasse, e con sollievo vide Silente accompagnato da Madama Chips e la McGranitt. Perfetto, le persone giuste per aiutarlo.
“Buongiorno sig. Sullivan, è bello sapere che sta bene.” Lo salutò cordialmente Silente una volta raggiunti, mentre Poppy si fiondava sull’uomo al fianco di Alice.
“Buongiorno Professore… professoressa McGrannit…” Ricambiò Harry.
“Sullivan dove è stato? Chi sono queste persone?” Chiese quest’ultima in un modo tra il preoccupato e il rimproverante. 
“Ehm…”  E adesso come poteva spiegarlo…
“Io sono Sophia Decker. Lei è mia madre Elisabeth, loro i miei fratelli Dylan e Caleb. Lui è mio papà William Decker.” Si intromise la ragazza, forse notandolo in difficoltà. “Siamo stati catturati da dei ghermidori, che ci avrebbero sicuramente uccisi se non fosse intervenuto lui” Disse indicando Harry e sorridendogli grata “Poi sono arrivati dei dissenatori e hanno preso mio papà… Lui li ha cacciati, ma papà non si riprendeva e lui ha detto che ad Hogwarts lo avrebbero curato… e ci ha portati qui… è così? Potete salvare mio papà?” Chiese speranzosa.
 
Silente la osservò per qualche secondo con i suoi profondi occhi azzurri, e le si avvicinò lentamente ponendole una mano sulla spalla. “Faremo il possibile mia cara Sophie. Hogwarts aiuta e aiuterà sempre gli innocenti in difficoltà.”
Sophie annui riconoscente.
“Albus.” Lo chiamo Madama Chips che intanto si era alzata in piedi. “Ce la farà… ma dobbiamo portarlo dentro in infermeria… Ha bisogno di cure e riposo.”
La famiglia esultò abbracciandosi dalla gioia, anche Harry sorrise sollevato, così come Silente che rispose: “Molto bene, rientriamo tutti allora, non è saggio stare fuori dalle mura così a lungo.”
“Grazie, grazie davvero.” Disse la madre di Sophia in lacrime.
“Di nulla. Di nulla. Seguiteci.”
E così dicendo Madama Chips fece comparire una barella di legno e stoffa su cui adagiò William, e la fece levitare al loro fianco mentre varcavano i cancelli.
 
Durante il tragitto Silente prese cortesemente in disparte Harry lasciando che il gruppo andasse avanti.
“Ammirevole da parte tua salvare quelle povere povere.” Iniziò.
Harry sorrise. “Chiunque avrebbe fatto lo stesso.”
“No Harry… non chiunque.” Negò Silente.
 
Harry si perse a guardare il sole tramontare immergendo i giardini di Hogwarts, bellissimi e quieti, in una tenue luce arancio.
“Li terrà al sicuro professore?”
“Certamente. L’Ordine possiede diverse case sicure sparse in Inghilterra e in Europa nonostante tutto. Dopo che si sarà rimesso loro padre gliene assegneremo una.”
“La ringrazio.”
“Mi sono giunte delle voci riguardo ad uno scontro a Diagon Alley, tra gli uomini di Voldemort e un misterioso uomo, e ho l’impressione che tu c’entri qualcosa. Non è così?” Chiese Silente curioso.
“Le voci girano veloci da queste parti vedo.” Rispose Harry neanche poi tanto meravigliato facendo ridere il preside. “Forse potrei c’entrare qualcosa si…” Ammise con aria colpevole.
“Inutile dirti quanto sia stato rischioso da parte tua, ma suppongo che tu abbia avuto un valido motivo.”
Harry ghignò malandrino. “Un validissimo motivo direi.” E tirò fuori la coppa dalla tasca, mostrandola al preside, che la guardò interessato.
“La coppa di Tosca Tassorosso…”
“Esattamente.” Confermò Harry soddisfatto.
“Eccellente Harry, ottimo lavoro.” Si congratulò il vecchio “Si trovava a Diagon Alley quindi?”
“Si. Alla Gringott, nella camera dei Lastrange. Non è stato facile, ma ora è nostra.”
“Magnifico. I miei complimenti Harry.”
Harry sorrise riponendo la coppa in tasca, ormai erano ai portoni del castello.
Incontrarono i primi studenti che passeggiavano lungo i corridoi della scuola, felici e spensierati dopo aver terminato le lezioni.
Si diressero in infermeria dove Poppy iniziò a medicare il signor Decker.
La sua famiglia gli stette vicinò tutto il tempo, un’eccezione che Poppy e il preside concessero vista la situazione. Anche Harry rimase a fargli compagnia, mentre fuori il cielo diveniva sempre più scuro per far posto alla notte, con Madama Chips che somministrava diverse pozioni accompagnate da incantesimi guaritivi. La McGranitt e Silente avevano lasciato l’infermeria per presidiare al banchetto in Sala Grande.
Harry se ne stava seduto in disparte su una brandina vuota, non voleva recare disturbo.
L’orologio segnava le otto di sera quando William Decker finalmente aprì timidamente gli occhi.
“Mamma, papà si è svegliato!” Gridò entusiasta la figlia più grande, Sophie, e tutti corsero ad abbracciarlo e risero e piansero. Harry si alzò in piedi sinceramente contento per loro, ma il suo compito era finito, poteva andare. E senza farsi notare uscì dall’infermeria.
 
Mentre camminava per i corridoi l’adrenalina e la tensione che aveva accumulato durante la giornata stavano scemando lasciando posto alla stanchezza e alla fame.
Era andato praticamente tutto storto. No, non tutto. Aveva salvato il signor Decker e gli altri e aveva recuperato la coppa. Sperava solo che Voldemort non venisse a conoscenza del furto, o almeno non adesso. In effetti non vedeva l’ora di sbattergli in faccia la sua mortalità una volta distrutti tutti gli horcrux, ma sapeva di dover attendere per questo.
A proposito di distruggere gli horcrux… doveva togliere di mezzo quello che aveva in tasca. Gli serviva però un posto lontano da occhi indiscreti, e la buona vecchia stanza delle necessità faceva a caso suo ancora una volta.
Svoltò per uno dei tanti passaggi segreti di cui aveva una non tanto comune conoscenza e salì piano dopo piano fino a giungere al settimo.
 
Questa volta la stanza delle necessità si palesò come un’enorme sala vuota, illuminata da un grande lampadario con centinaia di candele nel centro.
Harry adagiò la coppa per terra ed ingigantì la spada di grifondoro che portava sempre con sé, intrisa del veleno del basilisco. La afferrò con due mani e con violenza la calò sull’horcrux che crepitò sputando fuori una densa nube nera che si erse in alto, sul soffitto. Fuori tre.
 
Ritornò alla Sala Comune del Grifondoro. Tutti gli studenti erano a cenare perciò era stranamente deserta. Si diresse nel dormitorio dove poté cambiarsi e fare una bella doccia ristoratrice.
Fu combattuto tra il mangiare o il dormire, ma era da tutto il giorno che non metteva niente sotto ai denti e aveva speso molte energie. Perciò si diresse in Sala Grande per il banchetto.
Varcata la soglia fu investito dal rumore di chiacchiericcio e posate degli studenti.
In fondo alla sala vide il preside e gli altri professori chiacchierare tra loro. Vicino a loro, su un piccolo tavolo messo lì appositamente, vide Sophia i suoi fratellini e la madre mangiare con gusto.
Harry fu felice anche di rivedere, seduti al tavolo dei grifondoro, i suoi vecchi amici. Solo in quel momento si accorse di quanto gli erano mancati, nonostante fosse passata solo una giornata.
“Ciao Jake!”
“Ehi ragazzi, guardate chi c’è!”
“Jake per Merlino, dove eri finito?”
Hermione, Ron e gli altri lo bersagliarono di domande felici e sollevati di rivederlo.
Li doveva avere fatti preoccupare, e doveva ammettere di sentirsi un po' in colpa. Ok, tanto in colpa.
“Ciao ragazzi, posso sedermi qua con voi?” Chiese lievemente imbarazzato.
“Certo!” E si sedette tra Hermione e Neville che gli fecero posto.
Sul tavolo c’erano solo torte, bignè al cioccolato, zuccotti di zucca, crostate e calderotti e i dolci più svariati e squisiti. Dovevano essere alla fine del banchetto.
“Allora? Cosa ti è successo?” Gli chiese Ron.
“Non sono stato tanto bene, tutto qui.” Mentì vago.
“Ma non eri da nessuna parte! Hermione e Ginny sono andati da Silente, ma anche lui non sapeva nulla!”
 
Harry allora guardò Ginny dall’altro lato che gli sorrideva con le guance leggermente arrossate. La sua Ginny. Non aveva ancora avuto modo di parlare con lei, parlare veramente. Ma lei era comunque andata dal preside con Hermione, nonostante lui non fosse nessuno per lei, per questa Ginny. Non gli aveva dato modo di legare con lui, ma si era ugualmente preoccupata. E allora si rese conto di starlo facendo di nuovo: la stava lasciando ancora in disparte, come all’epoca. Harry credeva nel destino, dopotutto se fin dalla tua nascita hai una spada di Damocle sotto forma di profezia sospesa sopra la testa, ci devi pur credere al destino, e forse era scritto che lui in qualunque vita e in qualunque mondo si trovasse avesse degli splendidi amici come Ron ed Hermione e Ginny come anima gemella. Ma lo sguardo d’odio che gli lanciò Dean, seduto affianco a Ginny, gli ricordò che lei era fidanzata e che…. Oh no… Che aveva pronunciato il nome di lei nel sonno e gli altri lo avevano sentito il giorno prima! Morgana che imbarazzo quella volta.
“Scusate se vi ho fatto preoccupare.” Disse poi con sincero rimosso non pensando alla sua figura di merda.
“Ah non fa niente.” Rispose Hermione posandogli una mano sulla spalla.
“Starei attento a Piton nel dubbio, non gli piace quando qualcuno salta le sue verifiche.” Intervenne Ron agguantando una fetta di torta di mele.
Harry sorrise. Fra tutti i suoi problemi, Piton era quello che lo preoccupava di meno.
“E comunque spero che ci sarai domani agli allenamenti. Abbiamo i Tassorosso la settimana prossima.” Intervenne Ginny con un tono che non ammetteva repliche.
“Ovviamente!” Rispose Harry iniziando a cibarsi di quelle prelibatezze.
Mentre fagocitava la sua torta alla melassa gli altri gli raccontarono di come Silente aveva presentato la famiglia Decker a tutti, dicendo che sarebbero stati loro ospiti nella scuola per qualche giorno.
Da quello che Harry aveva potuto capire Silente non aveva fatto riferimento al fatto che fosse stato lui a portarli alla scuola. Anche se sospettava che una mente arguta come quella di Hermione potesse fare due più due.
“Sembrano brave persone, non si meritano quello che gli è successo.” Intervenne quest’ultima dispiaciuta. Harry comprendeva il suo stato d’animo e le era vicino. Conosceva la storia dei genitori di Hermione, che erano dovuti scappare in Australia, e sapeva che lei appena uscita da Hogwarts sarebbe probabilmente stata perseguitata in quanto “sangue-sporco” dall’attuale comunità magica. Una vera ingiustizia.
 
Quando Silente congedò tutti a fine banchetto, Harry e gli altri si alzarono per andare in Sala Comune.
In una serata dal freddo particolarmente pungente, era un sollievo per Harry stare attorno al calore sprigionato dal camino scoppiettante in compagnia dei suoi amici.
Era letteralmente sfinito. Sprofondato su una poltrona di pelle avvolto in uno spesso panno di lana. Hermione, Ron, Ginny e Dean chiacchieravano del più e del meno, ridevano e scherzavano. Harry partecipava saltuariamente, ma preferiva assistere da spettatore a quella loro genuina spensieratezza, e farsi cullare dal suono delle loro risate finché non andarono tutti a dormire.
 
 
 
***
 
Nel frattempo, a diverse miglia di distanza nella villa della famiglia Riddle, si stava tenendo una riunione dell’alto comando dei Mangiamorte, il circolo ristretto dei fedelissimi, presieduta da Voldemort stesso.
“…siamo riusciti ad appropriarci di Sheffield e Bristol. La sacca di resistenza a Manchester è stata sgominata per un totale di 29 decessi tra le nostre fila, di cui 9 mangiamorte, 15 ghermidori e 5 lupi mannari. 7 invece sono i feriti. Mentre sono 86 i deceduti e 25 i feriti tra i ribelli. Abbiamo fatto 49 prigionieri. Mio signore.” Finì di elencare il bollettino del giorno Lucius Malfoy soddisfatto.
Tutti i presenti erano disposti attorno ad un lungo tavolo nero di pietra levigata. Il Signore Oscuro era posto al suo capo. Il suo viso serpentino incuteva ancora più terrore illuminato dalle fioche candele della grande sala di rappresentanza. Le lunghe dita biancastre sorreggevano un calice di pregiato vino elfico.
“Molto bene Lucius, molto bene.” Si complimentò con la voce velenosa e sibilante di un rettile.
“Interrogate i prigionieri, estorcetegli più informazioni possibili e poi sbarazzatevene.” Continuò glaciale.
“Sì mio signore, sarà fatto.” Rispose ossequioso Lucius inclinando il capo.
“E tutto?”
“No mio Signore c’è dell’altro.” Intervenne Bellatrix dal posto a fianco di Voldemort. Era l’unica tra tutti a poter fissare negli occhi il suo padrone, senza incappare in pene severe, o peggio, la morte. Aveva un trattamento, per così dire, preferenziale.
“Dimmi Bellatrix?” Chiese Voldemort con la voce leggermente meno caustica rispetto a prima.
“Abbiamo subito un attacco a Diagon Alley. Yaxley e Selwyn sono stati uccisi assieme una manciata insignificante di ghermidori. Mentre Jugson è rimasto ferito gravemente e ora ricoverato al San Mungo.”
Gli occhi cremisi di Voldemort sembrarono lampeggiare per un istante.
“Chi è stato?”
Bellatrix si schiarì la voce. “Non lo so, mio Signore.”
“Non lo sai?” Chiese a bassa voce.
I presenti si scambiarono sguardi preoccupati. Diagon Alley era stata una delle prime città a cadere nelle loro mani, era una loro roccaforte. Se qualcuno aveva osato attaccarli lì, il Signore Oscuro l’avrebbe presa come un affronto personale.
“Non ne siamo certi. Abbiamo ricevuto una richiesta di soccorso da Jugson questo pomeriggio, quando siamo arrivati lui versava in condizioni molto gravi. Al Paiolo alcuni ghermidori sopravvissuti, mi hanno raccontato una volta ripresa conoscenza di un… ragazzo. Questo ragazzo li avrebbe attaccati e tratto in salvo un gruppo di sangue-sporco presi in custodia durante un rastrellamento. E… sono riusciti a fuggire.”
Voldemort rimase in silenzio per lungo tempo, a riflettere.
“Vorresti farmi credere, Bellatrix, che tre dei miei mangiamorte e un manipolo di ghermidori sarebbero stati sopraffatti da una sola persona? Un ragazzino per giunta?” Sibilò Voldemort.
Bellatrix sostenne il suo sguardo d’odio.
“Si. Mio Signore. Ma c’è dell’altro…” Disse con una certa remora.
Voldemort non disse nulla, si limitò a tamburellare con le lunga dita sulla pietra del tavolo, chiaramente infastidito.
Bellatrix lo prese come un incentivo a continuare.
“Il ragazzo… indossava una divisa da mangiamorte.”
Un vociare stupefatto si erse intorno al tavolo. Un mangiamorte? C’era un traditore tra loro? Chi era? Qual era il suo scopo?
“Silenzio!” Si impose il Signore Oscuro riportando l’ordine. Si alzò, le braccia appoggiate al tavolo e le pupille rosse come il sangue ridotte a fessure.
“Scoprite chi è. Cercatelo. Trovatelo. Portatelo da me!” Dispose ai suoi prima di lasciare l’enorme sala.


Nota dell'autore:
Salve a tutti! Non avevo ancora scritto nessuna nota alla fine dei capitoli precedenti, perchè... bè, non avevo nulla di particolare rilevanza da dire. Ma credo sia più rispettoso ringraziare tutti voi che siete arrivati fin qui, a leggere l'undicesimo capitolo di questa umile storia, nonostante non sia e non aspiri ad essere un capolavoro. Spero che questo racconto sia riuscito a intrattenervi nei momenti di noia, e che continuerà a farlo per i capitoli successivi di questo 2021!

A presto.

S.

 
   
 
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